Uscirne è vietato ai minori

Siamo davvero consapevoli dei rischi della pornografia? Un commento a margine di un importante discorso di Papa Francesco sulla tutela della dignità dei bambini nel mondo digitale

È di qualche giorno fa la pubblicazione di un’inchiesta di Claudio Capanni uscita su La Nazione dedicata al tema della pedofilia. Un articolo terribile, nel quale si racconta come funzionano le chat in cui si condividono foto e “profili” Instagram di giovanissimi e giovanissime ignari di tutto. Il social utilizzato è Telegram, strumento perfetto per chi intende mantenere l’anonimato, perché permette di chattare senza rendere noto il proprio numero di cellulare e di non custodire nulla sul proprio smartphone (ogni condivisione avviene in cloud ed è possibile inviare messaggi e foto che si “autodistruggono”, dei quali cioè, è possibile decidere l’eliminazione dopo un minuto dalla visualizzazione). Insomma, una chat pratica e veloce nella quale si annidano anche orribili insidie. Soltanto una tra le tante modalità in cui si radica e cresce l’abuso, che da “virtuale”, laddove nomi, dati, luoghi resi noti o sottratti per adescamento, rischiano di mutarsi in occasione concreta di abuso e violenza. Papa Francesco, nel suo recente discorso ai partecipanti del convegno “Child dignity in the digital world” ha toccato molti di questi temi sensibili, come la diffusione dilagante della pornografia tra i minori: un fenomeno che pure non sembra mobilitare le coscienze.

Ansa ha recentemente dedicato un approfondimento sul rapporto tra i giovani e la sessualità ripercorrendo le ricerche della giornalista Monica Lanfranco. Secondo la sua indagine, infatti, un campione piuttosto ampio di adolescenti dichiara che «la fonte unica, primaria e assoluta di insegnamento, apprendimento ed ispirazione per la propria sessualità è la pornografia attraverso il web».  Una scoperta che probabilmente non stupisce nessuno, ma che forse dovrebbe interessare, visto che il fenomeno non tocca soltanto i diciottenni inquieti, ma comincia assai presto: già attorno agli 11 anni. Un’indagine di Skuola.net (portale e testata giornalistica assai nota tra i giovani) rivela che a quell’età un ragazzo su tre possiede sul proprio smartphone materiale compromettente. «Se un quarto dei coinvolti non è in grado di definirne le caratteristiche precise, la restante parte ha fornito maggiori dettagli; in totale -si legge nella ricerca- il materiale pornografico supera il 65%». Dati che lasciano pensare e che fanno tornare in mente la chat dell’orrore (The Shoa Party) emersa qualche settimana fa sulle cronache dei giornali: un calderone di male in cui trovavano posto bestemmie, inni al nazismo, offese agli ebrei, tanta pornografia, violenze di ogni tipo..). Un caso certamente eccezionale, ma che deve far riflettere sul materiale che circola tra le mani dei più giovani. Basti pensare alla pratica, piuttosto diffusa tra gli adolescenti, di scambiarsi foto osè che rischia di metterne a repentaglio la dignità e di esporli a rischi di ricatti online.

Siamo sicuri che anche i nostri ragazzi, proprio quelli che frequentano il catechismo in parrocchia ne siano estranei? Qualcuno di loro mi ha esplicitamente parlato – tra una risata e l’altra- di youtuber bestemmiatori seriali, mostrato video di giovanissimi che prendono a calci altri giovanissimi, raccontato di episodi di cyberbullismo in cui è dovuta intervenire la polizia postale.

Facile, su questi temi, chiamare in causa scuola e genitori più o meno inconsapevoli, più difficile sentire prendere posizione gli adulti sul tema della pornografia (per non parlare della stampa più diffusa, spesso incline a sdoganare e banalizzare la fruizione di contenuti per adulti in cui la dignità dell’uomo e soprattutto della donna è pienamente svilita) quasi che condannarla faccia scivolare in un moralismo bacchettone. Certamente non è con quella roba che si impara a vivere una sana affettività, fatta di pazienza, ascolto, rispetto, tenerezza. Quale rispetto della dignità della persona umana può crescere attraverso una proposta degradante e ferina della sessualità?

Ugo Feraci

 

 

 




Umiltà, disinteresse e beatitudine: le Chiese toscane ripartono da papa Francesco

Ripartire dal discorso di Papa Francesco alla chiesa ecclesiale per trovare nuove e incisive piste di lavoro, fare rete e cogliere le attese della chiese toscane. È l’intento di un convegno promosso dalla Commissione per la cultura e le comunicazioni sociali della conferenze episcopale toscana. All’evento, che si svolgerà sabato 23 novembre presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale parteciperanno alcune delegazioni delle diverse diocesi toscane, tra questa anche una pistoiese, che ha svolto un piccolo cammino di preparazione con la diocesi di Prato.

Umiltà, disinteresse e beatitudine sono le tre parole chiave intorno a cui si snoda l’evento a quattro anni dalla celebrazione del Convegno ecclesiale di Firenze. L’intento dell’iniziativa è rileggere proprio i contenuti e le indicazioni di quell’incontro, in particolare il discorso di papa Francesco, per trovare indicazioni di lavoro per le nostre Chiese a livello di impegno culturale e di lettura del nostro tempo.

