di Edoardo Baroncelli*
Da due anni la Diocesi di Pistoia, attraverso l’ufficio scuola diocesano, sta riflettendo e lavorando su un tema fondamentale, quello dell’educazione e delle sue sfide. Si è trattato di un cammino che abbiamo voluto condividere, fino ad apparire insistenti e pressanti, con le istituzioni del territorio: Ufficio scolastico regionale, Ufficio scolastico provinciale, Amministrazioni comunali, Fondazione Caript e molte realtà associative e del terzo settore. Semmai può avere un merito, l’azione che la Diocesi di Pistoia ha svolto e intendere continuare a svolgere è stato quello di richiamare l’attenzione di tutti su un tema decisivo: attraverso le scelte di oggi sulla possibilità di istruire ed educare, di apprendere e di crescere si costruisce o si lascia sgretolare il presente ed il futuro della città degli uomini di domani.
Abbiamo cercato di avviare un processo di riflessione e di coinvolgimento che favorisse e stimolasse dibattiti e luoghi di progettazione che conservassero l’intenzione della concretezza, incontrando disponibilità a convergere con la riflessione e con l’azione, a incamminarci dietro l’idea forte di educazione come bene comune. Perché “Se il pensiero è sicuramente inefficace senza azione, l’azione senza pensiero lo è altrettanto.” (Z.Bauman). Scuola, istituzioni pubbliche e terzo settore sanno di avere davanti una sfida cruciale e decisiva dal cui esito dipende l’esistenza delle nostre comunità. Ciascuna di queste realtà ha già tentato con buona volontà azioni anche lodevoli. Si tratta adesso di percepire l’esigenza di una strategia di azione comune nella quale prevalga la volontà di concretezza sul senso di appartenenza a mondi diversi.
«In tale contesto, vediamo che non bastano le ricette semplicistiche né i vani ottimismi. (…) Nella storia esistono momenti in cui è necessario prendere decisioni fondanti, che diano non solo un’impronta al nostro modo di vivere, ma specialmente una determinata posizione davanti ai possibili scenari futuri. Nella presente situazione di crisi sanitaria — gravida di sconforto e smarrimento — riteniamo che sia questo il tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature.» (Videomessaggio del Santo Padre Francesco in occasione dell’incontro Global compact on education)
Non dobbiamo nasconderci che serve una nuova mentalità per orientare le scelte che si possono e si devono fare. La progettazione delle azioni possibile deve partire dall’analisi completa ed accurata dei problemi, dei bisogni, dei destinatari possibili dai quali non possono essere escluse le situazioni maggiormente diffuse. La povertà educativa è un fenomeno di massa, come ci ricorda Marco Rossi Doria, Presidente della fondazione Con i Bambini. I progetti e le azioni scelte non devono essere un giustificativo di ciò che si fa o che si preferisce fare. Si tratta di uno stile inefficace ed errato le cui conseguenze ricadono naturalmente su chi dovrebbe beneficiare dei progetti e delle iniziative.
La parola progetto poi ha ormai assunto un significato scivoloso e ambiguo. Si scrive “presentare un progetto”, si legge “cerco finanziamenti e soldi”. Va inoltre precisato che non poche realtà faticano a mantenere attiva la propria azione nel territorio in mancanza di sostegni economici costanti e sono costrette a procedere di progetto in progetto, tentando di rivalorizzare se non di conservare quanto realizzato negli anni. Ne consegue un orizzonte temporale limitato e un indebolimento dell’azione e della possibilità di elaborare strategie durature nel tempo. Ed in alcuni casi la sovversione dello scopo. Il fine del progetto è se stesso, o il finanziamento della realtà o del gruppo di esperti o di insegnanti che lo propongono. In tale prospettiva i destinatari sono, nella migliore delle ipotesi, il pretesto, e l’efficacia dell’azione non è quindi un criterio interessante. Scarsa rilevanza hanno quindi, in questo scenario, le domande implicite o esplicite nelle quali si imbattono tutti coloro che hanno a che fare con i ragazzi in realtà non ovattate o di nicchia.
“Ho 16 anni (o 13, o 21 non fa differenza), dondolo dentro pomeriggi vuoti con qualche straccio di amico, non ho con me la mia famiglia a seguirmi perchè i miei lavorano tutto il giorno per farmi sopravvivere o sono cannibalizzati dall’idea di un certo tenore di vita e dalla carriera; sono una anche io una vittima della follia postmoderna e mostruosa di lavoro che o manca, ricercato e sottopagato, o non lascia spazio a nient’altro divorando famiglia, amici, figli, vita; o si sono separati quando ero piccolo e si detestano da allora; o altro ancora. Cosa c’è per me da poter fare? Quali alternative (plausibili) ho al degrado? Quali esperienze mi saranno proposte e da chi? Quale scuola curerà la mia formazione ed i miei apprendimenti e cioè mi darà qualcosa di più di un diploma di cartone che mi aiuterà a costruirmi un futuro dignitoso e felice? Chi mi aiuterà a diventare grande non troppo presto o non troppo tardi? Chi mi darà motivi plausibili o orizzonti che valgano il prezzo del biglietto della vita?”
Per contrappesare il rischio di invertire la finalità delle azioni educative, quindi, e cercare così di rispondere a queste domande ed altre simili, si rendono necessari altri strumenti che ci rendano capaci di muoversi in alleanza tra tutti i soggetti della comunità.
Nel documento Idee e proposte per una scuola che guarda al futuro, redatto dal Comitato di esperti istituito dal Ministro dell’Istruzione in risposta all’emergenza Covid-19, la percezione della necessità di cammini condivisi è centrale e nel documento si fa costante riferimento al ruolo decisivo che possono assumere le alleanze territoriali.
È su questa via che possiamo vedere segni concreti di speranza. Azioni comuni e condivise stanno muovendo i primi passi e lasciano la sensazione che si possa ancora incidere. Il prossimo convegno del 25 novembre, a cui la Diocesi di Pistoia sta lavorando da tempo, che riunirà scuola, istituzioni, associazioni è senz’altro uno di questi segni. Tornano alla mente, e di guidano, le parole del Concilio: «Si può legittimamente pensare che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza.» (Gaudium et Spes, 31)
*Direttore ufficio scuola diocesano