Con la diocesi a Montenero

Un invito a partecipare al pellegrinaggio diocesano del prossimo 15 maggio, per crescere insieme come “comunità fraterna e missionaria”.

La diocesi di Pistoia è in cammino verso il Santuario di Montenero: un pellegrinaggio diocesano per il quale è prevista una numerosa partecipazione di parrocchie, fedeli, associazioni. Abbiamo incontrato don Giordano Favillini della Fraternità Apostolica di Gerusalemme per saperne di più.

La diocesi si appresta a vivere un momento significativo nel prossimo mese di maggio con il pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Montenero Patrona della Toscana. Come mai questa scelta?

La Madonna delle Grazie di Montenero è la patrona principale della Toscana e da circa 60 anni le varie Diocesi toscane a turno, ogni anno offrono a tale Santuario l’olio che arde davanti all’immagine della Madonna. Questa offerta dell’olio rappresenta la preghiera che le varie Chiese presentano a Maria in segno di affidamento e devozione a Colei che intercede sempre per il popolo di Dio nelle varie vicissitudini della storia. Quest’anno sarà la Diocesi di Pistoia ad offrire l’olio, ma questa offerta sarà significativa se sarà accompagnata da una bella e numerosa rappresentanza di fedeli provenienti da tutte le Parrocchie della Diocesi. Gesù morente sulla Croce ha affidato a Maria Sua Madre tutti i suoi discepoli e fra questi ci siamo anche noi; siamo stati affidati a lei, alla Sua Preghiera, alla Sua maternità. Questo pellegrinaggio comunitario vuole essere una risposta a questo dono di Gesù e l’olio vuole rappresentare la nostra adesione a questo affidamento e alla maternità di Maria; la vogliamo ancora riconoscere come nostra Madre nella fede e sostegno nel voler essere discepoli di Suo Figlio.

Pistoia ha profonde radici di devozione mariana; per tutti noi sarà anche l’occasione per consolidare questo legame…

Questo salire a Montenero come Chiesa pellegrinante vuole essere un evento in cui chiedere aiuto, per mezzo di Maria, a Dio nostro Padre perché veniamo consolidati nella Fede battesimale in modo da divenire comunità credenti, testimoni del Vangelo, lievito di bene, di amore, di pace nei territori dove viviamo. Il tema pastorale di questo anno è: «Una comunità fraterna e missionaria». Diventeremo tali con l’impegno umano, ma soprattutto con la grazia dello Spirito Santo che è l’artefice della comunione e della missione. Chiediamo a Maria questa grazia !

Come possiamo invitare gli indecisi?

Questo pellegrinaggio sarà un’importante evento di Chiesa se troverà la partecipazione di tutte le parrocchie, un’occasione di invocazione comunitaria per ottenere appunto un maggiore spirito di comunione ecclesiale e l’entusiasmo e la creatività per realizzare una nuova evangelizzazione fra la nostra gente. Maria è chiamata “Stella della nuova evangelizzazione”. Colei che può guidarci su sentieri nuovi, con nuovi linguaggi, perché il Vangelo di Gesù possa nuovamente risuonare nel cuore delle giovani generazioni del nostro tempo anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa che spesso non comunicano messaggi di di speranza e positivi per la vita. Il programma del pellegrinaggio è diviso in due parti: dal mattino fino alle 14 per chi vuole vivere un momento di ritiro, ascolto e preghiera nella cornice naturalistica del Santuario. Dal pomeriggio fino alla sera la parte celebrativa dell’evento: la processione con la recita del Rosario, la celebrazione comunitaria della Riconciliazione, la Santa Messa celebrata dal vescovo e l’offerta dell’olio.
Per quanto riguarda la mattina alle 9.30 è previsto il canto delle Lodi; alle 10 una meditazione di fratel Antonio Emanuele della fraternità monastica di Gerusalemme, tempo di silenzio e preghiera personale, pranzo a sacco o in ristorante accanto al Santuario (18 euro).

Come potranno partecipare le parrocchie a questo evento diocesano?

Questo pellegrinaggio è un’occasione molto bella per vivere una giornata comunitaria fra le nostre parrocchie, di preghiera e ritiro per chi ne ha necessità, di conoscenza e di incontro per tutti. Per il viaggio ci si può organizzare o a livello parrocchiale o vicariale secondo le varie situazione ma permettiamo la partecipazione di più persone possibile, che sia un evento diocesano.

