Pubblichiamo l’intervento di Mons. Tardelli pronunciato in occasione dell’apertura della rassegna teologica “i linguaggi del divino”, venerdì 5 ottobre presso il Battistero di San Giovanni in Corte.
Discorso in apertura della rassegna teologica (5 ottobre 2018)
Con stasera inizia la II° edizione de’ “I linguaggi del divino”. In realtà, si tratta della XXXI edizione della storica “settimana teologica” pistoiese, perla preziosa della nostra chiesa. Dopo l’edizione straordinaria 2017, che celebrava il trentennale della sua istituzione, all’interno dell’anno in cui Pistoia è stata capitale italiana della cultura, riprendiamo adesso il cammino per così dire “ordinario” ma con importanti novità. A Dio piacendo, continueremo anche negli anni prossimi, sempre nel mese di ottobre.
Con l’anno scorso sono state apportate diverse novità che in gran parte ritroviamo nell’edizione 2018. Credo che ce ne fosse bisogno, per non perdere nell’abitudine il molto di buono che era stato fatto e insieme per aggiornarci ai tempi nuovi, complessi, liquidi, difficili, contraddittori ma anche ricchi di opportunità e nuove sfide. C’è oggi necessità più che mai di darsi tempo per ascoltare e per riflettere, ma anche per spaziare su orizzonti larghi che coinvolgano non solo la mente ma anche il cuore, la persona nel suo complesso. La formula adottata l’anno scorso ha avuto successo; è piaciuta; è stata molto partecipata, a volte di più a volte di meno, ma sempre a un buon livello. Abbiamo portato la riflessione in vari luoghi della città, unendo il pensiero che nutre la mente alla contemplazione del bello che arricchisce straordinariamente la nostra città e testimonia della fecondità della fede cristiana.. Abbiamo poi corredato la rassegna teologica di qualche altro appuntamento di variegata forma espressiva. Insomma, siamo rimasti molto soddisfatti. Voglio qui ringraziare i tanti che hanno collaborato a pensare, impostare e organizzare “I linguaggi del divino” nella edizione del trentennale. L’apporto è continuato anche per l’edizione di quest’anno. Un apporto corale che ha dato i suoi buoni frutti, permettendo a mio parere di offrire davvero un bel percorso e di qualità, sia per il tema individuato che per i relatori, come per gli appuntamenti di contorno allestiti. Quest’anno, pur in un tempo più contenuto, solo il mese di ottobre cioè, abbiamo pensato di proseguire con la formula dell’anno scorso.
L’obiettivo che si prefigge questa rassegna teologica non è tanto quello di dettare una “linea” teologica e pastorale alla diocesi o di svolgere un tema “accademico” distante dalla vita. Piuttosto quello di fornire una sinfonica costellazione di spunti di riflessione teologica, a partire dal vissuto esistenziale delle persone, dalle attese, dai bisogni, dalle ansie di noi uomini e donne del nostro tempo; ripercorrendo le domande che stanno alla base del vivere e sulle quali si innesta la proposta cristiana. L’intento è quello di offrire uno “spazio” non soltanto fisico, ma intellettuale e spirituale a quel “quaerere Deum” , quel movimento di ricerca di Dio, suscitato dallo stesso Spirito Santo, che è l’anima della edificazione di una città umana a misura d’uomo e insieme aperta verso l’infinito, come ebbe a dire Papa Benedetto XVI° in una memorabile lezione sul monachesimo e l’Europa nella scuola dei Bernardins a Parigi qualche anno fa.
Vorrei spendere ora qualche breve parola sul tema de “I linguaggi del divino di quest’anno”: rinascere dall’alto. Un tema che si riallaccia a quello degli orientamenti pastorali diocesani che ci siamo dati nel triennio che sta per concludersi. Orientamenti che – come ben sapete – portano significativamente il titolo “Sulle ali dello Spirito. Il padre, i poveri, la comunità fraterna e missionaria”. Le “ali dello Spirito” sono quelle che appunto ci fanno rinascere dall’alto e ci conducono in alto verso la nostra piena dignità di figli di Dio, coeredi con Cristo del Regno dei cieli.
