Un tavolo istituzionale per superare l’emergenza Vicofaro

PISTOIA – Da molti mesi la situazione relativa all’accoglienza dei migranti nella parrocchia di Vicofaro è all’attenzione dei media locali, nazionali e dei cittadini. Nelle ultime interviste rilasciate Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro, ha reso noto che i migranti presenti nel complesso parrocchiale superano le duecento presenze.

Ormai da tempo il numero degli ospiti e l’organizzazione del servizio appaiono difficilmente compatibili con le caratteristiche minime di un’accoglienza dignitosa, sicura e volta alla progressiva e necessaria integrazione nella comunità pistoiese, ed è assolutamente urgente superare con rapidità – per quanto possibile – la situazione di emergenza costante che si è venuta a creare nel corso degli ultimi mesi.

Per questo motivo il vescovo Tardelli ha voluto costituire un “tavolo di lavoro” istituzionale finalizzato ad esaminare e proporre tutte le soluzioni che permettano di superare l’emergenza dell’accoglienza a Vicofaro.

Al “tavolo” oltre al Vescovo, sono stati invitati don Biancalani con alcuni collaboratori della parrocchia, il comune di Pistoia, la Regione Toscana e la Caritas diocesana di Pistoia. La prima riunione del gruppo è prevista per i prossimi giorni.

«Credo che soltanto tutti insieme potremo davvero fare qualcosa per superare questa situazione – esorta il vescovo – e questo tentativo vuole essere concreto e di svolta per una vicenda complessa che ha interessato tutta la comunità pistoiese».

23/10/2019




Per una chiesa sinodale e missionaria

Il vescovo Tardelli ha aperto l’anno pastorale 2019-2020 e conferito il mandato a catechisti e operatori pastorali. Una sintesi dell’evento e delle parole del vescovo.

 

Nel giorno della festa di San Luca si è aperto per la nostra Diocesi il nuovo anno pastorale con il mandato ai catechisti e agli operatori pastorali. Il vescovo -affidandolo al Signore- ha ricordato che il nuovo anno sarà accompagnato dalla lettera pastorale «E di me sarete testimoni», che ha come sottotitolo «Con Gesù per le strade del mondo».

Ai fedeli giunti da ogni parte della Diocesi il vescovo ha spiegato che questa celebrazione è un gesto semplice ma significativo, con cui chi ha un ministero da svolgere nella propria comunità, dal più piccolo al più grande, con particolare attenzione al ministero del catechista, riceve un vero e proprio mandato iniziale che pone la persona che lo riceve al servizio della Chiesa. Si invoca il dono dello Spirito perché questo servizio sia portato avanti con fede, generosità, amore alla Chiesa, competenza e umiltà. Il vescovo invita a nutrirsi con gratitudine della Parola di Dio e a cibarsi dello stesso pane di vita per camminare insieme, con un’attenzione premurosa per tutti coloro che vivono nei nostri territori.

«Il cammino della evangelizzazione – ha ricordato il vescovo- non è esente da difficoltà, da crisi, da momenti difficili, anche di sconforto. Dobbiamo metterli nel conto questi momenti. Non esiste una chiesa ideale o “altra”. Esiste la chiesa concreta che siamo noi: santa e insieme fatta di peccatori. Dobbiamo accettarlo e, senza recriminare l’un l’altro il nostro peccato, darci piuttosto una mano per aiutarci ad essere sempre più conformi a quanto il Signore vuole».

Per evangelizzare, ha poi continuato, occorre però crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria, avendo come fondamento il Signore Gesù. Il vescovo ci ha invitato a crescere nella comunione fraterna e nella capacità di camminare davvero insieme. «Dobbiamo lavorare – ha insistito – per una chiesa sinodale e per un nuovo e diffuso slancio missionario».

A conclusione dell’omelia il vescovo ha poi annunciato il sinodo diocesano che sarà celebrato a inizio 2021. Si tratta del primo sinodo del Chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano secondo, dedicato all’urgente tema dell’evangelizzazione del popolo di Dio. Sarà quindi un momento di grande grazia per la nostra chiesa diocesana. L’invito conclusivo del vescovo è stato quello a camminare insieme per andare incontro al Signore, nella via della giustizia, della verità e dell’amore.

Claudia Marconi

Leggi l’omelia di mons. vescovo Fausto Tardelli 

(foto di Mariangela Montanari)

 

 




Un nuovo organo “antico” per l’oratorio di San Rocco

Sabato 26 ottobre un concerto per l’inaugurazione. L’organo Agati del settecento è stato restaurato e rinnovato dall’organaro Samuele Maffucci.

L’inaugurazione del nuovo (e antico) organo dell’Oratorio di San Rocco avrà luogo sabato 26 ottobre alle ore 16.30. Dopo i saluti delle autorità civili sarà presentato il nuovo strumento realizzato da Pietro Agati alla fine del Settecento e ora restaurato e rinnovato da Samuele Maffucci.
Seguirà un concerto dell’organista Umberto Pineschi accompagnato dalla flautista Lucia Fronges. La conclusione è affidata al coro Parrocchiale di San Rocco, composto da adulti e bambini con l’accompagnamento musicale di Matteo Totaro.
I lavori all’organo dell’Oratorio sono stati finanziati dalla Parrocchia di Santa Maria Assunta a San Rocco, con l’aiuto della Fondazione CARIPT e il contributo dell’8×1000 della Chiesa Cattolica.