Daniela Raspollini




Sergio Mattarella a Vinci

La visita del Presidente della Repubblica nel giorno natale di Leonardo

A Vinci nell’anno delle Celebrazioni Leonardiane per i 500 anni dalla morte del grande genio arriva il Presidente Sergio Mattarella.
È un giorno speciale: una festa per la gente, ma anche un’occasione per ribadire la straordinaria capacità di Leonardo di vedere al di là dei limiti della conoscenza del suo tempo, ben caratterizzato dai due poli dell’umanesimo e della scienza.

«Appunto perché figlio di quel tempo in cui la cultura non riconosceva frontiere ed accomunava nello scambio delle esperienze tutta l’Europa malgrado i contrasti e le guerre interne, qualsiasi geo-tentativo di leggere la sua opera entro confini organizzati nei secoli successivi tra le scienze o tra i territori e tra i popoli apparirebbe fallace e soprattutto riduttivo del contributo immenso che Leonardo ha recato al progresso dell’umanità». In questo passaggio del discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica a Vinci lunedì 15 aprile, giorno della nascita di Leonardo, c’è un messaggio semplice e profondo allo stesso tempo: da una parte si riconosce il Rinascimento come una realtà senza frontiere, pienamente europea, dall’altra c’è il richiamo ad evitare l’errore di “incasellare” Leonardo, più volte fatto nel passato.

L’attesa del Presidente della Repubblica, che il 2 maggio si recherà ad Amboise dove Leonardo è morto, era vivissima nei giorni precedenti a Vinci e nel territorio; grandissimo quindi, è stato il calore trasmesso lunedì scorso dalla gente. Mattarella, tra i personaggi politici più stimati nel paese, rappresenta, in effetti, uno dei pochi riferimenti condivisi per la fiducia e la stima che riscuote.
Nel palco ufficiale si sono alternati il sindaco Giuseppe Torchia, il presidente della Regione Enrico Rossi, il presidente delle celebrazioni leonardiane Paolo Galluzzi, il ministro della cultura Alberto Bonisoli, ma anche due giovani studenti della scuola media: Alice ed Edoardo. Tra gli ospiti anche il vescovo di Pistoia Fausto Tardelli e il vescovo di San Miniato Andrea Migliavacca.
A Vinci Mattarella ha inaugurato la mostra «Leonardo a Vinci. Alle origini del genio» ospitata presso il Museo Leonardiano dove è esposto il disegno di Leonardo “Paesaggio 8P” in prestito dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, prima opera conosciuta del Genio, datata 5 agosto 1473. La mostra è incentrata sul tema del paesaggio e sulle testimonianze che svelano notizie, anche poco note, relative alla sua infanzia e prima giovinezza, trascorse a Vinci.
A Vinci Mattarella così ha definito Leonardo:

«Un grande toscano, un grande italiano, allora protagonista assoluto della scena europea, oggi riferimento insopprimibile nel mondo!».

Silvano Guerrini


Un video per scoprire i “luoghi di Leonardo”

Vinci, Anchiano, Vitolini, Bacchereto… località del Montalbano legate alla vicenda biografica del genio del Rinascimento di cui nel 2019 si ricordano i 500 anni dalla morte, ma anche località tradizionalmente legate alla diocesi di Pistoia. A Vinci, nella chiesa di Santa Croce, si conserva quello che tradizionalmente è ricordato come il fonte battesimale di Leonardo. Ad Anchiano, borgata sulle pendici del Montalbano, si trova ancora la sua “casa natale”. Ma le colline, le torri, i paesi della sua terra ritornano anche nei disegni e in alcuni progetti leonardiani. Un territorio da conoscere e visitare della nostra diocesi presentato in un breve video realizzato da Silvia Gualandi: «I Luoghi di Leonardo nella Diocesi di Pistoia». I luoghi e i paesaggi di Leonardo sono accompagnati dalle parole di Giorgio Vasari, il celebre artista rinascimentale autore delle altrettanto famose “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”. Il montaggio è a cura di Elena Degli’Innocenti.

Il filmato è disponibile sul canale youtube diocesano “Diocesi di Pistoia”.




Morti viventi o risorti?

Un estratto dall’omelia del vescovo per l’ultima liturgia stazionale

Venerdì 12 aprile 2019, ormai nell’imminenza della Settimana Santa, si è concluso il percorso delle liturgie stazionali guidate dal vescovo Tardelli. Nell’ultimo appuntamento la celebrazione è partita dalla Chiesa del Carmine per poi arrivare all’antica pieve di Sant’Andrea. Pubblichiamo di seguito alcuni passaggi dell’omelia di Mons. Fausto Tardelli.

