Cercasi adulti credenti, credibili e felici di esserlo

Intervista a don Armando Matteo sulla relazione tra la Chiesa e le nuove generazioni alla luce dell’esortazione di Papa Francesco “Christus vivit

di Daniela Raspollini

Don Armando Matteo, docente di Teologia fondamentale all’Università Urbaniana di Roma e noto conoscitore del mondo giovanile, ci presenta la proprie riflessioni sull’esortazione post-sinodale di Papa Francesco “Christus vivit”.

Cosa l’ha colpita di più dell’esortazione di Papa Francesco “Christus vivit”?

Quello che mi ha colpito di più, nell’esortazione di papa Francesco “Christus vivit”, è l’affetto. Sì, l’incredibile affetto che questo papa esprime per le nuove generazioni. Un affetto che trova, forse, una spinta in più nella consapevolezza che il tempo che viviamo non è esattamente “un tempo per giovani”. E Francesco, questa cosa qui, la dice a tutto tondo da tanto tempo e la rimarca con vigore in questa Esortazione. Da una parte e all’altra del mondo, i nostri giovani non sono messi nella condizione di esprimere tutta quella potenzialità di energia e di creatività che è loro propria. E questo affetto diventa poi sinonimo di fiducia e diventa richiamo, appello, persino rimprovero ad una società di adulti e di vecchi che sempre di più si sono prostrati al culto della giovinezza, marginalizzando in modo vergognoso proprio i giovani.

L’esortazione parla di una pastorale giovanile che vede strutture in cui i giovani spesso non trovano risposte alle loro inquietudini. A suo avviso quali sono i limiti più diffusi nella pastorale giovanile?

Ci vuole un coraggio “da papa” per riconoscere tutto questo! Ma è la semplice verità. Non addosso responsabilità specifiche alla pastorale giovanile, i cui responsabili anzi si danno sempre un gran da fare. Ma come credenti, adulti e vecchi, facciamo una fatica matta a capire il grande fossato che si è creato tra le nuove generazioni e l’attuale cristianesimo. Ancora facciamo una fatica da matti a capire come è cambiato il modo di vivere oggi la giovinezza, da parte dei giovani veri, in un tempo in cui tutti noi – tutti noi adulti e vecchi – non pensiamo ad altro che a restare giovani per sempre! Per cui i limiti della pastorale giovanile sono i limiti dell’agire pastorale tout court: un agire pastorale spesso, troppo spesso, autoreferenziale, che continua ad andare bene per alcuni, sempre di meno e sempre più vecchi, e che non si rende conto di quanto è davvero cambiata la vita della gente. E che dunque non è più tempo di una pastorale del cambiamento, quanto di un vero e proprio cambiamento della pastorale.

Nel documento Papa Francesco afferma che i giovani hanno bisogno di una chiesa che non stia continuamente a condannare, a combattere su due o tre temi, fino a diventare talvolta irritante. Cosa suggerirebbe alla nostra chiesa in Italia?

Di mettere semplicemente in pratica ciò che 15 anni fa i nostri vescovi hanno scritto nella nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia: dare priorità alla questione dell’adulto! Il punto è che oggi abbiamo, da una parte, adulti e vecchi che possono e non vogliono crescere e, dall’altra, giovani e ragazzi che vogliono e non possono crescere. È ormai un segreto di Pulcinella quello per i quale siamo in un deficit pazzesco circa la qualità veramente adulta degli adulti. Penso in particolare ai nati tra il 1954 e il 1984. Che siamo poi i papà, le mamme, i docenti, gli istruttori dei nostri giovani. In una parola: i loro modelli di vita! E che modelli! Se si pensa che per noi adulti i nostri modelli sono proprio i nostri figli e i nostri alunni.
In una parola: sta pure per finire il decennio dedicato dalla Chiesa italiana all’educazione, ma non è per nulla finita l’emergenza educativa. E quest’emergenza educativa è che ci servono al più presto adulti credenti, credibili e soprattutto felici di essere adulti. Ed è solo la Chiesa, insieme alla scuola, a poter e voler portare avanti questa battaglia. Le altre componenti della società, dalla politica all’economia, dalla cultura al mondo della comunicazione, giusto per citarne alcune, sono ben felici di aver a che fare con adulti che pensano solo a fare i giovani; insomma, con adulti imbecilli e permanentemente infelici!