A proposito dell’organo di San Rocco

Una delle caratteristiche dei toscani, e perciò anche dei pistoiesi, è la parsimonia. Essa, con le dovute eccezioni, è stata da sempre ricercata anche alla costruzione di un organo, eseguito con il minimo possibile di materiale e di spazio, ma cercando di farlo apparire più grande e ricco di quanto oggettivamente lo sia.
Samuele Maffucci è stato obbligato a seguire, per il nuovo organo dell’oratorio di San Rocco, questa filosofia. Lo spazio era infatti ridottissimo ed il materiale sonoro di Pietro Agati reimpiegato era niente più che essenziale. Il risultato è pero stupefacente perché l’organo offre le prestazioni pari a quelle di uno strumento più grande. Questo lo si avverte soprattutto nel ripieno che suona praticamente come intero, nonostante che nella serie di file dal Principale 8’ alla Vigesimanona ne manchino due, cioè la Decimanona e la Vigesimaseconda.
Le piccole dimensioni dell’organo di San Rocco non pongono ostacoli alla ricerca del colore, caratteristica della scuola organaria pistoiese e abbiamo pertanto ben tre registri di concerto, mentre da altre parti d’Italia magari ce ne sarebbe stato uno solo o addirittura niente: Flauto in ottava, la Voce umana battente ed un Cornetto a due file che inizia dal Sol della terza ottava, come nell’organo Hermas della chiesa di San Ignazio a Pistoia.
L’organaro Maffucci ha genialmente sfruttato lo spazio laterale della facciata per collocarvi due canne non previste da Agati, cioè il Do e il Do diesis della seconda ottava del Principale che prima appariva solo dal Re, e soprattutto ha completato comprimendo ulteriormente i già angusti spazi, la prima ottava, che pertanto è cromatica e che permetterà un ampliamento notevole del repertorio eseguibile.
Un organo, però, vale, alle fine, soprattutto per il suo suono. Questa è davvero la carta vincente di quell’organo dell’oratorio di San Rocco: potente di volume, ricco di colore ed affascinante per la sua raffinata qualità.
Don Umberto Pineschi




Una diocesi sulla strada della sinodalità

Venerdì 18 ottobre alle ore 21, la diocesi di Pistoia è convocata in cattedrale per una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, mons. Fausto Tardelli.

Da qualche anno questo appuntamento segna l’inizio dell’anno pastorale. In realtà non si tratta di un vero inizio, perché la vita pastorale non finisce mai e perché nelle parrocchie le principali attività sono già ricominciate da almeno gli inizi di settembre.

Ma allora in che senso parliamo di celebrazione di inizio? Soprattutto perché incontrarsi è sempre un nuovo inizio, un modo per ridirci la verità più profonda del nostro essere chiesa e per ricordarci il cammino a cui ci chiama il Signore Gesù. Essere Chiesa infatti significa essere convocati, significa lo stupore di scoprire che la fede non è mai un fatto solo personale, ma un cammino che si fa insieme agli altri.

Un cammino dove non siamo uguali, dove ogni credente, ogni realtà ecclesiale, porta la sua umanità, la sua storia, le sue modalità di vivere il vangelo. Siamo diversi, eppure ci ritroviamo insieme, uniti dal ricordo di qualcosa di così grande che ci ha fatto incontrare, ci ha fatto avvicinare, ci ha fatto scoprire che le diversità possono unirsi e diventare ricchezza. Questa è la Chiesa, la profezia di un mondo nuovo possibile, dove uomini e donne diversi, si riconoscono a partire dalla fede nel Signore. Solennizzare l’inizio dell’anno pastorale con una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, successore degli apostoli, è rimettere al centro della vita delle nostre comunità ecclesiali la chiamata ad essere insieme un segno dell’amore di Dio nel mondo. Come ci ricorda il vescovo nella sua lettera pastorale per il 2019/2020, il Signore ci chiama ad essere testimoni di lui (Atti 1,8) ma questo non sarà possibile se viviamo la fede come un fatto privato, se non ci poniamo il problema di condividere con gli altri le speranze che il vangelo suscita in noi, se non ci impegniamo «a  crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria» e se non impariamo ad ascoltare e a rispondere alle “attese di vangelo” del mondo di oggi.

Per questo durante la celebrazione di inizio anno pastorale il vescovo darà il mandato a tutti gli operatori pastorali della diocesi e ai catechisti, i quali a nome della chiesa sono protagonisti fondamentali della vita ecclesiale. Ma, ed è bene ricordarlo, ciò che il vescovo affida e domanda ai catechisti e agli operatori pastorali riguarda tutti noi credenti.

Comunità, attese di vangelo, testimonianza, sono queste alcune parole chiave che in quest’anno pastorale ci accompagneranno e che troveranno particolare attenzione nella preparazione al primo Sinodo della Chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano II che il vescovo, a Dio piacendo, ha indetto per il 2021.

L’anno è appena iniziato ma la strada è già tracciata ed ha un nome preciso: Sinodalità, che altro non significa, etimologicamente come nei fatti, camminare insieme! I tempi, i contenuti, le modalità concrete con cui il percorso verso il Sinodo diocesano si realizzeranno saranno presto oggetto di discussione e comunicazione, ma intanto il cammino è già iniziato!

don Cristiano D’Angelo

(fonte: La Vita)




Battezzati e inviati: la veglia missionaria al tempo del sinodo

Dal papa un appello a vivere in maniera “integrale” la missione della chiesa. A Pistoia sarà occasione di riflessione e preghiera la veglia diocesana di mercoledì 23 ottobre.

