SS. Pietro e Paolo: in cattedrale la celebrazione con il vescovo e il ricordo dei giubilei sacerdotali

In occasione della solennità dei SS. Pietro e Paolo, venerdì 29 giugno, il vescovo Fausto Tardelli presiederà la celebrazione della Santa Messa in Cattedrale alle ore 18.00.

In questa ricorrenza la Diocesi celebra tradizionalmente gli anniversari sacerdotali; quest’anno, in particolare, la chiesa di Pistoia ricorda: il 60° anniversario sacerdotale di mons. Umberto Pineschi, il 50° di Mons. Renato Bellini e Don Ernesto Moro, il 25° di don Adam Tabieszwski.

Abbiamo raccolto di seguito le loro testimonianze di vita e ministero.

60° anniversario. Mons Umberto Pineschi

Mons. Pineschi ha svolto gran parte del suo ministero sacerdotale nell’insegnamento della musica sacra come nell’attività concertistica, spendendosi in prima persona nella salvaguardia del patrimonio musicale diocesano. Su questo fronte si è impegnato moltissimo, al punto che la sua dedizione e il suo lavoro sono stati molto apprezzati anche in altre diocesi.

Dopo la sua ordinazione, avvenuta il 21 agosto 1958, ha esercitato il suo ministero sacerdotale in Cattedrale come coadiutore del parroco per 13 anni, quindi come cappellano corale, infine come canonico dal 1993. Ha svolto servizio domenicale e festivo presso la chiesa dei SS. Prospero e Filippo dal 1984 al 1993, quando fu nominato cappellano del Monastero delle Monache Benedettine di Pistoia. Nel 2003 è stato nominato parroco della parrocchia dello Spirito Santo (per la Chiesa di Sant’Ignazio d Loyola) dove attualmente risiede. Questo suo ultimo incarico, rappresenta – a suo dire- l’esperienza più bella che ha vissuto nei suoi anni di vita sacerdotale.

Circa il suo impegno per la musica sacra è possibile ricordare anche il volume (giunto già alla quarta edizione) che raccoglie un repertorio di canti molto apprezzato fuori in diocesi e la sua attività di restauro e valorizzazione degli organi pistoiesi. Molti gli organi fatti realizzare direttamente da Mons. Pineschi, ad esempio quello nella chiesa del Carmine (Tronci 1840-Ghilardi 2008), il secondo organo di Sant’Ignazio (Ghilardi 2007), l’organo Tronci (1993) arrivato nella Cattedrale di Pistoia da Campi Bisenzio nel 1998 e, ancora in fase di costruzione, l’organo Ghilardi per la nuova chiesa della MAiC a Pistoia.

In questa ricorrenza Don Umberto intende proporre a tutti una riflessione di San Giovanni Maria Vianney, il santo Curato D’Ars dedicata al ministero sacerdotale: «Chi è un sacerdote? Un uomo che sta al posto di Dio, un uomo che è rivestito di tutti i poteri di Dio, provate ad andare a confessarvi dalla Santa Vergine o da un angelo: vi possono assolvere? No. Vi daranno il Corpo e Sangue di Nostro Signore? No. La Santa Vegine non può far discendere il suo divin figlio nell’Ostia. Se foste di fronte a duecento angeli nessuno di loro potrebbe assolvere i vostri peccati. Un semplice prete, invece, può farlo; egli può dirvi: “Va in pace, ti perdono”. Oh! Il prete è veramente qualcosa di straordinario! Il sacerdote non si comprenderà bene che nel cielo. Se egli comprendesse qui che cos’è, ne morirebbe non di spavento, ma di amore».
Daniela Raspollini

50° anniversario. Don Renato Bellini

«Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto».
È guardando a questa immagine descritta da Giovanni, che nel 1998 si presentava alla Comunità di Vinci mons. Renato Bellini. L’ultima tappa di un percorso, compiuta come le altre, guardando alla Chiesa del grembiule, alla Chiesa del Concilio. Un servizio di 50 anni di sacerdozio, svolto, anche geograficamente, in tutta la Chiesa di Pistoia: dalla montagna di Pian degli Ontani e dell’Abetone al Montalbano Occidentale passando per la Curia stessa.

Consapevole che il Concilio Vaticano II non si era concluso nel 1965 e non era stato scritto una volta per sempre, ma che doveva essere vitalizzato e realizzato a partire da allora ed ancor più oggi, don Renato ha dato testimonianza da parroco con una serie continua di iniziative, incontri, attività. Da responsabile della Pastorale Diocesana ha orientato per diversi anni parrocchie, operatori e catechisti. Ma con quale spirito, con quale obiettivo?

Due orientamenti lo hanno sempre guidato: l’idea che comandare non significa imporre il proprio parere, ma andare insieme, preparare il terreno, predisporre, agevolare, stimolare; la volontà di aprire le porte e dare fiducia ai laici.
Nella grande storia italiana è questo atteggiamento libero ed aperto che ha permesso ad alcuni laici cattolici di permeare la stessa Costituzione di principi fecondi. Ma con il passare degli anni, per pretendere rispetto e considerazione, poteva magari arroccarsi rivestendosi di una corazza clericale. No! Anzi, questo lo ha più volte visto proprio come un pericolo per la chiesa stessa. Un atteggiamento che, ad esempio, nonostante la ormai comune riduzione dei partecipanti alla messa domenicale, gli ha permesso di vedere il grande affetto che la Comunità di Vinci nel suo insieme gli ha sempre riversato, oggi addirittura in un panorama più vasto, essendo titolare anche delle parrocchie di S. Amato, Vitolini, S. Ansano e S. Donato.

La città di Vinci è grata a mons. Renato Bellini, perché tante iniziative sono partite o condotte dai suoi impulsi prima con i giovani, poi con camminate, tra l’altro seguendo la via Francigena da Vinci a Roma in tre periodi. Alcuni organismi ed associazioni hanno ora una vita autonoma, a servizio del territorio: Casa Magdala nella sua funzione di residenza per il disagio mentale, Giovani Coppie, attiva con una scuola in Africa, Vinci nel Cuore con il Premio Letterario “Li omini boni”, Vincincontri con personaggi di prestigio. E poi la Palestina! Don Renato ha compiuto 17 visite in Terra Santa, accompagnando un gran numero di parrocchiani e di persone interessate, permettendo di vivere intensamente quei giorni anche con celebrazioni in luoghi particolari come il deserto di Giuda, ma senza mai staccarsi dalla realtà quotidiana, come lo sono stati altri pellegrinaggi ad esempio quelli svolti in Siria, in Giordania, in Turchia, in Armenia, in Iran.

Non voleva farne pubblicità, ma poi è stato divulgato. Il 1 marzo di quest’anno don Renato ha avuto la possibilità di celebrare la messa a S. Marta con Papa Francesco e di scambiare con lui alcune parole. Una grande emozione! Ma anche un segno del suo percorso …
Silvano Guerrini

50° anniversario. Don Ernesto Moro

Nel 50° della mia ordinazione sacerdotale mi piace ritornare a quel 15 dicembre 1968, per rivivere il Dono Grande del Sacerdozio, Dono Gratuito del Signore. È bello riassaporare la gioia di quella gratuità. A distanza di tanti anni ci sono ancora in me gli stati d’animo di stupore, di meraviglia e tanta riconoscenza.