Tra i tanti suggerimenti, inviti e riflessioni presenti nel documento c’è anche l’appassionato appello ai giovani affinché diventino “missionari coraggiosi” andando anche controcorrente; pensa che i giovani abbiano la voglia di accogliere e “vivere secondo Francesco”?

Questo vale già per alcuni dei nostri giovani e si può sperare che varrà per molti altri. D’altro canto, la nostra è una Chiesa “cattolica” e dunque differenti sono le situazioni in cui vanno a tradursi concretamente gli appelli e le indicazioni del magistero. Per il nostro Paese, penso che sia molto più pertinente l’indicazione di “Christus vivit” per la quale è l’intera comunità che si debba fare carico dell’annuncio del Vangelo e della cura delle nuove generazioni. Non si può più pensare di delegare questo ad un settore specifico. La situazione non è delle migliori da noi. Nelle nuove generazioni, aumenta la quota di chi si dichiara proprio fuori dalla tribù cattolica e spesso questo riguarda non solo i ragazzi e i giovani maschi, ma anche le ragazze e le giovani donne. Insomma, da noi il fenomeno più forte è che piccole atee crescono!

Il Papa parla di giovani con radici per affrontare il tema del rapporto tra generazioni. È davvero così sgangherato questo rapporto tra giovani e anziani?

Più che con gli anziani, la questione ha a che fare con gli adulti. Per intenderci, sono anziani i nati prima del 1954. In verità sono gli adulti che hanno mandato all’aria il rapporto tra le generazioni: per loro l’unico modello di esistenza accettabile e degno del desiderio umano è quello della giovinezza. Noi adulti, infatti, non vogliamo minimamente pensare a cose come adultità, maturità, responsabilità, generatività, passaggio di testimone. Ed è per questo che trattiamo i nostri figli non come i veri eredi del mondo, ma come piccole divinità da custodire, adorare e soprattutto contenere in confini bene limitati.

Crede che con il pontificato di Papa Francesco sia cambiato qualcosa nel rapporto tra i giovani e la Chiesa? Oppure che la tendenza sia comunque quella di un graduale allontanamento dalla Chiesa?

Noi cattolici facciamo statisticamente fatica a fidarci delle statistiche, e purtroppo le statistiche più recenti confermano l’esponenziale allontanamento delle nuove generazioni dall’universo cattolico. E ripeto, la cosa che deve interrogarci di più è che questo vale sia per i giovani maschi che per le giovani donne.

Il problema principale, a suo avviso, è la mancanza di credibilità e fiducia nei confronti della Chiesa o il venir meno della fede?

Consapevole di dire qualcosa di poco condiviso nella Chiesa italiana, in tutti i miei saggi sostengo che, con i giovani, la vera questione è quella della fede. Nonostante tutto il nostro gran da fare, nelle parrocchie, negli oratori, nei movimenti e nelle associazioni, la mancanza di testimonianza di fede cristiana vissuta, da parte dei genitori e degli altri adulti della società, impedisce ai giovani di comprendere che cosa la fede cristiana abbia a che fare con il loro personale processo di definizione della propria identità adulta. Insomma, la fede è, per loro, sempre di più una questione da bambini e finché si rimane bambini. Per questo, poi, ad un certo punto lasciano la comunità cattolica e diminuisce radicalmente l’interesse per la fede cristiana. E la lasciano senza sbattere le porte e senza alcun sentimento di colpa. In “Evangelii gaudium”, Papa Francesco parla giustamente di rottura della trasmissione generazionale della fede all’interno del popolo cattolico e a mio avviso alla radice di questo fenomeno c’è proprio quella “adorazione della giovinezza”, che egli stigmatizza in “Christus vivit”; una tale adorazione fa sì, come già detto, che per noi adulti e vecchi la vita al massimo e il massimo della vita sia “restare giovane”. Questo per noi adulti e vecchi vale più di Dio, più del Vangelo, più della Chiesa. O meglio è questo, per noi, il nostro dio, il nostro vangelo, la nostra chiesa. Sotto queste condizioni, come potremmo indicare/testimoniare allora ai giovani il legame, che pur esiste, tra vita adulta compiuta e sequela di Gesù? Da qui si deve ripartire. Al più presto.




