Festa per i centri diurni di Monteoliveto

La dottoressa Carla Tarani, direttrice della Casa dell’Anziano, racconta il lavoro quotidiano dei due centri diurni gestiti dalla Fondazione Sant’Atto. Domenica 17, sarà riproposta la “festa dell’anziano”: un evento aperto a tutti per celebrare e condividere il cammino a servizio della terza età.

Torna quest’anno, il 17 novembre, la festa dell’anziano promossa dall’associazione “Casa dell’Anziano- Monteoliveto”. Il centro è una delle realtà gestite dalla Fondazione Sant’Atto, costituita da qualche anno in seno alla Diocesi per coordinare l’azione sociale, assistenziale e culturale di associazione ed enti diocesani. Tra le attività più importanti il centro Alzheimer e la casa dell’anziano di Monteoliveto, di cui è direttrice la dottoressa Carla Tarani.

Dottoressa Tarani, i due Centri diurni di Monteoliveto voluti dal vescovo Simone Scatizzi, uno per anziani non autosufficienti e uno per malati di Alzheimer, cosa rappresentano oggi per la città?

Sono punti di riferimento per tante famiglie. Infatti permettono ai familiari, durante il giorno, quando gli ospiti si trovano nei centri, di svolgere con serenità le incombenze quotidiane. I centri garantiscono agli ospiti attività collettive mirate al recupero o al mantenimento delle capacità fisiche ed intellettive, un pasto preparato secondo le indicazioni del dietologo, riabilitazione individuale con fisioterapista, terapie farmacologiche, cura della persona. Tutti i giorni è presente un infermiere. Un geriatra monitora i singoli pazienti ed è a disposizione dei familiari per ogni loro necessità. Possiamo anche contare sulla preziosa collaborazione del professor Giulio Masotti e del dottor Carlo Biagini. Alla sera il rientro permette agli ospiti il reinserimento nell’ambiente familiare (la propria abitazione, i figli, i coniugi), di non sentirsi sradicati.

Domenica 17 novembre riproporrete, dopo un periodo di sosta, la tradizionale “Festa dell’anziano”; interverrà anche il professor Masotti, presidente onorario della società Italiana di geriatria e gerontologia. Qual è stato il suo impegno presso la vostra associazione?

Il professore ha avuto ed ha un ruolo importante. Le sue indicazioni, i suoi consigli, sia nel momento della realizzazione dei centri che nella loro conduzione, sono stati e sono preziosi. La sua esperienza, unita alla grande disponibilità, garantisce ai centri una costante presenza altamente qualificata.

Quale messaggio si sente di dare in occasione della festa?

Con la cessione dell’attività alla Fondazione Sant’Atto per l’inclusione e la solidarietà onlus, che quindi attualmente gestisce la struttura di Monteoliveto, abbiamo sospeso l’organizzazione della annuale festa degli anziani. Quest’anno, d’intesa con la Fondazione, abbiamo deciso di ripristinare questa iniziativa che, in passato, ha riscosso grande successo. È una occasione per ritrovarci e stare insieme, per partecipare alla santa messa, che sarà presieduta dal vescovo Tardelli (ore 10.30), all’intervento del professor Masotti (ore 11.30) e partecipare al pranzo. Per noi è importante sentire che la città è vicina, che i pistoiesi conoscono e apprezzano l’impegno quotidiano. Per questo vi aspettiamo numerosi. Ricordiamo che per partecipare al pranzo, gentilmente offerto dalla fondazione Sant’Atto, occorre prenotarsi entro e non oltre l’11 novembre allo 0573 975064 oppure allo 0573 359610.

Daniela Raspollini

Associazione “Casa dell’Anziano – Monteoliveto”
Via Bindi, 16 – 51100 PISTOIA
Direzione: tel. 0573-975064
Centro Diurno Monteoliveto per non autosufficienti: tel. 0573 28328
Centro Diurno Alzheimer: tel. 0573 977328




Mario Longo Dorni: uomo di fede e di comunione

Una piccola biografia dedicata al vescovo che governò la diocesi per ventisette anni, dal dopoguerra al post concilio.

Per chi lo riconosce fa quasi un certo effetto. I libretti blu della casa editrice Velar sono noti infatti per raccontare in forma stringata, ma comunque seria e accessibile allo stesso tempo, le biografie di santi e beati di ogni dove e di ogni tempo. Tra gli oltre seicento libretti trova ora posto anche una pubblicazione dedicata a due “testimoni della fede”, due vescovi di Ornavasso, piccola cittadina della Val d’Ossola di cui erano originari Monsignor Edoardo Piana e Mario Longo Dorni, vescovo di Pistoia. Fa dunque un certo effetto riconoscere il profilo di Longo Dorni di fronte a una veduta della cittadina natale incorniciata da un improbabile arcobaleno. Il libretto – fuori da ogni intento agiografico- rappresenta un significativo (e più unico che raro) ricordo del vescovo che resse la diocesi di Pistoia dal 1953 fino al 1981: una lunga e irripetibile stagione della società e della chiesa pistoiesi; dalla ripresa dal dopoguerra, agli anni del Concilio Vaticano II, dalle contestazioni del ’68 alla crisi degli anni di piombo. Un arco di tempo formidabile in cui la diocesi ha cambiato profondamente il suo volto.