La resurrezione di Lazzaro

L’ultima tappa del nostro cammino quaresimale si conclude con il racconto della risurrezione di Lazzaro, l’amico di Gesù. (…) Il quadro che l’evangelista Giovanni ci presenta è abbastanza straziante. Vediamo le lacrime di Marta e di Maria; la loro angoscia. Vediamo anche l’affetto grande e intenso di Gesù per l’amico. “Allora scoppiò in pianto”: questo particolare della narrazione ce lo manifesta.

Dietro il miracolo, una verità più profonda

Ed ecco che in questo cotesto straziante, Gesù compie il miracolo. Si tratta di un “segno”. La risurrezione di Lazzaro dunque è solo un segno di una verità più profonda… Quella di Lazzaro non è come la risurrezione di Cristo, né come quella che ci è promessa da Gesù.

Quale differenza tra la resurrezione di Gesù e quella di Lazzaro?

Nota magnificamente Joseph Ratzinger nel suo libro “Gesù di Nazaret” (pag. 271-272): «Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto. Non sarebbe infatti più importante della rianimazione, grazie all’abilità di medici, di persone clinicamente morte. Per il mondo come tale e per la nostra esistenza non sarebbe cambiato nulla».

Cosa succede con la resurrezione di Gesù?

«Le testimonianze neotestamentarie invece non lasciano alcun dubbio che nella risurrezione del Figlio dell’uomo sia avvenuto qualcosa di totalmente diverso. (…) Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomini, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini».

Per noi la resurrezione di Cristo è…

Queste illuminate riflessioni spiegano ciò di cui la risurrezione di Lazzaro è segno: la risurrezione di Cristo e la nostra vita con Lui. Ben più di quello che è capitato a Lazzaro, noi infatti siamo stati resi partecipi della Risurrezione di Cristo; mediante il Battesimo, siamo stati sepolti nella morte di Cristo e risorti con Lui. La nostra identità di uomini è ormai quella di risorti con Cristo, ciò per cui siamo venuti al mondo e che ci identifica come uomini.

Sei vivo o un morto vivente?

Questo è vero al punto che se non viviamo da risorti con Cristo, semplicemente non siamo uomini; in realtà neppure siamo vivi. Siamo piuttosto dei morti che camminano per la strada, dei “morti viventi”.

Ma che vuol dire vivere da risorti?

Vivere nella gioia

Credo che la risposta a queste domande sia triplice: innanzitutto significa vivere nella gioia, con il cuore pieno di speranza, senza farsi abbattere da niente. Nella gioia cioè di sapere che niente ci può davvero ferire e uccidere, se si rimane attaccati a Gesù Cristo…

Nutristi di Cristo

In secondo luogo, per vivere da risorti, occorre nutrirsi di Cristo parola e pane di vita eterna. Gesù lo ha detto a chiare lettere: «In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24).

Amare i fratelli

Infine, c’è un terzo modo ancora, fondamentale, per vivere da risorti, ed è l’apostolo Giovanni a dircelo nella sua prima lettera, anche qui con molta chiarezza: «Fratelli, noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui». (I Gv 3, 14-15).

Leggi l’omelia intera qui

 

 




Le meditazioni del vescovo per la Settimana Santa

Il vescovo Tardelli propone ai fedeli un testo di meditazioni sulla Settimana Santa. Una lettura spirituale per vivere con intensità il cammino verso la Pasqua

La Settimana Santa è un tempo di altissima densità spirituale. Nella settimana santa, infatti, «la chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.
Il tempo quaresimale continua fino al giovedì santo. Dalla messa vespertina “nella cena del Signore” inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì santo “nella passione del Signore” e il sabato santo, ha il suo centro nella veglia pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione. Le ferie della settimana santa, dal lunedì al giovedì incluso, hanno la precedenza su tutte le altre celebrazioni» (Paschalis sollemnitatis, n.27).

Come vivere al meglio la Settimana Santa?

Monsignor Tardelli, vescovo di Pistoia, offre ai fedeli alcune meditazioni dedicate ai giorni della Settimana Santa. Un testo semplice e chiaro che può accompagnare il cammino spirituale, disponibile online in formato pdf o in versione cartacea presso la Libreria San Jacopo (Via Puccini, 32 – Pistoia).

 




Rom e Sinti oltre il pregiudizio

La Chiesa di Pistoia organizza da anni attività di sostegno, momenti di scambio e incontro con la comunità Rom e Sinti. Un cammino di comunione oltre la paura e l’avversione.

Le parole Rom e Sinti sono per ciascuno di noi, ormai molto famigliari, evocano immagini, sentimenti, opinioni diverse e contrastanti. Destano curiosità, paura, avversione, giudizio?

