Toscana allo specchio: i numeri della crisi

Crescono del 47,7% le criticità sul territorio. Il Covid ha fatto emergere il lavoro fragile e messo alla prova oltre 7 mila famiglie che si sono rivolte per la prima volta alla Caritas

Che i numeri siano cresciuti, tutti se ne sono resi conto. La crisi innescata dalla pandemia ha visto aumentare il numero di quanti, per difficoltà economiche, si sono rivolti agli sportelli Caritas della Toscana. Dietro i dati però quel che risalta è “l’emersione del sommerso”: «Sono soprattutto lavoratori precari, grigi o al nero, infatti, coloro che dal marzo 2020 ad oggi hanno bussato alle porte dei servizi delle Caritas toscane». Lo segnala Fatti di prossimità, fatti di Vangelo, il Rapporto 2021 sulle povertà nelle diocesi toscane, presentato sabato mattina a Firenze e che evidenzia, allo stesso tempo, una fragilità condivisa insieme al «mondo del lavoro autonomo e, in generale, a tutta quella fascia di occupati poco o per nulla coperti dagli ammortizzatori sociali, siano essi ordinari o emergenziali, impiegato nei settori che più hanno sofferto dei blocchi e delle restrizioni necessarie per contenere la pandemia».

«Sono 28.467 le persone che, tra settembre 2020 e aprile 2021, hanno chiesto l’aiuto dei servizi delle diocesi della regione, il 47,4% in più rispetto ai 19.310 dei nove mesi precedenti». Una «valanga della povertà» che ha visto bussare agli sportelli Caritas 7.139 famiglie che «nei nove mesi del monitoraggio fatto dalle Caritas, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto rivolgersi a un centro d’ascolto». Una “valanga” composta prevalentemente da donne, dove cala il numero dei migranti assistiti e cresce quello dei cittadini italiani, che pesa di più nella Toscana settentrionale e manifesta una dilagante “povertà educativa”.

Tra gli aspetti rilevanti del Rapporto emergono infatti le indagini svolte degli insegnanti di religione nella regione Toscana. Quasi 600 i docenti coinvolti che hanno segnalato «un quadro decisamente allarmante: «per il 69% dei docenti intervistati, infatti, la pandemia ha aumentato in modo significativo le disuguaglianze fra gli studenti toscani (quota che alle scuole superiori sale addirittura al 76%) a causa soprattutto dell’incremento della povertà e del disagio economico delle famiglie (54%) che si riverbera sulle disuguaglianze nell’accesso ai dispositivi informatici (50,6) ma anche, complici le restrizioni, nella riduzione degli stimoli esterni alla scuola (43%) con il conseguente aumentato rischio di esclusione dei soggetti più fragili (48%)». Le difficoltà dell’insegnamento a distanza condizionano il futuro dei ragazzi: un 36% di studenti ha rinunciato agli studi universitari per un lavoro subito, mentre un altro 31% «stava addirittura valutando di lasciare la scuola e andare a lavorare per aiutare la famiglia in difficoltà».

Per Monsignor Roberto Filippini, vescovo di Pescia e delegato Cet per le Caritas Toscane, «la pandemia ha messo in luce un sistema malato», perché le povertà del presente «sono in gran parte eredità del passato e hanno radici nella crisi economica, sociale e politica degli anni precedenti». Una situazione che invoca un impegno corale, con un occhio di riguardo ai fondi del Pnrr e alle «formidabili occasioni che potrebbe riservare».

È tempo, afferma il delegato regionale Caritas Marcello Suppressa, «che la Caritas recuperi il proprio ruolo identitario, cioè quel mandato educativo e promozionale nei confronti della società civile e della comunità cristiana che è scritto nei nostri statuti e carte pastorali » a cui non è sempre stato possibile riferirsi nel momento dell’emergenza pandemica. «Si tratta – ha concluso – di riportare l’animazione di comunità e l’advocacy al centro del nostro essere Caritas. Probabilmente sarà necessaria una profonda rivisitazione anche dei modelli organizzativi».

Ugo Feraci

 




Novità dalle Chiese toscane

Lunedì 31 gennaio la Conferenza episcopale Toscana si è riunita in assemblea. Dall’incontro l’attenzione ai prossimi appuntamenti come il Cammino Sinodale, la visita del Papa a Firenze, l’attività del Tribunale ecclesiastico etrusco, le nuove nomine. Don Simone Amidei è il nuovo incaricato regionale per l’edilizia di culto

 

I vescovi della Conferenza episcopale Toscana si sono riuniti lunedì scorso all’Eremo di Lecceto, in provincia di Firenze, per la loro assemblea. Tra i tanti argomenti affrontati, come prima cosa sono stati analizzati i temi al centro dell’ultima riunione del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana.