Il programma dei lavori, che iniziano alle 9, prevede i saluti del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, e, alle 16,  l’intervento di David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, sul tema «Quale umanesimo per l’Europa».

«Stiamo vivendo un “cambiamento d’epoca” – afferma nel suo editoriale di questa settimana su Toscana Oggi l’arcivescovo Riccardo Fontana, vescovo di Arezzo, Cortona, Sansepolcro e delegato Cet cultura e comunicazioni sociali, che porterà il suo saluto ai partecipanti in apertura di convegno, – e quanti amiamo la Chiesa siamo interessati a trovare modi e linguaggi nuovi per dialogare con la società globalizzata del nostro tempo. Vi è una sofferenza diffusa, tra i cristiani più sensibili, per l’impatto sempre meno efficace che riusciamo ad avere con la gente che ci circonda. Il Papa a Firenze, quattro anni fa, durante il V Convegno nazionale, ci ha proposto un radicale cambiamento di stile. Per avvicinarci alla gente ci vuole umiltà, condivisione, accompagnamento: vicini alle famiglie, in ascolto dei problemi degli adulti del nostro tempo. Fa più danno l’ostensione del potere e la ricchezza di alcuni uomini di Chiesa, che le fragilità umane da cui noi cristiani non siamo esentati».

Su «Cristianesimo come stile. Per un nuovo umanesimo», verterà la  relazione di Christoph Theobald sj, docente di Teologia fondamentale e dogmatica al Centro Sèvres di Parigi.

Momento centrale del convegno saranno i 9 tavoli di lavoro creati intorno ad altrettanti ambiti (politica, scuola, sanità, lavoro, giovani, famiglia, ecologia, comunicazione, arte) per riflettere sulla rilevanza attuale delle Chiese toscane nella cultura del territorio.

Nel pomeriggio saranno proiettati tre video su varie esperienze ecclesiali toscane, commentati da Adriano Fabris, docente di Filosofia morale presso l’Università degli studi di Pisa, e da Basilio Petrà, preside della Facoltà teologica dell’Italia Centrale.

Le conclusioni saranno affidate al cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze.

Le tre parole scelte come titolo, «Umiltà, disinteresse, beatitudine», tratte dal discorso tenuto a Firenze nel 2015 del Papa, intendono dunque, come affermano gli organizzatori, «suggerire una riflessione a livello soprattutto di stile di vita cristiana: la proposta è quella di rileggere il tema dell’umanesimo cristiano non tanto a livello teorico o dei principi, ma piuttosto nella sua dimensione di vita concreta, di presenza e di testimonianza, di ascolto e di condivisione, con i nostri contemporanei, delle domande e delle sfide che ci troviamo a vivere».

Scarica invito




Devozione e preghiera per Santa Rita al Santonuovo

La reliquia di Santa Rita da Cascia sarà al centro di tre giorni di preghiera. Concluderà il programma la messa presieduta dal vescovo Tardelli

Gli organizzatori del concorso di poesia e narrativa intitolato a Don Cinotti, unitamente alla comunità parrocchiale di Santonuovo (Quarrata) guidata da Padre Luigi Procopio intendono accogliere la reliquia pellegrina di Santa Rita.

Nei giorni che precederanno l’inizio dell’Avvento il prezioso reliquiario sarà esposto nella chiesa parrocchiale di San Germano al Santonuovo dalle ore 8.00 alle 23.00 auspicando il risveglio fecondo della fede che ha sempre accompagnato Margherita Lotti, definita la santa dei miracoli impossibili. Affidiamo alla sua intercessione le suppliche di ogni uomo e donna bisognosi nel loro passaggio terreno.

La comunità invita quindi ad una visita, una sosta, una preghiera e presenta il programma previsto nei giorni di permanenza dal 26 novembre al 29 novembre 2019.
La chiesa parrocchiale resta altresì a disposizione per ulteriori celebrazioni oltre gli orari menzionati, previo appuntamento telefonico ai numeri presenti nel programma.

Come segno concreto dello spirito con il quale è nato e cresce il Concorso poesia e narrativa dedicato alla memoria di Don Cinotti, sarà consegnata la rimanenza attiva della IV edizione all’Alveare di Santa Rita, dove ogni giorno monache e educatori, si prendono cura delle “apette”, bambine e ragazze fino ai 18 anni con una storia difficile alle spalle. La donazione è una piccola goccia di speranza per farle crescere con l’augurio di un futuro ricco di amore.

PROGRAMMA

Martedì 26 novembre
ore 21: accoglienza della reliquia e santa messa

Mercoledì 27 novembre
ore 8.00: lodi mattutine e a seguire santo rosario
ore 17.00: vespri e santo rosario
ore 21.00: santa Messa

Giovedì 28 novembre
ore 8.00: lodi mattutine e a seguire santo rosario
ore 17.00: vespri e santo rosario
ore 21.00: santa messa con affidamento a Santa Rita presieduta dal vescovo monsignor Fausto Tardelli

Venerdì 29 novembre
ore 8.00: lodi mattutine e a seguire santo rosario
ore 17.00: vespri e santo rosario
ore 21.00: santa messa con conferimento del sacramento dell’unzione degli infermi e preghiera conclusiva

Padre Luigi Procopio e il diacono Lido sono disponibili a recarsi presso il domicilio dei malati, anziani e infermi che non possono partecipare a questa celebrazione. Si prega di contattare Padre Luigi cell. 348 2463038. Nei giorni 27/28/29 novembre la chiesa di San Germano resterà aperta dalle ore 8.00 alle 23.00.




