Nella solennità mariana dell’8 dicembre ricorre il quinto anniversario dell’ingresso a Pistoia. Una lettura a cuore aperto della Chiesa pistoiese -tra peccati e segni di grazia- nell’omelia pronunciata in cattedrale.
PISTOIA. Celebrare la Solennità dell’Immacolata e ricordare i primi cinque anni nella chiesa di Pistoia: l’8 dicembre del Vescovo Tardelli è un giornata davvero speciale. L’occasione in cui indicare a tutti la bellezza di Maria Immacolata, ma anche fare il punto su una chiesa che proprio immacolata non è.
Attorno al vescovo, per la messa pontificale della solennità dell’Immacolata, c’erano numerosi sacerdoti della Diocesi di Pistoia, ma anche tanti fedeli e un clima di grande attenzione e preghiera. Nell’omelia il vescovo ha chiesto di partire da Maria; una «madre tenerissima» che neppur l’essere priva di peccato originale allontana irrimediabilmente dagli uomini: «la sua grandezza – ha precisato il vescovo- non la distacca da noi, perché ella rimane l’umile serva del Signore, col grembiule della povera gente addosso, con la dolcezza di una madre che piange per i figli scapestrati o indifferenti. E lei finisce sempre per prenderci per mano e portaci al Signore».
La Madre di Dio, come sente la gente, anche in una fede semplice e popolare, è una mamma premurosa per i suoi figli, la cui bellezza non «impedisce di prendere le nostre mani sporche di odio e di ribellione per lavarcele alla fonte, proprio come fa appunto una mamma col bambino che si è sporcato».
Eppure, ha aggiunto monsignor Tardelli, «la festa di oggi è anche occasione per riconoscere la distanza della nostra vita da quello che il Signore si attende da noi. E penso stasera, soprattutto, alla nostra Chiesa pistoiese; a tutte quante le sue pesantezze; al peccato che l’attraversa; alla pochezza della vita ecclesiale. Non me ne vogliate se dico stasera che non siamo una chiesa immacolata».
La Chiesa di Pistoia, come la chiesa universale, è certamente anche santa, e lo è «per il suo redentore e perché lo Spirito ancora soffia nelle sue ali. Santa per i suoi gloriosi santi del passato e per quella schiera anonima di santi della porta accanto che ancora oggi abitano la nostra chiesa».
Eppure, allo stesso tempo la chiesa pistoiese ha pure i suoi guai: «dobbiamo in sincerità riconoscere che siamo una chiesa difettosa sotto tanti aspetti. Una chiesa non certo immacolata, ma macchiata per il peccato dei sui membri. Macchiata per le divisioni che ancora ci caratterizzano; per il cinismo che a volte ci prende; per le sordità e le cecità che spesso abbiamo». «Siamo forse – domandava il vescovo- un cuor solo e anima sola? Direi ancora troppo poco. A sprazzi qualche volta, ma il più delle volte, ognuno cammina per conto suo».
In cinque anni Monsignor Tardelli ha imparato a conoscere pregi e difetti della chiesa di Pistoia e di certa pistoiesità:
«quanta fatica facciamo ancora a conoscerci e a stimarci, ad accoglierci e a pensare più a ciò che ci unisce che a ciò che ci divide! E poi quanto poco ancora siamo rivolti al Signore come al nostro unico re! Così poco protesi a seguire Lui e Lui solo. Come invece facciamo presto ad assumere criteri di giudizio, valutazioni, opinioni che sono quelle veicolate dal mondo, riproducendo così all’interno della comunità cristiana quelle stesse dinamiche di potere, di interessi e invidie che nel mondo conducono all’ostilità e alla violenza!».
Che ci piaccia o meno, ha aggiunto, questa è la nostra chiesa: «non possiamo costruirne un’altra di chiesa, a nostro piacimento, perché questa non ci piace. La nostra unica casa, la nostra unica e comune dimora, l’unica e sostanziale comunità cristiana è questa: presieduta dal Vescovo in nome del Buon Pastore, servita dai presbiteri e dai diaconi, formata da tutti i battezzati, laici e religiosi; tutti partecipi dello stesso dono e della stessa missione nel mondo».
Un atto di verità cui non manca l’affetto profondo del pastore:
«il bene che vi voglio, che voglio a questa chiesa santa e peccatrice allo stesso tempo è grande e più grande di cinque anni fa. Più consapevole e realistico, ma sicuramente più grande e intenso».
Le parole del vescovo non hanno trascurato di ricordare tutto il bene che c’è, perché «lo Spirito lavora. Lavora instancabilmente. E ha lavorato. In questi cinque anni, da quando sono qua, posso dire di aver visto tante volte lo Spirito del Signore all’opera e questo da speranza e consolazione». Uno Spirito che ha suggerito al vescovo di avviare un percorso sinodale importante. Il 2021, l’anno iacobeo, sarà infatti anche l’anno del sinodo della Chiesa di Pistoia, evento in cui sarà chiamata a confrontarsi in tutte le sue componenti (dal vescovo ai laici delle più piccole parrocchie) e in tutte le sue articolazioni (dalle montagne alla piana), sulla necessità di una conversione missionaria. «Dopo cinque anni – ha infatti concluso il vescovo- siamo ora qua a tentare un cammino sinodale che è una tappa importante per la nostra chiesa. Un passo che dobbiamo fare insieme, credendo che per una chiesa, è questo il modo di rinnovarsi e rendersi docile all’azione dello Spirito Santo … per essere fermento di umanità nuova nel mondo. Questo oggi siamo e vogliamo essere».
(red.)
foto di Mariangela Montanari