Il libretto dell’editrice Velar è uscito dalla penna di Giannino Piana, teologo moralista di rango nazionale, noto anche ai pistoiesi per le frequentazioni della Settimana Teologica, nativo pure lui di Ornavasso. La biografia di Longo Dorni è accompagnata da quella di Edoardo Piana (1896-1976), zio dell’autore e interessante figura sacerdotale impegnata in ambito sociale, attiva nei duri anni della resistenza antifascista (sono le terre della repubblica partigiana dell’Ossola) e nel riscatto delle donne dal giro della prostituzione. Nominato vescovo ausiliare di Novara Edoardo Piana è ricordato per il suo impegno nei confronti del clero e degli ammalati, ma anche per le sue posizioni concilianti nei confronti della sinistra; fu “reo”, tra l’altro, di aver celebrato una messa in suffragio di Palmiro Togliatti.

A noi interessa soprattutto, però, il sintetico ritratto di monsignor Longo Dorni (1907-1985). La biografia di Piana risulta particolarmente interessante per ripercorrere gli anni precedenti l’ordinazione episcopale. Ne emerge, infatti, il profilo di un sacerdote brillante, capace organizzatore, attento interprete delle esigenze di giustizia sociale e impegno ecclesiale. Longo Dorni fu pienamente consapevole delle potenzialità delle organizzazioni ecclesiali del tempo: dall’Azione Cattolica, alla San Vincenzo de’ Paoli, a un assistenzialismo cattolico aperto ai più poveri come alle esigenze del Terzo mondo. Un tratto che costituisce l’ossatura del suo futuro episcopato, come tratteggia un passo della sua lettera indirizzata alla diocesi di Pistoia per il suo ingresso: «interpretando a modo mio lo stemma della città di Pistoia, vedo nella scacchiera dei riquadri un muro di massi sagomati, un giuoco ad arte di blocchi atti ad erigere una diga, a costruire un fortilizio dello spirito e un edificio santo che porta sul frontone, a caratteri d’oro, inciso: “Diocesi di Pistoia” e i blocchi e le pietre vive sono: Clero, Azione Cattolica, Istituti Religiosi, ACLI, S. Vincenzo ecc.. strutture del Regno di Dio amalgamate dal cemento che è l’amore, e, se volete, il vostro vescovo».

Uomo colto e dotato di un’oratoria brillante, almeno secondo i canoni della retorica sacra dell’epoca, Longo Dorni mostrava anche un’umanità sollecita, paterna – almeno nelle intenzioni-, di vero pastore. Vale la pena ricordare un episodio del tempo dell’occupazione nazifascista segnalato nel libretto di Piana. Nel dicembre 1943, infatti, l’allora don Mario «assistette alla fucilazione di undici martiri, tra i quali un ragazzo di quindici anni»; in quella circostanza «non esitò ad affrontare, incurante del pericolo, il sanguinario colonnello tedesco, offrendosi come ostaggio allo scopo di risparmiare i propri cittadini». I suoi cittadini erano gli abitanti di Borgosesia, dove Longo Dorni era allora parroco, che mai dimenticarono questo gesto di eroismo, tributandogli nel 1972 la cittadinanza onoraria e intitolandogli nel 2014 una piazza.

A Pistoia era arrivato ancora giovane nel 1954, ad appena 47 anni. Gli anni dell’episcopato pistoiese corrono rapidi nella biografia di Piana, lasciando l’impressione di una descrizione inevitabilmente “fatta da lontano”. Un contributo comunque prezioso che permette di rileggere l’episcopato di Longo Dorni dentro un sintetico ma coerente disegno della diocesi di Pistoia allora da poco “separata” della parte pratese. Di Longo Dorni si ricorda la passione per la liturgia e la catechesi, ma anche il “fervore delle opere”, segnato dalla creazione di numerose nuove parrocchie, la costituzione della Caritas diocesana, la creazione della “Missione Pistoia” nella diocesi di Manaus in Brasile. La biografia si chiude con un capitolo dedicato alla sofferenza degli ultimi anni e alle sue dimissioni dall’episcopato nel 1981 per ragioni di salute.