Dall’India per servire la Chiesa

Suor Amala, madre generale delle figlie di Sant’Anna racconta la storia e la missione della congregazione a cui appartengono le “suore del vescovo”.

 

In questi giorni è presente a Pistoia suor Amala, madre generale delle figlie di Sant’Anna, la congregazione religiosa a cui appartengono le suore che fanno servizio in episcopio e attività di catechesi nel centro storico. Le figlie di Sant’Anna arrivano dall’India dove sono state fondate all’inizio del secolo scorso.

Come nasce la vostra congregazione?

La nostra congregazione è nata in India a Morapai nel 1903, ad opera dal gesuita belga Brice Meuleman, secondo arcivescovo di Calcutta. All’inizio la nostra congregazione contava soltanto quattro ragazze del regione del Bengala. Siamo nate per aiutare i bambini orfani, le giovani madri rimaste vedove e per occuparci dell’educazione delle ragazze. Gli orfani venivano accolti nel convento di Morapai, dove trascorrevano la loro infanzia accuditi dalle suore, mentre le madri in difficoltà, che venivano a chiedere aiuto al convento sono state sostenute attraverso un avviamento al lavoro; in convento imparavano a lavorare la lana. Nel corso del tempo ci siamo prodigate nell’accoglienza e nell’educazione dei bambini. Il nostro impegno si è rivolto anche nei confronti delle altre persone in difficoltà.

Come siete arrivate in Italia?

Don Orson, un sacerdote indiano amico di don Armando Zappolini che studiava a Roma, ha chiesto alla madre generale di trasferirci in Italia in Toscana. I primi luoghi che abbiamo abitato sono Perignano e San Miniato. Ci hanno chiamate a San Miniato per svolgere un compito educativo in una scuola cattolica, ma anche per servire il vescovo e lavorare in Seminario. Siamo impegnate anche nel servizio di catechesi in alcune parrocchie di San Miniato. Nella casa di riposo a Fauglia offriamo un servizio pastorale in parrocchia e di assistenza agli anziani. A Orentano, Lari e Staffoli, abbiamo altre case. Infine siamo arrivate a Pistoia.

Qual è il carisma del vostro ordine?

Il carisma della nostra congregazione è incentrato sull’educazione dei bambini e delle ragazze. Ci dedichiamo anche a promuovere percorsi di spiritualità per i giovani. Allo stesso tempo siamo impegnate nella carità e nell’assistenza agli anziani.

La nostra congregazione ha avuto la gioia di accogliere Madre Teresa, che – a partire dal 1944 – è stata insegnante di geografia e catechismo in una nostra scuola, la St. Mary School di Calcutta. Madre Teresa all’epoca, apparteneva alle suore di Loreto, ma per questo suo servizio fu affidata alla nostra congregazione. Ci piace sottolineare la sua grande dolcezza e umanità e il suo spirito di fratellanza cristiana, per cui possiamo dirci “fratelli e sorelle”. Tra l’altro l’abito delle Missionarie della Carità fondata da Madre Teresa è molto simile al nostro: il sari bianco che indossiamo si differenzia dal loro perché ha due righe blu, invece di tre.

Quale servizio svolgono le suore che abita a Pistoia?

Attualmente a Pistoia abitano tre suore: Angela, Anna e Francesca. Si occupano del vescovo e di custodire il palazzo episcopale, ma soprattutto sono impegnate nell’opera di catechesi a San Paolo. Non vengono mai meno al loro compito di avvicinare i giovani all’amore di Cristo. Molti ragazzi non vengono al catechismo, altri sono un po’ distratti, noi vogliamo invogliarli a tornare in Chiesa, a seguire il Signore. Purtroppo anche in India non ci sono molte vocazioni perché i giovani sono distratti dai mezzi di comunicazione e dai modelli proposti dalla società di oggi.

Daniela Raspollini

Nella foto: da sinistra: Suor Anna, Suor Francesca, Suor Amala madre generale, Suor Angela




Giornata del Ringraziamento: a Quarrata una messa con il vescovo Tardelli

«Dalla terra e dal lavoro: pane per la vita» è il titolo del messaggio dei vescovi italiani firmato dalla commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.

A Novembre, mese che tradizionalmente segna la chiusura dell’annata di lavoro nelle campagne, si rinnova per gli agricoltori della Coldiretti la celebrazione della tradizionale festa del ringraziamento. Una ricorrenza nata nel 1951, in pieno dopoguerra, con l’intento di ringraziare il Signore al termine dell’annata agraria per il raccolto. Oggi la festa del ringraziamento è ricordata su tutto il territorio nazionale con cerimonie religiose, l’offerta dei prodotti della terra, incontri nelle piazze con esposizione di mezzi agricoli, degustazioni per ricreare la solidarietà e la socialità tipica del mondo agricolo. Questa ricorrenza si è imposta nel tempo nella tradizione rurale, divenendo occasione non solo di festa ma anche di socializzazione e di riflessione sui temi e i problemi che attraversano il mondo dei lavoratori della terra. Accanto a questa dimensione sociale e comunitaria vive ancora il senso antico e radicato di devozione che la gente dei campi vuole esprimere dicendo “grazie” per il pane, l’olio, il vino, per i frutti della terra, per l’acqua che disseta, per gli animali, le piante e i fiori che rallegrano la nostra vita. Un sentimento che si accompagna bene all’invito di Papa Francesco: «entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della comunione con Dio che era prima del peccato delle origini».

