La consulta si rinnova: nuove nomine regionali

Si è tenuta sabato 28 settembre, presso il seminario di Pistoia, l’Assemblea elettiva della CRAL (Consulta regionale delle aggregazioni laicali) Toscana. Monsignor Fausto Tardelli, assistente della CRAL Toscana, nel discorso di apertura ha ricordato l’importanza e l’impegno dei laici nella Chiesa, rifacendosi alle linee programmatiche dell’esortazione apostolica Evangelium gaudium di Papa Francesco. È stato poi presentato il prossimo incontro del 16 novembre presso la Certosa di Firenze dove tutte le consulte laicali diocesane e le aggregazioni regionali incontreranno i vescovi toscani, per un confronto sul ruolo dei laici nella Chiesa e per cercare nuove vie per una presenza che sia lievito nella società in ambito politico, sociale ed economico.

Al termine si è rinnovato l’ufficio di presidenza con l’elezione a segretaria generale della CRAL Toscana di Sandra Cavallini dell’AIMC, proveniente dalla consulta di Livorno, e dei copresidenti Rosanna Caselli del Movimento dei Focolari dalla Consulta di Pistoia, di Mario Battiato dell’UCIIM dalla Consulta di Prato e di Massimo Guerrieri dell’AIMC dalla consulta di Pistoia. Tesoriere in carica è Alberto Toccafondi, che potrebbe essere riconfermato dalla neopresidenza. La neoeletta Sandra Cavallini, ringraziando per la fiducia accordata, ha rivolto un commosso ricordo di Mario Macaluso, prematuramente scomparso di recente che con tanto zelo ha operato all’interno della CRAL e del Forum delle famiglie toscane. Quindi, riprendendo da dove lui improvvisamente ha lasciato, ha così sintetizzato il proprio mandato: «il sogno di fare unità tra le anime dell’associazionismo cattolico».

S.C.




La domenica della Parola di Dio

Con il motu proprio “Aperuit illis” papa Francesco ha indetto una giornata dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio

Nella festa di San Girolamo (30 settembre), il santo  che dedicò tutta la vita alla Sarittura traducendo dall’ebraico e dal greco il primo e secondo testamento, il Papa ha firmato la lettera apostolica, in forma di Motu Proprio, «Aperuit illis» con la quale viene istituita la Domenica della Parola di Dio: «stabilisco, che la III Domenica del Tempo Ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio».

Ad intitolare questa lettera è l’epilogo dell’esperienza dei due discepoli di Emmaus, i quali , riconosciuto il Signore Risorto, dopo aver condiviso con lui il cammino della vita passando dalla tristezza alla gioia, corrono ad annunciare a tutti la Sua presenza, preparando l’incontro con lui di tutta la comunità; allora, dice Luca il Signore «Aprì loro la mente per comprendere le Scritture» (Lc 24,45). Sappiamo quale itinerario portò i discepoli di Emmaus a riconoscere il Risorto: da lui affiancati rivisitano, grazie alle sue parole ferme ed efficaci, la loro fatica di credere e sperimentano la guarigione dalle durezza di cuore. Attraverso le Scritture il Risorto reinterpreta quindi la sua vita, la sua morte e introduce alla sua Resurrezione. Gradatamente il cuore si riscalda e dall’ascolto scaturisce la condivisione del pasto. L’accoglienza, l’ospitalità del Signore che dona di nuovo la sua vita nella frazione del pane portano quei due occhi spenti a brillare di nuovo di luce e a vedere ciò che non avevano mai visto così chiaramente fino allora. Il Signore interiorizzato da loro diviene in loro corsa, ritorno a Gerusalemme, gioia di annunciare e condividere la verità vista di persona. E ciò che è avvenuto a loro diviene in una nuova apparizione esperienza di tutti. Così il Signore aprì gli occhi dei primi cristiani e si fece vedere Risorto, così –dice il Papa – apre i nostri occhi.