L’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione pan amazzonica, che si sta svolgendo in questi giorni (dal 6 al 27 ottobre) a Roma, fissa l’attenzione su una porzione di mondo unica: 7,8 milioni di kmq suddivisi tra Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Guyana francese, Perù, Suriname e Venezuela per un totale di 34 milioni di abitanti, 3 dei quali indigeni appartenenti a 390 popoli diversi con 240 lingue. Il documento preparatorio del Sinodo, frutto del consiglio presinodale e di un’ampia consultazione tra le comunità amazzoniche che ha coinvolto circa centomila persone, riassume le questioni che il Sinodo dovrà affrontare.

Sono molte le questioni da affrontare e la presenza di delegati appartenenti ai popoli indigeni non rappresenta una nota di colore, bensì esprime la consapevolezza che i popoli amazzonici hanno molto da insegnarci: per migliaia di anni si sono presi cura della loro terra, dell’acqua, della foresta, e sono riusciti a preservarli fino ad oggi affinché l’umanità potesse beneficiare della gioia dei doni gratuiti della creazione di Dio.

Papa Francesco, che non finisce mai di sorprenderci, ha voluto che questo Sinodo si svolgesse durante il mese di ottobre, tradizionalmente dedicato alla missione e definendolo straordinario proprio per sottolineare come la missione della Chiesa, per essere completa, deve necessariamente abbracciare il creato nella sua totalità, indicando come strada maestra la scelta preferenziale dei poveri.

Sulla scia dell’enciclica Laudato si’ -che ricordiamo non è semplicemente un documento di carattere ambientalista ma piuttosto un’enciclica “sociale”, come più volte sottolineato dallo stesso Papa Francesco- i lavori sinodali metteranno al centro della discussione dei partecipanti il concetto di ecologia integrale, un discorso cioè in cui la difesa della natura e della biodiversità includerà, ovviamente, anche un discorso sull’uomo e del suo diritto fondamentale ad una vita piena e dignitosa: non è più accettabile che quando si parla dell’uomo e del suo ambiente vitale si possa prescindere dall’affrontare quelli che sono i suoi diritti fondamentali: il diritto ad un lavoro dignitoso e rispettoso della propria cultura, diritto alla libertà di espressione, diritti politici, e via dicendo.

Quello che sta accadendo in Amazzonia è paradigmatico e riassume in sé tutte le ingiustizie del mondo: la distruzione delle foreste, in favore di pochi e a danno di intere popolazioni inermi, per sete di profitto e di dominio che alcune multinazionali (purtroppo anche italiane) che operano nel campo degli idrocarburi, nell’industria mineraria o nelle piantagioni intensive e monocolturali che, come conseguenza, provocano, oltre allo sfruttamento disumano di uomini, donne e bambini impiegati in queste attività, anche la distruzione dell’ambiente, inquinamento del suolo e impoverimento dei nativi. Una situazione che dovrebbe farci riflettere e spingerci a cercare canali di impegno per promuovere una sensibilità nuova sul tema dell’ecologia integrale, senza dimenticare che la distruzione dell’ambiente non riguarda solo l’Amazzonia ma anche le grandi foreste dell’Asia e dell’Africa ed è quindi un problema che interessa tutto il nostro pianeta. Accanto a questo impegno è necessario promuovere anche nuovi stili di vita che combattano lo spreco che non migliora certo la nostra esistenza, piuttosto provoca maggiore inquinamento e sottrae risorse ai più poveri.

In chiusura il centro missionario diocesano, dà appuntamento a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, in particolare ai giovani, alla veglia di preghiera per la giornata missionaria mondiale, nella chiesa di San Benedetto a Pistoia, alle ore 21 di mercoledì 23 ottobre 2019. Il tema della veglia sarà: «Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo».

I “martiri” dell’Amazzonia

Ecco chi ha perso la vita per difendere i diritti dei nativi e proteggere i più deboli

A partire dai primi anni cinquanta dello scorso secolo la chiesa latino americana si è impegnata a fianco dei popoli nativi per difendere i loro diritti, e questo impegno, che continua ancora oggi, ha prodotto molti martiri. Vogliamo ricordarne alcuni:
– A Mecuri nello stato del Mato Grosso Brasile, nel 1976, fu ucciso il salesiano tedesco Rodolfo Lunkenbei, insieme al laico Simao Cristino Koge Kudugudutu, dai coloni bianchi che volevano cacciare gli indios dalle loro terre;
– nel 1976 morì per un colpo di pistola sparatogli da un poliziotto nel commissariato di Ribeiraro Cascalheira nel Mato Grosso, Joao Bosco Penido Burnier, gesuita brasiliano, dove si era recato, con Dom Pedro Casaldaliga a chiedere il rilascio di due contadine incarcerate ingiustamente;
Adelaide Molinari, religiosa delle figlie dell’Amore divino, fu assassinata, nel 1986, da sicari assoldati da latifondisti a Eldorado dos Carajas nello stato brasiliano del Parà;
Cleusa Rody Coelho, religiosa agostiniana brasiliana, dopo aver lavorato con ciechi e lebbrosi, si dedicò alla difesa degli indios, venendo per questo uccisa di 1985, a Lebrea nello stato Amazonas, da un sicario assoldato dai commercianti di noci del Brasile.
Josimo Moraes Tavares, prete brasiliano coordinatore della Commissione Pastorale delle terra della Diocesi di Imperatriz nel Maranhao, fu assassinato, nel 1986 su mandato degli allevatori locali per la sua difesa dei braccianti;
Ezechiele Ramin, missionario comboniano italiano, impegnato nella difesa degli indios Cacoal, nello stato brasiliano di Rondonia, fu assassinato, nel 1986, da sicari al soldo degli agrari in un’imboscata a Aripuanà;
Vicente Canas gesuita spagnolo, che per 10 anni ha vissuto con diverse popolazioni autoctone nello stato del Mato Grosso, condividendone i costumi, fu ucciso nel 1987 da latifondisti che volevano impadronirsi delle terre indigene;
Alejandro Labaka, cappuccino spagnolo e vescovo di Aguarico, in Ecuador, e Ines Arango, cappuccina colombiana, furono uccisi, nel 1987, da un gruppo di indios Tagairi che volevano proteggere la loro terra dall’imminente arrivo degli uomini della compagnia petrolifera a Petrobras;
Chico Mendes, sindacalista dei raccoglitori di caucciù, promotore della lotta per la tutela della foresta e per la riforma agraria, membro del gruppo fondatore del Partito dei Lavoratori, fu assassinato nel 1988 a Anapu, nello stato brasiliano di Acre, dai latifondisti;
Doroty Stang, religiosa statunitense delle suore di Notre Dame di Namur, impegnata in progetti di sviluppo sostenibile che garantissero la difesa della foresta e dei diritti degli indios, fu assassinata, nel 2005, ad Anapu, nello stato brasiliano del Parà da sicari assoldati da allevatori e latifondisti.




