Marco Petrini affiancherà don Sergio Agostini nelle parrocchie della Montagna, tra Cutigliano e Abetone andando ad abitare presso la canonica di Pian degli Ontani
Marco Petrini svolge il proprio servizio diaconale in montagna da diversi anni. Sabato scorso, 11 maggio, in occasione della visita pastorale, è stato ufficialmente presentato da Mons. Tardelli alla comunità di Pian degli Ontani, dove andrà a risiedere con la famiglia. Il diacono Petrini affiancherà don Sergio Agostini, parroco di Cutigliano, Pian degli Ontani, il Melo, Rivoreta, Pianosinatico e Abetone. A Marco Petrini abbiamo rivolto alcune domande per conoscere meglio il servizio che svolgerà in parrocchia e nelle altre comunità della Montagna.
Da diversi anni svolgi servizio sulla montagna pistoiese, ma come è nata la decisione di trasferirti in montagna a Pian degli Ontani?
A suo tempo il vescovo Mansueto mi aveva inviato in montagna a fare servizio presso don Napoleone Toccafondi a Spignana e Lizzano, poi però, il mio lavoro si è allargato in tutte le parrocchie del vicariato in accordo con il vicario zonale don Cipriano Farcas. Di conseguenza Mons. Bianchi mi affidò l’incarico di svolgere il servizio da diacono in aiuto ai parroci dell’intero vicariato della montagna. Poiché don Sergio Agostini era, e continua ad essere, parroco di sei parrocchie – senza contare i diversi oratori- il vescovo Tardelli mi ha chiesto di prestare servizio in collaborazione con lui. Questo è quello che faccio oggi, anche se certamente sono sempre disponibile a sostituire altri sacerdoti o ministri in caso di assenza. Con il mio servizio è emersa la possibilità (e il bisogno) di avere una canonica in cui abitare per non dover andare e venire da Pistoia ogni volta. Così con il vescovo abbiamo individuato la canonica di Pian degli Ontani. Una casa che in questi mesi, pur con diversi lavori, ha ripreso vita.
In cosa consisterà il tuo impegno?
Il mio impegno sarà quello di allentare la pressione di don Sergio nelle celebrazioni domenicali, poi mi dedicherò a incontri di Vangelo e di catechesi, che in montagna vengono fatti prevalentemente d’estate, quando c’è più possibilità di uscire. Anche quest’anno ho intenzione di cominciarli con il mese di giugno.
C’è poi il desiderio di animare la comunità di Pian degli Ontani, magari attraverso il coinvolgimento dei giovani, cercando di riavvicinare loro e le famiglie alla vita della chiesa. Pian degli Ontani è già un paese disponibile e partecipe; qui è molto sentita la vita della parrocchia, ma certamente la mia presenza potrebbe riattivare un po’ la disponibilità.
Dopo tanti anni in montagna conosci ormai luci e ombre della vita cristiana in questo territorio…
Luci e ombre ci sono come da tutte le parti. Le luci sono primariamente rappresentate da comunità montane sincere, in cui il contatto umano è molto più presente e vivo; le ombre sono soprattutto le assenze dei giovani che per motivi logistici se ne vanno mentre la popolazione invecchia sempre di più. Certamente c’è molto lavoro da fare con la visita ai malati, ma tante iniziative sono assai difficili. È mancato il ricambio generazionale che fino a qualche anno fa ancora si registrava. Se si riavvicinano i giovani certamente sarà possibile dare futuro alla montagna…
Come pensi di portare avanti il tuo lavoro sulla base delle indicazioni suggerite dal Vescovo nella lettera pastorale per l’anno della Comunità?
Direi che sono necessarie integrazioni fra diverse comunità. Penso che ci sia molto da lavorare in questo senso. Come ricorda il vescovo in occasione della visita pastorale si può sintetizzare così: il campanile sì, se inteso come segno di identità di cultura e tradizione da tutelare, il campanilismo no, se inteso come malattia, atteggiamento da superare. Si potrebbe cogliere, per esempio, la possibilità di fare degli incontri per riunire tutti i ragazzi che fanno catechismo per una giornata insieme, per una gita, per farli sentire uniti tra loro. Altrimenti si rischia la frammentazione e la minimizzazione delle presenze. Credo che questo trovarsi insieme possa essere un segnale importante. Creare collaborazioni tra realtà parrocchiali mi sembra la via che potrebbe dare frutti. Cercherò di portare avanti questa idea.
C’è un messaggio che vuoi rivolgere alle tue nuove comunità?
Il messaggio, che ho avuto modo di pronunciare sabato scorso, in occasione della mia presentazione da parte del vescovo alla comunità di Pian degli Ontani, è quello della sincerità. Sono diacono, ma in primo luogo sono un uomo, con i miei limiti. Se c’è qualcosa che non va, se ci sono sbagli, o errori, gradirei la sincerità di sentirmelo dire in faccia. Cerco e cercherò di essere “diacono” a servizio di tutti, ma ho i miei limiti e condivido la fatica di vivere come tutti. Mi sento di aggiungere che la figura di un diacono con famiglia residente in parrocchia è comunque segno di una chiesa che si rinnova, esce dagli schemi che per secoli l’hanno contraddistinta, ma che adesso chiedono di essere cambiati. Chiaramente ci vorrà tanta umiltà e buona volontà.
E sua moglie come vive questa scelta?
Mia moglie ha accolto in modo positivo. Da principio Pian degli Ontani ci sembrava assai lontano, ed è stato un po’ come un salto nel buio. Ma adesso siamo convinti; andremo avanti giorno per giorno, io e la mia famiglia.
Daniela Raspollini