Scholas Occurrentes a Pistoia: camminare insieme nell’impegno per i giovani

La notizia della scelta da parte di Papa Francesco della nostra città come sede di Scholas Occurrentes dà speranza e ci impegna a lavorare con ancora maggiore slancio per i giovani e per la scuola nel complesso periodo che entrambi attraversano.

Ho rubato un verso. Ho rubato un verso al profeta Geremia e nel mio colloquio con Madre Ana, ringraziandola, ho avuto modo di dire a lei e ai referenti di Scholas che ho incontrato, che “vedo un ramo di mandorlo”. La loro venuta a Pistoia, nella nostra città a volte chiusa, a volte complicata, ma con tante energie da esprimere, è il segno di una primavera che accompagna quella del calendario. Non è un caso forse che proprio il 21 marzo la notizia sia divenuta ufficiale.

Ringrazio il vescovo Fausto per questo ulteriore segno di attenzione al mondo della scuola. L’impegno e la volontà tenace dell’Ufficio per la Pastorale dell’Educazione, della Scuola, dell’Università è di fare in modo che anche questa non diventi un’occasione persa, ma che possa essere invece il modo operativo perché tutti coloro che condividono il bisogno di un senso nuovo, antico e al contempo diverso nel loro impegno con e per i giovani, possano camminare insieme.

Dobbiamo unirci, non distinguerci gli uni dagli altri, in un unico cammino ecclesiale. Così questa iniziativa, nelle pletora delle iniziative sparse, sarà un segno di speranza e potrà fare la differenza nella vita di molti. Costruire insieme. Camminare insieme. «Benedetto colui che viene nel nome del Signore».

Edoardo Baroncelli
Direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell”Educazione, della Scuola, dell’Università – Diocesi di Pistoia




Pistoia saluta Papa Francesco

Dal monastero delle Benedettine di Santa Maria degli Angeli un caloroso saluto al Santo Padre!

L’occasione è l’apertura di una nuova sede formativa della Fondazione “Scholas Occurrentes” a Pistoia.
Scholas Occurrentes” è una fondazione promossa da Papa Francesco nata a Buenos Aires nel 2001, oggi diffusa in tutto il mondo. Una realtà educativa aperta all’incontro, che coinvolge giovani di culture e religioni diverse, rivolta a formare attraverso l’ascolto, la creatività, la cultura, lo sport.

In collegamento a Roma Papa Francesco e il vescovo di Pistoia Fausto Tardelli.

Riprendiamo dal sito Vatican News (l’articolo è di Cecilia Seppia) alcuni passaggi relativi alle parole di Papa Francesco ispirate dal collegamento con Pistoia.

«Scholas è un germoglio» – ha detto Francesco riprendendo le parole della madre badessa che ha testimoniato la gioia di veder nascere, proprio nel giardino del monastero di Pistoia, il seme della pace, della fraternità e del dialogo, la grazia di poter essere luogo di incontro dove i giovani possano crescere insieme. I giovani ha spiegato il Santo Padre spesso non hanno dei leader giusti capaci di guidarli, perché li cercano al di fuori delle loro comunità. Quello che invece fa Scholas è proprio risvegliare le comunità giovanili e incoraggiarle a seguire quelle leadership che nascono al loro interno.