Ma Rom e Sinti non sono solo parole, ma sono persone, volti, storie. Sono le etnie diverse di uno stesso popolo, proveniente originariamente dall’India, che pur riconosciuto dall’antichità e presente fin dagli inizi del millennio passato in tutti gli stati europei, non ha mai avuto l’onore di vedersi citato nei nostri testi scolastici. Eppure ne avrebbe avuto motivo, visto che sono molte le persecuzioni che hanno subito: dalle accuse di stregoneria fino al culmine raggiunto con il nazismo dove mezzo milione di persone rom e sinti sono morte nei lager. Sono cristiani evangelici o cattolici, musulmani o praticano culti sincretici, hanno anticamente praticato lo spettacolo viaggiante o l’artigianato. Praticavano il nomadismo perché era necessario per le loro attività lavorative. Come avrebbero potuto praticare il commercio, lo spettacolo, le prestazioni artigiane, se non si fossero mantenuti in movimento? Ora tendono ad essere sedentari e qui a Pistoia molti vivono in abitazioni o nei diversi campi della città, da più di 40 anni.

Come Caritas Diocesana da molti anni si ha a cuore la realtà dei Rom e Sinti della città, con il desiderio di porsi in ascolto dei loro bisogni e di trovare occasioni di scambio ed incontro, nel quotidiano, ma anche in momenti più straordinari. Suor Mara (Suore Francescane dei Poveri), suor Alix (Fraternità di Gerusalemme) e un gruppetto di volontarie, Cristina, Selene, Lucia, Maria, Paola, Cristina e suor Floriana (Suore Mantellate) frequentano regolarmente il campo e svolgono, in una casetta in legno donata dalla Diocesi di Pistoia, posta al centro del campo, un’attività di dopo scuola. Donne di età, professione e provenienze diversa, espressione dei tanti volti della Chiesa di Pistoia (congregazioni religiose, parrocchie, movimenti ecclesiali) che desidera essere accanto a questi fratelli e sorelle.

Una sfida, quella del dopo scuola, lanciata due anni fa, dalla Caritas diocesana e accolta dalle famiglie del campo: spazio ricreativo, di studio e sostegno scolastico, ma soprattutto spazio di incontro tra generazioni e culture diverse. Eh si, perché due pomeriggi a settimana, i volti, i colori dei vestiti, le lingue si mescolano: bambini, ragazze e donne rom e italiane diventano una piccola “fraternità”: si disegna, si legge, si scrive, ci si scambiano ricette, consigli di salute, notizie sui figli e sui nipoti, idee e modi di vedere il mondo.

E quando i bambini corrono a giocare si condividono anche sofferenze, preoccupazioni, disagi, il desiderio di un lavoro per sostenere la propria famiglia e di una vita diversa, dove non essere emarginati e considerati diversi, dove poter vivere in luogo bello e dignitoso, o dove d’inverno non si soffra il freddo o i disagi causati dal fango.
Proprio per rispondere a questo bisogno di sostegno e condivisione, come Caritas si è costituito uno sportello di ascolto aperto ogni mercoledì mattina, dedicato in particolare alle famiglie rom e sinti della città di Pistoia.

Generalmente ogni mercoledì si incontrano circa 15 famiglie: è un momento libero di ascolto, di aiuto concreto, di informazione, di monitoraggio dei bisogni e dei progressi di ciascuno. Naturalmente, dopo aver valutato se ne abbiano diritto, come altre famiglie della città bisognose di aiuto, le famiglie rom che lo richiedano, possono accedere anche alla realtà dell’Emporio della Solidarietà di Sant’Agostino.

Sappiamo bene che, siamo in un momento storico e politico, in cui l’accoglienza di chi è altro da noi, è emergenza, profezia, sfida, scelta contro corrente. Continuiamo con coraggio e speranza a camminare su questa strada!
Suor Mara




La voce dei cresimandi

Raccogliamo alcune testimonianze dei gruppi parrocchiali presenti domenica scorsa in Cattedrale per la Giornata Diocesana dei Cresimandi. L’appuntamento, organizzato dall’Ufficio catechistico, raduna giovani da tutta la diocesi per un incontro con il vescovo che offre la possibilità di conoscersi e fare viva esperienza della chiesa locale.

Parrocchia di S.Maria Maddalena de’ Pazzi di Bagnolo

I nostri ragazzi sono partiti molto curiosi per questo incontro, preparando le loro lettere come si può fare con un amico che non vediamo da tempo. Sono rimasti affascinati di ritrovarsi in così tanti e felici di incontrare amici inaspettati. Si sono senti accolti dal nostro Vescovo che parla la loro lingua e li stimola a pensare e ad approfondire i loro problemi e le loro gioie. Sicuramente resterà nel loro cuore questa giornata e la sensazione di appartenenza ad un qualcosa di grande li accompagnerà nel cammino che quest’anno li condurrà al sacramento della Cresima. Grazie Eccellenza per questi preziosi momenti che riesce a donarci.

