A Pistoia “Camminare sul mare”. Un dialogo sul Mediterraneo
Il Cardinale Gualtiero Bassetti, l’arcivescovo di Santiago e il patriarca latino di Gerusalemme a colloquio per “i linguaggi del divino 2021”
PISTOIA – Un incontro storico per Pistoia. Domenica 4 ottobre, all’interno del programma del festival teologico “I linguaggi del divino” si sono confrontati sul tema Mediterraneo come spazio di pace il presidente CEI Card. Bassetti, mons. Barrio Barrio, vescovo di Santiago di Compostella e mons. Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. Ha coordinato il dibattito Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.
Ecco alcuni stralci del dialogo di domenica:
Card. Gualtiero Bassetti
«Non è più accettabile concepire il Mediterraneo come un cimitero di “migranti ignoti” che muoiono a migliaia imbarcati sulle carrette del mare. Non più accettabile neanche considerare questo bacino soltanto come un luogo della disparità economica tra Nord e Sud. E non è più accettabile continuare i vecchi scontri di civiltà tra culture, eserciti e religioni diverse.
Ero studente di teologia quando La Pira avviò i colloqui sul Mediterraneo. La Pira aveva intuito la vocazione del Mediterraneo. Quella di essere una profezia di pace.
Il Mediterraneo ha una vocazione unica. È un piccolo mare, ma che bacia tre continenti: Europa, Asia, Africa. Una culla provvidenziale per lo sviluppo delle civiltà. Ci sarà uno scopo della Provvidenza su questo mare. Il Mediterraneo è anche il mare di Abramo: ha una vocazione, voluta da Dio, ha una missione, quella di essere profezia di pace. Chiamare tutti i vescovi del Mediterraneo a Bari è stata un’idea importante. E tra qualche mese ci saranno i sindaci del Mediterraneo a Firenze. Sono piccoli segni di fraternità di pace e di comunione tra noi».
Mons. Pierbattista Pizzaballa
«Molti dicono che ci sarà pace nel mondo finché non ci sarà a Gerusalemme, ma il mondo non può aspettare. A Gerusalemme ogni tradizione ha una sua narrativa su Gerusalemme, ognuna ritenuta parziale dagli altri. Il primo impatto con Gerusalemme crea disorientamento: la città che non è generosa con chi ha fretta. Però chi occasione di trascorrere qui più tempo, di abitarci, si rende conto che è una città inclusiva, veramente “casa di preghiera per tutti i popoli”».
Mons. Pizzaballa prende spunto da questa immagine per fare riferimento al libro dell’Apocalisse, «dove si parla della Gerusalemme celeste che scende sulla terra. L’Apocalisse la presenta come città dove non c’è tempo né sole, che vive nella luce pasquale, le cui dodici porte sono sempre aperte per ricevere i popoli che arrivano da tutta la terra. Una visione di quella che dovrebbe essere la nostra vocazione».
Le tensioni e i contrasti che si registrano a Gerusalemme non possono essere risolti, d’altra parte, prescindendo delle identità di ogni comunità religiosa. «Le identità forti — spiega Pizzaballa — sono un problema ma fino a un certo punto. Nel dialogo, qui in Terra Santa, è bene custodire le identità, i confini identitari – ha aggiunto – non dobbiamo avere paura, finiscono linguaggi, certe abitudini, ma le esperienze crescono, forse col tempo si potrà vedere come si sviluppa un nuovo mondo. Forse — conclude — non andrà tutto bene, ma i capisaldi della nostra fede resteranno sempre».
Mons. Juliàn Barrio Barrio
«La grande maggioranza dei pellegrini che arrivano a Santiago accoglie il messaggio che gli offre la nostra Chiesa. Abbiamo bisogno di offrirglielo. Non dobbiamo avere paura. A chi non ha trovato diciamo: continua a cercare». Mons. Barrio Barrio parla della sua lunga esperienza di vescovo a Santiago (ben 29 anni) affermando che «il pellegrinaggio oggi è un segno dei nostri tempi a cui dobbiamo fare attenzione. Ma i pellegrini vengono a noi e noi abbiamo bisogno di offrirgli la nostra esperienza di fede. Tutti dobbiamo aiutarci, pur con il senso di povertà che avvertiamo».
«Papa Francesco — ha aggiunto —, in suo discorso ha ricordato come in Santiago si incontrino il centro e la periferia. Questa realtà è piena di ricchezza, perché l’Europa si è fatta pellegrinando, per le strade. Oggi, più che mai, mi sembra che noi europei ci stiamo affidando soltanto ai nostri sforzi e volontarismi. Il cammino di Santiago è una provvidenza che ci aiuterà a riscoprire la nostra identità. Purtroppo oggi, in Europa, abbiamo un’antropologia che non è nemmeno umana. Il cammino di Santiago è un aiuto per tutti. Anche per quanti non sono cristiani».
Monsignor Pizzaballa, rispondendo alla domanda: “Nella bisaccia del pellegrino cosa metterebbe?” ha risposto: «Una signora molto povera arrivata dal Messico qui in Terrasanta aveva portato questo con sé soltanto due cose: una coperta e una Bibbia. Ecco mi sentirei di dire che aveva preso tutto».