(…)
Altro spunto che Francesco ha offerto ai ragazzi è quello di coltivare il dialogo con gli anziani come hanno saputo fare le suore del Monastero di Pistoia non più giovanissime: “E questa è la sfida di oggi che i giovani devono affrontare: il dialogo con gli anziani, perché se i giovani vanno da soli, perdono le loro radici, perdono il senso della storia, perdono l’appartenenza. E i vecchi, se non possono dare tutto questo ai giovani, si sentono isolati e muoiono di tristezza”. Solo così, come si legge nel Libro del Profeta Gioele, gli anziani faranno sogni e i giovani profeteranno, gli uni con l’aiuto degli altri.




Dalla vocazione al mondo digitale

Sono disponibili presso la Libreria San Jacopo di Pistoia i sussidi  per gli incontri di riflessione e preghiera dedicati a due punti centrali emersi dal sinodo dei giovani. Nei sussidi è possibile trovare infatti una proposta di taglio più vocazionale, dedicata a comprendere la chiamata che il Signore rivolge a ogni credente; una seconda dedicata all’ambiente digitale.

Il primo sussidio dal titolo: “Seconda stella a destra: questo è il cammino…” affronta il tema del discernimento vocazionale.

Il secondo, dal titolo: “Noi, tu, io, Dio …e i Social Network” è dedicato al mondo digitale.

Entrambi presentano due tracce: una per un incontro di preghiera e meditazione, l’altra per un momento di condivisione e riflessione di gruppo. I sussidi sono a cura della Comunità del Seminario di Pistoia. La Comunità del Seminario si rende disponibile per presentarli e realizzarli nelle parrocchie o nei gruppi giovanili. Per contatti: redazione@diocesipistoia.it (don Ugo: 338 65 09 437)

È anche possibile scaricare i due sussidi di seguito in pdf:

Per maggiori info visita la pagina dell’Ufficio diocesano di Pastorale giovanile




Orientarsi nel mondo digitale e nel discernimento vocazionale

Mercoledì 13 marzo un incontro a cura dell’Ufficio di Pastorale Giovanile e della comunità del seminario diocesano

Prosegue il cammino proposto dall’ufficio diocesano di pastorale giovanile dal titolo “Camminava con loro”. Dopo due serate dedicate al tema del lavoro e dell’affettività in collaborazione con Policoro e ufficio per la pastorale con la famiglia, il tempo della Quaresima è lasciato all’iniziativa e alla creatività delle singole parrocchie o gruppi giovanili. La pastorale giovanile diocesana renderà disponibile, infatti, un sussidio per accompagnare e/o suggerire il lavoro con i giovani.

Cosa sarà possibile trovare nel sussidio?

Il recente Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani ha posto all’attenzione della chiesa l’importanza di coltivare un discernimento “vocazionale”, di pensare cioè l’esperienza di fede dentro un cammino di attenta e progressiva consapevolezza della propria identità e della propria missione nella chiesa e nel mondo. Chi sono? Cosa sono chiamato a fare della mia vita?
Tra le tante “frequenze” che ronzano negli orecchi dei giovani queste domande chiedono di essere prese in seria considerazione. Ascolto e accompagnamento dovrebbero entrare sempre più dentro l’azione di laici e parroci impegnati nella pastorale, facendo attenzione a consolidare percorsi condivisi tra pastorale giovanile e vocazionale, per non disperdere le forze e integrare i diversi aspetti dell’esistenza di un giovane. «In un mondo frammentato che produce dispersione e moltiplica le appartenenze – ricorda il documento finale del sinodo – i giovani hanno bisogno di essere aiutati a unificare la vita, leggendo in profondità le esperienze quotidiane e facendo discernimento».

Discernimento vocazionale e ambiente digitale

L’equipe di pastorale giovanile diocesana ha dunque pensato di offrire all’attenzione di tutti i gruppi giovani della diocesi un piccolo sussidio per due o più incontri di riflessione e preghiera dedicati a due punti centrali emersi dal sinodo: una proposta di taglio più vocazionale, dedicata a comprendere la chiamata che il Signore rivolge a ogni credente; una seconda dedicata ad una delle sfide più urgenti indicate dallo stesso sinodo, cioè la missione nell’ambiente digitale. «Giovani cristiani, nativi digitali come i loro coetanei, – afferma il documento finale – trovano qui una autentica missione, in cui alcuni sono già impegnati. Sono peraltro gli stessi giovani a chiedere di essere accompagnati in un discernimento sulle modalità mature di vita in un ambiente oggi fortemente digitalizzato che permetta di cogliere le opportunità scongiurando i rischi».

