Veglia della Solennità di Pentecoste (27 maggio 2023)
Chiesa di San Francesco d’Assisi – Pistoia
Per i discepoli di Cristo, l’evento della Pentecoste fu sicuramente qualcosa di dirompente. La narrazione biblica lo evidenzia con chiarezza introducendo segni di particolare effetto. Lo abbiamo ascoltato.
Aldilà però delle modalità narrative dell’evento, che si trattò di qualcosa di estremamente significativo, lo si può constatare dall’inaspettato e di per sè incomprensibile espandersi della comunità apostolica, avvenuta attraverso la testimonianza e la predicazione di uomini che fino a poco tempo prima non avevano certo dato buona prova di sè.
Fuggiti via al momento della cattura di Gesù e della sua crocifissione, li ritroviamo improvvisamente estroversi, lanciati fuori dal chiuso del cenacolo, “in uscita”, diremmo noi oggi con Papa Francesco. Coinvolti in un movimento espansivo inarrestabile che li portò anche lontano da Gerusalemme e che costò anche la vita a gran parte di loro. Qualcosa certamente di umanamente inspiegabile, se misurato con le corte possibilità di quegli uomini.
L’evento della Pentecoste però non si esaurisce in quel lontano momento. Accompagna la chiesa nei secoli e ne siamo personalmente coinvolti. Come già gli apostoli e i discepoli del Signore, anche noi chiesa di Pistoia, con la festa di Pentecoste riceviamo nuovamente e con abbondanza il dono dello Spirito.
In questo tempo sinodale stiamo imparando a camminare insieme. Con fatica e lentezze; tra tentennamenti e difficoltà; ma anche con entusiasmo e gioia, dovuti alla certezza che lo Spirito Santo ci sta guidando, perché ci siamo affidati a Lui e abbiamo espresso la volontà di lasciarci guidare da Lui, sospinti dal suo soffio vitale. Sulle ali dello Spirito, ci siamo messi insieme alla scoperta di un Dio che è Padre misericordioso, per imparare a servire da poveri i poveri e dar vita a comunità cristiane davvero fraterne e missionarie. Il soffio dello Spirito si sente. Lo percepiamo concretamente. Nel percorso che siamo facendo, nel nostro incontrarci, nel nostro metterci in ascolto, lo Spirito Santo opera e oggi, giorno di Pentecoste, lo vogliamo riconoscere e ringraziarlo. Si tratterà certo di restare docili al suo soffio ancora, percorrendo con coraggio le strade che ci sta indicando. Intanto però lo sentiamo presente, lo percepiamo, ne siamo gioiosamente ripieni.
Col Sinodo diocesano ci siamo posti in ascolto del Signore e l’uno dell’altro. E’ ben giusto che, sinodalmente, a Pentecoste, padri e madri sinodali, rappresentanti di tutte le parrocchie, associazioni e movimenti, presbiteri, diaconi, religiose e religiosi, invochiamo ancora una volta il dono dello Spirito, testimoniando il suo passaggio nella nostra vita e verificando il cammino compiuto.
Rinfranchiamo così il passo, perché sia più spedito lungo le strade dove fratelli e sorelle feriti nel corpo e nello spirito attendono il Vangelo della speranza, e nella storia si anticipino quei segni del Regno che ci sarà donato in pienezza alla fine dei tempi.
Sono tre in particolare le cose che lo Spirito Santo realizza coinvolgendoci e chiedendoci piena disponibilità: il miracolo dell’unità nella diversità, il rinnovamento della faccia della terra e la guida verso la verità tutta intera attraverso il discernimento della sapienza.
E’ innanzitutto opera dello Spirito che genti diverse, persone e popoli differenti possano trovare armonia articolata e complessa ma vera. Lo Spirito Santo crea comunione; le differenze di ciascuno non sono umiliate e negate, bensì valorizzate e accolte, allacciate in solidi legami di fraternità, fino al compiersi del miracolo della unità molteplice. La chiesa, del resto, che prima di essere di uomini è opera dello Spirito, si manifesta esattamente così: popolo variegato nei doni, nei carismi e nei ministeri; unita però in un solo corpo, quello di Cristo. Questo miracolo è ben sotto i nostri occhi quando vediamo oggi una colorata pluralità di uomini, etnie, culture e popoli far parte a pieno diritto della chiesa, in un modo che nemmeno gli apostoli avrebbero mai immaginato. Ad esso si contrappone – ed è peccato contro lo Spirito – l’ostinato individualismo di alcuni, la pretesa solipsistica di pensare di poter fare da sè e la caparbia volontà della ricerca del proprio esclusivo interesse. Nella chiesa come nel mondo.
La seconda cosa che dobbiamo dire dello Spirito è che Egli è dentro la storia, la anima, la rinnova, ispirando nel cuore delle persone il bene operare per l’utilità comune. Nonostante ogni vento contrario, anche in questo terribile frangente della storia, quando il futuro è pieno di incertezza, la casa comune va in rovina e gli umici si consumano nel fratricidio, lo Spirito continua ad operare e non si allontana dal mondo.
Egli sospinge la creazione verso il suo compimento e suscita ogni pensiero e gesto d’amore, anche il più piccolo dandogli forza; ogni anelito di giustizia, ogni speranza di un mondo migliore, ogni conoscenza che si volge alla pace, ogni ricerca scientifica che sia per il bene dell’umanità.
Egli ispira gli artisti col fascino della bellezza; muove alla generosità chi si dona alla causa degli altri; sostiene la testimonianza degli operatori di pace, dando forza a coloro che offrono letteralmente la vita per un mondo migliore. Così lo Spirito Santo rinnova la faccia della terra e prepara cieli e terre nuove in cui abita la giustizia. Lo Spirito Santo opera instancabilmente ma attende la nostra collaborazione, il nostro pieno coinvolgimento. Come dicevo, nel creare unità fraterna e anche nella trasformazione del mondo nel Regno di Dio.
La terza azione dello Spirito è – secondo la promessa di Gesù – di guidarci alla verità tutta intera attraverso il discernimento sapienziale. E’ esattamente quello che stiamo sperimentando e che si esprime nel camminare insieme nel sinodo. Stiamo imparando a discernere le attese di vangelo presenti nel mondo e a individuare le strade per rispondere a queste attese. E la cosa davvero significativa è che lo Spirito non ci sta guidando per qualcosa che si esaurisce con la celebrazione del Sinodo ma ci sta indicando uno stile, un modo di essere chiesa in comunione, nella partecipazione, nella gioia e nella missione. Si tratta di uno stile sinodale da acquisire come modalità permanente del nostro essere chiesa, profezia di unità e di amore nel mondo di oggi. Chi si fa guidare da Lui e si lascia sospingere dalla brezza leggera dello Spirito che parla di pace e d’amore, diventa, dentro la chiesa e anche oltre i suoi confini visibili, un vero costruttore di umanità che nessun ostacolo può veramente fermare. Così sia per tutta la nostra chiesa.