Il testo non manca di accennare alle difficoltà di un ministero segnato anche da «resistenze», «intemperanze e conflitti», citando in chiusura le parole di monsignor Frosini che molto tacendo molto lasciano intuire: «in queste condizioni il vescovo è diventato soprattutto il simbolo della sofferenza della Chiesa che non riesce ad amalgamare in armoniosa sintesi il vecchio e il nuovo. Al di là di ogni realizzazione, forse questo è il suo più grande merito e il maggior titolo di riconoscenza da parte della comunità cristiana».

Un ultimo capitolo, più personale e coinvolto, consegna un “ritratto interiore” di monsignor Longo Dorni, così come lo stesso Giannino Piana ricava dai suoi ricordi. Il vescovo ci viene descritto come uomo di fede profonda: «una fede che puntava all’essenziale e che era espressione di un grande lavorio interiore, un cui rivestivano un ruolo determinante passione e ragione, sentimento e volontà», ma anche uomo pronto al servizio, vescovo e “ufficiale” insieme; «uomo – conclude Piana – di fede e di comunione».

Giannino Piana, Mario Longo Dorni – Edoardo Piana. In memoria di due vescovi ornavassesi, Editrice Velar, Gorle (BG) 2019, pp. 72; euro 5.00.

Ugo Feraci

Mario Longo Dorni

Nato a Ornavasso in provincia di Novara l 11 settembre 1907. Ordinato il 27 giugno 1930. Fu all’inizio cappellano a Villa d’Ossola, poi proposto, prima a Pieve Vergante e poi a Borgosesia. Fu vicario generale e canonico teologo. Fu nominato vescovo di Pistoia il 24 aprile 1954 e consacrato il 6 giugno 1954. Il 6 luglio 1981 si ritirò presso la casa di riposo San Francesco a Bonistallo dove morì il 17 agosto 1985. È sepolto nella cripta della Cattedrale di Pistoia.




Il tempo dell’accoglienza è tempo di vita

Riflessione dell’Azione Cattolica di Pistoia sui dati e sulle reali situazione del fenomeno migratorio

Da tempo assistiamo a dibattiti sul tema dell’immigrazione, dibattiti che perlopiù parlano alla pancia delle persone senza però affrontare il tema in maniera approfondita e coerente. Come laici impegnati di Azione Cattolica ci siamo resi conto che vi era necessità di affrontare con i nostri associati e con la cittadinanza interessata la questione immigrazione non più in senso etico o politico, bensì in senso reale, ovvero capire il fenomeno, la sua rilevanza e i sistemi di accoglienza attivi.

Il 19 ottobre alle 17.00 si è svolto presso la sala soci della Coop di Pistoia l’evento formativo ed informativo di Azione Cattolica dal titolo «È tempo di Accogliere».

La scelta della location non è casuale. Abbiamo scelto un luogo pubblico, neutro, immerso nella quotidianità delle persone per parlare di un tema, come quello dell’immigrazione, che non è assolutamente straordinario o urgente, bensì si configura strutturale nei flussi sociali e quindi significativamente incisivo nella vita delle persone. Erano presenti in sala tre relatori: l’avvocato Lorenzo Pratesi del Foro di Pistoia, Sabina Pampaloni per il diaconato Valdese e Francesca Meoni operatrice e vice direttrice della Caritas di Pistoia.

Nella sua introduzione, Valentina Raimondo, già presidente di Azione Cattolica, ha presentato il fenomeno: «Le migrazioni sono un fenomeno intrinseco dell’evoluzione umana, da sempre l’uomo si sposta per motivi di salute, economici, di famiglia e lavoro. Nell’ultimo decennio si assiste alle cosiddette migrazioni forzate, ovvero un flusso di persone, che assumono lo status di rifugiato, richiedente asilo e apolide, che senza volerlo o poterlo scegliere sono costretti al lasciare il proprio paese di origine. A fine 2018 i migranti forzati sono 70,4 milioni di persone di cui il 57% scappano dalla Siria, Afghanistan e Sud Sudan e il 34 % dall’Africa centrale. L’80% scappa nei paesi vicini e non negli stati europei. I paesi che accolgono di più sono la Turchia, il Pakistan e il Libano. Tra i primi 10 paesi nel mondo capofila dell’accoglienza vi è solo un paese europeo, ed è la Germania, mentre l’Italia, nella prospettiva mondiale, riceve un poco flusso. Nel 2017 ha accolto e riconosciuto 131mila persone tra rifugiati e richiedenti asilo. In toscana i dati scendono ulteriormente e siamo la sesta regione d’Italia come numeri sull’accoglienza». Allora di quale urgenza stiamo parlando?