Entrambe le proposte sono state elaborate dalla comunità del Seminario diocesano. La comunità del Seminario si rende disponibile a realizzarle in parrocchia o in un incontro di vicariato. Il sussidio, tuttavia, permetterà alle diverse realtà diocesane di organizzare in autonomia e con una certa possibilità di adattamento le diverse proposte.

Come saperne di più?

Il sussidio sarà illustrato dalla comunità del Seminario mercoledì 13 marzo presso il Seminario diocesano di via Puccini (aula polivalente) alle ore 21.00. Un appuntamento da non perdere!




Non lasciamoci rubare i social!

A Montemurlo don Dino Pirri ha proposto un incontro sul tema “evangelizzare al tempo dei social”. Una sintesi del suo intervento

«È la curiosità quella che spinge un individuo a muovere i suoi primi passi sui social. Guai ai cristiani che non sono curiosi».

È con queste parole che Don Dino Pirri, ex assistente nazionale dell’Azione Cattolica dei Ragazzi e adesso Parroco della parrocchia Madonna della Speranza a San Benedetto del Tronto, ha dato il via all’incontro su “Evangelizzare al tempo dei social” tenutosi venerdì 8 febbraio presso la parrocchia del Sacro Cuore di Montemurlo. Di fronte ad una platea composta da giovani e non più giovani, il parroco ha raccontato come avvenne il suo incontro con queste piattaforme di comunicazione delle quali lui stesso si definisce non un esperto, ma solo un artigiano. Era l’aprile 2005, quando,  per l’elezione di Papa Benedetto XVI Don Dino si trovava in una Piazza San Pietro dove erano presenti tutte le tv del mondo; questa immagine lo aiutò a pensare quante persone siano raggiungibili tramite social e soprattutto a quanto il messaggio di cui siamo portatori noi cristiani sia il più bello da annunciare. Così nacque la voglia di “essere presente” in quegli spazi virtuali dove aveva intuito la possibilità di diffondere a più persone possibili l’annuncio del Vangelo.

Per stare in “posti nuovi” però, occorre esserne capaci: «devi saperci stare  – ha precisato don Dino – e quindi non puoi essere un turista, ma devi abitarci per un po’ di tempo per comprendere le leggi che li regolano». Anche i social – paradossalmente- hanno bisogno di dedizione e attenzione, tempo e cura, per non incorrere nell’errore di farne un uso superficiale, senza conoscere tutti i vantaggi che possono offrire. Il suo impegno nel mondo social è stato dettato da una riflessione evangelica: «Gesù è chiaro nell’indicarci dove ci chiede di andare; non chiama con sé agricoltori che seminano il proprio campo in attesa dei germogli, ma chiama pescatori, abituati a gettare le reti solo dove può esserci più pesce e quindi in un luogo potenzialmente diverso ogni giorno». Poiché il mondo stava popolando i social network Don Dino ha pensato a un’ esperienza di evangelizzazione che lo ha portato ad apprendere tantissimo, come ad esempio l’importanza di ascoltare e osservare, prima di esprimersi e commentare.

«Nella rete – ha aggiunto – trovavo l’esperienza costruttiva del contraddittorio, cosa che negli ambienti dell’associazionismo cattolico era difficile da reperire». Il periodo di servizio per l’Azione Cattolica nazionale, che lo ha tenuto lontano dalla parrocchia, ha segnato la sua necessità di immergersi in storie di vita che, non potendo toccare direttamente, riusciva comunque a reperire tra un tweet e un post dando avvio a conoscenze spesso portatrici di pareri diversi dal suo che, forse, non sarebbero mai giunte diversamente. La rete, inoltre -ha aggiunto don Dino- ha un altro vantaggio: qui tutti si confrontano alla pari; sui social ci sono regole assolutamente non discriminatorie, in quanto il comune cittadino così come il Presidente di uno stato hanno la stessa possibilità di parlare e intervenire. Don Dino ha poi affermato anche che questo non ci sottrae da una responsabilità di fondo, ovvero quella di essere consapevoli che, proprio per il carattere così aperto e accessibile dello strumento, è più semplice che la platea a cui ci rivolgiamo possa fraintendere quanto vogliamo comunicare.