Per la 69° giornata del Ringraziamento i vescovi italiani hanno fatto sentire la loro vicinanza ai lavoratori della terra con un messaggio incentrato sull’auspicio che «il pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, diventi alimento di vita, di dignità e di solidarietà».

Nel messaggio, dal titolo «Dalla terra e dal lavoro: pane per la vita»,  si sottolinea, dunque, il forte legame tra il pane e il lavoro, si richiama il valore dell’Eucaristia e un’agricoltura responsabile, perché la terra va “gestita” con saggezza «rispettando la terra e i suoi frutti, valorizzandone la biodiversità».

Il messaggio dei vescovi italiani invita i lavoratori della terra ad essere coscienti dell’altissimo compito loro affidato: essere rispettosi custodi del creato; un invito che, in piena sintonia con l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco porta anche a riflettere sulla necessità un’ecologia integrale, al fine di garantire «condizioni giuste ed equa remunerazione, evitando ad esempio le forme di caporalato, di ‘lavoro nero’».

Il messaggio offre poi un richiamo al “pane” davvero bello e ricco di significato. Il “pane” infatti è inteso da tutti noi come sostentamento, come possibilità di vita, come risposta ad un bisogno primario da soddisfare perché se manca nascono tensioni sociali e conflitti laceranti ed è la vita stessa ad essere messa a rischio. C’è un forte legame tra il pane e il lavoro, tanto che alcune espressioni come “guadagnare il pane” o “portare a casa il pane” indicano l’attività lavorativa umana.

Il pane, che è anche «germe di pace, generatore di vita assieme», ammoniscono i vescovi, «non può essere usato per vere e proprie guerre economiche, che i paesi economicamente forti conducono sul piano della filiera di commercializzazione, per imporre un certo tipo di produzione ai mercati più deboli». È un richiamo forte alla responsabilità rivolto ai vari “attori” del settore di tutta la filiera, dai produttori ai consumatori finali, dunque – ammoniscono i vescovi italiani- «il pane sia accolto in stili di vita senza spreco e senza avidità, capaci di gustarlo con gratitudine, nel segno del ringraziamento, senza le distorsioni della sua realtà. Nulla – neppure le forme della produzione industriale, inevitabilmente tecnologiche e con modi di produzione che talvolta modificano geneticamente le componenti di base – deve offuscare la realtà di un pane che nasce dalla terra e dall’amore di chi la lavora, per la buona vita di chi lo mangerà. Il pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, diventi alimento di vita, di dignità e di solidarietà».
Selma Ferrali

In Diocesi la festa del Ringraziamento, realizzata a cura della Coldiretti Pistoia, sarà celebrata a Quarrata, con una santa messa presieduta del vescovo Tardelli nella parrocchia di Santa Maria Assunta domenica 17. La festa, cui parteciperanno diversi agricoltori con i loro mezzi che saranno benedetti al termine della celebrazione, sarà chiusa da un momento di condivisione e da un agroaperitivo.

Programma

17 novembre 2019 — Quarrata

ore 10: Ritrovo trattori ed altri mezzi agricoli, Piazza Aldo Moro
ore 11: Santa Messa, Chiesa Santa Maria Assunta celebrata dal vescovo di Pistoia monsignor Fausto Tardelli
ore 12: Benedizione dei trattori e degli altri mezzi agricoli
ore 12.30: Agriaperitivo con piatti della tradizione a cura dei produttori agricoli della rete Coldiretti-Campagna Amica




Fare chiesa, fare futuro, fare unità nella diversità

I vescovi della Toscana incontrano le aggregazioni laicali

Un incontro per ascoltarsi e imparare a “fare unità”. Un impegno che sarà al centro dell’incontro tra la Conferenza Episcopale Toscana e la consulta regionale dei rappresentanti delle aggregazioni laicali e delle consulte diocesane. L’incontro, previsto alla Certosa di Firenze per la mattina di sabato 16 novembre prevede un’introduzione del vescovo di Pistoia mons. Fausto Tardelli, che è il segretario e delegato cet al laicato ed all’osservatorio giuridico-legislativo. Seguirà la relazione della segretaria generale della Consulta regionale toscana (Cral) Sandra Cavallini. Il cuore dell’incontro saranno però le testimonianza delle consulte diocesane e delle aggregazioni laicali regionali. Nei loro contributi troveranno spazio le vicende e le tante anime delle aggregazioni laicali toscane, ma anche uno sguardo differenziato su punti di forza e criticità delle nostre diocesi.

In vista dell’incontro aggregazioni e consulte diocesane hanno poi riflettuto insieme su alcuni punti “scottanti” della pastorale: come le aggregazioni laicali possono sostenere il clero locale, che cosa le aggregazioni chiedono al clero, che cosa il clero chiede alle aggregazioni. Domande di peso che invitano ad un dialogo talvolta faticoso se non del tutto assente, che segnalano anche l’importanza di far emergere le voci ecclesiali di un territorio animato da tante sensibilità, carismi e generosa disponibilità umana. L’incontro di sabato prossimo sarà dunque un’ottima occasione per avanzare nella sinodalità e nell’unità.