Ripercorrendo il tragitto dei miei 50 anni di sacerdozio il primo pensiero di ringraziamento va ai miei genitori: a mio babbo Domenico e a mia mamma Valentina, un gigante nella fede in Gesù e Maria dalle ginocchia robuste che sostavano a lungo in preghiera. Un pensiero particolare poi, ai miei fratelli: don Luigi, ritornato alla casa del Padre un anno fa; don Vincenzo, parroco alla Chiesa Nuova, alle due sorelle suore: suor Anna e Suor Alberica, e ai mieri cinque fratelli sposati per il loro aiuto e la loro testimonianza cristiana.
Ringrazio tutte quelle persone (sacerdoti, religiosi, laici) che giorno dopo giorno mi hanno accompagnato e sostenuto, a partire dalla mia comunità parrocchiale di Dalmine, dove è maturata la mia vocazione sacerdotale. Senza paura di smentita la mia vocazione è nata sulle ginocchia di mia madre, dalle sue molte preghiere, dal senso di Dio che si respirava in famiglia. Mi ricordo il giorno che le dissi: «Mamma voglio diventare Sacerdote». Vidi illuminarsi i suoi occhi e scendere lacrime di gioia; poi mi disse: «Non sono degna di essere mamma di un Sacerdote “Alter Christus”».

Anziché entrare in seminario a Bergamo entrai in quello di Prato, sapendo che proprio in quell’anno mons Fiordelli iniziava un seminario di vocazioni adulte. Gli anni di seminario passarono presto e il 15 dicembre 1968 venni ordinato sacerdote dal vescovo Fiordelli nel Duomo di Prato, insieme al altri cinque sacerdoti. Ricordo ancora le sue parole durante l’omelia: «Da oggi le vostre mani sono come quelle di Cristo, accoglieranno il Verbo di Dio, spezzeranno il Pane di vita, benediranno e perdoneranno». Subito fui incaricato di svolgere il mio apostolato nelle fabbriche, per preparare gli operai alle solennità del Natale e della Pasqua.

Ricordo, inoltre, con affetto e riconoscenza, quelle parrocchie di montagna che mi furono affidate una volta incardinato nella diocesi di Pistoia: l’Abetone, Pianosinatico, Rivoreta, il Melo, Piazza: per ogni parrocchia una pagina di storia. Ma in particolare ricordo la parrocchia di Seano, che da 32 anni mi è stata affidata. Sono contento e ringrazio della buona collaborazione i diversi gruppi: cinque ministri straordinari dell’Eucaristia, il gruppo di venticinque catechisti, il gruppo Caritas, il gruppo S. Rocchino, il coro parrocchiale, gli scout AGESCI, il circolo ANSPI, i volontari della Misericordia, il gruppo degli amici di Medjugorje.

In questo anniversario mi è anche caro ricordare le parole dell’Apostolo Paolo: «Ti ricordo di ravvivare il Dono di Dio che è in te», il dono del Sacerdozio conferito con l’imposizioni delle mani. È un dono che si ravviva riscoprendo ogni giorno di essere conformati a Cristo, per il bene dei fratelli: celebrando l’Eucaristia, centro e cuore del ministero sacerdotale; con la preghiera quotidiana e l’Ufficio divino; con l’amore e la carità verso i poveri e i bisognosi, gli emarginati, non solo in parrocchia, ma oltre il confine della nazione, nelle zone poverissime di “Olghuin” a Cuba. È un mio sogno finire i miei ultimi anni insieme con i più poveri di Cuba.

In questi 50 anni di sacerdozio ho capito che il Sacerdote è l’uomo dell’ascolto. La gente ha bisogno di una buona parola, di essere incoraggiata, sostenuta, confortata, benedetta. Sì, Benedetta: perché il Sacerdote “Alter Christus” benedice, cioè “dice bene” di ogni persona, perché amata da Dio. Penso, però, che il segreto che ha animato e sostenuto giorno dopo giorno la mia vita sacerdotale, sia stata la profonda vicinanza con Cristo, amico, compagno, sposo.

Infine ho un ringraziamento particolare per Maria, perché il mio Sacerdozio lo devo a Lei. Il mio stile sacerdotale è mariano, tanto che ho affidato a lei il mio incarico di parroco a Seano considerandomi suo umile cappellano. Conoscendo i miei limiti e difetti, chiedo perdono a Dio e a tutti, per quello che avrei potuto fare e non ho fatto. Nonostante siano passati 50 anni di vita sacerdotale, non posso ammainare le vele: c’è ancora tanto da fare per il Regno di Dio; non mi è permesso perdere tempo, urge fino all’ultimo respiro servire i fratelli.
In questo anniversario canto con voi il mio Magnificat e dico grazie, indistintamente, a tutti voi per l’affetto, il sostegno, il conforto che mi avete dimostrato nel mio ministero pastorale. Davanti al Signore e alla Chiesa, rinnovo le promesse dell’Ordinazione Presbiterale e, attraverso le mani di Maria, il mio «sì» di fedeltà al Sacerdozio Ministeriale. “Ad multos annos”.

25° anniversario. Don Adam Tabieszwski

La vocazione di Don Adam è nata all’interno della sua famiglia, che gli ha consegnato una grande testimonianza di vita cristiana, ma che è stata poi rafforzata grazie alla partecipazione ad alcune organizzazioni cattoliche.
Don Adam proviene dalla Polonia ed è arrivato in diocesi ai tempi del Vescovo Simone Scatizzi. Nel 2001 il vescovo lo inviò a Capraia Fiorentina per accompagnare l’attività del parroco Don Pudlo Wieslaw. Don Adamo ha quindi svolto servizio per qualche mese presso la parrocchia di San Pierino Casa al Vescovo. Dal 16 ottobre 2002 svolge il suo servizio sacerdotale a Popiglio. Attualmente è parroco di quella comunità come delle parrocchie della Lima e di Lizzano.
Don Adamo ricorda con grande commozione il primo incontro con papa Giovanni Paolo II a Lublino in Polonia, nel periodo in cui era ancora seminarista. In quell’occasione lo aveva colpito il grande raccoglimento del papa nella preghiera; «osservandolo – afferma don Adamo- sembrava proprio che in quel momento tutto il mondo gli fosse presente nella preghiera».
Più recentemente don Adamo ha anche incontrato Papa Francesco a Santa Marta il 16 febbraio scorso, quando ha potuto ricordare la ricorrenza del suo 25° anniversario sacerdotale. In quella circostanza Papa Francesco gli ha dato la sua benedizione ringraziandolo inoltre dei libri che gli aveva donato.
Daniela Raspollini




Un nuovo gioiello di arte e fede nel cuore della città

Sabato 30 giugno sarà inaugurata la nuova chiesa Maria Madre Nostra del Centro MAiC di Pistoia. All’interno i mosaici e le pitture di Padre Marko Ivan Rupnik.

Una nuova chiesa interamente decorata con mosaici, pitture e vetrate è il cuore del Centro di Riabilitazione della Fondazione MAiC di Pistoia recentemente ampliato e rinnovato per intero.

La nuova chiesa, che sostituisce un più piccolo oratorio annesso al vecchio Centro, è un’aula unica orientata secondo la direttrice di via don Bosco, ed è in grado di ospitare più fedeli, con la possibilità di ampliare lo spazio grazie a grandi porte a vetri sul lato sinistro. L’aula è un ambiente privo di barriere architettoniche, impreziosito da una decorazione di grande bellezza e suggestione. La nuova chiesa diventa il punto di riferimento per l’intera attività della Fondazione, perché la sua presenza sottolinea il valore della dimensione spirituale in un cammino di riabilitazione integrale.