Un anno per meditare i “misteri del Rosario”

Il programma degli incontri per la pastorale della terza età

Giovedì 24 ottobre si terrà il primo degli incontri mensili che la pastorale della terza età ha programmato per il 2019-2020. Con questi incontri si completa il mini corso di teologia svolto attraverso le meditazioni sui misteri del rosario.
Come nella prima parte dei misteri già presentati, le relazioni degli incontri mensili saranno accompagnate dalla illustrazione di opere pittoriche, relative all’argomento, che grandi artisti hanno prodotto nei secoli.

Le meditazioni ci aiuteranno a riflettere che nella recita del rosario «la vera devozione alla Madre di Dio è cristocentrica, è profondissimamente radicata nel mistero trinitario di Dio, e nei misteri dell’incarnazione e della redenzione (…) Ciascuno di noi deve aver chiaro quindi che la devozione a Maria non è soltanto un bisogno del cuore e una inclinazione sentimentale (Giovanni Paolo II)».

L’augurio è che questo programma, in cui la Parola si amalgama con le immagini, aiuti a riscoprire la gioia per aver ricevuto il dono della fede e l’entusiasmo per desiderare di condividere questa gioia con i fratelli, per realizzare nella nostra vita quotidiana la richiesta che Gesù ci ha fatto: «..e di me sarete testimoni» (atti 1,8).

Alberto Niccolai

Gli incontri si svolgeranno presso i locali del Seminario di via Puccini, alle ore 16.

Programma degli incontri 2019/2020




Il tempo nuovo della catechesi

Concluso l’itinerario formativo per catechisti proposto dall’ufficio catechistico diocesano

Le stagioni degli uomini, non coincidono temporalmente con quelle atmosferiche e nemmeno con quelle anagrafiche. All’improvviso accade qualcosa che sovverte l’ordine consueto della logica delle azioni umane, stupisce e destabilizza. Fu così anche per Simone (Lc 5,5-6) che stanco dopo aver faticato tutta la notte e non aver pescato niente, sceglie di rinunciare all’evidenza dei fatti e dice: «sulla tua Parola getterò le reti»

Da tempo nella Diocesi si avvertiva la necessità di “fare comunità” intorno alla catechesi, di “ri-scoprire” il nostro essere catechisti al servizio della Parola di Dio, di essere capaci di fare gruppo e trovare la nostra bellezza nella diversità dei talenti di ciascuno. Traghettare cioè la catechesi da una dimensione parrocchiale in cui le difficoltà ma anche le esperienze positive sono condivise fra pochi, ad una più ampia, diocesana.

In questo contesto la proposta dell’Ufficio Catechistico Diocesano di un breve itinerario formativo rivolta a tutti i catechisti, prima dell’inizio delle loro attività, è stato un’ottima opportunità di crescita e confronto.

Sono stati tre incontri densamente partecipati in cui fin dall’inizio è apparso chiaro a tutti che fare esperienza di comunità è fare esperienza di Dio. Abbiamo provato il piacere di stare insieme di riconoscere la nostra vocazione nelle parole dell’altro. Se questa è stata l’emozione che per tre sere ci ha portati fuori dalle nostre case, i temi affrontati con grande competenza da Suor Giovanna e don Cristiano sono stati motivo di profonda riflessione.

Il primo, “Essere catechisti oggi” ovvero non fare il catechista ma essere catechista ovvero il megafono della parola di Dio, il testimone di un amore straordinario. Questo ci interroga su quale sia il nostro dialogo con Dio, sulla natura della nostra vocazione che dovrebbe essere per i ragazzi che ci sono affidati un laboratorio di pro-vocazione significativa.

Successivamente “La Parola di Dio al centro della catechesi”. Ascolto della Parola di Dio non vuol dire prescindere dal tempo dell’ascolto rispettoso dell’altro, anzi si parte da questo per rileggere gli eventi secondo il pensiero di Dio, come è accaduto ai discepoli di Emmaus. Se il Vangelo parla all’umanità, massima dovrà essere la cura dei sentimenti, delle emozioni, massima la capacità di «far ardere i cuori» durante gli incontri di catechesi. L’incontro con il Signore cambia la vita, ma la vita cambia quando cambiano i sentimenti ed il dolore diventa speranza. Non possiamo testimoniare ciò di cui per primi non si è fatto esperienza personale.