Rosanna Caselli

Cos’è e chi c’è nella Consulta

La Consulta regionale delle aggregazioni laicali (Cral), promossa dalla Conferenza episcopale toscana è l’espressione delle aggregazioni laicali di apostolato e lo strumento per valorizzare la comunione e la collaborazione reciproca.  La Cral è il luogo nel quale esse vivono in forma unitaria il rapporto con le chiese particolari, offrendo la ricchezza delle loro possibilità apostoliche e accogliendo fattivamente i programmi e le indicazioni pastorali dell’Episcopato.

La presidenza della consulta regionale ha per presidente il vescovo Fausto Tardelli, che è coadiuvato da quattro copresidenti – tre eletti e uno di diritto appartenente all’Azione Cattolica-, affiancati da un segretario generale e dal tesoriere.

Nella Cral sono poi raccolte tutte le aggregazioni laicali che hanno un risvolto regionale più i rappresentanti delle singole consulte diocesane. Queste sono le realtà raccolte nella Cral: Acli, Acos (associazione cattolica operatori sanitari), Agesc (associazione genitori scuole cattoliche), Aimc (maestri cattolici), Amci (medici cattolici), Azione Cattolica, Centro italiano femminile, Centro Sportivo italiano, Coldiretti Tocana, conferenza di san Vincenzo de’ Paoli, confederex (confederazione italiana ex alunni ex alunne della scuola cattolica), Fuci, federazione misericordie toscane, gruppi di preghiera di Padre Pio, Gruppi di volontariato vincenziano, Mac (movimento apostolico ciechi), Masci (movimento adulti scout cattolici Italiani), opera di Maria focolari, opera gioventù La Pira, rinnovamento nello Spirito, rinascita cristiana, Serra club, Uciim (unione cattolica italiana di insegnanti, dirigenti, educatori e formatori), Ucsi (unione cattolica stampa italiana), Unitalsi, Agesci, rete mondiale di preghiera.




Una serata di preghiera e fraternità

Domenica 10 novembre, nella memoria di San Leone Magno è stata celebrata la festa del seminario diocesano

 

Si è svolta lo scorso 10 novembre la festa del santo patrono del Seminario diocesano san Leone Magno. Dallo scorso anno questa ricorrenza è divenuta occasione per creare un momento di preghiera e di convivialità tra i seminaristi e i sacerdoti della nostra diocesi.

La festa ha avuto inizio con la preghiera dei vespri nella chiesa di Santa Chiara, presieduta dal vescovo Tardelli. A seguire, nell’aula magna del seminario si è tenuto il saluto del rettore don Ugo Feraci che ha ricordato come quello appena trascorso sia stato un anno importante che ha visto un cambiamento di presenze all’interno del seminario con l’ordinazione presbiterale di don Alessio Bartolini e don Eusebiu Farcas, e l’ingresso di due nuovi allievi Daniele Masciotra e Giordano Cavallo che si sono aggiunti a Maximilien Baldi, Andrea Torrigiani e Alessio Biagioni. Dopo la presentazione dei due nuovi arrivati, i seminaristi hanno animato il pomeriggio con foto e video riguardanti sia la loro vita in seminario a Firenze in cui risiedono durante il periodo di studio, sia le varie esperienze vissute insieme nell’ultimo anno.

Con l’aiuto di alcune foto è stato possibile anche ripercorrere alcuni tratti di storia del nostro seminario, grazie anche all’aiuto e alla memoria dei sacerdoti più avanti negli anni presenti all’incontro.

La serata si è conclusa con una cena a cui hanno preso parte il vescovo Fausto Tardelli, il rettore, i seminaristi e tutti i sacerdoti intervenuti.

Significative le parole del “decano” del seminario Maximilien che, nel ringraziare i sacerdoti presenti, ha sottolineato quanto occasioni come questa contribuiscano a mantenere viva l’identità pistoiese anche se i seminaristi soggiornano e svolgono i loro studi Firenze, ed ha messo in evidenza l’importanza dell’aspetto comunitario dando testimonianza della bellezza della relazione che c’è fra seminaristi, i quali, più di una comunità costituiscono una fraternità in cui al primo posto c’è l’amore di Gesù che unisce. Sincera e profonda da parte dei seminaristi ai sacerdoti e a tutte le comunità, è la richiesta di preghiere per il loro cammino e il dono di nuove vocazioni.

Ogni sabato mattina alle ore 8, nella chiesa di Santa Chiara, i seminaristi pregano lodi mattutine e celebrano la santa Messa e invitano tutti coloro che lo desiderano ad andare a trovarli per unirsi a loro nella preghiera.

È possibile rimanere aggiornati sugli appuntamenti del nostro seminario attraverso i profili Facebook ed Instagram.