Nella chiesa, inoltre, si svolgerà l’attività liturgica dell’Associazione Maria Madre Nostra, sorta nel 2004 per volontà di don Renato Gargini, fondatore, animatore e assistente spirituale dell’odierna Fondazione MAiC. L’associazione Maria Madre Nostra ha interamente finanziato la decorazione e gli arredi liturgici, nell’intento di offrire a ragazzi disabili, a familiari, volontari e fedeli un ambiente bello e raccolto, capace di guidare alla preghiera e alla contemplazione.  L’associazione, infatti, è sorta all’interno del Centro MAiC come organizzazione di volontariato ed è riconosciuta dal vescovo di Pistoia quale organizzazione privata di fedeli che ha lo scopo di sostenere, in ogni forma, i percorsi di vita delle persone con disabilità, attraverso attività di tipo catechistico, liturgico, assistenziale, formativo di giovani volontari.

La decorazione è stata affidata a padre Marko Ivan Rupnik, gesuita sloveno, teologo docente alla Pontificia Università Gregoriana, nonché artista di fama internazionale. Sono suoi, ad esempio, i mosaici con i misteri della Luce realizzati per l’esterno della Basilica del Santuario di Lourdes, ancora suoi quelli che decorano la grande aula liturgica del Santuario di Fatima e, più vicino a noi,  il ciclo realizzato per la Basilica di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo.

L’arte di Rupnik è ormai una cifra universalmente apprezzata, capace di coniugare riferimenti alla tradizione orientale e medievale, con la modernità di un linguaggio decorativo che richiama l’astrazione. Una teologia per immagini capace di parlare a tutti, nonostante la ricchezza di riferimenti e la profondità di senso delle immagini. A Pistoia Rupnik ha realizzato in mosaico tre scene che accompagnano lo spazio presbiterale: Gesù Crocifisso, raffigurato in veste di sacerdote accompagnato dalla Vergine Maria/Chiesa che raccoglie  e offre il calice con il sangue del Figlio e l’Assunzione della Vergine Maria, nella versione iconografica orientale e medievale che prevede la dormizione della Vergine. L’anima di Maria, giunta al termine della sua vicenda terrena, è infatti accolta in aspetto di bambina dal Figlio. Infine, l’artista e la sua equipe, hanno realizzato una discesa agli inferi, in cui Cristo risorto sottrae dalle fauci della morte i progenitori.

Lungo la parete destra è raffigurata in pittura a monocromo una Madonna della tenerezza in piedi, e sulla parete di fondo, che sarà presto arricchita da una grande organo donato da Mons. Umberto Pineschi, è raffigurata, sempre a monocromo, la Parusia, cioè il ritorno glorioso di Cristo, alla presenza di santi significativi per la realtà dell’Associazione Maria Madre Nostra, tra cui Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), San Giovanni Paolo II, i Santi pastorelli di Fatima Giacinta e Francesco e il servo di Dio Giorgio la Pira.

Tutti i lavori, parzialmente realizzati nell’atelier del Centro Aletti di Roma, sono stati diretti da Marko Ivan Rupnik e dalla sua equipe di collaboratori e portati a termine in breve tempo attraverso un sapiente lavoro di squadra. Gli artisti, che all’opera ricordano una bottega medievale, condividono con Padre Rupnik un vero e proprio cammino di fede, conducendo vita in comune e sperimentando un originale sodalizio artistico e spirituale.

Rupnik e i suoi collaboratori hanno anche realizzato l’altare, l’ambone, le panche e gli altri arredi liturgici, completando un ambiente unitario e coerente, liturgicamente fondato e funzionale.

La mattina di Sabato 30 giugno sarà interamente dedicata all’inaugurazione della chiesa. Alle ore 9.30 è previsto il taglio del nastro alla presenza delle autorità, alle 10.30 la messa presieduta dal vescovo di Pistoia Fausto Tardelli, durante la quale sarà benedetta la chiesa e consacrato l’altare. Concelebrerà la santa Messa anche il vescovo di Pescia Mons. Roberto Filippini. Dopo la celebrazione seguirà un aperitivo. Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15.30, la chiesa sarà aperta all’intera cittadinanza per visite guidate gratuite offerte dai giovani volontari dell’associazione Maria Madre Nostra.

Con l’inaugurazione della nuova chiesa è ormai definitivamente chiuso il cantiere del nuovo Centro “fratelli Carrara” della Fondazione Maria Assunta in Cielo. I lavori, avviati nel 2009 con la posa della prima pietra alla presenza di don Renato Gargini e del compianto vescovo Mons. Mansueto Bianchi, consegnano alla città una realtà unica e vivace, che attraverso la bellezza delle forme e degli ambienti vuole aiutare a scoprire e apprezzare la bellezza preziosa di tanti fratelli e sorelle più deboli e fragili.

(comunicato)




Due giorni del clero

Un momento di fraternità per raccontarsi e condividere fatiche, attese e prospettive future della Diocesi di Pistoia

Martedì 19 e Mercoledì 20 Giugno prossimi presbiteri e diaconi della Chiesa di Pistoia saranno  impegnati nella due giorni del clero che quest’anno si svolgerà presso la struttura diocesana “La Palazzeta – Casa per Ferie” in località La Mazzanta a Cecina (Li).

La due giorni è un momento importante per fare fraternità e per riflettere sulle prospettive del cammino pastorale diocesano. Questi due giorni offriranno l’occasione di mettersi  in ascolto della vita diocesana nell’anno passato, a tutti i suoi livelli: quello personale dei ministri ordinati, quello delle parrocchie e delle comunità ecclesiali, quello della diocesi, dei vicariati e degli uffici pastorali.

Le relazioni previste nella due giorni, che affronteranno temi chiave della vita diocesana, vogliono invitare a riconoscere nelle esperienze vissute i segni dello Spirito che manda avanti la storia della Chiesa e del mondo. Mossi dalla fede siamo infatti convinti che è Lui, lo Spirito, il protagonista della vita ecclesiale e che solo imparando a riconoscere la sua voce, possiamo davvero camminare nella via del Vangelo.

I due giorni alla Mazzanta, che vedranno la guida e la compagnia del vescovo e dei confratelli, nel conforto della preghiera comune e del dialogo fraterno, permetterano al clero pistoiese di confrontarsi non solo sull’anno passato ma anche su quello prossimo, dove in modo particolare la Chiesa di Pistoia è chiamata a costruire una chiesa sempre più fraterna e missionaria, secondo le indicazioni del programma pastorale diocesano per l’anno prossimo.

(Redazione)

 




Novità nel vicariato di Quarrata

In data 9 giugno 2018, memoria del Cuore Immacolato di Maria, Mons. Vescovo ha nominato parroco «ad novem annos» della parrocchia di San Giuseppe artigiano in Violina di Quarrata, il Rev. don Roberto Razzoli, trasferendolo in pari tempo dalla parrocchia di San Germano in Santonuovo. Il predetto sacerdote mantiene invece la titolarità della parrocchia di S.Maria e Clemente in Valenzatico.

Nella stessa data Mons. Vescovo ha nominato il rev. p. Luigi Procopio C.P. parroco «ad novem annos» della parrocchia di San Germano in Santonuovo. Detto padre manterrà anche la titolarità della parrocchia di S. Giovanni Evangelista in Montemagno.

Sempre in pari data, Mons. Vescovo ha nominato parroco «ad novem annos» delle parrocchie di S.Stefano in Lucciano e di S. Michele Arcangelo in Buriano, il rev. P. Stefano Soresina C.P. che manterrà comunque anche la titolarità della parrocchia dei SS. Simone e Taddeo in Santallemura.

Le predette nomine entreranno in vigore dal 1° settembre 2018.