Tra questi, i vescovi toscani si sono soffermati in particolare sulle prospettive aperte per il Cammino Sinodale: tutte le diocesi toscane sono già impegnate in questo Cammino e i vescovi hanno ribadito la loro attenzione a questo percorso della Chiesa tutta e di quella italiana in particolare. A tal proposito, i vescovi toscani si stanno preparando a due prossimi importanti appuntamenti: l’Assembla della Cei, in programma nel prossimo mese di maggio per l’appunto sul tema sinodale e, prima ancora, il Convegno sul Mediterraneo terra di pace in programma dal 23 al 27 febbraio a Firenze, che sarà concluso da Papa Francesco con la celebrazione della Santa Messa e l’Angelus nella basilica di Santa Croce. La Cet sottolinea l’importante segnale di attenzione che il Santo Padre darà alla Toscana con questa ulteriore presenza nella nostra regione. Dal Convegno dei vescovi, e da quello contemporaneo dei sindaci che si riuniranno a Palazzo Vecchio, la Cet auspica possa davvero venire un segno di riconciliazione e di pace per tutto il Mediterraneo, secondo l’opera e l’impegno per la fraternità fra i popoli di cui è stato importante esempio il Venerabile Giorgio La Pira. Come lui, hanno detto i vescovi, auspichiamo che da questi incontri possano esserci quei segni di speranza nel Mediterraneo le cui sponde “devono unire e non separare”.

La Conferenza episcopale toscana ha quindi rivolto ancora un saluto a monsignor Roberto Campiotti, vescovo eletto di Volterra, che il prossimo 26 febbraio verrà ordinato vescovo a Milano, la sua diocesi di provenienza, e che entrerà a Volterra il 27 marzo prossimo. A lui i vescovi hanno assicurato la vicinanza nella preghiera per questi due importanti appuntamenti in attesa di accoglierlo nella Conferenza episcopale.

Come ogni anno i vescovi toscani hanno ascoltato il rendiconto del vicario giudiziale monsignor Marco Pierazzi che portando all’approvazione il resoconto economico ha illustrato anche l’attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco. Il modello che si è realizzato in Toscana (dove i processi ordinari sono trattati dal tribunale regionale mentre quelli brevi dai tribunali diocesani) segue esattamente le indicazioni che ha dato il Santo Padre nel suo recente discorso alla Rota Romana dove ha spiegato che nei tribunali ecclesiastici deve manifestarsi <<il volto misericordioso della Chiesa: volto materno che si china su ogni fedele per aiutarlo a fare verità su di sé, risollevandolo dalle sconfitte e dalle fatiche e invitandolo a vivere in pienezza la bellezza del Vangelo>>. La riforma del processo canonico per le cause di nullità matrimoniale avviata con il Motu proprio «Mitis Iudex»  aveva tre obiettivi che nel modello toscano paiono pienamente raggiunti: prossimità alla gente, celerità dei procedimenti ed economicità/gratuità dei procedimenti stessi. A questo proposito i vescovi della Toscana ricordano che il costo di ogni processo è di 525 euro: in casi particolari di bisogno, il costo può essere addirittura  azzerato. Il tribunale regionale nel 2021 ha trattato 319 cause, di cui 124 nuove (16 quelle a costo zero), e ne ha concluse 142, proseguendo così lo smaltimento delle  cause arretrate.

La Cet ha quindi provveduto a nominare i due nuovi membri dell’ufficio di presidenza che vanno ad aggiungersi al Presidente, al Vicepresidente e al Segretario: l’arcivescovo di Siena, cardinale Augusto Paolo Lojudice, e il vescovo di Prato monsignor Giovanni Nerbini. Sostituiscono l’arcivescovo di Lucca e il vescovo di Pescia, monsignor Paolo Giulietti e monsignor Roberto Filippini, per i prossimi due anni.

Monsignor Nerbini ha quindi illustrato il progetto Laudato si’ del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale che intende dare concretezza alle prospettive aperte dall’Enciclica di Papa Francesco. I vescovi hanno accolto molto favorevolmente questo progetto che riguarda anche aspetti concreti delle comunità e delle persone, oltre che una formazione particolare.

È stato quindi approvato, all’unanimità, il progetto per la creazione dell’Agenzia regionale di comunicazione che sarà collegata a Toscana Oggi: tutte le diocesi aderiscono a questo nuovo strumento che diventa così espressione della Conferenza episcopale toscana e avrà tra i suoi obiettivi quello di rilanciare a livello pubblico le diverse esperienze e i fatti di ciascuna singola diocesi sia attraverso internet sia con altri servizi che eventualmente verranno realizzati.

I vescovi hanno inoltre dato il via libera alla realizzazione di uno statuto per una commissione regionale per il diaconato permanente.

L’Abate Diego Gualtiero Rosa ha relazionato sulla Lettera apostolica, in forma di Motu proprio, Traditionis custodes di Papa Francesco. I vescovi si sono confrontati sulla sua attuazione ribadendo l’adesione a quanto stabilito dal Santo Padre sull’uso della liturgia Romana anteriore alla riforma del 1970.