Gianna catechista

Parrocchia di Casalguidi

Quello di domenica 7 aprile è stato un bel pomeriggio trascorso in mezzo ad una grande folla festosa: c’era una bella confusione! I nostri ragazzi hanno accolto subito l’invito a partecipare, animati sia dalla curiosità che dalla gioia di condividere con altri coetanei questo momento vissuto in cattedrale. Ci eravamo preparati all’incontro sul brano di Zaccheo; insieme ci abbiamo riflettuto per comprendere che l’impossibile diventa possibile nell’incontro con Gesù. I ragazzi sono rimasti molto colpiti dalle parole “magiche” del vescovo: all’inizio pensavano che parlasse in aramaico, invece poi questo slogan di vita è rimasto nei loro cuori: Tidè , Tià, tipò! Tidè ( ti desidero ) Tià ( ti accolgo nel mio cuore ) tipò ( ti porto nella mia vita ). È proprio su queste parole pronunciate dal vescovo che rifletteremo ancora con i nostri ragazzi!

Manuela Bonfanti

Parrocchia di San Sebastiano al Bottegone

I “sicomori” che ci aiutano a vedere Gesù!

Come ormai da molti anni la parrocchia di San Sebastiano al Bottegone è lieta di partecipare alla giornata diocesana dei Cresimandi, quest’anno svoltasi in Cattedrale Domenica 7 Aprile 2019, affrontando con entusiasmo anche la preparazione proposta dall’Ufficio catechistico diocesano. Quest’anno era presente il gruppo di seconda media guidato dalla ventitreenne Jessica Micheletti, la quale, insieme al catechista di lungo corso Sergio Gori, si occupa anche del gruppo dei ragazzi di prima media. Presente anche il parroco Padre Oronzo Stella.

I cresimandi Alessandro, Aurora, Gianmarco, Linda e Valentino si sono preparati seguendo il sussidio Diocesano di quest’anno incentrato sulla figura del pubblicano Zaccheo. Tale personaggio evangelico è stato utile per far riflettere i ragazzi sui propri limiti: Zaccheo era basso di statura ma la sua voglia di vedere Gesù lo ha portato a superare questo suo “limite” salendo sul sicomoro. Con le diverse attività proposte hanno imparato un nuovo approccio alla Scrittura, aprendosi con la catechista e condividendo i primi disagi che l’adolescenza crea nei ragazzi, cercando di conoscerli e imparare a superarli, mettendosi nella posizione giusta …per “vedere” Gesù. Zaccheo per raggiungere il suo desiderio si è fatto aiutare dal sicomoro, ma i “sicomori” che aiutano i ragazzi sono rappresentati dall’intelligenza, dal cuore, dagli amici, dalla Chiesa e dal Vangelo che Lui ci ha dato per superare i nostri limiti e vivere una vita piena di amore.

Queste attività sono state utili ai ragazzi per capire meglio l’importanza del sacramento della Cresima. A conclusione di questi incontri di formazione i ragazzi hanno “aperto il loro cuore” al vescovo scrivendogli una lettera, nella quale hanno espresso liberamente i propri limiti e le proprie preoccupazioni, come il superamento di situazioni non facili o il dover convivere con aspetti del loro corpo che gli creano disagio. Ed è stato di gran sollievo per i ragazzi scoprire che questi loro problemi sono anche quelli di altri ragazzi, come hanno potuto ascoltare nelle lettere lette Domenica davanti al vescovo, il quale ha personalmente risposto ai ragazzi ringraziandoli per l’affetto e da vero amico gli ha affidato una parola chiave da memorizzare riguardante la loro amicizia con Gesù. I “nostri” di San Sebastiano se la sono ripetuta molte volte per memorizzarla, bisbigliandosela tra di loro: «tidè tià tipò!». La parola significa “tidè” ti desidero, “tià” ti accolgo nella mia casa e nel mio cuore, “tipò” ti porto nella mia vita e cerco di viverla con Te. Inoltre il Vescovo ha personalmente risposto ai ragazzi consegnando, ad ognuno di loro, una lettera e una collanina con un ciondolo a forma di albero, allusione ai Sicomori che aiutano i ragazzi ad affrontare i propri limiti.

Per la giornata dei Cresimandi era stato chiesto ai vari gruppi di preparare e portare con se uno stendardo che li rappresentasse e i nostri di San Sebastiano, insieme alla catechista Jessica, si sono ingegnati per renderlo più personale possibile. Nello stendardo si sono messi nei panni di Zaccheo raffigurandosi sopra un sicomoro e sotto hanno inventato un significativo hashtag (come quelli presenti sui social network): #SCENDIZACCHEO.