Corpus Domini 2018: una bella esperienza di Chiesa

Abbiamo raccolto alcune testimonianze tra i gruppi e i fedeli che hanno partecipato alla preghiera delle Quarantore e alla solenne processione Eucaristica.

di Daniela Raspollini

Vivere l’esperienza dell’adorazione è come veder battere un cuore nel centro della nostra città. La bellezza è stato vedere le tante persone che sono entrate per pregare, prendersi per mano, abbracciarsi e diventare un unico corpo davanti a Dio.
Nel giorno del Corpus Domini dove tutta la città si stringe attorno a Dio e ai bambini della prima comunione in una cattedrale piena di amore e lodi solo per loro.
Infine la processione nel centro città dove Dio sorveglia il cammino dei suoi bambini come un padre fa con i propri figli, li fa camminare, li osserva, ma non li lascia mai soli.
Camilla, 9 anni.

Ho vissuto queste Quarantore in due momenti particolari: il primo venerdì sera con l’Adorazione Eucaristica dalle 21 alle 22 animata dal Rinnovamento nello Spirito Santo e la seconda, sabato sera, come momento di evangelizzazione per strada, insieme alla Comunità di Gerusalemme e Nuovi Orizzonti. Al termine dei nostri turni, quando uscivamo fuori dal Battistero questo era quello che sentivo dire: «Che bello! Quanti emozioni!». Si, è vero: quante emozioni, quanta intimità con il Signore. La “location”, e mi sto riferendo al nostro bellissimo Battistero, è stato il luogo più consono e più bello che poteva essere scelto per le nostre “quarantore”. Il luogo è stato determinante per rendere ancora più intimo l’incontro con Gesù, favorito dal buio all’ingresso e dalla luce che illuminava il Corpo di Cristo, volutamente spezzato per rendere ancora più vivo e forte questo “donarsi” completamente a noi. Parrocchie e Movimenti ecclesiali, si sono alternati davanti al Santissimo con un decoro veramente encomiabile. Era come dire a Gesù: «Gesù non ti lasciamo solo, ora ci siamo noi». Le armonie dei canti e delle preghiere hanno illuminato e dato pace a tanti cuori che spontaneamente o, invitati da altri, hanno varcato la soglia del Battistero per accendere piccoli ceri, fermarsi per scrivere il proprio pensiero o una propria preghiera a Gesù, per chinarsi a prendere un piccolo foglio con la Parola di Dio. Lo posso confermare e gridare a voce alta: «Grazie Gesù per questa intimità che abbiamo avuto insieme Tu ed io». Solo una cosa ha fatto male al mio cuore: l’indifferenza di tante persone che passavano davanti a Gesù come se nulla fosse. Peccato!
Andrea Bonifacio (Rinnovamento nello Spirito).

Con Nuovi Orizzonti eravamo circa 15 persone, alcune da Pistoia, altre da San Miniato. È stato bello ritrovarsi con altri gruppi per vivere un momento di comunione. Un momento di comunione con Dio davanti al Santissimo e poi nella dinamica di accoglienza. Le Quarantore sono state un momento bello per stare davanti al Signore e vivere insieme i diversi carismi. C’è stata una bellissima risposta.
Abbiamo organizzato dei momenti di adorazione accompagnati dal canto, proponendo il percorso di ‘luce nella notte’ che abbiamo già svolto durante l’anno, con i bigliettini corredati dalla parola di Dio e all’esterno i ragazzi che distribuivano palloncini per proporre il momento di incontro con Gesù. Altri, invece, erano in giro per le strade per invitare la gente a un momento di preghiera. Anche la santa Messa e la processione hanno rappresentato una bella esperienza di chiesa.
Nicola Rizzello (Nuovi Orizzonti)

Le Quarantore 2018 hanno avuto la bellezza di essere in Battistero con le porte spalancate sulla città, non chiusi in un luogo dove solo gli “addetti ai lavori” possono entrare. I suoni della piazza hanno fatto da sottofondo alla nostra preghiera e così è stato più bello pregare per la nostra città e per la nostra Repubblica con la banda che suonava l’inno d’Italia per la festa del 2 giugno. È stato bello pregare per i giovani, quando a notte fonda riempivano di risate e confusione le nostre strade, e poi il silenzio assoluto in compagnia di Gesù con la bella responsabilità di tenere acceso un lume per tutti quelli che in quel momento riposavano o lavoravano. Il luogo, non troppo grande, ha favorito lo scambio e l’incontro con i fratelli con i quali ci davamo il cambio, come un ‘testimone’ di questa bella ‘cordata’ ecclesiale e anche con i tanti turisti che si fermavano per guardare o per una sosta di preghiera. Esperienza bella e da ripetere!
Ilaria Petri (Fraternità Francescana Secolare “Don Tonino Bello”)

Partecipando all’Adorazione eucaristica nel Battistero di S. Giovanni ho avvertito, davanti a quel frammento di Ostia, ancora più forte la Sua presenza: quella di Gesù intero, accanto ad ogni uomo che si sente portato in alto e ritrova speranza. Le presenze e le animazioni liturgiche mi hanno confermato il desiderio di esserci, dimenticando i propri affanni, ritrovando la gioia, nel dono totale a Lui. È stato un bel segno di unità per tutta la Diocesi.
La Santa Messa del Corpus Domini presieduta dal vescovo, con i sacerdoti, i diaconi, i bambini della Comunione con le loro famiglie e le varie Associazioni diocesane, mi è sembrata un momento bellissimo di Chiesa, riunita intorno al Suo Pastore. Questa Festa che esprime come Gesù sia voluto rimanere nella dolcissima Eucaristia, mi ha fatto pensare e pregare in modo particolare per ogni sacerdote: in primo luogo per il vescovo che attraverso il dono dell’Eucaristia, compone l’unità fra tutti noi. La Processione mi è sembrata proprio il popolo che cammina con Gesù, così come ha detto Mons. Tardelli nell’omelia. Un popolo che affida a Gesù le gioie e le difficoltà delle famiglie delle strade, dei rioni: si avvertiva una grande compostezza ed un silenzio profondo, che parlava di Dio. Tutta la città era coinvolta.
Un grazie specialissimo al nostro vescovo Fausto ed a tutte le parrocchie del Centro storico, per averci donato una così bella Festa.
Rosanna Caselli (Movimento del Focolare)

Sono stati momenti intensi di preghiera animati dai canti. È stata una sensazione molto bella il sentirsi chiesa gli uni accanto agli altri. È stato un momento forte che ha scosso i nostri cuori rimpiendoli di grande emozione, dandoci forza per proseguire poi con gioia il nostro servizio nella Chiesa. Come cavalieri del Tau, infatti, siamo impegnati nell’assistenza solidale e nel promuovere l’accoglienza povera dei pellegrini lungo la via Francigena.
Daniela (Confraternita dei Cavalieri del Tau)

Il Gruppo CISOM di Pistoia ha partecipato alla preparazione alla solennità del Corpus Domini svolgendo in Cattedrale turni notturni venerdì e sabato per le solenni Quarantore. Per il CISOM, presente tutte le domeniche presso la Biblioteca San Giorgio nell’assistenza ai senza fissa dimora della città, è stato un onore essere presenti e condividere con le altre Associazioni questo solenne momento, in linea con il nostro motto “Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum” (Difesa della Fede e servizio ai poveri).
Francesca (Cisom)




Don Siro Butelli: il prete dei giovani e degli ultimi

24 anni fa moriva don Siro Butelli. Pistoia lo ricorda con una santa messa celebrata nella sua chiesa del Tempio, da poco meno di un anno riaperta ai fedeli.

L’iniziativa è scaturita da alcuni amici di don Siro, legati a lui per l’attività in Azione Cattolica. «È stato il mio responsabile ACR – precisa, a nome degli organizzatori, Don Pierluigi Biagioni -. Per me resta una grande figura di prete, aperta all’evangelizzazione e ai poveri. Giovedì 7 alle ore 21 abbiamo pensato di coinvolgere il vescovo Tardelli nel ricordo di don Siro, per raccogliere le diverse realtà collegate alla sua figura: l’Azione Cattolica, gli Scout, il Coro della Genzianella…». «Presto, – precisa don Pierluigi- è sorta l’idea di vivere questo momento secondo le indicazioni pastorali diocesane che invitano a ricordare, nell’anno dedicato ai poveri, figure di carità significative per il nostro territorio».