Infine i vescovi hanno provveduto ad alcune nuove nomine:

Don Stefano Papini della diocesi di Grosseto e Maria Giovanna Deronda della diocesi di Siena sono i nuovi incaricati regionali della Pastorale giovanile.

L’avvocato Marco Randellini della diocesi di Arezzo – Cortona – Sansepolcro è il nuovo incaricato regionale per Problemi sociali e lavoro, giustizia e pace, custodia del creato.

Dopo aver salutato con affetto e piacere la nomina di don Luca Franceschini della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli a Direttore nazionale per i Beni culturali e ecclesiastici e l’edilizia di culto, i vescovi hanno nominato don Simone Amidei della diocesi di Pistoia nuovo incaricato regionale dello stesso ufficio.




Santo Natale: le celebrazioni del vescovo

Si avvicina il Natale e anche il tempo delle celebrazioni liturgiche più sentite dell’Anno. Ecco gli orari delle Sante Messe solenni, presiedute da monsignor Tardelli nella cattedrale di Pistoia:

Venerdì 24 dicembre – ore 23,15: In Cattedrale, Santa Messa della Notte Natale

Sabato 25 dicembre – ore 11,00: Pontificale in Cattedrale con benedizione Papale e indulgenza plenaria;

Lunedì 27 dicembre – ore 17,00: In San Giovanni Fuorcivitas, Statio Giubilare, pellegrinaggio in Cattedrale e Santa solenne presieduta dal vescovo;

Venerdì 31 dicembre – ore 18,00: In Cattedrale, Te Deum di ringraziamento di fine anno.

Giovedì 6 gennaio – ore 11: Pontificale in Cattedrale per la Solennità dell’Epifania.

 

 

(foto di Mariangela Montanari)

 




Una prima tappa verso il Sinodo

Martedì 16 novembre incontro con Mons. Castellucci in Seminario

La riflessione sinodale ruota da quest’anno attorno a tre importanti percorsi sinodali: quello della Chiesa universale, con il sinodo dei vescovi dedicato proprio al tema della sinodalità, quello della Chiesa in Italia e, infine, quello della Chiesa diocesana. Tre percorsi che nel corso dell’anno saranno accompagnati da importanti momenti formativi aperti a tutti. Il primo è offerto da Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, che martedì 16 novembre proporrà una riflessione dal titolo «Chiesa popolo di Dio in comunione e missione».

Accanto al suo impegno pastorale monsignor Castellucci è anche vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, consultore della segreteria generale del Sinodo dei vescovi, consultore della congregazione per il clero. Per anni ha insegnato teologia dogmatica con particolare attenzione alla dimensione ecclesiologica e alla teologia del presbiterio.

«La sua formazione e il suo servizio — spiega il vicario generale don Cristiano D’Angelo — ne fanno una persona particolarmente qualificata per aiutarci ad entrare sempre di più nella preparazione del Sinodo e nella formazione ad una nuova mentalità e prassi missionaria delle nostre chiese».

«L’incontro con Mons. Castellucci — precisa don Cristiano — è aperto anche ai laici, in modo particolare a quelli che svolgono un servizio pastorale nelle parrocchie e realtà ecclesiali». L’evento, avrà luogo nell’aula magna del Seminario vescovile di Pistoia si svolgerà dalle 9.30 alle 12.30. Per tutti, compatibilmente con il numero di posti disponibili, è necessario esibire il green pass all’ingresso.

L’incontro sarà trasmesso anche in diretta streaming sul canale YouTube della diocesi.




Addio a don Umberto Guidotti

Prete missionario accanto agli ultimi in Brasile. Martedì le esequie in Cattedrale

Nelle prime ore di lunedì 11 ottobre è morto don Umberto Guidotti (80 anni).

Presbitero molto noto per la sua lunga e feconda attività missionaria, già malato da tempo, si è aggravato negli ultimi giorni. Dal Brasile, dove ha vissuto e operato a lungo, era tornato a causa delle sue condizioni di salute. Ha vissuto in Seminario a Pistoia i suoi ultimi anni.

Per ventisette anni è stato in Brasile: otto anni insieme ai lebbrosi, altri otto a fianco dei contadini brasiliani che lottavano per una riforma agraria, gli ultimi a lavorare in difesa dei diritti umani.
In Amazzonia è stato responsabile della pastorale per i diritti umani, minacciato nel 1996 e nel 1998 dalla polizia locale per la sua difesa dei bambini di strada.
Oltre al Brasile, Don Umberto ha operato per la pace anche in Africa, nel Mozambico.

La Diocesi esprime il suo cordoglio a parenti, amici, conoscenti e ringrazia il Signore di un’esistenza sacerdotale così luminosa.
Il Signore lo accolga nel suo Regno.

Sarà possibile salutare don Umberto presso la Chiesa di Santa Chiara in Seminario a Pistoia dal pomeriggio di lunedì 11 ottobre.
Le esequie saranno celebrate dal vescovo Tardelli martedì 12 ottobre alle 15.30 nella Cattedrale di San Zeno a Pistoia.