La domenica della Parola permette di evidenziare infatti che «la relazione tra il Risorto, la comunità dei credenti e la Sacra Scrittura è estremamente vitale per la nostra identità. Senza il Signore che ci introduce è impossibile comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo» (AI1).

Questa iniziativa di Papa Francesco è un frutto del Giubileo straordinario della misericordia, che si era concluso con la richiesta del Papa di dedicare una domenica nella quale tutta la Chiesa potesse comprendere quale ricchezza è racchiusa nel costante dialogo di Dio con il suo popolo (AI,2). Così in una domenica dell’Anno liturgico, quella che si avvicina alla giornata dedicata a rafforzare i legami con i fratelli ebrei ai cui segue la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (AI,3), possiamo rivivere il gesto del Risorto che apre gli occhi della nostra mente per vedere il suo amore di misericordia, il tesoro della sua Parola, che ci spinge ad essere nel mondo annunciatori di questa inesauribile ricchezza.
Gratitudine, impegno quotidiano, responsabilità coerente davanti alla Parola viva che il Signore Risorto non fa mai mancare alla Chiesa sua Sposa. Non mancano infatti nella Chiesa le occasioni di ascolto e le iniziative bibliche che permettono di rendere accessibile la Sacra Scrittura ai credenti. Papa Francesco suggerisce che in questo giorno in modo particolarmente solenne la Parola di Dio sia messa al centro della comunità intronizzandola e laddove ce ne sia l’opportunità istituire in questo giorno il ministero del lettorato, o un ministero simile che ricordi l’importanza della proclamazione della Parola nella Liturgia. Così come si preparano i ministri straordinari della Eucarestia è quanto mai opportuno preparare anche i lettori. Non solo celebrare la Parola, ma anche diffonderla in questo giorno e soprattutto custodirla con la vita attraverso la lettura quotidiana, la preghiera che nasce dalla Scrittura Sacra e dalla lectio divina. Dice il Papa che questa deve essere una domenica che risignifica tutta la nostra vita in rapporto alla Scrittura Sacra.
Questi aspetti non sono riservati agli addetti al lavoro, ma a tutti i credenti, come diceva san Gregorio Magno: della Parola viva del Signore ne abbiamo bisogno tutti; non si può dire « non sono un monaco, ma ho moglie, figli, la cura della casa. Questo è quello che ha rovinato tutto: che pensiate che la lettura della Parola riguardi solo i monaci». La Bibbia «appartiene a tutto il popolo convocato» non a pochi, né – dice il Papa – a chi la relega a gruppi prescelti che vorrebbero monopolizzarne la lettura.

La Bibbia è il libro del popolo del Signore che è convocato attraverso la sua Parola passando così dalla dispersione all’unità. Omelia, catechesi sono strumenti e contesti privilegiati di annuncio: ci vuole un linguaggio semplice e adatto ai destinatari perché tutti possano gustare la bellezza delle immagini usate dal Signore per stimolare tutti al bene. La familiarità con le Scritture e lo studio è anche la via per il rinnovamento della catechesi dice il Papa, per cui gli stessi catechisti sono invitati incessantemente ad andare a questa fonte per favorire il dialogo tra quanti ascoltano e la Parola di Dio. «È profondo il vincolo tra la Sacra Scrittura e la fede dei credenti. Poiché la fede proviene dall’ascolto e l’ascolto è incentrato sulla parola di Cristo (cfr Rm 10,17), l’invito che ne scaturisce è l’urgenza e l’importanza che i credenti devono riservare all’ascolto della Parola del Signore sia nell’azione liturgica, sia nella preghiera e riflessione personali» (AI,7). «Cristo, dice ancora il Papa, è il primo esegeta! Non solo le Scritture antiche hanno anticipato quanto Egli avrebbe realizzato, ma Lui stesso ha voluto essere fedele a quella Parola per rendere evidente l’unica storia della salvezza che trova in Cristo il suo compimento». La fede nella resurrezione si fonda quindi nella Scrittura, che testimonia la storicità dei fatti accaduti e ci educa a percepirne la forza profetica, per cui quella Parola che si è compiuta per Gesù, nell’«oggi» della sinagoga di Nazareth, torna ad avere la stessa valenza, nel nostro «oggi» di credenti.