A più di vent’anni dalla sua morte vogliamo ricordarlo con la testimonianza di Carmine Fiorillo che ha vissuto molti anni al suo fianco.

La sua missione, che è rimasta poi nel cuore di tutti, è legata al suo impegno al Tempio..

Il suo ingresso al Tempio avvenne nell’ottobre 1954, quando il Vescovo mons. Mario Longo Dorni lo nominò alla Cappellania Curata il “Tempio”. Iniziò cosi la sua opera, complessa e multiforme come direttore del Ricreatorio del Tempio che divenne un luogo di formazione e di attività pastorali per i ragazzi e i giovani.

Con quale metodo educativo riusciva a interessare i ragazzi che frequentavano il Ricreatorio?

L’attività sportiva innestata nel percorso educativo è stata una delle principali attività svolte nel Ricreatorio. All’inizio don Siro aveva organizzato sei squadre di ragazzi, ma l’Unione sportiva Tempio sarebbe presto arrivata a contare 120 ragazzi all’anno. La nonna e la madre di Don Siro, l’infaticabile signora Amabile, lo aiutarono nell’accoglienza di questi giovani calciatori, lavandone a mano tute, calzettoni, pantaloncini e magliette. Il 70-80% dei ragazzi delle parrocchie cittadine frequentava il Tempio. Da questa esperienza sarebbe nata l’Unione sportiva Tempio Chiazzano di cui don Siro è stato presidente onorario; il campo sportivo di Chiazzano, non a caso, porta il suo nome.

Come ha svolto Don Siro il suo impegno per la formazione e attività pastorale tra i giovani?

Don Siro dal 1979 al 1982 ospitò nei locali del Tempio tutto il settore giovanile di Azione Cattolica ragazzi (ACR) e l’Azione Cattolica giovanile in qualità di assistente spirituale. Don Siro accolse anche il Clan Orizzonti, cioè gli scout della fascia liceale universitaria. Nei locali del Tempio trovarono sede centrale il Centro Italiano di Solidarietà (Ceis) presieduto da Suor Gertrude, nonché il gruppo alcolisti anonimi. Vorrei anche ricordare l’apertura del Cinema Roma d’Essai di cui don Siro è stato gestore. Non possiamo dimenticare, infine, il suo impegno per il Centro Turistico Giovanile.

Quando ha iniziato concretamente il suo impegno verso gli ultimi?

Dedicarsi agli ultimi è stato il suo più grande messaggio di speranza. Quando infatti, tra il 1970 e il 1980 cominciarono a sorgere i centri parrocchiali, l’afflusso dei giovani verso il Tempio diminuì progressivamente e Don Siro iniziò una profonda riflessione per ridefinire le finalità del Tempio. Nacque così nel 1986 la Casa di Reinserimento il Tempio, con la precisa finalità di fornire ospitalità a persone giovani e adulti che vivevano in particolari situazioni di disagio (alcolisti, disadattati, detenuti o ex detenuti, persone che avevano realizzato significative tappe del percorso di uscita dalla tossicodipendenza, disoccupati, ecc). A queste persone la Casa ha offerto ospitalità, una proposta di quotidiano impegno lavorativo e un progetto di reinserimento nella società. Questa proposta della “Casa” nacque dal profondo convincimento che la solidarietà, per e con gli ultimi, non può essere ‘delegata’, perché è in primo luogo responsabilità di ogni singola persona.

È questa esperienza che Don Siro ha sempre considerato la più importante della sua vita di uomo e di sacerdote: considerava infatti una ‘grazia’ averla attivata ed esserne coinvolto.

Cosa ti preme ricordare della sua persona, tu che lo hai conosciuto molto bene?

Mi ricordo che la stanchezza non aveva spazio nella sua vita. Quando era ricoverato all’Ospedale del Ceppo nel lontano 24 febbraio 1994 scrisse una lettera con queste parole: «la vita al Tempio non è certo una villeggiatura (…). Sono felice di una gioia profonda, che si radica nella vicinanza quotidiana con gli ultimi, nel mondo degli ultimi, coi bisognosi, nel luogo – il Tempio – in cui si tenta di dare risposte ai loro bisogni. Cosa dovrei desiderare di più? (…) Mi chiedi se sono stanco. No, non lo sono (…). La stanchezza, che fa marcia indietro, che si arrende, che spegne la speranza, non è mai stata, nè voglio che sia mai, un’esperienza per me».

Don Siro morì il 7 giugno 1994. Il giorno precedente, mentre lo accompagnavo all’Ospedale mi disse: «Carmine, coraggio: c’è bisogno di uomini che sappiano spendere la propria vita con forza d’animo e serenità di intenti».

Lo diceva con quel respiro tenue, prossimo al viaggio, mentre soffriva, oltre il velo che inteneriva il suo sorriso.

Daniela Raspollini




QUARANTANNI IN BRASILE, DOVE SCOPRIRE GESÙ

Nadia Vettori, missionaria laica della Diocesi di Pistoia racconta la sua esperienza a servizio degli ultimi

 

Nadia Vettori è da poco rientrata in Italiana dal Brasile, con alle spalle la sua ricca esperienza di oltre quarantanni vissuti in Brasile. Stavolta non non si tratta però di un periodo di riposo, ma di un addio definitivo alla sua terra di missione. Abbiamo voluto incontrarla per parlare di questo suo importante impegno speso per la chiesa brasiliana.

Come ci si sente una volta tornata a casa con alle spalle 43 anni di esperienza missionaria?

«Questi miei 43 anni sono stati una ..vita intera piena di tante esperienze. Da Paricatuba (Manaus) con gli Hanseniani (cioè i lebbrosi) e le comunità sulle rive dei grandi fiumi, agli anni con i giovani, le donne e la Pastorale dei bambini; e poi tanti anni a Balsas nello Stato del Maranhão, nel Bairro Nuova Tresidela con le famiglie che vivono ai margini della discarica, con i giovani e bambini. Esperienze che mi hanno dato tanto e che mi hanno cambiata, fatta crescere in tutto. Al solo ricordarle mi fanno sentire felicissima e grata al Signore».

Ci puoi raccontare come sei arrivata alla decisione di tornare a casa definitivamente?

«Nella mia vita le partenze e i ritorni sono sempre stati momenti decisivi. Momenti in cui Dio, con la sua grazia, mi ha fatto riconoscere che quello era il tempo opportuno per cambiare, il momento giusto che Lui mi offriva per andare avanti, raggiungere gli altri e crescere! E ora, ancora una volta, il Signore mi ha fatto capire che era giunto il momento opportuno per cambiare; questa volta per tornare alla Chiesa che mi ha inviato. Era il arrivato il tempo di tornare alla mia famiglia di sangue, anche se porterò sempre dentro di me, tutte le famiglie del cuore e dei sogni che ho costruito in Brasile».

Con quali modalità o atteggiamenti hai portato Cristo nella realtà di quella gente?