 

In ricordo di don Umberto ci piace condividere questo suo pensiero, scritto in occasione dei suoi 50 anni di sacerdozio.

A coloro che amano la Bibbia e difendono la centralità della Parola di Dio, dico: Ricordatevi la formula di K. Barth: sì Bibbia, ma anche
giornale. La Bibbia mi dà il grido di Dio; il giornale il grido degli uomini.
A coloro che amano la liturgia e la preghiera come centro della vita cristiana, dico con Madre Teresa di Calcutta: “Le mani che aiutano
sono più preziose delle mani che pregano.”
Oggi, ricordando 40 anni di missione in Brasile, di cui dieci in Marañhao, mi chiedo: che cosa ho fatto: ho piantato? Altri raccoglieranno. Ho contribuito a radicare la Chiesa di Gesù in Brasile?
Il compito continua … passo il “testimone” ai più giovani e più sani, ma dichiaro: venni per evangelizzare e fui evangelizzato.
Ora torno in Italia, ma, anche indebolito, sono ancora un sognatore che pensa e un pensatore che sogna: un altro mondo è possibile.
Un’altra Chiesa è possibile. Il sogno di Gesù: Il Regno di Dio. È possibile una Chiesa più simile al Regno di Dio.

Grazie Chiesa del Brasile.
Grazie Chiesa dell’Amazzonia
Grazie Conferenza dei Vescovi del Brasile.
Pregate per me.

San Luis de Maranhão, 19 marzo 2015




Secondo fine settimana di appuntamenti ai Linguaggi del divino

Tra gli appuntamenti l’intervento del prof. Andrea Di Maio, uno dei massimi esperti del pensiero di San Bonaventura da Bagnoregio. A Pistoia anche i sociologi Mauro Magatti e Chiara Giaccardi. Domenica 10 conclude il festival la relazione del filosofo Silvano Petrosino e lo spettacolo di Giovanni Scifoni

 

Il nuovo fine settimana del festival di teologia “i linguaggi del divino” si apre venerdì mattina con una relazione a metà tra filosofia e teologia dal suggestivo titolo: “Avanti sì, ma verso dove?”. Cammino, pellegrinaggio, itinerario.

«Il “Cammino di Santiago”, — spiega il relatore, ANDREA DI MAIO, professore di filosofia alla Pontificia Università Gregoriana, uno dei massimi esperti del pensiero di San Bonaventura da Bagnoregio — è metafora del cammino della vita, è quindi un costante invito ad andare Oltre (“Ultreya” e “Suseya”, ossia più in là e più in alto), ma anche ad addentrarsi sempre più alla ricerca del centro unificante della vita e del punto di contatto con Dio. Anche senza muoverci fisicamente, possiamo tutti sempre effettuare questo viaggio interiore muovendoci con la riflessione e il desiderio, secondo un semplicissimo itinerario ben descritto da San Bonaventura: raccogliersi dall’esteriorità all’interiorità per slanciarsi verso l’ulteriorità». Introdurrà la relazione, programmata alla Chiesa del Carmine alle ore 10, il prof. Francesco Gaiffi.

Riparte dal viaggio interiore, che chiede l’uscita da sé e procede incontro all’altro (e all’oltre) la relazione del prof. MARCO STRONA (Chiesa del Carmine, ore 17), dal titolo: “La mistica del pellegrinaggio da Ignazio di Loyola a papa Francesco”. Un incontro che proverà a leggere il discernimento di Papa Francesco, sul fenomeno della migrazione, a partire da una doppia matrice: la mistica ignaziana e la recezione latino-americana dell’ecclesiologia del “popolo di Dio”. Modererà l’incontro la prof.ssa Mariangela Maraviglia.

Sabato pomeriggio un altro appuntamento con due personalità di primo piano del mondo cattolico: MAURO MAGATTI e CHIARA GIACCARDI, entrambi docenti di sociologia all’Università Cattolica di Milano. «Il grande sistema tecno/economico, con la sua neutralità etica e le sue pretese di controllo — spiegano i due sociologi — vorrebbe rendere superflua la questione religiosa, ingabbiando la vita e il suo rischio in gabbie e schemi, ma dobbiamo scommettere che vale la pena metterci in cammino senza già sapere dove arriviamo: è il modo per rendere la vita un’avventura e non semplicemente un ripetere degli schemi già consolidati». Che cosa significa, per un cattolico, stare davvero nel proprio tempo, accettandone le sfide? Ci aiuteranno a pensarci Mauro Magatti e Chiara Giaccardi nell’incontro di sabato 9 ottobre alle 17 alla chiesa del Carmine a Pistoia. Introdurrà la prof.ssa Edi Natali.

Sabato sera alle 21, sempre nella Chiesa del Carmine, spazio per la presentazione evento del volume “Ritrovata Umanità” (Gli Ori, Pistoia 2021). Un testo nato dall’ispirazione di alcuni giovani, a partire dall’esperienza di una via Crucis, raccontata dalle fotografie in bianco e nero di MARIANGELA MONTANARI. La serata proporrà letture, suoni, visioni che scaturiscono dalle limpide profondità d’animo dei giovani.