Sicuramente l’Italia ha delle difficoltà sul fenomeno dell’immigrazione di natura gestionale e di processi di inclusione, ma non sull’urgenza dei numeri. Con l’avvocato Pratesi abbiamo cercato di comprendere la storia della legislazione Europea con un focus mirato ai più recenti concordati e al Decreto Sicurezza. È emerso un quadro incerto e confuso che appare più incentrato sulla risoluzione del fenomeno in senso propagandistico che in senso reale e oggettivo. Emerge inoltre un’Italia che zoppica nel tradurre per l’amministrazione dello stato i valori cristiani e illuministici che hanno sempre contraddistinto il nostro paese.

A supporto di uno Stato in difficoltà, nell’inquadrare eticamente il fenomeno e nel gestirlo in senso di politiche sociali, vi sono le Chiese cristiane che si sono sempre contraddistinte nell’anticipare nelle buone prassi l’accoglienza e l’assistenza degli ultimi in ogni epoca storica. Sabina Pampaloni ci ha raccontato dell’esperienza principe dei corridoi umanitari: dalla selezione nel paese di origine alla conclusione del processo di integrazione, la famiglia che ha motivo di temere per la propria vita viene seguita da un’equipe di esperti per rispondere non solo alle necessità burocratiche amministrative ma anche a quelle socio-relazionali e psicologiche. Sabina Pampaloni sottolinea che i corridoi umanitari godono di accordi specifici con le Prefetture e pertanto i tempi di attesa si riducono notevolmente, dettaglio che incide particolarmente nell’esito di successo del percorso migratorio. Ciò che riesce a fare un migrante in un anno se è stato accolto attraverso i corridoi umanitari, non riesce a farlo un migrante in 4 anni che è stato assegnato ad un CAS. Da qui è ripartita Francesca Meoni raccontando la realtà pistoiese, le sue difficoltà e cosa Caritas sta portando avanti in termini di accoglienza.

Francesca, con molti anni di esperienza, non può sottolineare le contraddizioni, le sofferenze e i gravi processi di esclusione che il Decreto sicurezza sta facendo. Vi sono molte persone che dall’essere beneficiario di protezione umanitaria diventa un fantasma senza più diritto di accoglienza e assistenza. È per questo motivo che si è costituita la Rete Terra Aperta: una rete solidale e per l’accoglienza pistoiese. Molte realtà, tra cui AC, portano avanti iniziative di approfondimento ma anche di accoglienza in termini concreti di tutti coloro che per svariati motivi non vedono garantito il loro diritto ad un percorso di inclusione.

Valentina Raimondo




Un corso per imparare a leggere in Chiesa

L’Ufficio liturgico della Diocesi di Pistoia propone un breve itinerario di formazione per quanti proclamano la parola di Dio. Conoscere la spiritualità del lettore, le tecniche e l’uso del microfono in quattro lezioni. Un’ultima lezione nella chiesa di Sant’Andrea: dove il pulpito è il luogo della Parola per eccellenza.

Se ascoltare è un’arte, nemmeno leggere è cosa da nulla. Chi frequenta la messa sa che non basta aver gli orecchi buoni per udire la Parola di Dio; per intenderla (come si può) occorre che chi legge sappia farlo per davvero. Un servizio semplice, che chiede però di essere svolto con grande attenzione.  Può capitare, purtroppo, pur con tutta la buona volontà dei lettori “della domenica” che -come fa notare l’ufficio liturgico diocesano- la lettura in Chiesa a volte sia «sciatta» e «senza partecipazione»: una lettura che «addolora e deprime»piuttosto di dare slancio e speranza. Una buona lettura fa la differenza: «i lettori – ricorda don Luca Carlesi, direttore dell’ufficio liturgico – prestano a Dio la propria voce e di fatto condizionano, con la loro lettura e intelligenza del testo, la stessa comprensione dell’assemblea dei fedeli».

L’ufficio liturgico della diocesi di Pistoia – sollecitato dal monsignor Fausto Tardelli- desidera venire in soccorso di quanti abitualmente proclamano in parrocchia la parola di Dio con un  vero e proprio “corso per lettori”.

L’iniziativa propone quattro lezioni guidate da “esperti”: nella prima lezione (6 novembre) don Luca Carlesi toccherà il tema della spiritualità del lettore e nella successiva (13 novembre) illustrerà l’ordinamento  del messale e del lezionario, il libro cioè, che contiene le letture della messa, mentre Don Alessio Bartolini, tratterà il tema “Bibbia come Parola di Dio”; nella lezione successiva (20 novembre) saranno elementi più “tecnici” e suggerimenti pratici per la lettura (il tono della voce, le pause, il respiro..) a cura di alcuni tra i giovani attori che hanno proposto in Battistero – a chiusura del festival “i linguaggi del divino” lo spettacolo “Oltre me”.