«Papa Francesco nella sua ultima Esortazione Apostolica “Gaudete et Exultate” al n. 135 ci dice: «Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì». Io non ho portato Gesù in quelle realtà. Lui era già lì!
Era già li a Rio de Janeiro, nel novembre del 1974, quando arrivai in Brasile, a braccia aperte ad aspettarmi, non sul Corcovado, ma sopra un marciapiede, morto, circondato di candele e coperto con giornali.
Lui era li! A Manaus, in Amazzonia, nell’umanità e nella carne ferita dei lebbrosi di Paricatuba e nel pregiudizio millenario della società verso queste persone. Era li! Nel corpo malnutrito e maltrattato dei bambini delle favelas e di quelli che abitavano lungo le rive dei grandi fiumi. Era già li! Nel cuore e nell’anima di tante donne stanche della loro vita oppressa dai mariti e dalla società, stanche e di essere ridotte a oggetto di consumo e sfruttamento.
Anche a Balsas, nel Maranhão, Gesù mi ha sempre preceduta. Quando sono arrivata, Gesù era già li! L’ho riconosciuto negli esclusi del Bairro Nuova Tresidela (luogo di sbandati e criminali, come tutti dicevano), che sentivano su di sé come un marchio indelebile. Lui era nella discarica comunale, nella periferia umana e sociale degradata. Era in un’umanità degradata nella dignità, nella salute, nelle relazioni umane, segnata da liti, furti e dalle violenze dei Boss che trafficano droga e alcol). Lui era li! Nel corpo e nell’anima di tante donne ferite dalla brutalità e dalla violenza del marito. Era nel dolore di famiglie distrutte dall’alcol e dalla droga. Gesù era già lì alla Nuova Tresidela, anche nella religiosità popolare, semplice e sincera di questa gente. Io ho vissuto per e con tutte queste persone, per aiutarle a conoscere meglio quel Gesù che era lì con loro, presente nella loro sofferenza per aiutarle a uscirne. Sono stata con loro, nella solidarietà e nell’amicizia, per aiutarle a conquistare la dignità di figli di Dio, dare loro speranza e permettere al Regno di Dio di realizzarsi in quelle realtà».

Ci puoi raccontare quali sono state le emozioni che hai provato la prima volta che hai toccato la tua terra di missione?

«Tante le emozioni che si accavallavano dentro di me: gioia, gratitudine, stupore e curiosità verso la nuova realtà; tristezza e molti ‘perché’ davanti alla povertà e soprattutto davanti alle tante contraddizioni presenti ovunque».

Sei vissuta come missionaria per la chiesa brasiliana: quali sono stati i momenti più forti che hai vissuto e che ci vuoi raccontare?

«Sono vissuta come Missionaria, inviata e a nome della mia Diocesi di Pistoia, nella Chiesa di Manaus e di Balsas, in due Stati, in realtà e in momenti differenti e distanti negli anni.
Il primo momento più forte è stato quando il vescovo Mario Longo Dorni nella Cattedrale di Pistoia nel novembre 1974, mi ha conferito il mandato missionario per la Chiesa sorella di Manaus. Il Brasile del ‘74 viveva una dura repressione militare e la Chiesa, soffrendo con i poveri, i perseguitati e le tante persone uccise e scomparse, viveva la teologia della liberazione. Era un momento forte e doloroso segnato dalla morte di catechisti, sacerdoti, suore e persone che difendevano i diritti umani.
Un altro momento forte fu la prima Messa celebrata a Paricatuba con i lebbrosi che porgevano “il resto delle loro mani” per ricevere quel Gesù che era già lì con loro, sofferente nella loro sofferenza e mutilato nelle loro mutilazioni.
A Manaus momenti forti sono stati gli incontri con le persone delle comunità sparse lungo le rive dei grandi fiumi (Rio Negro e Rio Solimões), le riunioni, le celebrazioni con loro. Ci sono poi stati i momenti di spiritualità e le celebrazioni con i “lideres” della Pastorale di bambini.
A Balsas non posso dimenticare la prima visita al Bairro Nuova Tresidela e alla discarica comunale; il primo Natale celebrato nel Bairro Nuova Tresidela, in una capanna di paglia e con un Gesù Bambino nato da due giorni; la celebrazione nella quale fu posta la prima pietra della Casa della Comunitá. E poi le celebrazioni di religiosita popolare con i “Benditos” cantati dalle “matriarche” della Comunitá, la festa del “Divino”, la festa dei “Santi Re Magi”; la festa di San Lazzaro con la cena per i cani.
Ma ci sono stati tanti momenti forti, ogni volta che mi incontravo con le persone, i più poveri, i malati».

Sei stata coordinatrice di tanti progetti come il Progetto Tresidela Nova. Come si è sviluppato nel tempo e quali difficoltà hai dovuto affrontare?

«Il Progetto Tresidela Nova, da piccolo che è nato…ora è diventato grande.
Le difficoltà erano tante: la situazione socio economica del Bairro, delle famiglie, dei bambini e adolescenti lasciati a sé stessi e per strada. La situazione economica per portarlo avanti, farlo crescere e far fronte alle tante necessità. La realtà pesante della droga e della violenza familiare; l’analfabetismo nella quasi totalità delle persone.
Nel tempo e con la nostra presenza è cresciuta, il progetto, volto all’accoglienza e all’accompagnamento di bambini e adolescenti, si è fatto conoscere ed è stato riconosciuto dalla società Balsense. Oggi molti amici di Balsas lo sostengono materialmente e economicamente e si sentono partecipi del Progetto. La Biblioteca, nata timidamente con circa 100 volumi usati ricevuti in regalo, oggi conta un’ampia sala di lettura e quasi 4 mila volumi. Lo sviluppo della Biblioteca è stato così grande che abbiamo ‘osato’ realizzare, per la prima volta in Balsas, la Fiera del Libro. Nel 2017 abbiamo realizzato la terza edizione di questa iniziativa con la cooperazione e la partecipazione del Comune, delle scuole e di tantissime altre persone.
Molti ragazzi, che sono stati accolti dal nostro progetto oggi sono educatori. Una di loro si è già laureata in lettere, l’altra in Pedagogia, altri stanno frequentando l’Università. Anche il Bairro è migliorato. La strada è asfaltata, acqua e luce sono in tutte le case, i bambini vanno a scuola e vengono al Progetto nel resto della giornata. Anche la città vede il Bairro Nuova Tresidela con occhi differenti. Non è più un luogo di sbandati e drogati. Nessuno ha più paura di andarci».

Durante i tuoi lunghi anni in Brasile ha lavorato a tanti i progetti e campagne per la difesa dell’ambiente e della dignità umana. Quali obbiettivi ti senti di avere raggiunto?

«Alla fine, non siamo riusciti a realizzare sempre tutto, ma penso a Paricatuba e al lavoro con gli hanseniani (quelli che siamo abituati a chiamare, con un certo disprezzo “lebbrosi” ndr). Certamente non abbiamo debellato la malattia e l’isolamento, ma abbiamo ridato loro quella dignità umana e di figli di Dio che gli era stata tolta e li abbiamo fatti sentire di nuovo amati.
Il mio lavoro nella Pastorale dei bambini aveva come obiettivo principale salvare i bambini dalla morte prematura, insegnando alle mamme come prevenirla. Le mamme hanno collaborato e di bambini ne abbiamo salvati tanti.
A Balsas, il Progetto Tresidela Nova, è ancora in atto, ma certamente ha raggiunto una parte dei suoi obiettivi. Adolescenti e Giovani che attraverso l’arte hanno imparato e imparano a sognare e desiderare una vita differente. Alcuni di loro già hanno cambiato vita, altri la stanno cambiando adesso, studiando e laureandosi. Alcuni dei bambini e adolescenti che io ho trovato all’inizio del progetto e sono stati oggetto delle nostre attenzioni oggi sono educatori per lo stesso progetto.

Molti progetti e campagne le ho vissute in prima linea, non da sola, ma con l’aiuto e il contributo di tanti altri amici. Gli obiettivi raggiunti? Piccoli, puntuali, localizzati. Forse non sempre realizzati. Ma importante è porsi il problema, farlo presente agli altri e lottare perché, in qualche modo, le cose cambino».