C’è un altro fatto importantissimo da sottolineare per cogliere il messaggio di questa lettera: il rapporto tra Scrittura ed Eucarestia. La giornata della Parola di Dio si colloca infatti sullo stesso piano del Corpus Domini, in modo da celebrare non solo il Suo Corpo e il suo Sangue ma anche la sua Voce. Il suo Corpo è vivo e ci parla, all’unica mensa della Parola e del Pane (DV21).
Il Signore è in mezzo a noi e ci parla ancora oggi, la confidenza con le Scritture scioglie ogni freddezza, permette di riconoscersi tra noi come persone che appartengono allo stesso amore e allo stesso dono; il calore di nuove relazioni che nascono da questa voce apre i nostri occhi liberandoli dalla cecità interiore che oggi attanaglia l’umanità sotto una svariata forma di chiusure. La Scrittura dunque bussa al nostro cuore: se noi apriamo il Signore entra e cena con noi (Ap 3,30).
In perfetta continuità con la Dei Verbum, costituzione dogmatica conciliare e con l’esortazione post sinodale di Papa Benedetto XVI Verbum Domini, Papa Francesco richiama la finalità salvifica della Scrittura che, in quanto tale, è volta alla salvezza integrale della persona a vantaggio della quale Dio continua ad operare; la dimensione spirituale della Parola di Dio è tale che l’azione dello Spirito, che ha trasformato la parola umana in parola divina, continua ancora oggi a trasformarci mediante l’ascolto vissuto nella comunità credente. Infine il principio dell’Incarnazione risplende con forza nella Parola condivisa, per cui ancora oggi in ogni nostro cenacolo di ascolto, vissuto in comunione con la Chiesa, Dio continua a parlare agli uomini come ad amici, invitandoli alla comunione con lui (DV2).
Siamo quindi beati per questo dono che la Chiesa indica di nuovo come fondante se, come Maria, ascoltiamo la Parola di Dio, la custodiamo nel cuore e la mettiamo in pratica nella vita. Siamo beati se vediamo in questa nuova festa solenne un punto di partenza per far crescere in questo tempo complesso e frastagliato una nuova coscienza cristiana che viva una relazione permanente e creativa con il Risorto che cammina con noi e ci spiega con le sue parole ogni vicenda della vita.

Suor Giovanna Cheli, direttrice Ufficio Catechisto diocesano




Tornano i monaci in monastero

La fraternità apostolica di Gerusalemme si è insediata nell’antico monastero di san Bartolomeo

Dopo duecento anni l’antico monastero di san Bartolomeo rivede nelle sue mura una fraternità d’ispirazione monastica. Ritornerà nell’antica chiesa abbaziale il canto delle lodi e dei vespri e dei religiosi ritorneranno a vivere, e a far rivivere, la spiritualità monastica che per la prima volta da qui fece ingresso nella città di Pistoia.

Il monastero di san Bartolomeo infatti, fu fondato nel 727 e abitato da monaci benedettini fino al 1440 circa; successivamente arrivarono i Canonici Lateranensi dell’ordine di s. Agostino, una sorta di monaci apostolici, che tennero l’abbazia prodigandosi in tante opere di apostolato, di carità e di aiuto sociale fino alla metà del 1700. A loro si deve l’introduzione dell’usanza di praticare nel giorno della festa del santo titolare, il 24 agosto, un’unzione sulla fronte dei bambini (per preservarli dalle insidie degli spiriti).