Non mancherà un’attenzione particolare all’uso del “microfono: nell’ultima lezione (27 novembre) l’ingegner Giuseppe Gori darà indicazioni su come posizionarsi correttamente davanti al microfono ed evitare rumori fastidiosi.  L’incontro finale, infatti, si svolgerà nella chiesa di Sant’Andrea per provare direttamente “sul campo”  quanto appreso.  Un luogo decisamente segnato dalla proclamazione della Parola, come testimonia lo straordinario pulpito di Giovanni Pisano a cui don Luca Carlesi dedicherà un approfondimento.

Ad eccezione dell’ultima lezione, il corso, previsto nei mercoledì del mese di novembre, si svolgerà in seminario (via Puccini, 36 – Pistoia) alle ore 21. L’iniziativa, rivolta principalmente ai lettori “istituiti” (quanti cioè hanno ricevuto un vero e proprio ministero ecclesiale, conferito dal vescovo) è aperta anche ai lettori “di fatto”: quelle persone di ogni età ed estrazione a cui, con varia regolarità, viene chiesto di alternarsi per leggere, durante le messe, brani delle sacre scritture.

Per info: ufficioliturgico@diocesipistoia.it

 




Nomine in diocesi

Rendiamo note le seguenti nomine:

In data 29 settembre 2019 il vescovo ha nominato don Gianni Gasperini parroco “ad novem annos” della Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù in Montemurlo

In data 7 ottobre 2019 il vescovo ha nominato:

il rev. don Charles Urbain Badji, amministratore parrocchiale delle parrocchie di San Lorenzo a Pracchia e San Prudenzio a Lagacci;

il rev. don Fiacre Gilles Gambadatoun Yémadjiro, amministratore parrocchiale della Parrocchia di San Niccolò in Marliana;

il rev. don Ugo Feraci, moderatore pastorale e legale rappresentante della parrocchia di San Bartolomeo a Lanciole;

il  diacono Sauro Gori, responsabile della cura pastorale della parrocchia di San Bartolomeo a Lanciole.




I 100 anni di don Italo Taddei

Il 25 ottobre don Italo Taddei, compie 100 anni. L’avvocato Alvaro Bartoli, che dal 1956 fino al 1965 è stato uno dei suoi “ragazzi” , racconta don Italo e la storia della “Casa del ragazzo”. Una bella pagina della chiesa pistoiese che non può essere dimenticata.

Avvocato, come ha conosciuto don Taddei?

Dopo la morte di mio padre nel 1955, in quanto orfano di lavoratore fui accolto nella “Casa del ragazzo” di via Enrico Bindi (a Monteoliveto), nell’ala del complesso già riservata al Seminario Minore. Allora eravamo una sessantina di ragazzi dai 10 anni in su. Personalmente sono profondamente debitore di don Taddei: contrariamente alle intenzioni dell’ente ENAOLI (ente nazionale orfani e lavoratori italiani) che pensava di avviarmi ad un istituto professionale, desideravo studiare latino e greco, così grazie alla tenacia e all’incoraggiamento di Don Taddei, anziché la scuola dell’ente, mi fu possibile frequentare il Liceo Forteguerri di Pistoia.

Può parlarci brevemente della sua personalità?

Don Taddei non era un teorico dell’educazione, ma aveva il senso della praticità e l’intento dell’inserimento dei propri ragazzi all’interno della comunità cittadina, tenendo conto delle loro aspirazioni e desideri, come delle loro capacità. Don Taddei ha sempre avuto rispetto dei “ragazzi”, oggi non solo sparsi a Pistoia, ma anche in Italia e all’estero. Tra loro ricordo Emilio, che partì per il Canada e dopo mantenne a lungo contatti con don Italo e gli altri ragazzi, chiedendo per sé fotografie e anche, per ricordo, una bandiera italiana. I ragazzi frequentavano le scuole pubbliche e grazie al suo aiuto sono state inseriti nel mondo del lavoro, trovando ognuno la propria strada. Tra loro ci sono stati anche laureati, musicisti che si sono specializzati in conservatorio, uno dei quali entrò nell’orchestra della RAI; altri sono diventati docenti e comunque si sono inseriti pienamente nella società. Oggi siamo quasi tutti nonni o bisnonni.

Don Taddei era un uomo forte: pretendeva, ma soprattutto incoraggiava a uscire dalla marginalità, a vivere un riscatto. Con lui abbiamo scoperto le Dolomiti, in cui ci accompagnava ogni anno, stringendo relazioni con altre comunità, anche fuori d’Italia, per momenti di collaborazione e ospitalità. Ci ha lasciato sempre liberi dal punto di vista religioso, ma era un sacerdote molto credente. Un episodio mi ha sempre colpito: uno dei ragazzi desiderava entrare in un corpo militare, ma tenuto conto dei precedenti familiari gli negarono l’accesso: don Taddei non si perse d’animo, andò a Roma, a parlare con i vertici militari perché fosse riconosciuto al giovane il diritto di entrare e la cosa si risolse.