In questi anni hai vissuto accanto ai poveri nella periferia della città. Ci puoi raccontare cosa ha significato per te questa esperienza di vita?

«Vivere e andare alle periferie urbane e esistenziali non è un’esperienza di vita, ma una “lezione di vita e per la vita intera”. I poveri, senza saperlo e volerlo, ci insegnano e ci condannano, ci fanno scoprire e sentire la nostra colpa. Ci insegnano la sobrietà, a vivere con l’essenziale e ci mostrano come per vivere degnamente non servono nè molte, nè grandi cose. Per questo il loro vivere ci condanna per tutto il superfluo di cui ci circondiamo, per lo spreco continuo che alimenta il nostro stile di vita, per i bisogni inutili che vogliamo soddisfare.
La fede, per loro, non ha bisogno di tanta esteriorità e mi ha sempre lasciato ammirata, la loro semplicità nell’esprimerla, il loro relazionarsi con Dio, con la Madonna e i tanti Santi loro protettori, ai quali sono devotissimi e che tengono negli “oratori” in un angolo privilegiato della casa. Non posso dimenticare le loro feste, i loro “benditos” cantati dalle matriarche della comunità fino a notte fonda senza stancarsi.
Con Don Tonino Bello mi viene da dire: “vivere con gli ultimi, significa lasciarsi coinvolgere dalla loro vita. Prendere la polvere sollevata dai loro passi. Guardare le cose dalla loro parte”. Tutto questo, cambia la vita; ha cambiato la mia vita».

Quanto è stato importante il legame con i sacerdoti fidei donum della nostra diocesi, tra i quali Don Umberto Guidotti?

«Questo legame è stato importantissimo, perché non si può stare e lavorare insieme se non c’è qualcosa che ci accomuna, qualcosa che ci lega, ci fa sognare un futuro differente per tutti. Eravamo a Manaus non per noi stessi, ma per gli altri!
Il Progetto proposto dalla Diocesi di Manaus alla Diocesi di Pistoia nel lontano 1974, richiedeva l’invio di Sacerdoti e laici per accompagnare le comunità abbandonate e sparse sulle rive dei grandi fiumi, nei laghi e lungo gli “igarape” (bracci di fiume che entrano nella foresta). Siamo partiti in due: io e Don Guidotti. A Manaus ci aspettava padre Cesare de Florio e la comunità del Beco do Macedo. A Cacau Pirera ci aspettava una piccola comunità e due suore: Suor Bruna Coderni (Italia) e suore Gabrielle Cogels (Belgio). Un anno più tardi ci ha raggiunti Don Enzo Benesperi e dopo i laici Berta Cavicchi, Grazia e Stefano Salvatori. Alcuni anni dopo è arrivato don Carlo Goffredi che è rimasto con noi un anno. Un lavoro come quello a noi affidato, in un’area vastissima, con tante e diverse necessità e problemi chiedeva l’impegno di tutti: laici, suore, sacerdoti. Ognuno aveva il suo compito specifico e allo stesso tempo le nostre azioni si univano e si fondevano perche non si può scindere il sacro dall’umano, lo spirituale dal corporale e l’obiettivo, il sogno, era comune per tutti.
Anni di lotte, successi e insuccessi. Anni belli, di tante cose viste, imparate, vissute.
Don Umberto Guidotti è sempre stato per tutti noi un punto di riferimento per la sua grande e vasta conoscenza e per la sua capacità di sintesi e di far capire le cose e i problemi».

Quanto è cambiato il Brasile in questi 40 anni? Che paese ti sei lasciata alle spalle?

«In questi 43 anni il Brasile ha subito cambiamenti enormi, nel bene e nel male.
In campo politico è passato dalla Dittatura Militare con tutte le sue aberrazioni, alle elezioni dirette, a un governo di sinistra con un metalmeccanico come Presidente (Lula) che ha cambiato, in meglio, la vita del paese e di milioni di Brasiliani.
Oggi, come tutti sappiamo, il Brasile è governato da un presidente di destra, frutto di un ‘golpe’ politico che ha destituito la presidente eletta Dilma Rousseff, e che ha fatto mettere in prigione l’ex Presidente Lula. Per questo oggi il paese sta vivendo un periodo molto confuso e difficile, con dinamiche che vanno a scapito dei più poveri, con spettri che tornano in scena, come fame, miseria dilagante. È un momento con tante ingiustizie, contraddizioni e contrasti. Nemmeno oso immaginare cosa può succedere da qui a ottobre quando ci saranno le elezioni presidenziali.

Nel campo ecclesiale, dal tempo bello e entusiasta del dopo Concilio, con Medellin, la Teologia della Liberazione, le Comunità Ecclesiali di Base, con vescovi e cardinali che, senza timore e come buoni pastori e profeti, vivevano per il loro “gregge”, lo difendevano e alzavano la voce contro i lupi della Dittatura e i soprusi da loro realizzati, siamo passati oggi all’assenza di vescovi e cardinali profeti, alla nascita di innumerevoli movimenti e gruppi “intimistici”, che poco intercettano le esigenze del popolo e i suoi problemi. Assistiamo alla nascita di nuove “congregazioni” femminili e maschili in stile francescano, ma anche al ritorno anti-conciliare dell’esteriorità nelle vesti e nella liturgia. Questo è il Brasile che ho lasciato; mi sembra, però, che molti aspetti siano presenti anche qui in Italia e a Pistoia».

Il tuo è stato anche un grande ruolo di educatrice. Penso all’albero delle farfalle che hai realizzato lì a Balsas. Quanti dei giovani che hai incontrato hanno preso il volo verso una vita libera, bella e buona?

«Ci siamo educati a vicenda. È stato questo amore profondo per il mondo e le persone che ci ha sempre dato il coraggio di impegnarci gli uni per gli altri. Se tanti giovani sono cambiati e hanno “preso il volo” anch’io sono cambiata, non sono più la stessa grazie a Dio e a tutto questo. Quando lavori, semini, cerchi di educare e educarti, non pensi mai quanti e quali saranno i frutti. Lavori, semini, vivi con loro, ami e…basta. Molti frutti non li vedremo mai e il successo appartiene solo a Dio.
Importante, anzi, direi l’unica cosa che conta è che il mio lavoro, il mio farmi prossima, il mio vivere con loro e per loro, abbia fatto bene a qualcosa e qualcuno, al punto di suscitare sogno e desiderio di trasformazione, che abbia lasciato un’impronta buona, segno, sogno e speranza di un altro mondo possibile».

Daniela Raspollini




CARMIGNANO: DISTRUTTO IL PORTICO DELLA CHIESA DI SAN MICHELE

Si contano i danni all’antica struttura. Per il momento la chiesa rimane chiusa in attesa dell’esito delle verifiche strutturali

CARMIGNANO  – Questa mattina – come già riportato da molte testate  – un mezzo dell’ALIA l’azienda pubblica del servizio di raccolta dei rifiuti, ha abbattuto il portico della pieve di San Michele a Carmignano. Al momento sono ancora in corso gli accertamenti sulla dinamica dell’incidente che ha provocato ingenti danni al portico della chiesa.

Del fatto è stata immediatamente avvertita la Soprintendenza di Firenze che sta già gestendo la messa in sicurezza del porticato tramite la transennatura e puntellatura delle parti pericolanti. Domani proseguirà il sopralluogo con l’analisi della portata dei danni a carico della struttura. Al momento la chiesa è chiusa per motivi di sicurezza, almeno fino quando non sarà del tutto chiara la situazione strutturale del complesso.