Dopo la soppressione dei Canonici Lateranensi nel 1779, l’abbazia ritornò ad essere benedettina con i Vallombrosani, i quali rimasero fino al 1834, anno in cui morì l’ultimo monaco e abate. Da quel momento la grande abbazia rimase disabitata e fu smembrata in diverse parti. L’antica Abbazia successivamente fu soppressa e la chiesa trasformata in parrocchia (di san Bartolomeo) fu retta dal clero diocesano.

Il vescovo di Pistoia monsignor Tardelli ha voluto, da qualche anno, affidare questo luogo alla Fraternità apostolica di Gerusalemme, realtà di ispirazione monastica la quale si è insediata il giorno 18 luglio, nella pur ridotta dimora dell’abbazia. È abbastanza normale per i luoghi monastici essere abitati alternativamente da comunità fra loro diverse come origine e spiritualità, pur avendo in comune l’ispirazione monastica del servizio di Dio tramite la preghiera e l’accoglienza. Il monachesimo è un fenomeno antico ed è presente anche nelle religioni non cristiane, e rappresenta l’anelito dell’uomo alla ricerca dell’Assoluto e a stabilire un contatto con Lui attraverso una vita di preghiera e di obbedienza pacifica alla Sua Parola.

Chi sono i monaci nella città

La fraternità apostolica di Gerusalemme: “nel cuore della città nel cuore di Dio”

La nostra fraternità di Gerusalemme è nata a Pistoia nel 2000 con P. Giordano Maria Favillini. Siamo un piccolo ramo della Fraternità Monastica fondata da P. Pier Marie Delfieux nel 1975 a Parigi (dopo un’esperienza di due anni nel deserto dell’Assekrem) e oggi presente in vari paesi d’Europa. P. M. Delfieux nel silenzio e nella solitudine del Sahara ebbe la chiamata verso un monachesimo cittadino che potesse costituire un’oasi nel deserto urbano delle nostre città contemporanee.
Le nostre comunità, poste e volute nel cuore delle città dal nostro fondatore, hanno la missione -oggi più che mai urgente- di essere luogo di preghiera e silenzio, offrendo a tutti coloro che lo desiderano la possibilità di fermarsi per trovare nella quotidianità un momento di pace e di ristoro spirituale attraverso l’adorazione eucaristica, le liturgie cantate a quattro voci in polifonia e la bellezza dei luoghi di culto che con la loro arte hanno il potere di elevare lo spirito e di rinfrancare l’anima.

Il nostro “Libro di vita”, che è il tracciato della nostra vita spirituale, al capitolo “Nel cuore della città, nel cuore di Dio” riprendendo le parole di Gesù «Padre, non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal maligno» (Gv 17,15) dice: «queste sono le parole che orientano tutta la nostra vita. Poiché l’uomo è la più bella immagine di Dio, monaci e monache vogliono pregare ed incontrare Dio attraverso la città degli uomini, vogliono servire gli uomini, testimoniando con una vita attiva, contemplativa e fraterna la presenza di Dio nel cuore del mondo. Monaci e monache desiderano mettere la preghiera nella città e portare la città nella loro preghiera».

La nostra fraternità ha una dimensione apostolica che la colloca in mezzo alla gente per annunciare il Vangelo e guidare le persone all’incontro con Gesù. Nel nostro carisma c’è una missione che ci spinge all’annuncio e ad un apostolato nelle città in accordo con le indicazioni del nostro vescovo. La missione apostolica che monsignor Tardelli affida alle nostre Fraternità (maschile e femminile) in San Bartolomeo contiene la novità di non essere più strettamente parrocchiale, per aprirsi ad esigenze diverse e più urgenti del quartiere e dell’intero centro città. Quello che possiamo donare alla città sarà attinto dalla radice del nostro carisma, attraverso una preghiera intensa e prolungata, sia personale, sia comunitaria e nel canto dell’ufficio divino siamo chiamati a donare accoglienza e ascolto a tutti coloro che sentono il desiderio di riposarsi e ristorarsi in Dio.