«Sui social tutto è accelerato e esagerato; i rapporti nascono e si bruciano velocemente; io ci ho incontrato molte persone, ma non sono diventato amico di nessuno. Per un rapporto vero c’è bisogno di altre dimensioni di relazione». È così che oltre ai vantaggi, don Dino ha voluto delineare anche i limiti di questi mezzi di comunicazione. «Non si fissano le riunioni su whatsapp; né si programma la Quaresima; per educare dobbiamo spenderci, e quindi incontrarci». Don Pirri ha criticato un utilizzo generalizzato dei social per lo svolgimento delle attività pastorali, anche perché – come ha ribadito fortemente- la realtà è complessa, quindi difficilmente banalizzabile con un messaggio di whatsapp lanciato in un gruppo numeroso.

Don Dino ha concluso regalando ai presenti un riferimento evangelico con l’episodio dei discepoli di Emmaus. Nel racconto Gesù risorto, che ai loro occhi sembra un semplice viandante, nonostante rimprovi i discepoli apostrofandoli «stolti e lenti di cuore» (Lc 24,25) decide ugualmente di mettersi in cammino con loro e di accompagnarli verso la comprensione dell’annuncio:

«Gesù nel Vangelo è in grado di comunicare e di entrare in dialogo con le persone; anche questo, come la curiosità, è una prerogativa di noi cristiani che, in qualsiasi luogo, tempo e occasione, possiamo diventare trasmettitori della nostra fede in piena accoglienza delle opinioni degli altri».

Laura Simonetti




Missione Panama!

Caterina Pelagalli racconta la sua esperienza alla GMG di Panama

Quarantuno persone, quarantuno cuori, quarantuno bagagli diversi, quarantuno giovani e meno giovani pronti a “lasciare” la propria vita e la propria quotidianità per vivere qualcosa che rimarrà indelebile dentro di noi per sempre. Quarantuno volontari, tutti uniti da una grande ed unica passione: la Misericordia.

Siamo partiti per Panama senza sapere cosa ci aspettava, forse anche un po’ timorosi. Ma è indescrivibile ciò che abbiamo trovato. Ci hanno fatto sentire a casa, fin dal primo momento; ci hanno trattato come se fossimo loro figli, accuditi ed accompagnati per tutta l’esperienza. È difficile poter trasmettere a parole quello che ogni giorno abbiamo vissuto, impossibile poter descrivere i rapporti che sono nati tra noi ed i bomberos (i vigili del fuoco di Panama): non basterebbero paginate intere per raccontarvi ogni singola esperienza che abbiamo fatto. L’unica cosa che possiamo fare è esserne grati, grati con il cuore in mano. Grati al movimento delle Misericordie, che ha permesso ad ognuno di noi di poter crescere spiritualmente, umanamente e professionalmente; ci ha permesso di amare la nostra divisa ancora di più, ci ha fatto conoscere persone nuove, che sono entrate nel nostro cuore e da lì non usciranno mai.

Grati al Benemerito Corpo dei Bomberos, che ci ha sostenuto in ogni momento, condiviso con noi i momenti più belli della GMG. I Bomberos hanno pregato con noi e scherzato, insieme abbiamo mangiato e giocato. Ci siamo aiutati reciprocamente come se ci conoscessimo da sempre, abbiamo imparato gli uni dagli altri, abbiamo pianto insieme, ci siamo salutati all’aereoporto con il nodo alla gola. In particolar modo vogliamo ringraziare Lourdes, il tenente del corpo dei Bomberos, che ci ha accolto il primo giorno quando siamo arrivati e ci ha fatto da mamma per tutta la missione. Una persona semplice, una donna con la D maiuscola, un insieme di coraggio, fermezza, forza ed immensa dolcezza. Non la dimenticheremo mai.