Infine l’ultimo: “L’incontro di catechismo settimanale” dove si è trattato della condivisione di un progetto catechistico per cui la programmazione è a servizio della collaborazione e della comunione.

Grazie a questo progetto unitario di catechesi è possibile fare alle famiglie una proposta chiara ed educare la loro richiesta di servizio. Non si tratta di offrire alle famiglie un’altra agenzia di servizi come sport, musica o lingue straniere, tutte declinate sul modello scolastico, ma piuttosto presentare esperienze significative, anche di gioco, dove la diversità è far comunità e con la vita e nella vita possiamo presentare Gesù ai più piccoli. La famiglia è il grande alleato da non trascurare, che seppure distante continua a chiedere i Sacramenti per i figli.

Cosa ci siamo portati a casa, i famosi take home message:

1- Familiarizzare con la Parola di Dio, non dare niente per scontato, leggere meditare e pregare le Scritture. Ricalibrare il nostro tempo di catechisti e entrare nella “consuetudine di Dio”. Questo vale per la nostra vita e per gli incontri con i nostri ragazzi dai quali non possiamo escludere l’ascolto della Parola.

2- La speranza che anche in un contesto sociale difficile, di famiglie allargate, di relazioni fluide, annunciare Cristo è colmare la vita di nuovo splendore anche nelle prove e la nostra forza è essere comunità con al centro Dio.

Si dice che la forza di una catena si misura dall’anello più debole, ebbene siamo tutti anelli fragili che hanno bisogno di stare insieme, pertanto questa esperienza di formazione seppur breve non dovrebbe terminare.

È necessario infatti coltivare con costanza l’arte dell’accompagnamento perché come ci ricorda Papa Francesco spesso il volto del Vangelo e della Chiesa che i ragazzi e le famiglie ricorderanno sarà quello della catechesi.

Patrizia Beacci, catechista




Centro Famiglia Sant’Anna: è sempre tutta colpa della famiglia?

Un convegno per affrontare il delicato tema dell’educazione familiare. I temi dell’incontro saranno ulteriormente sviluppati in incontri mensili a cura di specialisti.

La famiglia viene presentata dai mezzi di comunicazione come la causa prima di ogni forma di disagio, allo stesso tempo è lì che troviamo presentata un’immagine di famiglia ideale dove tutto funziona alla perfezione, dove le relazioni interpersonali sono serene, i figli sono tranquilli e bravi a scuola: ne deriva una percezione a volte confusa e insicura del ruolo dei genitori.
I padri e le madri si sentono colpevoli in prima persona di ogni “errore” dei figli o reagiscono cercando colpevoli nel contesto in cui vive il proprio figlio, senza riuscire a definire il problema e a trovare soluzioni. Tale problematica emerge sistematicamente nel lavoro di consulenza alle famiglie condotto dai professionisti, psicologi, pedagogisti, psicoterapeuti, consulenti familiari ed avvocati che operano, come volontari, nel Centro Famiglia Sant’Anna.

È utile quindi aprire il dibattito sulle “colpe della famiglia” per evidenziare le responsabilità che il ruolo di genitori impone, facilitandone la presa in carico, e nello stesso tempo evitare colpevolizzazioni.

Il Centro Famiglia Sant’Anna in collaborazione con AGeSC (associazione genitori scuole cattoliche – sez. provinciale di Pistoia ), AIMC (associazione italiana maestri cattolici – sez. provinciale di Pistoia) e l’ordine degli avvocati di Pistoia promuove un convegno al fine di delineare un’immagine chiara della famiglia offrire spunti per un’onesta riflessione su responsabilità e ruoli.

Il convegno già nel titolo «È sempre tutta colpa della famiglia?» si pone come un momento fortemente dialogico. Apriranno i lavori i saluti di S. E. monsignor Fausto Tardelli, del sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi e di Chiara Romagnani, presidente del centro famiglia Sant’Anna.

Introduce e modera il dibattito l’avvocato Massimo Chiossi, coordinatore del servizio legale del Centro Sant’Anna. Gli interventi vanno ad indagare i contesti in cui vivono figli e genitori ed offrono spunti di riflessione innovativa sul problema posto.

  • Famiglia tra pubblicità e cronaca, a cura del professor Francesco Zini, università degli studi di Siena, presidente del forum toscano delle associazioni familiari e presidente dell’unione giuristi cattolici sezione di Firenze;
  • Famiglia e scuola, costruire una collaborazione, a cura della professoressa Annamaria Corretti, dirigente scolastico;
  • Famiglia e sport, a cura del dottor Sergio Teglia, psicologo psicoterapeuta, responsabile della “scuola per genitori” dell’ASL Toscana Centro;
  • Reati minorili: di chi la colpa? A cura del dottor Alessandro Geloso, giudice onorario presso il tribunale per i minorenni di Firenze.