La conclusione del Festival, domenica 10 ottobre prevede altri due appuntamenti di assoluto rilievo: alle 17, ancora nella Chiesa del Carmine, il filosofo SILVANO PETROSINO che proporrà una relazione dedicata a uno dei suoi ultimi lavori: “Il vivente e l’al di là dell’uomo: la logica del desiderio” (Vita e Pensiero, Milano 2019). Petrosino è filosofo internazionalmente noto per i suoi studi sul pensiero di Lévinas e Derrida, è professore ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Antropologia filosofica. Introdurrà la relazione la prof.ssa Edi Natali.

Conclude il cartellone degli eventi lo spettacolo di GIOVANNI SCIFONI “Anche i santi hanno i brufoli”. Lo spettacolo, contrariamente a quanto indicato in precedenza, avrà luogo presso il Piccolo Teatro Bolognini di Pistoia Domenica 10 ottobre alle ore 21. Restano ancora pochi posti disponibili.

Per le prenotazioni a questo e agli altri eventi, inviare un messaggio whatsapp o sms al numero 351 73 91 480 | ilinguaggideldivino@diocesipistoia.it. È necessario il Green Pass.

Segui gli eventi del festival attraverso i nostri approfondimenti su: www.settimanalelavita.it e il programma su www.diocesipistoia.it, ma anche attraverso le nostre pagine Facebook e Instagram (Diocesi di Pistoia).
Alcuni degli eventi in cartellone saranno disponibili sul canale You Tube diocesano nella playlist: Linguaggi del divino – Edizione 2021. (https://www.youtube.com/c/DiocesidiPistoiavideo )

PISTOIA 6 ottobre 2021




A Pistoia “Camminare sul mare”. Un dialogo sul Mediterraneo

Il Cardinale Gualtiero Bassetti, l’arcivescovo di Santiago e il patriarca latino di Gerusalemme a colloquio per “i linguaggi del divino 2021”

PISTOIA – Un incontro storico per Pistoia. Domenica 4 ottobre, all’interno del programma del festival teologico “I linguaggi del divino” si sono confrontati sul tema Mediterraneo come spazio di pace il presidente CEI Card. Bassetti, mons. Barrio Barrio, vescovo di Santiago di Compostella e mons. Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. Ha coordinato il dibattito Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.

Ecco alcuni stralci del dialogo di domenica:

 

Card. Gualtiero Bassetti

«Non è più accettabile concepire il Mediterraneo come un cimitero di “migranti ignoti” che muoiono a migliaia imbarcati sulle carrette del mare. Non più accettabile neanche considerare questo bacino soltanto come un luogo della disparità economica tra Nord e Sud. E non è più accettabile continuare i vecchi scontri di civiltà tra culture, eserciti e religioni diverse.

Ero studente di teologia quando La Pira avviò i colloqui sul Mediterraneo. La Pira aveva intuito la vocazione del Mediterraneo. Quella di essere una profezia di pace.

Il Mediterraneo ha una vocazione unica. È un piccolo mare, ma che bacia tre continenti: Europa, Asia, Africa. Una culla provvidenziale per lo sviluppo delle civiltà. Ci sarà uno scopo della Provvidenza su questo mare. Il Mediterraneo è anche il mare di Abramo: ha una vocazione, voluta da Dio, ha una missione, quella di essere profezia di pace. Chiamare tutti i vescovi del Mediterraneo a Bari è stata un’idea importante. E tra qualche mese ci saranno i sindaci del Mediterraneo a Firenze. Sono piccoli segni di fraternità di pace e di comunione tra noi».

 

Mons. Pierbattista Pizzaballa

«Molti dicono che ci sarà pace nel mondo finché non ci sarà a Gerusalemme, ma il mondo non può aspettare. A Gerusalemme ogni tradizione ha una sua narrativa su Gerusalemme, ognuna ritenuta parziale dagli altri. Il primo impatto con Gerusalemme crea disorientamento: la città che non è generosa con chi ha fretta. Però chi occasione di trascorrere qui più tempo, di abitarci, si rende conto che è una città inclusiva, veramente “casa di preghiera per tutti i popoli”».

Mons. Pizzaballa prende spunto da questa immagine per fare riferimento al libro dell’Apocalisse, «dove si parla della Gerusalemme celeste che scende sulla terra. L’Apocalisse la presenta come città dove non c’è tempo né sole, che vive nella luce pasquale, le cui dodici porte sono sempre aperte per ricevere i popoli che arrivano da tutta la terra. Una visione di quella che dovrebbe essere la nostra vocazione».