Abbiamo vissuto la GMG dall’inizio alla fine, da vicino e da lontano. L’abbiamo vissuta per le strade, l’abbiamo vissuta nei ristoranti e nei supermercati, l’abbiamo vissuta sul mare e nelle chiese di Panama. Incontravamo giovani ovunque, pronti a fare una foto o lasciarci un ricordo; abbiamo ricevuto “grazie” gratuiti, come se tutti sapessero e ci fossero grati per il servizio che stavamo facendo insieme ai bomberos. Abbiamo trovato giovani pieni di gioia, canti e balli in tutta Panama, gioia dietro ad ogni angolo della città, bandiere di tutti i colori che coloravano le strade di aria nuova, genuina, fresca, viva. I panamensi ci salutavano suonando il clacson della macchina, le commesse dei negozi ci salutavano come se ognuno di noi fosse un dono che gli era stato donato, ci regalavano ricordini del posto come se niente fosse, senza che sapessero da dove venivamo e chi fossimo. Un’umanità che al giorno di oggi colpisce nel più profondo dell’anima.

E poi Papa Francesco: ancora una volta un colpo dritto al cuore; sorrisi indimenticabili che ci hanno toccato da vicino ogni volta che passava con la sua papamobile, parole con una forza devastante, capaci di cambiarti la vita, parole piene di emozione e adrenalina, come se fossero pillole di vitamine. Avete presente quando ci sentiamo stanchi, deboli, tristi e prendiamo le vitamine per tirarci su? Ecco, Papa Francesco ha un’ immensa capacità di entrarti dentro e renderti la forza per vivere la vita come il dono più prezioso che ci è stato fatto.

Voglio chiudere queste mie poche righe con una delle frasi di Papa Francesco che mi ha colpito: «Cari giovani, voi non siete il futuro ma l’adesso di Dio». Dobbiamo essere il presente, vivere l’adesso come se fosse l’unica cosa che ci rimane, dobbiamo cambiarlo se non ci va bene, dobbiamo amarlo e rispettarlo, e ringraziare il Signore per aver avuto l’opportunità di viverlo: Esta es la juventud del Papa!

 

Caterina Pelagalli




Giovani e affettività

Venerdì 22 febbraio una nuova tappa del percorso proposto dalla Pastorale giovanile diocesana “Camminava con loro”. Un incontro dedicato ai giovani della diocesi seguendo le piste di riflessione del Sinodo dei Giovani.

“Gli itinerari catechistici mostrino l’intima connessione della fede con l’esperienza concreta di ogni giorno, con il mondo dei sentimenti e dei legami, con le gioie e le delusioni che si sperimentano nello studio e nel lavoro; sappiano integrare la dottrina sociale della Chiesa; siano aperti ai linguaggi della bellezza, della musica e delle diverse espressioni artistiche, e alle forme della comunicazione digitale.

Le dimensioni della corporeità, dell’affettività e della sessualità vanno tenute bene in conto, giacché c’è un intreccio profondo tra educazione alla fede e educazione all’amore.

La fede, insomma, va compresa come una pratica, ossia come una forma di abitare il mondo” (Documento finale del Sinodo sui Giovani, n. 133)

Raccogliendo questi stimoli che ci vengono dal Sinodo sui Giovani appena concluso, continuiamo il nostro cammino di riflessione con un incontro sul tema dell’affettività.

Come i giovani possono vivere la fede nel Dio-Amore nelle relazioni concrete di amore?

L’incontro si svolgerà nella sala del capitolo della chiesa di San Francesco a Pistoia, venerdì 22 febbraio alle ore 21.00. Per preparare i gruppi giovani a questa serata, l’ufficio famiglia della Diocesi ha messo a disposizione una traccia di riflessione da proporre ai singoli gruppi parrocchiali.