Gli argomenti affrontati in sede di convegno saranno approfonditi in una serie di quattro incontri con cadenza mensile da realizzarsi il sabato mattina nei mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile presso il Centro Famiglia Sant’Anna. Questo il programma:

Gennaio: Famiglia, scuola e ….ragazzi (prof. Tiziano Lombardi)
Febbraio: Autonomia e regole… perchè obbedire? (dott. Francesco Zini)
Marzo: La giustizia rigenerativa (dott. Alessandro Geloso)
Aprile : Fare sport, una dimensione di crescita (Gabriele Magni)

Gli approfondimenti consentono di tener vivo il dibattito e offrono nuovi spazi di dialogo tra genitori e figli, sono infatti pensati in un orario accessibile alle scuole ed ai genitori con impegni di lavoro durante la settimana. Il convegno e gli approfondimenti sono aperti a: genitori, studenti, professionisti.
Daniela Mezzani

Il convegno si svolgerà il prossimo venerdì 25 ottobre, dalle ore 15 alle 18.30 nell’aula magna del seminario vescovile (via Puccini, 36).
Per informazioni rivolgersi alla segreteria del convegno: tel. 0573 368780 – 366 4116236. centrofamigliasantanna@virgilio.it

D. R.




Una diocesi unita sulle orme di San Francesco

Ad Assisi lo storico pellegrinaggio regionale della diocesi Toscane. Le esperienze e le testimonianze dei fedeli

C’era anche una folta rappresentanza della chiesa di Pistoia, guidata dal vescovo Tardelli, tra le tante che hanno affollato le basiliche di Assisi in occasione del pellegrinaggio regionale sulla tomba di San Francesco dello scorso 4 ottobre. Una giornata storica, che ha visto la partecipazione delle delegazioni di tutte le diocesi della Toscana e una nutrita rappresentanza delle comunità civili, tutti, per un giorno, stretti attorno all’insegnamento del poverello di Assisi.

Abbiamo raccolto alcune testimonianze tra i pellegrini presenti ad Assisi provenienti dalla nostra diocesi.

Parrocchia del Sacro Cuore di Serravalle

In onore del santo patrono d’Italia, Francesco, il giorno 4 ottobre 2019, la Toscana è arrivata ad Assisi per offrire in dono l’olio che alimenta la lampada votiva, affinchè arda presso la tomba del Santo Poverello. Noi della comunità parrocchiale di Serravalle Pistoiese, insieme alla diocesi di Pistoia, abbiamo partecipato a questo pellegrinaggio.
Alla presenza delle più alte cariche dello Stato, insieme ad una folla numerosissima di pellegrini devoti al Santo Francesco, nella Basilica Superiore è stata celebrata dall’arcivescovo di Firenze il cardinale Giuseppe Betori, e concelebrata da tutti i vescovi della Toscana, la santa messa con l’accensione della lampada. È stata una cerimonia molto suggestiva, in una cornice -quella della basilica- dove la bellezza delle opere raffigurate e la sacralità del luogo, hanno fatto sì che i pellegrini e noi tutti, ci siamo trovati immersi in una preghiera condivisa. C’era silenzio, si vedeva gente che con gli occhi chiusi, che pregava e assaporava la pace che quel luogo sa dare. Un paesaggio bellissimo, una pace e un profumo di fiori, fanno di Assisi un luogo di preghiera e di rinnovamento cristiano. Proprio qui noi tutti, abbiamo chiesto a San Francesco di insegnarci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da lui, a lasciarci perdonare dal suo amore. «Con Francesco il Vangelo divenne come più luminoso, attraverso di lui la Persona di Gesù sembrò riprendere vita e risuscitò nel cuore di molti che lo avevano dimenticato».

Anna Maria Abbatantuoni

Parrocchia di San Francesco di Bonistallo

«Ogni uomo semplice porta in cuore un sogno, con amore e umiltà potrà custodirlo
Se con fede ti saprai vivere umilmente, più felice tu sarai anche senza niente». Faccio tesoro delle strofe di questo meraviglioso canto per elogiare la meraviglia del mio pellegrinaggio ad Assisi che ho avuto l’opportunità di condividere con il mio parroco don Cristiano e un gruppo di parrocchiani.
Venerdì 4 ottobre siamo partiti da Poggio a Caiano e ci siamo diretti ad Assisi, dove alle ore 10 del mattino si teneva la santa messa nella Basilica superiore intitolata a san Francesco. Per immergerci totalmente nella spiritualità della giornata, don Cristiano già in autobus ci ha parlato di questa figura straordinaria che è stata San Francesco.
Francesco era un ragazzo come tanti, come uno di noi con il comune desiderio di fama, ricchezza e divertimento ma dopo tanta fatica nel voler realizzare questo sogno fu un’altro il sogno vero che lo spinse a desiderare una ricchezza immateriale e infinita. Francesco abbandonò tutti i suoi idoli e i suoi sogni mondani e si mise al servizio di Dio cambiando la sua vita per sempre.
San Damiano con la sua frase «va’ e ripara la mia casa», ha cambiato per sempre la vita del giovane.
La prima tappa della giornata fu la visita alla Basilica superiore e inferiore con la consueta sosta alla Tomba del Santo che si trova nella cripta sottostante. Il sentimento che ho provato inginocchiandomi è stato quello di un’abbraccio pieno di amore, forza e sostegno: un accumularsi di sensazioni delle quali mi nutro sempre tanto volentieri.
Dopo pranzo la visita alla basilica di Santa Chiara, raggiunta attraversando i numerosi vialetti di Assisi che fanno respirare continuamente aria di santità. L’idea di camminare là dove ha camminato Francesco ha destato in me tanta curiosità e senso di protezione. Meraviglioso il crocefisso di San Damiano davanti al quale Francesco compose il cantico delle creature. Per ultima tappa, ma non certo la meno importante, la magnifica Santa Maria degli angeli con la piccola Porziuncola: una chiesa dentro un’altra chiesa …che emozione! Ci sono stata due o tre volte, ma ogni volta resto sempre tanto affascinata da tutto ciò che mi circonda. Quello che l’ha resa tanto nota nel mondo è sicuramente il privilegio dell’indulgenza o perdono d’Assisi. Ogni volta che varco questa porta, ritrovo tranquillità e pace. Alle 18 siamo ripartiti con il cuore pieno di speranza: quella speranza che puoi ricevere solo in questi luoghi e soprattutto nei luoghi in cui puoi fare silenzio in te stessa e puoi riscoprire la serenità spesso offuscata dalla vita mondana. Assisi è l’esempio eclatante di silenzio e di spiritualità, un abbraccio particolare va a tutti i componenti del gruppo ma in particolare a don Cristiano senza il quale niente sarebbe stato possibile.
Carlotta Cipriani