Molti non sanno o non ricordano cosa fosse la “casa dei ragazzi” di Pistoia: ce ne può parlare?

Don Taddei iniziò la propria attività nel 1946, dopo due anni da cappellano a Montale inserendosi nella difficile realtà cittadina dell’immediato dopoguerra, segnata da distruzioni e diffusa povertà. Iniziò le sue attività con i giovani nel ricreatorio del Tempio in via San Pietro con l’aiuto della signorina Spagnesi e, tra gli altri, del maestro Amadori e del canonico Lelli. In un ala del seminario minore poté poi svolgere la sua attività di accoglienza di giovani orfani, occupandosi -tra le mille difficoltà dei primi anni- anche delle faccende più pratiche, ad esempio, imbullettando le finestre perché all’epoca mancavano i vetri.

Don Taddei, vorrei ricordarlo, non era solo, ma sostenuto nella sua attività dalle sorelle che hanno vissuto fino all’ultimo con lui. Nella storia della “Casa del ragazzo” la svolta avvenne il primo agosto 1957, quando l’istituto si trasferì in via San Biagio in Cascheri, dove attualmente si trova la fondazione MAiC, in un immobile più grande, dotato di campo sportivo. Lì confluirono molti ragazzi anche da altre province italiane, alcuni anche segnalati dal Tribunale dei minori. L’ambiente era davvero funzionale e spazioso. La fine della “Casa del ragazzo” fu dovuta, in parte, alla legge sull’adozione speciale del 1967, che svuotò gli istituti educativo-assistenziale. Nel 1975, con lo scioglimento dell’ONMI (opera nazionale maternità infanzia), ci fu una scelta politica (e forse anche ecclesiale) che pervenne allo scioglimento della “Casa”. D’altra parte, già per iniziativa di Don Taddei si era andati incontro a soluzioni sempre più legate al coinvolgimento delle famiglie. Nel 1977 don Italo diventò segretario del cardinale Benelli per poi continuare la sua attività presso la Santa Sede, nell’ufficio delle migrazioni. Più recentemente è diventato canonico di San Giovanni in Laterano, dove attualmente risiede.

Sono molti i ricordi che la legano a quel tempo trascorso con lui nella “casa del ragazzo”: com’era la vita con lui?

Le nostre giornate nella “Casa del ragazzo” non erano segnate da un rigido regolamento, ma c’era un bel senso di famiglia: ogni ragazzo aveva la propria responsabilità all’interno della casa: qualcuno si occupava della biblioteca, chi si preoccupava dei giochi, chi faceva “l’infermiere”: c’era un  senso di responsabilità diffusa, ma anche tante difficoltà economiche. Eppure don Italo faceva di tutto per inserirci nella comunità cittadina: frequentavamo le attività culturali di Pistoia, facevamo uscite in montagna. Nella Casa fu anche istituita la “Banda primavera”: una piccola banda musicale in cui suonavano quasi tutti i ragazzi, guidati dal maestro Morosi; un’opportunità che dette spazio anche a momenti di uscita in diverse città italiane: Firenze, Bologna, Roma…

All’interno della casa, pur essendoci ragazzi segnalati e sostenuti dagli enti più diversi in base alle situazioni familiari di provenienza, per don Italo non c’erano differenze. Don Taddei si preoccupava di inserirli nel mondo del lavoro, aiutandoli anche a mettere su dei risparmi via via che iniziavano a lavorare. Ci ha sempre insegnato ad aborrire la parola “assistenziale” perché limitativa al diritto proprio di ogni ragazzo. Non dimenticheremo quanto ha fatto per noi. Ricordo che una volta gli regalammo un piccola targa per la sua auto, una fiat 600 familiare: c’era scritto: “Papà non correre”.

Daniela Raspollini




Credere è la risposta all’amore

Una piccola sintesi alla conclusione della terza edizione dei linguaggi del divino dedicata al tema del credere oggi

La terza edizione dei linguaggi del divino si è conclusa consegnando, nella pluralità e varietà di voci intervenute, altre numerose domande da mettere accanto a quella del titolo. «Perché credere?» domandava ad esempio Rino Fisichella, nella sua prolusione; «abbiamo il coraggio di proporre il cuore incandescente del Vangelo?», «Siamo in grado di mettere in rilievo la forza elevante, unificante della comunità cristiana? Creiamo occasioni di preghiera capaci di riconciliare la vita delle persone?»: solo alcune delle tante provocazioni di don Alfredo Jacopozzi, e ancora – «come rispondere – sottolineava la prof.ssa Cecilia Costa– alle “domande perdute” dei giovani di oggi?» e che differenza c’è tra credere e non credere? Che cosa intendiamo – suggeriva il prof. Andrea Vaccaro– quando parliamo di “intelligenza spirituale”? Cosa accomuna la vita spirituale delle diverse proposte religiose? Alcune delle tante domande rimbalzate dalle relazioni di questa edizione e che, in maniera molto sommaria e sintetica, mi sembrano indicare tre punti con cui ripercorrere l’arco degli incontri.