Emanuele Nanni




San Zeno: dall’Africa a Verona a Pistoia

Il 12 aprile ricorre la festa di San Zeno titolare della cattedrale di Pistoia. Il vescovo celebrerà la santa messa in duomo alle ore 18.

Venerdì 12 aprile la Diocesi di Pistoia ricorda San Zeno vescovo. La sua memoria sarà celebrata con il grado di solennità in Cattedrale, come festa nel resto della Diocesi.

San Zeno è un santo che è arrivato da lontano, quasi come Jacopo, sia pure per strade diverse e con due tappe ben distinte. Zeno, infatti era nato in Africa, a Cesarea, e da qui aveva viaggiato e studiato in oriente, finchè non giunse a Verona, dove nel 362 clero e popolo lo elessero vescovo di quella diocesi. Da vescovo Zeno rivelò presto le sue qualità di pastore: con coraggiosa eloquenza fece fronte sia all’eresia ariana che al paganesimo restaurato dall’imperatore Giuliano.

Ma a Pistoia non sarebbe mai arrivato senza l’evento miracolo ricordato da Papa Gregorio Magno nei suoi Dialoghi; nel 589, circa due secoli dopo la sua morte, l’Adige straripò a Verona, inondando tutta la città; le acque raggiunsero anche la chiesa di San Zeno fino all’altezza delle finestre, ma davanti alla porta, che pure era spalancata, si fermarono «come un sodo muro, senza far danno nè all’edifizio, nè a chi v’era dentro».

Non c’è dunque da stupirsi che i pistoiesi «che per il sito del loro paese andavano frequentemente soggetti a simili flagelli» abbiano cominciato a raccomandarsi a questo santo così potente «sulle inondazioni e sulle fiumane» e gli abbino intitolato la loro cattedrale. Il suo nome, infatti, fin dal 923 appare tra titolari della cattedrale insieme ai santi Rufino e Felice; dal 1443 è invece menzionato da solo. Delle quattro feste a lui dedicate -8 dicembre per la nascita, 12 aprile per il martirio, 12 maggio per il miracolo dell’Adige -col tempo ha acquisito importanza la data del 20 aprile,  ricorrenza della morte. In Cattedrale a Pistoia però, la memoria si celebra il 12 aprile. Dai ricordi del proposto Giovanbattista Cancellieri sappiamo che nel 1559 il vescovo Fulvio Passerini si rifiutò di riconoscere come solenne la festa dell’8 dicembre e invece che alla messa e in processione andò in villa a Igno -la residenza di campagna del vescovo- col risultato di cadere malamente e morire quel giorno stesso. Notizia che il cronista fa precedere da questo discutibile commento: «Noto qui che san Zeno pur fa de miracoli».

Miracoli a parte, san Zeno, nella veste marmorea di Andrea Vaccà, resta insieme a Sant’Jacopo a proteggere Pistoia dall’alto della facciata del Duomo. Nell’archivio capitolare di Pistoia si conserva invece la più antica copia dei suoi Sermoni con cui aveva fatto fronte all’eresia di Ario e al paganesimo dell’imperatore Giuliano.

D.R.

(foto di David Dolci)




Un’estate in viaggio verso «l’isola che c’è»

Presentato a Roma il nuovo sussidio per oratori estivi ANSPI. Numerosi i pistoiesi presenti.

Domenica 24 marzo è stato presentato a Roma presso il parco Cinecittà World Roma il sussidio estivo ANSPI “L’Isola che c’è”. Erano presenti anche numerosi animatori della nostra diocesi. Anche quest’anno gli animatori ANSPI saranno presenti a Pistoia per “Ora Estate”, corso di formazione per animatori di oratori parrocchiali. Ci presenta il nuovo sussidio Antonio Ferro, il delegato ANSPI per la Toscana.

Com’è andato l’incontro di Roma che ha visto la presenza di 58 animatori della diocesi di Pistoia?

L’incontro è andato molto bene e dalla diocesi di Pistoia c’è stata una risposta importante: tre oratori (Vignole, Montemurlo, San Bartolomeo – Pistoia) per un totale di 58 animatori. Partecipare a questi momenti è fondamentale perché ti mette in contatto con altre realtà e ti fa sentire parte integrante di un progetto ben più ampio.

La diocesi da tempo si avvale del talento degli educatori Anspi. Come viene elaborato il sussidio?