Daniele Masciotra

Una comunità che cambia e cresce

Nuovi ingressi in Seminario e lavori in corso nella struttura di via Puccini

Per il seminario diocesano quello passato è stato un anno di svolta: la comunità ha infatti accompagnato al presbiterato Alessio Bartolini ed Eusebiu Farcas. Oggi i seminaristi “quarratini” – cementati dall’esperienza del seminario in Diocesi – sono rimasti in due: Maximilien Baldi e Andrea Torrigiani. Alessio Biagioni nel frattempo prosegue la sua formazione presso l’Almo Collegio Capranica di Roma. Quest’anno sono invece arrivati a Pistoia due nuovi seminaristi. Dopo aver superato l’anno propedeutico, Daniele Masciotra e Giordano Cavallo hanno fatto il loro ingresso ufficiale in seminario.

Daniele (36 anni) arriva dalla parrocchia di Santa Maria Madre della Chiesa di Oste (Montemurlo) dove svolge da anni servizio pastorale ed è impegnato nella Caritas e nella pastorale giovanile, mentre Giordano (45 anni) è originario di Foggia. Dopo diversi anni a Torino con la famiglia si è poi trasferito per lavoro in Toscana. Da qualche anno frequenta la parrocchia di San Michele Arcangelo a Comeana.

I seminaristi frequentano il Seminario Interdiocesano di Firenze, dove portano avanti la loro formazione insieme ai seminaristi di molte altre diocesi toscane: Firenze, San Miniato, Siena, Grosseto, Montepulciano-Chiusi-Pienza, Pitigliano-Sovana-Orbetello. Da quest’anno anche Prato ha consegnato al Seminario Fiorentino l’ormai unico seminarista; così, dopo tanti anni, le due diocesi sorelle camminano di nuovo insieme nel percorso seminaristico.

Quest’anno poi, non poteva mancare un ricordo speciale di monsignr Frosini, che del seminario di Pistoia è stato rettore per diversi anni, per la precisione dal 1963 al 1977. Il ricordo è stato affidato ad copia di un suo articolo per «L’Attesa», il giornalino del seminario di Pistoia, scritto all’indomani della chiusura del Concilio nel dicembre 1965. Sappiamo quanto il Concilio Vaticano II sia stato decisivo per la vicenda di monsignor Frosini, per questo il suo articolo “Dopo il Concilio” tocca il tema delle vocazioni sacerdotali – fin dall’attacco: «il Concilio è finito, il Concilio comincia»- con quell’urgenza di appello che era un po’ una cifra del suo stile.

Un ultima nota è riservata ai lavori effettuati in questi mesi in Seminario. Qui, infatti, sono ormai quasi ultimate alcune camere riservate ai seminaristi nell’ala destinata a Foresteria. Gli ambienti, rinnovati nei servizi e rimbiancati, sono in comunicazione con il corridoio del primo piano e separati dalla zona riservata a Foresteria per mezzo di una parete tramezzo nel corridoio. In queste stanze – cinque camere e una grande sala comune, più i servizi – i seminaristi potranno alloggiare durante il tempo del rientro in Diocesi, nel fine settimana e durante i tempi forti dell’anno liturgico. Una realizzazione che rivitalizza il Seminario con la sua missione specifica.

Ricordiamo che il Seminario si sostiene anche grazie alla generosità e all’attenzione della diocesi stessa; come insegna il Concilio nel decreto Presbyterorum ordinis (n. 11) l’impegno nel promuovere e sostenere le vocazioni sacerdotali non tocca soltanto il clero, ma tutto il popolo cristiano, a cui « va insegnato che è suo dovere collaborare in vari modi – con la preghiera insistente e anche con gli altri mezzi a sua disposizione a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina».

Chi intendesse fare, o indirizzare un’offerta al Seminario vescovile per sostenere la formazione dei seminaristi può farlo contattando Stefano Mazzeschi (0573 359610) oppure inviando un bonifico a: Seminario Vescovile di Pistoia (Banca di addebito: BANCO BPM S.P.A. – Iban: IT 58 Z 050 34138 0000 0000 0022 03).

Ugo Feraci

 




Festa per i centri diurni di Monteoliveto

La dottoressa Carla Tarani, direttrice della Casa dell’Anziano, racconta il lavoro quotidiano dei due centri diurni gestiti dalla Fondazione Sant’Atto. Domenica 17, sarà riproposta la “festa dell’anziano”: un evento aperto a tutti per celebrare e condividere il cammino a servizio della terza età.

Torna quest’anno, il 17 novembre, la festa dell’anziano promossa dall’associazione “Casa dell’Anziano- Monteoliveto”. Il centro è una delle realtà gestite dalla Fondazione Sant’Atto, costituita da qualche anno in seno alla Diocesi per coordinare l’azione sociale, assistenziale e culturale di associazione ed enti diocesani. Tra le attività più importanti il centro Alzheimer e la casa dell’anziano di Monteoliveto, di cui è direttrice la dottoressa Carla Tarani.

Dottoressa Tarani, i due Centri diurni di Monteoliveto voluti dal vescovo Simone Scatizzi, uno per anziani non autosufficienti e uno per malati di Alzheimer, cosa rappresentano oggi per la città?

