SAN BARTOLOMEO
24 agosto 2018
Oggi è un giorno speciale per la nostra città. È la festa di San Bartolomeo. Legata ai ricordi dell’infanzia, è l’occasione per far festa con i bambini, portandoli ad ungere, secondo la tradizione. È la festa con la quale riprende anche la vita della città e il quartiere si colora di allegria, mentre questa antica e bellissima austera chiesa accoglie una moltitudine di persone che vengono a ricevere una benedizione, accostarsi alla confessione, nutrirsi del pane di Cristo o anche solo a sostare un momento nel cammino della vita. Questo edificio di pietra, metafora di quello che è la chiesa di sempre, accoglie tutti quelli che vogliono entrare, senza discriminazioni di sorta, buoni o cattivi, belli o brutti, neri, bianchi, gialli o rossi: chiede solo rispetto per la santità del luogo e per il mistero che vi si celebra.
Potremmo togliere di mezzo questa festa, svilirla, ritenendola un retaggio di un passato ormai morto, rievocata soltanto dal punto di vista folkloristico? Credo proprio di no. Questa festa parla di Pistoia e delle sue radici cristiane ancora vive; parla ancora oggi del bisogno che ogni uomo ha di Dio; come parla a noi del bene prezioso dei bambini che sono in mezzo a noi e che anzi dovrebbero essere molti di più. Questo giorno ci racconta anche della festa, ci parla di tranquillità, di pace, di fraternità, di amicizia e di gioia, tutte cose di cui abbiamo estremo bisogno e di cui sentiamo oggi più che mai il bisogno, quando si alzano mura e steccati addirittura di odio, ci si prende ogni giorno di più a male parole, ci si offende, ci si insulta, si mostrano i muscoli e ci si divide ferocemente come se fossimo già in una guerra civile o di nuovo, dentro cupi anni di piombo.
E allora, carissimi fratelli e amici, cerchiamo di vivere al meglio questa festa, di godercela, cercando davvero di rinverdire la nostra fede cristiana, riscoprire la bellezza dell’amore verso il prossimo, ridare slancio al nostro impegno di costruttori di pace, offrendo così un buon futuro ai nostri figli.
Ma noi, ci crediamo in Gesù Cristo, carissimi fratelli e sorelle? Non vi sembri scontata questa domanda e soprattutto la risposta: che diamine che ci crediamo, altrimenti non saremmo qui, mi potreste dire. Eppure io credo che la domanda non sia affatto fuori luogo. Abbiamo sentito il Vangelo; lì Natanaele, cioè Bartolomeo, dall’iniziale scetticismo passa all’adesione entusiasta: «Signore, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re d’Israele». Ma noi, crediamo nel Signore Gesù? Chi è Lui per noi, per me? Possiamo davvero dire a Lui, come disse Bartolomeo: «Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il mio re?»
Chi seguiamo, nella nostra vita? a chi diamo fiducia? Chi è il nostro punto di riferimento essenziale? Domande che già ponevo a me stesso, a voi e alla città nel giorno della festa di San Jacopo e che ripongo oggi, sempre nella festa di un apostolo.
Perché la fede nel Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, non la possiamo dare per scontata. No. La fede in Gesù Cristo non è semplicemente un dato culturale; un riferimento di tipo sociologico o un semplice “credere in qualcosa”. Questa fede non posso darla per scontata nella mia vita, anche se son vescovo; non la possono dare per scontata nemmeno i sacerdoti, a volte dimentichi e in alcuni terribili casi addirittura traditori, del principale loro compito che è come quello di Filippo, narrato nel vangelo di oggi: portare le persone a Cristo.
La fede cristiana, lo dicevo già il 25 di luglio e oggi qui lo ripeto, si esprime nel credo che ogni domenica professiamo e che forse conosciamo davvero poco; si concretizza nell’osservanza dei comandamenti del Signore che sono espressione dell’amore vero e che forse ci siamo un po’ scordati; la fede si vive nella chiesa e con la chiesa fondata sugli apostoli; e ciò vuol dire in comunità con gli altri fratelli e sorelle; la si annuncia infine a tutti come il tesoro più prezioso del quale nessuno può essere privato.
Prima di tutto però la fede è rapporto vivo con Cristo; relazione di fiducia e di amore con Lui, ascolto della sua parola e comunione di grazia con Lui; è essere perdonati da lui e quindi un esser liberati da Lui per vivere con Lui, in Lui e per Lui, come preghiamo ogni volta che andiamo a Messa.
Questa fede cristiana è aperta al dialogo con tutti, credenti e non credenti; non ha paura di confrontarsi con nessuno; anzi, tende la mano ad ogni creatura, qualunque sia il suo credo, la sua cultura, la sua lingua o le sue usanze. Aperto al dialogo verso tutti, pieno di amore e di disponibilità nei confronti di chiunque che rimane sempre immagine di Dio e dunque fratello, il cristiano sa però che la sua fede è originale rispetto a quella di qualsiasi altra religione e che ha ragioni da mostrare anche al non credente.
Carissimi fratelli e sorelle, in questo mondo globalizzato che ci vorrebbe soltanto consumatori di un grande e unico super mercato; in questo mondo che, come ha detto Papa Francesco è «soggetto alla globalizzazione del paradigma tecnocratico, che mira consapevolmente a un’uniformità unidimensionale e cerca di eliminare tutte le differenze e le tradizioni, senza rispetto per la peculiarità e ricchezza di ogni persona e di ogni popolo»; che vorrebbe unificarci rendendoci però ingranaggi di un unico sistema amministrato da burocrazie e da una finanza mondiale che favorisce solo la ricchezza di pochi, noi affermiamo la dissonanza della fede cristiana, l’eccedenza di questa fede e della visione d’uomo che essa comporta, il valore della differenza e il valore delle tradizioni e dei singoli popoli. Convinti che questo non impedisca la convivenza pacifica tra le genti ma anzi la renda possibile, perché nel dialogo e nel confronto libero e rispettoso si superano le paure e si mantiene viva la strada per la ricerca della verità, anelito che non si può cancellare dal cuore dell’uomo.
In questa fede umile e forte noi, carissimi amici, vogliamo radicarci sempre di più, anche se è esigente, ci chiede coerenza di vita e non si accontenta di parole o di segni di facciata. In questa fede e con questa fede vera, vorremmo che crescessero i nostri figli, assaporando la bellezza di una vita vissuta col Signore nell’amore generoso e magnanimo verso il prossimo. Con questa fede vogliamo costruire una società buona, accogliente, giusta e fraterna. È difficile, in specie coi tempi che corrono, ma non ci arrendiamo. Lo dobbiamo a Dio e ai nostri figli.
San Bartolomeo, apostolo di Cristo che per Cristo ha dato letteralmente la pelle, interceda per noi e ci aiuti ad essere gioiosi cristiani autentici, e soprattutto aiuti ad esserlo i nostri bambini.
+ Fausto Tardelli