Spunti di riflessione tratti dal Piccolo Principe (pdf)

 




Dalla cresima alla Wita!

Una festa della fede al ritmo di trap & rock’n’roll per testimoniare ai ragazzi che «la vita sono io insieme a Te».

«La vita con Te» è infatti la vita di chi scopre il tesoro, la perla preziosa del Vangelo. La prima giornata dei cresimati, organizzata nella chiesa di San Bartolomeo a Pistoia domenica 27 gennaio, corre sul ritmo del ritornello ideato per l’occasione da Suor Giovanna Cheli, direttrice dell’Ufficio Catechistico. Il canto muove il ballo delle centinaia di giovani cresimati, tanto che del freddo in chiesa ci si dimentica presto.

All’evento ha partecipato il vescovo Fausto Tardelli, visibilmente contento di stare insieme ai tanti ragazzi che ha cresimato in quest’ultimo anno. «Il mio tesoro è stare con Gesù!» ha commentato il vescovo rivolgendosi ai giovani cresimati. «Ma, devo dirvi, – ha continuato- il mio tesoro siete voi. Vedervi qui oggi così contenti, gioiosi e partecipi è una grande gioia! Possiate vivere una vita impegnativa, a volte faticosa, ma con il Signore!».

Il proprio «tesoro» ogni cresimato è stato invitato a scriverlo su un biglietto con il proprio nome. Nascosto in uno scrigno all’inizio dell’incontro è stato poi consegnato dal vescovo in maniera “casuale”, ad un altro tra i giovani presenti, con l’invito di accompagnare quel nome e quel «tesoro» nella preghiera.

La serata, animata dal canto, ma anche da una vivace doppia intervista sullo stile della “Iene”, ha raccontato ai ragazzi come la fede, la vita in parrocchia, la frequenza della messa o del dopocresima, non siano “roba da sfigati”, ma doni da scoprire sempre di più, opportunità di grazia da vivere nell’amicizia, occasioni per conoscere meglio sé stessi e il mondo.

Suor Claudia, dell’equipe diocesana di pastorale giovanile, ha ricordato ai ragazzi le attività proposte dalla chiesa di Pistoia per i giovani, in un’attenzione che accompagna dalla cresima alla giovinezza, fino alle soglie dell’età adulta. Per gli animatori dei gruppi di dopocresima c’è presto un appuntamento da non perdere: lunedì 4 febbraio alle ore 21 in Seminario a Pistoia per raccogliere esigenze e proposte concrete.

La Giornata dei Cresimati, organizzata dall’ufficio catechistico diocesano e animata da una vulcanica sr. Giovanna Cheli, aveva, tra l’altro infatti, l’intento di aiutare le parrocchie ad avviare un percorso di dopo cresima e approfondimento della fede.  «E ora?- ha continuato il vescovo – Ognuno dentro di sè deve decidersi ogni giorno e dirsi: sì, voglio continuare a camminare con te Signore! Lo Spirito Santo agisce in voi: aprite le vele della vostra vita!»

…è allora l’occasione giusta per ridirci: «W la Wita!»

(redazione)




Gmg 2019: Qui Panama #3

Dalla nostra inviata a Panama Caterina Pelagalli.

È stata una giornata particolarmente intensa. Il servizio è iniziato stamani mattina alle 11 ed è terminato ora (20.20). Siamo stanchi, ma pieni. Abbiamo incontrato tanta gente: la nostra divisa attira l’attenzione di tutto il mondo. Si fermano a chiedere foto, ballare e per regalarci ricordini, ringraziandoci in tutte le lingue per essere qui, avendo attraversato l’oceano per prestare servizio. È incredibile di quanta gente diversa, provenienti da paesi diversi, con culture e necessità diverse, siano accomunate da qualcosa di così grande: l’amore.

Giovedì l’arrivo del papa a Panama e il saluto ai giovani pellegrini, ieri il papa ha partecipato alla via Crucis con oltre 400mila giovani.