Vicariato della Bure Bassa

Il giorno 4 ottobre, festività di San Francesco, in molti abbiamo partecipato alla cerimonia di consegna dell’olio, dono della Regione Toscana, che alimenterà per l’anno 2019/2020 la lampada alla tomba di San Francesco. Il viaggio a mezzo pullman, ha avuto inizio alle ore 6.00 con i migliori auspici, con l’incontro delle comunità di Montemurlo, Chiesina e di San Piero Agliana sotto la guida di don Paolo e di don Gianni. La giornata, caratterizzata da un sole stupendo e da un cielo terso e azzurro, ci ha permesso di seguire sul mega schermo, posto sul prato antistante l’ingresso della basilica superiore, l’intera funzione religiosa, presenziata da monsignor Betori, coadiuvato dai vescovi e presbiteri delle diocesi toscane. Nell’omelia, Betori ha ricordato il cammino di conversione di Francesco, il suo amore per Cristo e per gli ultimi.
La nostra comunità di San Piero Agliana, ci trova impegnati nella ricerca del bene comune prestando attenzione agli ultimi e ai piccoli, che si esprime attraverso un centro di ascolto caritas, una scuola d’italiano per stranieri, un dopo scuola per ragazzi in aiuto al disagio scolastico, una casa accoglienza per donne con bambini, una bottega del mercato equo e solidale con l’intento di richiamare l’attenzione verso il lavoro di piccole comunità agricole ed artigianali allo scopo di dare loro dignità e giusto guadagno. E che dire dell’amore di San Francesco per la sacralità del creato. L’attenzione alla biodiversità e alla salvaguardia dello stesso, più volte sollecitata da papa Francesco, ci trova impegnati nella catechesi giovanile attraverso l’insegnamento, con la collaborazione delle famiglie, di scelte e consumi etici, volti a produrre meno rifiuti, spreco d’acqua, rispetto degli ambienti scolastici, sportivi e altro ancora. La giornata, conclusasi in un clima gioioso, non ha escluso in ognuno di noi riflessioni e condivisione dell’esperienza vissuta.




In cammino verso le attese di Vangelo. Intervista al vescovo Tardelli

Tempo di cammino sinodale per la chiesa universale e particolare. Anche Pistoia, nel 2021, si prepara a vivere il primo sinodo diocesano dopo il Concilio Vaticano II. Lo ha annunciato il vescovo Fausto nella sua ultima lettera pastorale “E di me sarete testimoni”, dove affronta con realismo alcune delle tematiche cruciali del presente e futuro della chiesa di Pistoia.

Lo scorso luglio ha annunciato per il 2021 un sinodo diocesano. Che cosa l’ha spinta a scegliere questa strada per la chiesa di Pistoia? Quali sono le sue aspettative?

La decisione di celebrare un sinodo diocesano la considero una ispirazione dello Spirito Santo, al quale del resto ci siamo affidati fin dai primi momenti del mio episcopato a Pistoia. Non per niente il cammino intrapreso in questi anni voleva essere “sulle ali dello Spirito”. Ma la celebrazione di un sinodo presuppone una chiesa in “stato sinodale”, sia prima che dopo la celebrazione dell’evento vero e proprio. E una chiesa sinodale in parole semplici e povere è una comunità di fratelli e di sorelle che camminano insieme, che si sforzano di camminare insieme dietro al Signore Gesù, dentro questo concretissimo mondo, per portare l’annuncio di Cristo morto e risorto con la testimonianza di un amore generoso e disinteressato per gli uomini, a partire dagli ultimi. In questo senso La chiesa è sinodale per sua natura. Il Signore l’ha voluta così e solo così è segno di speranza per il mondo. La celebrazione vera e propria, solenne e coinvolgente, agli inizi del 2021, sarà solo l’apice, il manifestarsi di questa compagnia fraterna conquistata dal Vangelo.

Nella sua ultima lettera pastorale parla di attese di Vangelo. A che cosa si riferisce?

Si, ho parlato di “attese di vangelo” come chiave di lettura della realtà, della società umana, del nostro mondo. Un altro modo di parlare dei “segni dei tempi”. Il Vangelo, come dice la parola stessa è una “buona notizia”, un “buon annuncio” e di buone notizie ne sentiamo particolarmente il bisogno oggi. E in particolare di quella più buona di tutte: quella cioè che non si è soli, si è amati senza misura, che c’è qualcuno che si prende cura di noi e ci porta nel palmo della sua mano perché la nostra vita non si perda e superi l’oscurità del male, della cattiveria, della stessa morte. Cogliere queste attese di vangelo nella vita della gente, nella propria stessa vita, è compito dei cristiani e della chiesa, perché è proprio lì che l’annuncio cristiano deve potersi udire in fatti e parole. Come ho scritto nella lettera pastorale, si possono cogliere attese di vangelo nel mondo e nel cuore dei giovani, dentro la fragilità delle nostre esistenze, nella debolezza dei nostri amori, dentro la stessa cultura, come nella povertà di tanti, economica e non, come nei cuori malati di violenza, corrotti dal malaffare e dalla menzogna.