Le tensioni e i contrasti che si registrano a Gerusalemme non possono essere risolti, d’altra parte, prescindendo delle identità di ogni comunità religiosa. «Le identità forti — spiega Pizzaballa — sono un problema ma fino a un certo punto. Nel dialogo, qui in Terra Santa, è bene custodire le identità, i confini identitari – ha aggiunto – non dobbiamo avere paura, finiscono linguaggi, certe abitudini, ma le esperienze crescono, forse col tempo si potrà vedere come si sviluppa un nuovo mondo. Forse — conclude — non andrà tutto bene, ma i capisaldi della nostra fede resteranno sempre».

 

Mons. Juliàn Barrio Barrio

«La grande maggioranza dei pellegrini che arrivano a Santiago accoglie il messaggio che gli offre la nostra Chiesa. Abbiamo bisogno di offrirglielo. Non dobbiamo avere paura. A chi non ha trovato diciamo: continua a cercare». Mons. Barrio Barrio parla della sua lunga esperienza di vescovo a Santiago (ben 29 anni) affermando che «il pellegrinaggio oggi è un segno dei nostri tempi a cui dobbiamo fare attenzione. Ma i pellegrini vengono a noi e noi abbiamo bisogno di offrirgli la nostra esperienza di fede. Tutti dobbiamo aiutarci, pur con il senso di povertà che avvertiamo».

«Papa Francesco — ha aggiunto —, in suo discorso ha ricordato come in Santiago si incontrino il centro e la periferia. Questa realtà è piena di ricchezza, perché l’Europa si è fatta pellegrinando, per le strade. Oggi, più che mai, mi sembra che noi europei ci stiamo affidando soltanto ai nostri sforzi e volontarismi. Il cammino di Santiago è una provvidenza che ci aiuterà a riscoprire la nostra identità. Purtroppo oggi, in Europa, abbiamo un’antropologia che non è nemmeno umana. Il cammino di Santiago è un aiuto per tutti. Anche per quanti non sono cristiani».

Monsignor Pizzaballa, rispondendo alla domanda: “Nella bisaccia del pellegrino cosa metterebbe?” ha risposto: «Una signora molto povera arrivata dal Messico qui in Terrasanta aveva portato questo con sé soltanto due cose: una coperta e una Bibbia. Ecco mi sentirei di dire che aveva preso tutto».

 




Le iniziative per l’ottobre missionario

Il mese di ottobre è dedicato alle Missioni. La Veglia di quest’anno si svolgerà nella chiesa di San Benedetto giovedì 14 alle 21 e sarà presieduta dal vescovo Fausto Tardelli

di Daniela Raspollini

Ogni anno la Chiesa di Pistoia dedica alle Missioni una Veglia di preghiera organizzata a cura del Centro missionario. L’edizione 2021 si svolgerà giovedì 14 ottobre alle 21 presso la parrocchia di San Benedetto. La Veglia, presieduta dal vescovo Fausto Tardelli, rappresenta il momento culminante del mese che, da 95 anni, è interamente dedicato alla missio ad gentes.

Come afferma papa Francesco nel suo messaggio per la Veglia di quest’anno: «Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20). Tutto ciò che abbiamo ricevuto, tutto ciò che il Signore ci ha via via elargito, ce lo ha donato perché lo mettiamo in gioco e lo doniamo gratuitamente agli altri. Come gli apostoli che hanno visto, ascoltato e toccato la salvezza di Gesù (cfr 1Gv 1,1-4), così noi oggi possiamo toccare la carne sofferente e gloriosa di Cristo nella storia di ogni giorno e trovare il coraggio di condividere con tutti un destino di speranza, quella nota indubitabile che nasce dal saperci accompagnati dal Signore. Come cristiani — prosegue il Papa — non possiamo tenere il Signore per noi stessi: la missione evangelizzatrice della Chiesa esprime la sua valenza integrale e pubblica nella trasformazione del mondo e nella custodia del creato». Le parole di papa Francesco, sulla scia delle sue encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti sono, come sempre, impegnative. «Non abbiamo scuse — spiega Lucia Fedi, del Centro missionario diocesano —, tanto più se facciamo memoria dei missio- nari, annunciatori del Vangelo ma anche promotori di una vita nuova che valorizza la dignità e le potenzialità che il Signore ha donato a ciascun essere umano, doni che necessariamente devono essere messi al servizio di tutti».

La Giornata mondiale missionaria sarà invece celebrata domenica 24 ottobre attorno al tema: “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato (At 4,20). Testimoni e profeti”. «Il Centro missionario diocesano — prosegue Lucia Fedi —, invita i fedeli ad essere generosi in questo giorno speciale perché se è vero la pandemia del Covid- 19 ha colpito duramente la nostra nazione, dobbiamo però avere coscienza che si sta aprendo uno scenario di speranza, sia dal punto di vista economico che sanitario e sociale.