Rinascere dall’alto. Sono le parole che Gesù rivolge a Nicodemo quando quest’uomo, un fariseo, va da lui di notte. Lo muove la curiosità e forse una certa inquietudine interiore. Inizia un dialogo nel quale Nicodemo è per così dire “costretto” a entrare in una dimensione diversa da quella dalla quale è partito. È un uomo invecchiato, Nicodemo, ma non è solo una questione d’età. C’è un indurimento che vuol dire chiusura, rinuncia alla ricerca, roccaforte, sicurezze posticce. Nel colloquio con quest’uomo, Gesù, secondo la narrazione giovannea, richiama parole che hanno il sapore di un vocabolario fondamentale della vera vita, quella che rinasce sempre e non muore. Parole ‘originarie’, che fanno parte della vicenda dell’uomo, ma che – allo stesso tempo – assumono una densità sorprendente. «Rinascere», «Dall’alto», «Lo Spirito». La vita secondo lo Spirito è una nuova vita, quella dei redenti, dai battezzati innestati in Cristo. Una nuova vita che cerca, desidera altro e si avvia su cammini diversi da quelli del mondo e della “carne”. «Carne». Ecco un’altra parola chiave. L’edizione dei linguaggi del divino 2018 intende prendere sul serio questo vocabolario.
Mi piace qui richiamare le parole di Papa Francesco, nella recente Esortazione apostolica “Gaudete et Exultate”. Un documento a mio parere ben presto passato nel dimenticatoio, tant’è che non se ne sente quasi più parlare. Testimonianza evidente della selettività con lui i mezzi di comunicazione approcciano Papa Francesco, la sua persona e il suo insegnamento. Cosa che non gli rende senz’altro un buon servizio. Dice appunto Papa Francesco al n. 15 della “Gaudete et exultate”, rivolgendosi a ciascuno di noi personalmente: «Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (cfr Gal 5,22-23). Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: “Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore”. Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l’ha colmata di doni con la Parola, i Sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi, e una multiforme bellezza che procede dall’amore del Signore, “come una sposa si adorna di gioielli” (Is 61,10)». E ancora Papa Francesco al n. 21 della stessa Esortazione apostolica: «Il disegno del Padre è Cristo, e noi in Lui. In definitiva, è Cristo che ama in noi, perché “la santità non è altro che la carità pienamente vissuta”. Pertanto, “la misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”. Così, ciascun santo è un messaggio che lo Spirito Santo trae dalla ricchezza di Gesù Cristo e dona al suo popolo».
Ecco, approfondire queste cose; percepirne la corrispondenza con le inquietudini e i desideri profondi del nostro cuore; imparare a sognare e a costruire un mondo dove si rinasce dall’alto ogni giorno e si è capaci di incontrarci nella novità dell’amore: questa è la proposta che si dipana con una pluralità di prospettive contenuta nel percorso de “I linguaggi del divino” di quest’anno. E abbiamo scelto di iniziare proprio qui, in questo battistero di San Giovanni in corte. Terminato nel 1361, ci son voluti quasi sessant’anni per costruirlo ed è l’ultimo degli antichi battisteri monumentali presenti in diverse città italiane. Conserva ancora questa magnifica vasca battesimale, segno palese della rinascita dall’acqua e dallo Spirito. C’era forse luogo più significativo e bello di questo battistero per parlare di “rinascita dall’alto”? Un luogo simbolo, proprio della rinascita dall’alto ad opera dello Spirito. Luogo che si erge al centro della città e va su in alto, quasi ad indicare la necessità per la città stessa di rinascere ogni giorno dall’alto, per essere città a misura e degna dell’uomo?
Ancora un’ultima parola per dire grazie all’Abate di San Minato al Monte che ha accettato di venire tra noi, l’abate Bernardo. Lo seguiamo con affetto e con attenzione mentre da quell’abbazia millenaria sopra Firenze si spande una luce di bellezza, di spiritualità, di cultura e di fede che è diventata sempre più punto di riferimento per tante persone, credenti e non, in ricerca della verità e della pace. È una gioia averlo tra noi e lo ringraziamo davvero di cuore.
+ Fausto Tardelli, vescovo
(foto di Mariangela Montanari)