Secondo lei la chiesa non riesce più a parlare ai giovani e alle famiglie?

Noto una certa difficoltà del mondo ecclesiale a incontrare giovani e famiglie, per quello che sono, con tutte le contraddizioni, i loro problemi concreti e le loro prospettive…. La chiesa non può essere la chiesa dei pensionati, senza ovviamente togliere niente a queste persone così importanti per la vita delle nostre comunità. Però la bellezza del Vangelo, la bellezza di Cristo e della vita che Egli ci offre, dovrebbe conquistare giovani e giovani famiglie, coloro che sono nella pienezza della vita e dentro gli affanni della quotidianità. Lì troviamo una certa difficoltà. E’ come avere tra le mani un tesoro meraviglioso e non riuscire a farlo capire a chi ci sta attorno e sta cercando proprio un tesoro per vivere. Credo che occorra anche cambiare stili e modalità di organizzazione delle nostre comunità cristiane, anche se il problema non è l’organizzazione. Senza togliere l’essenziale, dovremmo avere quella duttilità di saper inventare forme nuove e oggi possibili di incontro, di scambio, di annuncio, sapendo dare il primo posto non certo all’organizzazione e alle strutture ma a ciò che oggi conta più di tutto e di cui c’è più bisogno: il contatto personale, l’a tu per tu di relazioni rispettose e amichevoli, che costruiscano una rete di relazioni positive che vincano quell’individualismo e quella solitudine che si fanno oggi sempre più minacciose.

Il professor Jacopozzi, in un incontro dei linguaggi del divino, ha parlato della “marginalità” della chiesa nel panorama culturale contemporaneo, parlando di necessaria «presa di coscienza di uno status di minoranza». Che ne pensa?

Penso che Jacopozzi abbia colto nel segno. Questa “marginalità” la constatiamo ogni giorno e dobbiamo prenderne atto sicuramente. Essere “piccolo gregge” del resto, non è l’eccezione per la Chiesa ma la normalità, come l’essere come agnelli in mezzo ai lupi. Ogni giorno, nel martirologio romano, si legge una piccola parte anche se numerosa dei santi celebrati in quella data: la stragrande maggioranza è fatta di persone crudelmente assassinate, eliminate dalla faccia della terra in modo violento, deboli e rese insignificanti agli occhi del mondo… Eppure quelle persone hanno vinto sul mondo e la loro fede ha travalicato regni e montagne, mari e imperi. Una minoranza può essere estremamente significativa anche se debole per mezzi e potere. Però vorrei dire anche un’altra cosa che corregge in parte le affermazioni di Jacopozzi e di altri che accentuano la situazione di minorità della chiesa. In realtà, a volte la coscienza di questa minorità è indotta da parte di chi non sopporta la chiesa e quello che dice e fa. La chiesa Cattolica, in Italia, da noi, ha ancora un forte radicamento popolare e attorno a luoghi e testimoni si radunano ancora folle. La chiesa è più influente di quello che sembra. In certi campi no, pare assolutamente inascoltata, è vero. Alla fine però, nel cuore di molti permane un riferimento che è comunque importante per la vita, anche se lo si contraddice tranquillamente. I segnali di questa strana appartenenza sarebbero tanti. Non vanno sottovalutati e sbrigativamente considerati come residuali. Anzi io, da incallito ottimista, ho la convinzione che si stiano preparando tempi sorprendenti e inaspettati per il cristianesimo e la chiesa.

La scorsa estate ha accompagnato un folto numero di giovani in terra santa. Ci sono dunque anche segni di speranza?

Proprio su questa lunghezza d’onda va l’esperienza fatta con sessanta giovani insieme a una ventina di disabili questa estate in terra santa. Una esperienza straordinaria che mi ha molto coinvolto anche personalmente. Ho incontrato dei giovani stupendi. Ognuno con la sua vicenda personale, le sue contraddizioni se vogliamo, ma carichi di entusiasmo e di voglia di vivere al meglio la vita, aprendosi agli altri, disposti a guardarsi dentro oltre la superficialità di una società dell’apparire. Per me è stato un grande segno di speranza. Come lo è stato la breve visita fatta coi vescovi toscani in Turchia a giugno. Solo ad Antiochia, Iskendurun e Tarso, per la precisione, dove abbiamo potuto incontrare piccole comunità cristiane che vivono in un contesto non facile ma che sono di una gioia e di una vitalità incredibile.

Il Santo Padre ha da poco aperto il sinodo sull’Amazzonia, quale significato ha per la chiesa questo sinodo, quali aspettative porta?

Il sinodo sull’Amazzonia affronta un grande problema per l’umanità, perché quella regione del mondo ha un’importanza vitale per tutto il pianeta, è invece luogo di sfruttamento contro l’uomo ed è terra abitata da popolazioni che da secoli sono schiacciate nella loro identità. In questo la chiesa si mostra attenta a tutto ciò che è il bene dell’uomo, nella sua integralità di anima e corpo. L’Amazzonia è anche una terra dove si misura la capacità del Vangelo di fecondare le culture dell’uomo, accogliendo, illuminando, correggendo e facendole fiorire. Da questo punto di vista il sinodo sull’Amazzonia è anche l’occasione, ancora una volta, per la chiesa di purificare la memoria di una evangelizzazione a volte condotta con la forza delle potenze coloniali.

a cura di Michael Cantarella

(fonte: Settimanale “La Vita”)