Apertura della porta della misericordia
Cattedrale di Pistoia 12 dicembre 2015
Abbiamo aperto poco fa la porta della misericordia e siamo passati attraverso di essa. La porta è Cristo e il suo volto è la Misericordia. Lui è il volto misericordioso di Dio che ci è venuto e ci viene incontro per darci la sua vita, per farci partecipare alla sua vita divina.
A che cosa infatti ci da accesso la porta della misericordia che è Cristo? Ci da accesso alla pienezza della vita divina in noi. Dio guarda alla nostra esistenza, alla nostra sofferenza, al nostro peccato, con occhi di misericordia. Egli è innamorato all’eccesso della sua creatura e non si stanca di guardarla con amore e di intervenire a suo favore, Egli ci precede sempre con la sua grazia; fa sempre Lui il primo passo verso di noi e tutto fa a un solo scopo: renderci partecipi della festa della sua gloria, perché lì, per noi, è la felicità senza fine.
Abbiamo bisogno della misericordia di Dio, carissimi fratelli e amici Abbiamo bisogno di sentirci amati, perdonati, accolti come figli. Questo amore è ciò che ogni uomo cerca dal profondo del cuore, anche se spesso non lo sa o non lo vuole accettare. Questo amore è ciò a cui anela attraverso i meandri a volte tortuosi della sua vita: l’uomo anela a Dio, a vivere la vita di Dio, a vivere la comunione piena con Lui e attraverso di Lui con tutti gli altri esseri umani e con l’intero creato. Perché senza Dio, l’uomo è perso. Senza Dio non c’è che menzogna e violenza; senza il suo amore misericordioso non c’è che infelicità e tristezza e ogni uomo diviene lupo all’altro, il potente schiaccia il debole, il ricco umilia il povero, il più forte domina la scena del mondo e il più furbo inganna a morte il fratello. E’ così, senza il Dio della misericordia, senza quel Dio che si è manifestato nel volto piagato e crocifisso del Cristo, nel volto tenerissimo del Figlio dell’uomo, nel volto raggiante e glorioso del Risorto. Senza Dio, non c’è misericordia nel mondo. Non può esserci.
Il Papa giudica urgente che questo messaggio della Misericordia di Dio raggiunga oggi tutti gli uomini. Ritiene urgente e non dilazionabile che la chiesa esca e si muova per adempiere generosamente a quella che è la sua missione: andare a cercare chi si è perduto per annunciargli la Buona Notizia del Regno di Dio, per fargli sperimentare la misericordia di un Padre che vuole tutti salvi, che questo Padre lo sta cercando. E’ una vera urgenza, quella di cui parla il Papa. Ne dobbiamo prendere atto.
Se la Chiesa deve essere un “ospedale da campo”, come più volte Papa Francesco ha detto, è perché il mondo è un campo di battaglia con morti e feriti senza numero. Se la Chiesa deve essere un’“oasi di misericordia”, come ancora il Papa dice nella Bolla di indizione del giubileo, è perché il mondo di oggi è un deserto arido e bruciato dal sole e ha urgente bisogno di sapere che Dio lo ama, che Dio ha fiducia nell’uomo, che non è nemico dell’uomo, bensì un padre che perdona e salva.
Alla Chiesa deve stare a cuore, sommamente a cuore, che ogni uomo conosca la salvezza, la Misericordia del Padre, e comprenda che c’è la possibilità di rinascere nella speranza, qualsiasi sia la condizione in cui ci si trova, anche se si è scartati da questa società o se si è ultimi e poveri di beni e d’amore.
Carissimi fratelli e amici, noi siamo chiamati a invitare gli uomini ad approfittare di questo amore misericordioso, a rispondere all’amore, perché l’amore non resti non amato; siamo chiamati a invitare i nostri fratelli ad accorrere e ad entrare attraverso la porta della misericordia nella pienezza della vita. Dobbiamo patire e soffrire perché nessun uomo si perda, perché tutti si convertano all’amore di Dio, perchè ogni uomo si lasci amare e perdonare.