Il sussidio è realizzato dalla nostra equipe di formatori e da giovani che si avvicinano alla realtà. Valorizziamo le competenze dei nostri giovani. Esiste una piattaforma on line dove i nostri formatori lavorano al sussidio. Non dobbiamo dimenticare che Anspi realizza due sussidi annuali: uno per l’attività estiva e uno per quella invernale.

Quest anno viene proposta una storia avvincente ispirata a Peter Pan anche se con qualche differenza: l’isola che non c’è.. esiste davvero?

In ANSPI abbiamo trasformato “L’Isola che non c’è” in “l’Isola che c’è”: ovvero la base comune nella quale ognuno potrà trovare un pezzo dell’Isola che sognava, un approdo per fare esperienza autentica di cosa comporti l’impresa del crescere insieme.

Le parole chiave sono: 1) Sogno: è la parola più importante di questa estate. Siamo chiamati a vivere con la domanda: che adulto sogni di diventare? 2) Vocazione: diventare adulti capaci di accogliere con creatività, gratitudine e responsabilità gli imprevisti e le sfide avventurose di cui la vita ci fa dono; 3) Fantasia: ciascuno ha il proprio regno incantato nel quale rifugiarsi e vivere la bellezza delle relazioni, comprendere da quale parte schierarsi nella lotta tra il bene e il male, imparare ad affrontare le proprie paure; 4) Esistere: dare concretezza alla fantasia e ai suoi sogni, vivere pienamente ogni passaggio dell’avventura, fare esperienza di solidarietà, altruismo; 5) Libertà, essere protagonisti delle scelte della propria vita.

Come commentano gli animatori questa esperienza?

I nostri ragazzi/animatori sono sempre incuriositi dai sussidi estivi come da quelli invernali perché c’è sempre il sapore del nuovo e quello di riaprire una nuova stagione di gioco, l’occasione per stare insieme e reinventarsi sempre e di continuo. La “presa” del sussidio è sempre positiva perché offre loro il modo, oltre che di stuzzicare la fantasia, di costruire concretamente relazioni e ponti con elementi nuovi che anche in questo anno faranno parte dei nostri GREST.

Daniela Raspollini

 




Giornata dei Cresimandi: ecco la parola “magica” da custodire

La Giornata dei Cresimandi ha visto una cattedrale gremita di giovanissimi provenienti da tutta la diocesi di Pistoia. Tanti ragazzi stretti attorno al loro vescovo, per sperimentare l’unità, la comunione, la festa, la bellezza di un cammino che accompagna verso la vita cristiana.

Il vescovo Tardelli e i giovani si sono salutati con entusiasmo reciproco. L’incontro di domenica 7 aprile è il culmine di un percorso di preparazione a cura dell’Ufficio Catechistico diocesano, che ha condotto i ragazzi a un’apertura profonda con sé stessi e la Chiesa. I ragazzi hanno infatti indirizzato al vescovo le loro lettere personali. «Nelle vostre lettere – ha commentato mons. Tardelli – mi avete raccontato la timidezza, la paura, i sacrifici, non sentirsi all’altezza, il non sentirsi come gli altri ..accolgo questo vostro aprirsi del cuore come un grande dono».

Il cammino di quest’anno proponeva alcuni appuntamenti di riflessioni sviluppati attorno all’episodio di Zaccheo. «Avete meditato sulla storia di Zaccheo (Lc 19,1-10): una storia che ci fa capire qualcosa di importante. Non sono importanti i limiti che abbiamo – ha ricordato ai ragazzi il vescovo- Ma la cosa più importante è quello che Gesù ha detto a Zaccheo: “Zaccheo, io voglio entrare in casa tua”. Lascia stare i tuoi limiti, la cosa più importante è che io voglio entrare a casa tua!

Con me nel tuo cuore le cose possono cambiare, con me saprai cambiare anche i tuoi limiti in qualcosa di positivo».

Il vescovo ha quindi spiegato ai ragazzi: «il Signore vi dice: voglio entrare in casa tua, voglio entrare nel tuo cuore. C’è un momento speciale in cui questo accadrà: il giorno della sua cresima. Quel giorno è un giorno davvero importante. il Signore entrerà nel vostro cuore e voi vi state preparando proprio a questo. Ma come si risponde a Gesù che vuole entrare in casa tua?»

Mons. Tardelli ha quindi consegnato ai cresimandi una parola “magica”, la parola chiave per rispondere a Gesù che bussa alla porta del cuore. «Vi insegno una parola “magica”, una parola segreta –tra me e voi– che dovete scolpire nel cuore. Che parola è? Vorrei che la ripeteste con me: tidè tià tipò!