Non è dunque possibile dimenticare che la pandemia ha colpito in modo ancora più drammatico i paesi più poveri dove la popolazione manca di tutto: di lavoro, di cibo, di acqua, ma anche di istruzione, assistenza sanitaria e vaccini. Non possiamo fare a meno di registrare le tragiche conseguenze delle devastazioni causate dai cambiamenti climatici, dallo sfruttamento insensato del suolo e dei beni minerari, ma soprattutto dalle guerre e dal terrorismo che vengono portati avanti, anzi alimentati, dagli interessi economici e dal traffico delle armi prodotte nei paesi occidentali, Italia compresa. Non è lecito quindi lamentarsi se da noi arrivano tanti migranti, nei confronti dei quali, come cristiani, abbiamo il dovere di essere accoglienti ed aiutarli ad integrarsi. “Dio è amore” ci ricorda San Giovanni apostolo».

(ottobre 2021)




Le cinque parole per la scuola che riparte

Edoardo Baroncelli, direttore dell’ufficio per la pastorale scolastica e del servizio per l’insegnamento della Religione cattolica ha affidato a una nota allegata al messaggio alcune riflessioni e messaggi attorno le cinque parole indicate dal vescovo Tardelli nel suo messaggio al mondo della scuola.

 

Per gli studenti: impegno

Impegnarsi, conquistare con le proprie forze segmenti di traguardi, raggiungere obiettivi, è l’unica strada per provare ad essere felici per davvero, non in modo virtuale. Impegnarsi significa poter dire “buongiorno” ad ogni mattina. Significa dare il benvenuto al futuro, significa saper aspettare l’alba, con la voglia di ripartire. Impegnarsi comporta sentire bisogno degli altri, di affrontare insieme le sfide, di avere amici. Superando la competizione che isola, la sindrome dei talent: chi rimane solo non ha vinto, ha perso. Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe, un testo senza tempo, diceva: «Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercati le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercati di amici, gli uomini non hanno più amici». E invece la scuola è un tempo prezioso, anche per trovare amici.

 

Per i genitori: fiducia

Nel tempo delle fragilità glitterate dentro una strana forza di tristezza che sembra velare i sorrisi dei nostri figli; nonostante le fatiche quotidiane e i sacrifici a volte durissimi di molti genitori per garantire loro un futuro di opportunità, abbiate fiducia nella scuola. Date il vostro contributo in modo costruttivo, conservando la fiducia nella scuola come comunità educante e a volte sfidante per i vostri figli. Abbiate fiducia nella capacità della scuola di essere accogliente e inclusiva, grazie a tanta generosità di impegno che vi potrete trovare. Mantenete questa fiducia anche davanti alle difficoltà che ogni processo di educazione e di formazione autentico metterà davanti ai vostri figli, ai no che la scuola a volte è chiamata a pronunciare per non rinunciare a se stessa, per non rinunciare a fare il loro bene. La scuola ha e deve conservare il compito di formare il cittadino di domani, senza asprezze e rigidità non orientate al bene; senza percorsi di facilitazione accomodante e diseducativa, veleno dolce che consuma la forza buona dei nostri figli. Solo così potrà realizzarsi ciò che ha recentemente scritto Massimo Gramellini: «Qualcuno ti dirà che la scuola serve solo se riesce a trovarti un lavoro. Non credergli. La scuola serve se riesce a fornirti gli strumenti per gestire un sentimento, smascherare un ciarlatano e ammirare un tramonto, non solo una vetrina».

 

Per i docenti: servizio

Operare nella scuola significa inevitabilmente scegliere di essere a servizio. A servizio del loro bene. Un insegnante è una freccia puntata verso il futuro dei suoi alunni. Essere a servizio significa avere la consapevolezza nitida del proprio ruolo nella vita e nel futuro dei ragazzi che avete davanti, sempre più in cerca, che lo sappiano o no, di riferimenti credibili negli adulti. Servizio significa fare le cose sul serio, avere attenzione e cura dei dettagli, lasciare spazio al dubbio, ripensare. Servizio significa sapere quando occorre combattere per, con, e a volte contro di loro, con forza e tenerezza, quando il bene passerà anche da qui. Servizio significa anche scontrarsi con loro, ma mai per vincere, mai per affermare se stessi, mai per rigidità indifferente e grossolana; ma sempre per seminare, per indicare strade diverse e cieli più puliti, per allenare. Servizio significa saper riconoscere quando è il momento di passare oltre, e quando è quello di tenere il punto. Servizio significa tenere lo sguardo sulle potenzialità degli alunni. Servizio significa operare per accompagnarli ad affrontare e superare le loro difficoltà, senza però trascurarle per sbadataggine, o per indifferenza, o per cinismo. Servizio significa tenere ogni giorno presente le fragilità di un tempo non facile nel quale loro sono chiamati a cercare e costruire la loro strada.

Per i collaboratori scolastici e amministrativi: gratitudine

Gratitudine perché il vostro lavoro, spesso nascosto e silenzioso, non passa inosservato. La scuola riesce a vivere e ad operare anche grazie a voi, a ciò che fate. L’augurio più bello è forse questo: che quando serve qualcuno o qualcosa vi esprima la gratitudine per ciò che fate. Conservate il senso e il gusto di contribuire a qualcosa di grande e di importante per il futuro di tutti gli alunni, anche quelli che non vi capiterà di incontrare quotidianamente. Nella loro vita resterà sempre un pezzo di voi: di una pratica che avete svolto con cura, di un’aula preparata pulita e accogliente, di un adempimento ben svolto anche se vi poteva sembrare inutile.