Sono punti di riferimento per tante famiglie. Infatti permettono ai familiari, durante il giorno, quando gli ospiti si trovano nei centri, di svolgere con serenità le incombenze quotidiane. I centri garantiscono agli ospiti attività collettive mirate al recupero o al mantenimento delle capacità fisiche ed intellettive, un pasto preparato secondo le indicazioni del dietologo, riabilitazione individuale con fisioterapista, terapie farmacologiche, cura della persona. Tutti i giorni è presente un infermiere. Un geriatra monitora i singoli pazienti ed è a disposizione dei familiari per ogni loro necessità. Possiamo anche contare sulla preziosa collaborazione del professor Giulio Masotti e del dottor Carlo Biagini. Alla sera il rientro permette agli ospiti il reinserimento nell’ambiente familiare (la propria abitazione, i figli, i coniugi), di non sentirsi sradicati.

Domenica 17 novembre riproporrete, dopo un periodo di sosta, la tradizionale “Festa dell’anziano”; interverrà anche il professor Masotti, presidente onorario della società Italiana di geriatria e gerontologia. Qual è stato il suo impegno presso la vostra associazione?

Il professore ha avuto ed ha un ruolo importante. Le sue indicazioni, i suoi consigli, sia nel momento della realizzazione dei centri che nella loro conduzione, sono stati e sono preziosi. La sua esperienza, unita alla grande disponibilità, garantisce ai centri una costante presenza altamente qualificata.

Quale messaggio si sente di dare in occasione della festa?

Con la cessione dell’attività alla Fondazione Sant’Atto per l’inclusione e la solidarietà onlus, che quindi attualmente gestisce la struttura di Monteoliveto, abbiamo sospeso l’organizzazione della annuale festa degli anziani. Quest’anno, d’intesa con la Fondazione, abbiamo deciso di ripristinare questa iniziativa che, in passato, ha riscosso grande successo. È una occasione per ritrovarci e stare insieme, per partecipare alla santa messa, che sarà presieduta dal vescovo Tardelli (ore 10.30), all’intervento del professor Masotti (ore 11.30) e partecipare al pranzo. Per noi è importante sentire che la città è vicina, che i pistoiesi conoscono e apprezzano l’impegno quotidiano. Per questo vi aspettiamo numerosi. Ricordiamo che per partecipare al pranzo, gentilmente offerto dalla fondazione Sant’Atto, occorre prenotarsi entro e non oltre l’11 novembre allo 0573 975064 oppure allo 0573 359610.

Daniela Raspollini

Associazione “Casa dell’Anziano – Monteoliveto”
Via Bindi, 16 – 51100 PISTOIA
Direzione: tel. 0573-975064
Centro Diurno Monteoliveto per non autosufficienti: tel. 0573 28328
Centro Diurno Alzheimer: tel. 0573 977328




Il “respiro” dello Spirito nelle icone

Presso il monastero delle Clarisse di Pistoia un ricco programma di appuntamenti con l’arte delle icone.

Presso il Laboratorio san Damiano di Pistoia si è appena svolto il XIX corso d’iconografia: otto persone, provenienti da varie città d’Italia e da Parigi, si sono riunite sotto la guida del maestro Giancarlo Pellegrini per realizzare un’icona della Madre di Dio Eleousa, il cui modello è conservato presso il Museo di Palazzo Montanari a Vicenza. Questa antica icona è stata realizzata nella seconda metà del XV secolo dalla scuola di Novgorod, con un linguaggio pittorico a metà tra quello di Andrej Rublëv e il maestro Dionisij. Gli allievi sono stati invitati a vivere un’unica esperienza pittorica, producendo una copia spirituale dell’icona che utilizza l’antico metodo di pittura con colori naturali, terre e minerali, addizionati con un’emulsione a base di tuorlo d’uovo e vino bianco. In antico, infatti, non esistevano prodotti di sintesi chimica, per questo il lavoro iconografico attuale desidera rimanere il più fedele possibile alle tecniche del passato, a garanzia della qualità del lavoro (i colori naturali rimangono inalterati nel tempo), ma anche nell’intento di sperimentare una tecnica pittorica di grande valore storico e spirituale.

Manola Noci

Calendario dei prossimi corsi

Nei giorni dal 27 al 30 dicembre / 18-19 gennaio / 25-26 gennaio
San Luca iconografo della Madre di Dio – Scuola di Pskov – maestra Francesca Pari

Corso dello studio del volto
Dal 9 al 15 gennaio 2020 Il corso è a cura del maestro Aleksandr Stalnov.
Programma

Disegno iconografico: approfondimento del disegno e costruzione del volto, armonia del disegno in iconografia, come si applica la costruzione in iconografia.

Colori nella pittura del volto: struttura coloristica – approfondimento dell’uso della pittura e dei toni in varie tecniche del sankir.

Approfondimento: procedimento pittorico del volto.

Corso del fine settimana: un volto a scelta fra due
Nei giorni 1-2 febbraio/29 febbraio-1 marzo/14-15 marzo/28-29 marzo 2020 – maestra Francesca Pari

Corso residenziale (livello avanzato): Anastasis
11-20 febbraio 2020 – maestro Giancarlo Pellegrini

Corso residenziale (1° livello): Arcangelo Michele
13-20 febbraio 2020 – maestro Giancarlo Pellegrini

Corso residenziale (2° livello)
21-30 aprile 2020 – maestro Aleksandr Stalnov
29 giugno-7 luglio 2020 – maestra Christina Prokhorova
11-18 luglio 2020 – San Giacomo Maggiore – maestra Francesca Pari

INFO: laboratoriosandamiano@gmail.com




Il tempo dell’accoglienza è tempo di vita

Riflessione dell’Azione Cattolica di Pistoia sui dati e sulle reali situazione del fenomeno migratorio

Da tempo assistiamo a dibattiti sul tema dell’immigrazione, dibattiti che perlopiù parlano alla pancia delle persone senza però affrontare il tema in maniera approfondita e coerente. Come laici impegnati di Azione Cattolica ci siamo resi conto che vi era necessità di affrontare con i nostri associati e con la cittadinanza interessata la questione immigrazione non più in senso etico o politico, bensì in senso reale, ovvero capire il fenomeno, la sua rilevanza e i sistemi di accoglienza attivi.