«tidè tià tipò!»

tidè: ti desidero

tià: ti accolgo, nella mia casa, nel mio cuore

tipò: ti porto nella mia vita, cerco di vivere nella mia vita con te!




Un mondo di ciechi

Venerdì 5 aprile mons. Tardelli ha celebrato la quarta stazione quaresimale. La liturgia ha preso inizio presso la vicina chiesa della Misericordia per poi spostarsi, al canto delle litanie, in una chiesa di San Paolo gremita di fedeli. Le letture proposte per la stazione di venerdì scorso sono suggerite nel lezionario come alternative a quelle del giorno. Così, dopo il brano della Samaritana al pozzo proclamato la volta precedente, mons. Tardelli ha commentato un altro celebre racconto del Vangelo di Giovanni, quello della guarigione del cieco nato (Gv 9,1-41), che la liturgia ha da sempre inserito nel cammino quaresimale.

Ricordiamo che la prossima stazione quaresimale è prevista per venerdì 12 aprile alle ore 21. Il ritrovo è alla chiesa del Carmine da dove partirà l’assemblea partirà processionalmente verso la chiesa di Sant’Andrea Apostolo.

Riportiamo di seguito un piccolo estratto dell’omelia del vescovo di venerdì 5 aprile. Leggi qui l’omelia intera.

 

Verso la Pasqua ..per tornare a vedere

Il vangelo del cieco nato ci introduce sempre di più nel mistero pasquale.(…) Possiamo dunque pensare il mistero pasquale come un evento che toglie il velo dagli occhi degli uomini, che ridà la vista agli uomini, resi ciechi dal peccato.

Quelli che vedono, diventino ciechi

Perché sia Pasqua per davvero – ci ricorda la liturgia penitenziale della Quaresima – occorre riconoscere le tenebre che sono in noi, che oscurano la nostra coscienza e si allungano come ombre minacciose nella vita di chi ci sta accanto e nella stessa società. E qui allora torna in ballo e si spiega l’enigmatica frase del vangelo che ho citato all’inizio: “Sono venuto, dice il Signore, perché quelli che vedono, diventino ciechi”. Come a dire, sciolto l’enigma: che chi crede di vederci e di vederci bene, mentre non si rende conto della sua cecità, è in realtà il vero cieco perché non vede né Dio né gli altri.

E noi, vediamo?

Noi non vediamo. Lo vogliamo riconoscere. Non ci vuol molto a capirlo del resto. Basta un attimo di attenzione per capirlo. Quante volte infatti il Signore si affaccia nella nostra vita, si fa presente nelle pieghe della nostra esistenza, negli avvenimenti che ci capitano e non lo vediamo! Quante volte Egli non c’è nella nostra vita; per noi è assente; non ci accorgiamo di Lui, delle sue premure, dei suoi rimproveri.

Hai riconosciuto il Signore?

Quante volte non lo riconosciamo nei segni sacramentali, perché la nostra fede è fiacca e li trasformiamo in gesti vuoti o magici. Quante volte non lo vediamo presente in mezzo a noi, vivo e reale, Risorto e datore di vita e riduciamo il nostro radunarci a un semplice convenire umano o a una occasione di scontro tra di noi. Quante volte infine non lo riconosciamo nel volto degli altri, della sposa, dello sposo, del figlio, dell’anziano, oppure del povero all’angolo della strada, del migrante, del rifugiato, persino del nemico!

Ciechi e guide di ciechi

Se poi allarghiamo lo sguardo, bisogna constatare che per certi versi si vive oggi in un mondo di ciechi, perché non si riesce più nella nostra società a cogliere l’evidenza del bene che non è più evidente a molti e lo si scambia facilmente per male o infelicità. Ciechi e guide di ciechi, verrebbe da dire.

La cecità di oggi

..non si riesce più a scorgere né la presenza di Dio Padre buono e provvidente, né la dignità inalienabile della persona umana dal concepimento fino alla sua morte naturale, né il valore fondamentale della famiglia fondata sul matrimonio; e quel che è peggio, la menzogna la fa da padrona in ogni aspetto della vita sociale; tutto viene manipolato a proprio uso e consumo per piegarlo ai propri interessi, a volte affermando nello stesso tempo una cosa e il suo contrario, in una contraddizione palese ma tranquillamente nemmeno avvertita. Accecati dalle passioni, accecati dalle voglie, accecati dai desideri irrefrenabili, dalla rabbia e da un narcisismo senza limiti: questo sembra il quadro drammatico della nostra società.

Ero cieco e ora…

Ognuno di noi è  chiamato a una conversione profonda del cuore, così da poter dire col cieco nato, con umiltà ma insieme forza e determinazione: “Solo una cosa so: ero cieco e ora ci vedo”.