 

Per i dirigenti scolastici: pazienza

Come dice Papa Francesco: «La pazienza è una virtù della gente che è in cammino», che sa dove andare, con chi andare e perché sta camminando. La pazienza è la virtù di chi sa sopportare, cioè portare su di sé: portare su di sé i problemi, portare su di sè i faticosi ma tenaci tentativi soluzione, portare su di sé le critiche, portare su di sé il senso del limite che significa dare tutto se stessi a volte senza pretendere forza risolutrice di tutto ciò che non va o che dovrebbe andare meglio. Pazienza è dare, dare, dare. A volte senza ricevere, o senza ricevere abbastanza. Pazienza è il contrario di rimandare all’infinito, spazzare i problemi sotto il tappeto, ma affrontare le situazioni con l’impegno di portarle su di sé e di donando il massimo che possiamo, fosse anche poco.
Impegno, fiducia, servizio, gratitudine, pazienza. Per ripartire. Ogni giorno. Buon anno scolastico a tutti.

Ufficio per la Pastorale dell’Educazione, della Scuola, dell’Università
Diocesi di Pistoia




Ripartono le scuole: il messaggio del vescovo

Tra mille dubbi e tante difficoltà riparte l’attività didattica. Nel suo saluto monsignor Tardelli sottolinea la necessità di tornare all’essenziale, ovvero il bisogno di educare alla ricerca del bene comune.

“Carissimi alunni (di tutte le età), carissimi genitori, carissimi insegnanti, carissimi operatori amministrativi e collaboratori scolastici, carissimi dirigenti, giunti all’inizio di un nuovo anno scolastico che porta ancora con sé tante incertezze e preoccupazioni, mi sento di rivolgere un saluto a tutte le componenti della scuola. Non si giudichi questo mio saluto come una forma di ingerenza. Lungi da me. Vi prego di considerarlo invece come il semplice saluto di un amico che è chiamato a servire il popolo cristiano ma al quale sta anche a cuore il futuro di tutti i nostri ragazzi, chiunque essi siano, qualsiasi credo abbiano.

Il mio saluto nasce dal bisogno di dire un grazie sincero a tutti coloro che operano nella scuola e dal desiderio di sostenere il vostro sforzo in questo tempo non facile. Sono anche convinto che l’emergenza educativa e culturale che credo sia sotto gli occhi di tutti, chieda uno sforzo comune, una alleanza che ci raccolga insieme per cercare con onestà e dedizione quello che è meglio per il futuro dei nostri ragazzi e quindi della società.

Siamo all’inizio di una ripartenza, dopo un periodo duro di pandemia che tutti speriamo si concluda al più preso, e anche io, come Vescovo di Pistoia, entro in punta di piedi per condividere con voi l’impegno per il bene comune. Bene comune è una espressione molto usata ma non per questo meno significativa. Siamo a costruire il bene di tutti, della comunità. Siamo il villaggio che è necessario, secondo il famoso proverbio africano, per educare il bambino.

Vorrei con molta semplicità dire una parola che è anche un augurio, per ciascuna delle componenti che danno vita alla scuola. Cinque parole dunque che lascio per un breve approfondimento ad una nota preparata dall’Ufficio diocesano di pastorale scolastica e che allego a questa mia lettera. Agli studenti vorrei dire la parola impegno, per imparare a mettere a frutto il meglio di sé. Ai genitori invece vorrei dire di avere fiducia. Ecco la seconda parola, necessaria per mandare i figli a scuola.

Servizio è invece la parola che mi è particolarmente cara e che condivido con tutti i docenti. Non c’è parola migliore per indicare alla fine “il mestiere” dell’insegnante. E qui permettetemi un pensiero carico di stima e di affetto per gli insegnati di religione. A voi un ringraziamento speciale, in forza del particolare legame anche normativo che ci lega, per il vostro impegno di fronte all’emergenza educativa e di fronte alle sfide di nuove fragilità e povertà che si incarnano nei volti di un numero sempre maggiore di alunni. L’invito più forte che vi faccio è di mettervi con generosità a servizio delle vostre scuole e dei vostri dirigenti dimostrando nei fatti che l’insegnamento della religione cattolica, non impoverisce ma arricchisce la scuola e il processo educativo. Non voglio dimenticare i collaboratori scolastici e amministrativi, per i quali la parola non può che essere gratitudine. Infine una parola di cui conosco il peso, ma tanto importante: pazienza. La parola giusta per tutti i dirigenti scolastici che portano spesso un peso davvero grande e una responsabilità non da poco.

Dunque, di cuore, a tutti: buon anno scolastico”.

+ vescovo Fausto