Breve profilo di un beato pistoiese a cura di Maria Valbonesi
A cura di Daniela Raspollini
Nella sua lettera pastorale “l’anno della comunità fraterna e missionaria” il vescovo Tardelli invita la diocesi a «riscoprire, ricordare e celebrare adeguatamente i santi del “Proprio diocesano”, portando a conoscenza della comunità la loro testimonianza evangelica». Venerdì 14 la chiesa pistoiese ricorda il Beato Bonaventura Bonaccorsi, una figura ignota a molti pistoiesi che merita invece di essere conosciuta e approfondita. Ci ha aiuta a farlo Maria Valbonesi, con un breve, ma significativo profilo biografico.
Il Beato Bonaventura Bonaccorsi
Fra tutti i santi e beati della Chiesa pistoiese Buonaventura Bonaccorsi è quello che dispone della più ampia rappresentazione iconografica: una sequenza di ben venti lunette affrescate da pittori diversi con la storia della sua vita nel chiostro della Santissima Annunziata. La prima lunetta ce lo mostra in atteggiamento autoritario e marziale, in mezzo al tumulto della guerra civile che insanguina le vie di Pistoia. Infatti Buonaventura apparteneva a un’antica e ricca famiglia ghibellina e ben presto cominciò a distinguersi negli scontri fra le fazioni, fino a diventare «capo e gran fomentatore» di quella ghibellina, anzi, secondo un contemporaneo, particolarmente crudele e sanguinario, «peggiore di tutti gli altri». Ma nel maggio del 1276, dopo aver sentito predicare fra Filippo Benizzi, il Generale dell’ordine dei servi di Maria Annunziata che da poco si era stabilito anche a Pistoia, improvvisamente Buonaventura decise di cambiare vita.
La conversione, specialmente se improvvisa, è sempre un mistero perché comporta l’intervento della Grazia divina; e tanto più in questo caso, perché della predica di fra Filippo sappiamo soltanto che cercava di placare l’ira delle fazioni e di quello che sia avvenuto nell’animo di Buonaventura non sappiamo nulla. Certo è che fra Filippo gli permise di seguirlo e di vestire l’abito dei Servi solo a condizione che prima chiedesse pubblicamente perdono ai suoi nemici. Come si può vedere nelle seguenti lunette di Cecco Bravo: «ritrovati ad uno ad uno singolarmente tutti i suoi nemici in qual si voglia luogo, in casa o in piazza, o soli o accompagnati che gli trovassi, con una humiltà indicibile e con un fonte di lacrime che gli piovevano dagli occhi, a tutti chiese perdono».
Da quel momento, dopo un anno di duro noviziato nel convento di Monte Senario, per quasi quarant’anni fra Buonaventura Bonaccorsi fu al servizio del suo Ordine, come predicatore e come priore dei conventi di Orvieto, Montepulciano, Bologna, poi di nuovo Montepulciano, nel 1307 Pistoia, dove costituì la compagnia delle sorelle dell’Addolorata, e infine ancora una volta Orvieto, dove morì nel 1315. Ma soprattutto fu in continua missione di pace, quella pace a cui fra Filippo Benizzi l’aveva convertito, persuadendolo che non c’è bene maggiore che si possa fare agli uomini su questa terra.
E forse proprio la vittoria della pace sulla guerra vollero significare i frati dell’Annunziata quando nel corso del XVII secolo fecero decorare da quattro valenti pittori (Cecco Bravo, Giovanni Martinelli, Alessio Gimignani e il Leoncini) ben venti lunette del loro chiostro con le storie del beato Buonaventura Bonaccorsi – beato fin da vivo, secondo la voce popolare- ma ufficialmente per la Chiesa solo dal 1822.
Maria Valbonesi