Non è purtroppo scontato che ciò accada. Suor Faustina Kowalska nel suo Diario, lei che Papa Francesco ha giustamente indicato come l’apostola della Divina Misericordia, riporta queste parole intese in una esperienza interiore come pronunciate dal Signore: “…Il Mio Cuore è stracolmo di tanta Misericordia per le anime (…) Oh! se riuscissero a capire che Io sono per loro il migliore dei Padri; che per loro è scaturito dal Mio Cuore Sangue ed Acqua, come da una sorgente straripante di Misericordia; che per loro dimoro nel tabernacolo e come Re di Misericordia desidero colmare le anime di grazie, ma non vogliono accettarle (…) Quanto è grande l’indifferenza delle anime per tanta bontà, per tante prove d’amore! (…) Hanno tempo per ogni cosa; per venire da Me a prendere le grazie non hanno tempo…” (Diario, 367). “Infelici coloro che non approfittano di questo miracolo della Divina Misericordia! (Diario, 1448).
Ecco carissimi: la porta della Misericordia, il cui segno è la porta della nostra cattedrale che si è aperta, indica la necessità di accorrere a Dio per essere perdonati dai nostri peccati. E’ una porta che rimane certamente sempre aperta. Che è sempre possibile attraversare; che non si chiude in faccia a nessuno. Però occorre varcarla, questa porta, passarci in mezzo, attraversarla. Ed entrare per la porta della Misericordia significa riconoscere – stupiti – che Dio ci precede sempre e non aspetta che siamo buoni per amarci. Significa ancora – perché amati oltre ogni misura – saper riconoscere il male che è in noi, vedere le nostre nefandezze, le nostre ipocrisie, tutte le nostre cattiverie, il cuore malato invidioso e rancoroso, la brama di potere che è in noi, l’ingiustizia che alimentiamo, la distruzione della casa comune cui contribuiamo. Significa infine, col cuore sinceramente contrito e con la ferma volontà di cambiare vita, affidarsi alla misericordia di Dio.
Troveremo allora pace e gioia per davvero. Perché non c’è vita disordinata e peccaminosa che non possa essere recuperata. Allora, le parole del profeta Sofonia risuoneranno dolcissime nel nostro cuore: “
Rallegrati, figlia di Sion,
grida di gioia, Israele,
esulta e acclama con tutto il cuore,
figlia di Gerusalemme!
Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico.
”
Ancora un’ultima considerazione vorrei fare, prima di concludere, carissimi fratelli e amici. Il Motto scelto dal Papa per l’anno santo è: “Siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre vostro.” Ciò vuol dire che all’esperienza personale e comunitaria della misericordia, deve seguire una vita realmente misericordiosa verso il prossimo. Se non si traducesse in un cuore misericordioso che sa usare misericordia nei confronti degli altri, sarebbe vano passare attraverso la porta santa; sarebbe perfettamente inutile chiamarsi discepoli di Cristo e falso dirci cristiani.
Qui si manifesta dunque la necessità di un cambiamento concreto di vita. Le indicazioni date da Giovanni il Battista ai suoi concittadini – come le abbiamo ascoltate nel vangelo di oggi – sono esemplificazioni da tradursi nella nostra attualità. «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». «Non esigete nulla di più di quanto è giusto». «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno».
Indicazioni che però non sono sufficienti. Occorre incamminarsi sulla via delle opere di misericordia, le sette corporali e le sette spirituali, come tradizionalmente insegnato dalla Chiesa. Occorre soprattutto però avere un cuore misericordioso, cioè ben disposto nei confronti dell’altro, preveniente nel bene, aperto, disponibile all’incontro e al dialogo. Non si tratta di “fare opere di misericordia” ma di “essere misericordiosi”, imitando l’agire stesso di Dio così come si è manifestato in Gesù.
Carissimi, questo impegno a essere misericordiosi è richiesto alla chiesa nei confronti del mondo, degli uomini e delle donne del nostro tempo, come ho già detto. L’impegno è però richiesto prima di tutto alla chiesa al suo interno, per rinnovare le relazioni fraterne nelle nostre parrocchie e delle nostre Chiese particolari. Non possiamo infatti essere misericordiosi con gli altri, se non deponiamo le armi della gelosia, dell’invidia, dell’inimicizia e della maldicenza, e se non impariamo a usarci misericordia tra di noi, ad accoglierci nella stima reciproca, nell’affetto, nella tenerezza,
Passando allora dalla porta santa quest’anno – e concludo -, carissimi fratelli ed amici, ricordiamoci le cose che ci siamo detti stasera. Mi auguro che questo sia un anno davvero speciale per tutti noi. Un anno di grazia e perdono, di rinnovamento della nostra chiesa diocesana e di rilancio della sua missione apostolica; un anno anche di riscoperta della forza prorompente della gioia sopra ogni tristezza e malumore. Con San Paolo mi sento questa sera perciò di dirvi: Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.
+ Fausto Tardelli