«Esprimo tutta la mia vicinanza alla comunità parrocchiale e al parroco Don Claudio Ciurli per l’incidente. Sono addolorato – afferma il vescovo Tardelli – per il grave danno arrecato al complesso di Carmignano, realtà ricca di storia ma fragile, collocata in uno dei luoghi più suggestivi della nostra diocesi. La diocesi di Pistoia seguirà con attenzione lo sviluppo della vicenda per assicurare il recupero dell’antico portico e la fruibilità della chiesa».

La pieve di San Michele, nota per ospitare la “Visitazione” del Pontormo  – celebre capolavoro del Rinascimento  – un antico insediamento francescano di fine Trecento.

Da poche settimane la “Visitazione” si trova in mostra a Palazzo Pitti presso la Galleria Palatina di Firenze, in occasione della mostra “Incontri Miracolosi: Pontormo, dal disegno alla pittura”. Il prestito internazionale dell’opera fa parte del progetto di found raising “Visiting Visitation”, finalizzato a finanziare gli ingenti lavori di restauro dell’antico complesso di Carmignano (www.pontormo.it). La Visitazione, che si sposterà con la mostra prima a New York e poi a Los Angeles, farà ritorno a Carmignano nella primavera 2019.

comunicato UCS




CORPUS DOMINI: FESTA DELLA COMUNIONE PER LE VIE DELLA CITTÀ

«Oggi è la festa della comunione per eccellenza, della comunione con Gesù di tutti noi». Mons. Tardelli, vescovo di Pistoia tratteggia con poche e semplici parole la solennità del Corpus Domini domenica 3 giugno. Si rivolge, particolarmente, ai tanti bambini presenti in cattedrale che si sono da pochi giorni accostati al sacramento dell’eucaristia. Insieme a loro, vestiti a festa per la solenne processione eucaristica, i genitori, i catechisti e tanti fedeli della comunità pastorale del Centro Storico.

La solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Gesù propone alla Chiesa la meditazione, adorazione e riflessione sul pane e il vino dell’Eucaristia. «Pane e vino – ha ricordato Mons. Tardelli – che ci nutrono per la vita piena, ma anche pane e vino della condivisione e dell’amore fra di noi».

«Il pane e il vino dell’eucarestia – ha poi aggiunto il vescovo – sono il pane e il vino del cammino, cammino della vita e della testimonianza nella città degli uomini».

Al termine della Santa Messa, infatti, come da tradizione, si è svolta lungo le strade del centro cittadino la processione con il Santissimo Sacramento. Quest’anno, per la prima volta dopo molto tempo, la processione si è svolta di mattina. Una variazione che, nonostante il caldo, ha trovato piena risposta dalla città. Alla processione, accompagnata dalle note della Banda Borgognoni – hanno partecipato tutte le parrocchie del Centro Storico, con una celebrazione unitaria che ha raccolto fedeli, sacerdoti e volontari di diverse realtà ecclesiali. Un momento di popolo che si è trasformato in occasione e stimolo di comunione.

La santa messa celebrata dal vescovo ha concluso inoltre, per il secondo anno consecutivo, le Quarantore di preghiera dinanzi al Santissimo esposto nel Battistero di San Giovanni in Corte. Tanti fedeli appartenenti a diverse parrocchie, gruppi, associazioni e movimenti hanno animato, infatti, la due giorni di preghiera non stop. La grande aula ottagonale del Battistero, carica di storia e suggestione, ha favorito la partecipazione anche di semplici passanti, sostenendo e incoraggiando la preghiera davanti al Santissimo Sacramento.

(redazione)




DUE ANNI DI “CONSILIUM MULIERUM”

“La moltitudine di coloro che eran venuti  alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva  sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune” (At 4,32).

Il Mulierum Consilium, pur lontano dalla originaria comunità evangelica, vuole però in essa radicarsi e ad essa inspirarsi, per questo il documento non è firmato da una donna del gruppo, ma dall’intero Consiglio, che con il tempo è diventato una realtà di comunione e di comunicazione, di confronto e di reciproco rispetto, una condivisione di punti di vista diversi … nella consapevolezza di appartenere ad un disegno imperscrutabile e non sempre comprensibile, ma che scopre che “camminando s’apre cammino”, insieme, sulle ali dello Spirito Santo, accogliendo, con il desiderio di passare ‘inosservate’, mancanze o mutilazioni del proprio pensiero e personalità, perché questa è per noi l’umiltà evangelica.

Questo Consilium, voluto dal vescovo Fausto Tardelli e basato ‘istituzionalmente’ sul Codice di Diritto Canonico (cann.228 § 2; 212,2.3), è profondamente radicato nel mistero trinitario e della Chiesa; Chiesa quale popolo di Dio, in cui tutti  sono partecipi e corresponsabili nella costruzione  della Sua città.

Il Consilium è la chiamata della donna, laica o consacrata, ad un ‘servizio’ nella nostra Chiesa, … dodici sono le donne con-vocate e questo numero ha un grande valore: gli apostoli, infatti, erano dodici! Queste donne sono molto diverse tra loro, per appartenenza sociale, personalità, professione, formazione, vocazione, esperienze di fede e di vita.

E’ questo il grande discernimento del Vescovo: unire carismi, fragilità, difetti diversi, per creare ‘comunione’ attraverso il dialogo su temi di pesante attualità da cui la Chiesa, oggi come ieri, è interpellata:  la formazione e la valorizzazione dei vari carismi;  il diaconato permanente; la comunione e corresponsabilità tra il Vescovo e le varie realtà diocesane, per promuovere realizzazioni e processi di crescita della nostra Chiesa; i vari volti della povertà –da quello sociale a quello spirituale;  la pedofilia – cercando di impostare un percorso di prevenzione e recupero, in cui sono fondamentali osservazione e vigilanza; la pastorale o forse ‘missione’ tra i giovani; l’uso responsabile dei media – ricordando che oggi ogni parola spesa sui social network diventa pubblica …

Questa particolare attenzione che il Vescovo ha riservato alle donne non risponde ad una questione di ‘quota rosa’ nella diocesi, ma è il tentativo di valorizzare uno specifico femminile, di ascoltare, nella Chiesa istituzionale, il cuore della donna, facendole sentire il polso della situazione in ‘zone periferiche’ alla Chiesa stessa.

Il confronto e lo scambio sono un servizio reso con semplicità: se uno dovesse pensare a dei risultati decisivi e concreti potrebbe rimanere deluso; in realtà la presenza del Consilium rappresenta lo sforzo di comunicare in modo ‘silenzioso’ la presenza apostolica, con lo scopo di giungere là dove il Vescovo, da solo, non può giungere, in quelle regioni del cuore umano spesso scristianizzate, cercando di “farsi tutto a tutti” e ricordando che la vita apostolica non ha nido né tana ove riposare se non nella  volontà di Dio.

Crediamo che il Mulierum Consilium possa servire a non lasciare solo il Vescovo, come le donne, con Maria, fecero sotto la croce. Nell’obbedienza alla Santa Madre Chiesa, ci affidiamo al nostro Vesovo, affinchè ci plasmi attraverso il suo carisma e la sua perseverante preghiera.

Il compito fondamentale di ognuno di noi, delle donne e del loro Vescovo, è quello di restare ove sono, prendendo la loro croce per seguire il Cristo, attenti ad ogni ‘sofferenza’ materiale e spirituale, memori di ritrovarsi mai per giudicare ma per vivere l’esser figli di Dio, il che comporta essere sorelle agli altri….

Il Mulierum Consilium è grato al Vescovo Fausto e lo ringrazia di questi due anni trascorsi…che Maria ci aiuti a sentirci un noi ‘senza diritti’ da difendere, un amore orante che copra le ferite di coloro che ci sono a fianco.