1. L’invito, ma direi meglio l’urgenza, di riscoprire nel testo biblico la capacità di parlare all’umano dell’umano. Nella Sacra Scrittura si possono ritrovare le domande profonde che accompagnano l’uomo, anche se il testo biblico chiede non soltanto lo studio, ma il tempo del silenzio, della fatica di sostare su ciò che in prima battuta resta poco chiaro, di domandarsi – in definitiva- quale parola ascoltiamo davvero. Dal testo biblico – ci hanno ricordato le lectio divine di madre Angelini e di padre Mosconi – emerge una sapienza che è per la vita. Chi ha ascoltato le loro meditazioni, come quella di Benedetta Rossi, ha potuto accorgersi come il testo sacro non spenga, ma accolga le inquietudini, anche le paure e il dolore dell’uomo; indubbiamente ha sentito accendersi il “gusto” di riprendere in mano la Bibbia.

2. La consapevolezza che pur nel tempo dell’età secolare, di un mondo sempre più pagano, la Chiesa ha in sé un tesoro prezioso, forse dimenticato o contestato, ma in fondo atteso perché profondamente agganciato all’umano. La relazione di don Andrea Lonardo, l’analisi di Cecilia Costa e le provocazioni di Davide Rondoni, hanno indubbiamente manifestato criticità delle nostre proposte ecclesiali, ma anche gli spazi, ancora in gran parte inesplorati per agganciare le attese dell’uomo di oggi. Una chiesa come un “cantiere aperto”, secondo le parole di Giovanni Ferretti, ma aperta ad un’umanità fragile, ferita, in cerca di maestri, di punti di riferimento, assetata di relazioni autentiche.

3. Il fascino di attingere alla forza sempre nuova e rigenerante del Vangelo. Un Vangelo da ri-ascoltare e da vivere in modo credibile. Il carisma di Papa Francesco, trasmesso con grande efficacia da Wim Wenders nel suo “Francesco, un uomo di Parola”, sta proprio dentro la sua capacità di rilanciare la verità evangelica –sine glossa– in tutta la sua carica originaria e dirompente. Chi sa riportare la vita al Vangelo in maniera comprensibile a tutti, come don Luigi Maria Epicoco – una delle relazioni più affollate dei linguaggi – trova “naturalmente” seguito.
Tante domande dunque, ma anche qualche possibile risposta, attorno alla grande risposta. «Vorresti sapere cosa ha inteso il tuo Signore e conoscere il senso di questa rivelazione? – ricordava Fisichella citando la mistica Giuliana di Norwich – Sappilo bene: amore è ciò che Lui ha inteso. Chi te lo rivela? L’amore. Perché te lo rivela? Per amore».

Altre, più concrete domande, toccano la capacità di coinvolgere un pubblico più ampio, di suscitare l’interesse della città, di gestire al meglio orari e numero degli incontri. In attesa di un bilancio non può comunque mancare un doveroso ringraziamento a quanti hanno collaborato, con compiti e in tempi diversi, alla realizzazione di questa edizione e a quanti la hanno ospitata: i monaci della fraternità di Gerusalemme di San Bartolomeo, i padre Betharramiti di San Francesco a Pistoia, i padri domenicani per il convento di San Domenico, il capitolo dei canonici per il Battistero di San Giovanni in corte. Un sentito “grazie” anche a quanti hanno seguito con passione e fedeltà i diversi appuntamenti.
Ricordiamo che le relazioni di questa edizione sono disponibili sul canale youtube diocesano e che sulla pagina Facebook della Diocesi di Pistoia è possibile recuperare foto e commenti degli incontri.

u.f.




30 anni di MOICA: convegno in seminario

In occasione del 30° anniversario del Movimento italiano Casalinghe di Pistoia nell’aula magna del Seminario Vescovile (Via Puccini, 36 -Pistoia) è organizzato un evento dedicato alla storia dell’associazione e aperto alle riflessioni di alcuni amici del Movimento.

Il titolo dell’incontro è: “La curiosità non invecchia. Affrontare ad occhi aperti il tempo che passa”.

Programma

ore 9.30: Trent’anni di MOICA a Pistoia

Introduzione di Annamaria Michelon Palchetti, presidente MOICA Pistoia
Breve storia del Moica a Pistoia, a cura di Lucia Agati, giornalista della Nazione
Saluti delle autorità presenti e di S. E. Mons. Fausto Tardelli.

ore 10.30: La curiosità non invecchia

Riflessioni di:
Ivano Paci
Piera Petracchi
Marco Leporatti
A seguire, interventi liberi sul tema da parte dei cittadini presenti.

ore 12.00: Presentazione di un’opera di ricamo

L’opera, realizzata da cinque artiste del filo, iscritte al MOICA, dimostrerà, ancora una volta, l’attualità di quest’arte.