Il 19 ottobre alle 17.00 si è svolto presso la sala soci della Coop di Pistoia l’evento formativo ed informativo di Azione Cattolica dal titolo «È tempo di Accogliere».

La scelta della location non è casuale. Abbiamo scelto un luogo pubblico, neutro, immerso nella quotidianità delle persone per parlare di un tema, come quello dell’immigrazione, che non è assolutamente straordinario o urgente, bensì si configura strutturale nei flussi sociali e quindi significativamente incisivo nella vita delle persone. Erano presenti in sala tre relatori: l’avvocato Lorenzo Pratesi del Foro di Pistoia, Sabina Pampaloni per il diaconato Valdese e Francesca Meoni operatrice e vice direttrice della Caritas di Pistoia.

Nella sua introduzione, Valentina Raimondo, già presidente di Azione Cattolica, ha presentato il fenomeno: «Le migrazioni sono un fenomeno intrinseco dell’evoluzione umana, da sempre l’uomo si sposta per motivi di salute, economici, di famiglia e lavoro. Nell’ultimo decennio si assiste alle cosiddette migrazioni forzate, ovvero un flusso di persone, che assumono lo status di rifugiato, richiedente asilo e apolide, che senza volerlo o poterlo scegliere sono costretti al lasciare il proprio paese di origine. A fine 2018 i migranti forzati sono 70,4 milioni di persone di cui il 57% scappano dalla Siria, Afghanistan e Sud Sudan e il 34 % dall’Africa centrale. L’80% scappa nei paesi vicini e non negli stati europei. I paesi che accolgono di più sono la Turchia, il Pakistan e il Libano. Tra i primi 10 paesi nel mondo capofila dell’accoglienza vi è solo un paese europeo, ed è la Germania, mentre l’Italia, nella prospettiva mondiale, riceve un poco flusso. Nel 2017 ha accolto e riconosciuto 131mila persone tra rifugiati e richiedenti asilo. In toscana i dati scendono ulteriormente e siamo la sesta regione d’Italia come numeri sull’accoglienza». Allora di quale urgenza stiamo parlando?

Sicuramente l’Italia ha delle difficoltà sul fenomeno dell’immigrazione di natura gestionale e di processi di inclusione, ma non sull’urgenza dei numeri. Con l’avvocato Pratesi abbiamo cercato di comprendere la storia della legislazione Europea con un focus mirato ai più recenti concordati e al Decreto Sicurezza. È emerso un quadro incerto e confuso che appare più incentrato sulla risoluzione del fenomeno in senso propagandistico che in senso reale e oggettivo. Emerge inoltre un’Italia che zoppica nel tradurre per l’amministrazione dello stato i valori cristiani e illuministici che hanno sempre contraddistinto il nostro paese.

A supporto di uno Stato in difficoltà, nell’inquadrare eticamente il fenomeno e nel gestirlo in senso di politiche sociali, vi sono le Chiese cristiane che si sono sempre contraddistinte nell’anticipare nelle buone prassi l’accoglienza e l’assistenza degli ultimi in ogni epoca storica. Sabina Pampaloni ci ha raccontato dell’esperienza principe dei corridoi umanitari: dalla selezione nel paese di origine alla conclusione del processo di integrazione, la famiglia che ha motivo di temere per la propria vita viene seguita da un’equipe di esperti per rispondere non solo alle necessità burocratiche amministrative ma anche a quelle socio-relazionali e psicologiche. Sabina Pampaloni sottolinea che i corridoi umanitari godono di accordi specifici con le Prefetture e pertanto i tempi di attesa si riducono notevolmente, dettaglio che incide particolarmente nell’esito di successo del percorso migratorio. Ciò che riesce a fare un migrante in un anno se è stato accolto attraverso i corridoi umanitari, non riesce a farlo un migrante in 4 anni che è stato assegnato ad un CAS. Da qui è ripartita Francesca Meoni raccontando la realtà pistoiese, le sue difficoltà e cosa Caritas sta portando avanti in termini di accoglienza.

Francesca, con molti anni di esperienza, non può sottolineare le contraddizioni, le sofferenze e i gravi processi di esclusione che il Decreto sicurezza sta facendo. Vi sono molte persone che dall’essere beneficiario di protezione umanitaria diventa un fantasma senza più diritto di accoglienza e assistenza. È per questo motivo che si è costituita la Rete Terra Aperta: una rete solidale e per l’accoglienza pistoiese. Molte realtà, tra cui AC, portano avanti iniziative di approfondimento ma anche di accoglienza in termini concreti di tutti coloro che per svariati motivi non vedono garantito il loro diritto ad un percorso di inclusione.

Valentina Raimondo