Per info sull’associazione e l’evento: 0573 368576

 




Un tavolo istituzionale per superare l’emergenza Vicofaro

PISTOIA – Da molti mesi la situazione relativa all’accoglienza dei migranti nella parrocchia di Vicofaro è all’attenzione dei media locali, nazionali e dei cittadini. Nelle ultime interviste rilasciate Don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro, ha reso noto che i migranti presenti nel complesso parrocchiale superano le duecento presenze.

Ormai da tempo il numero degli ospiti e l’organizzazione del servizio appaiono difficilmente compatibili con le caratteristiche minime di un’accoglienza dignitosa, sicura e volta alla progressiva e necessaria integrazione nella comunità pistoiese, ed è assolutamente urgente superare con rapidità – per quanto possibile – la situazione di emergenza costante che si è venuta a creare nel corso degli ultimi mesi.

Per questo motivo il vescovo Tardelli ha voluto costituire un “tavolo di lavoro” istituzionale finalizzato ad esaminare e proporre tutte le soluzioni che permettano di superare l’emergenza dell’accoglienza a Vicofaro.

Al “tavolo” oltre al Vescovo, sono stati invitati don Biancalani con alcuni collaboratori della parrocchia, il comune di Pistoia, la Regione Toscana e la Caritas diocesana di Pistoia. La prima riunione del gruppo è prevista per i prossimi giorni.

«Credo che soltanto tutti insieme potremo davvero fare qualcosa per superare questa situazione – esorta il vescovo – e questo tentativo vuole essere concreto e di svolta per una vicenda complessa che ha interessato tutta la comunità pistoiese».

23/10/2019




Per una chiesa sinodale e missionaria

Il vescovo Tardelli ha aperto l’anno pastorale 2019-2020 e conferito il mandato a catechisti e operatori pastorali. Una sintesi dell’evento e delle parole del vescovo.

 

Nel giorno della festa di San Luca si è aperto per la nostra Diocesi il nuovo anno pastorale con il mandato ai catechisti e agli operatori pastorali. Il vescovo -affidandolo al Signore- ha ricordato che il nuovo anno sarà accompagnato dalla lettera pastorale «E di me sarete testimoni», che ha come sottotitolo «Con Gesù per le strade del mondo».

Ai fedeli giunti da ogni parte della Diocesi il vescovo ha spiegato che questa celebrazione è un gesto semplice ma significativo, con cui chi ha un ministero da svolgere nella propria comunità, dal più piccolo al più grande, con particolare attenzione al ministero del catechista, riceve un vero e proprio mandato iniziale che pone la persona che lo riceve al servizio della Chiesa. Si invoca il dono dello Spirito perché questo servizio sia portato avanti con fede, generosità, amore alla Chiesa, competenza e umiltà. Il vescovo invita a nutrirsi con gratitudine della Parola di Dio e a cibarsi dello stesso pane di vita per camminare insieme, con un’attenzione premurosa per tutti coloro che vivono nei nostri territori.

«Il cammino della evangelizzazione – ha ricordato il vescovo- non è esente da difficoltà, da crisi, da momenti difficili, anche di sconforto. Dobbiamo metterli nel conto questi momenti. Non esiste una chiesa ideale o “altra”. Esiste la chiesa concreta che siamo noi: santa e insieme fatta di peccatori. Dobbiamo accettarlo e, senza recriminare l’un l’altro il nostro peccato, darci piuttosto una mano per aiutarci ad essere sempre più conformi a quanto il Signore vuole».

Per evangelizzare, ha poi continuato, occorre però crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria, avendo come fondamento il Signore Gesù. Il vescovo ci ha invitato a crescere nella comunione fraterna e nella capacità di camminare davvero insieme. «Dobbiamo lavorare – ha insistito – per una chiesa sinodale e per un nuovo e diffuso slancio missionario».

A conclusione dell’omelia il vescovo ha poi annunciato il sinodo diocesano che sarà celebrato a inizio 2021. Si tratta del primo sinodo del Chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano secondo, dedicato all’urgente tema dell’evangelizzazione del popolo di Dio. Sarà quindi un momento di grande grazia per la nostra chiesa diocesana. L’invito conclusivo del vescovo è stato quello a camminare insieme per andare incontro al Signore, nella via della giustizia, della verità e dell’amore.

Claudia Marconi

Leggi l’omelia di mons. vescovo Fausto Tardelli 

(foto di Mariangela Montanari)