L’antico monastero di S. Bartolomeo da poco abitato dalla Fraternità Apostolica di Gerusalemme, non dovrà rappresentare solo l’abitazione dei monaci, né solo un luogo di culto e di preghiera, ma vorremmo che diventasse un centro spirituale, un cuore vivo e pulsante di carità capace di armonizzare e tenere insieme azione e contemplazione, apostolato e preghiera, una base da cui partire verso le strade delle città per evangelizzare, portando nei contesti che incontreremo la gioia del Dio vivo e risorto.

Fr. Antonio Benedetto Sorrentino




Un invito alla preghiera per il vescovo di Balsas

La chiesa sorella di Balsas chiede aiuto per il suo vescovo Mons. Angelo Enemésio Lazzaris

Una richiesta di aiuto che arriva direttamente dalla diocesi di Balsas, chiesa sorella della Chiesa di Pistoia, che le ha donato per più di 30 anni il vescovo Rino Carlesi (originario di Masiano) e per 14 anni la dedizione e il lavoro pastorale e umano-sociale di don Umberto Guidotti e Nadia Vettori. Non un aiuto materiale, ma una richiesta di «preghiere doppie» come lo stesso monsignor Enemésio Lazzaris, vescovo di Balsas, ha richiesto. «Raddoppiate le preghiere per me, per il mio stato di salute e perché il Signore mi dia la forza necessaria per affrontare questa prova e la Croce che Lui stesso ha voluto mettere sulle mie spalle»: è l’accorato appello che monsignor Enemésio Lazzaris ha rivolto ai fedeli presenti alla celebrazione eucaristica di domenica 15 settembre nella Chiesa cattedrale di Balsas, in occasione di una rapida visita alla sua diocesi e prima di tornare in ospedale a Araguaina nello stato del Tocantins.

Monsignor Enemésio Angelo Lazzaris, nato a Siderópolis, nello Stato di Santa Caterina, nel Sud del Brasile il 19 dicembre 1948 è stato nominato vescovo di Balsas il 12 dicembre del 2007 da Papa Benedetto XVI e consacrato il 29 marzo 2008 nella Cattedrale di Balsas.

Nel settembre del 2017 monsignor Lazzaris è stato anche a Pistoia, dove ha incontrato il vescovo Tardelli e raccontato la propria esperienza pubblicamente, nell’ottica di rafforzare il rapporto tra la chiesa di Pistoia e quella di Balsas.

All’inizio di quest’anno però, la sua salute è andata rapidamente debilitandosi e dopo altrettanto rapidi accertamenti la diagnosi ha segnalato un tumore al pancreas. Monsignor Lazzaris è stato operato e sottoposto a sessioni di chemioterapia che però non hanno dato i risultati sperati.

Queste le ultime notizie inviate dalla curia della Diocesi di Balsas: «Abbiamo ricevuto una rapida visita di Dom Enemesio, ma le notizie non sono molto buone … è sempre piu magro ma nonostante tutta la sua fragilità, domenica 15 ha celebrato la Messa delle 6.30 nella Chiesa Cattedrale. E durante la Messa ha chiesto che si pregasse “em dobro” (il doppio) per lui». Che la Chiesa sorella di Pistoia risponda a questa richiesta, a questo appello con la generosità che sempre ha avuto verso la Chiesa di Balsas.

Nadia Vettori

 




Nuova vita per la canonica di Popiglio

Sabato 21 settembre è stata inaugurata la casa canonica della pieve di S. Maria Assunta dopo gli interventi di restauro. Un intervento che restituisce alla “cattedrale della montagna” uno spazio importante per la parrocchia e l’intero paese.

La canonica di Popiglio si inserisce nel contesto monumentale della Pieve di Santa Maria Assunta che, per la sua importanza storica-artistica e testimoniale, è stata ribattezzata “la cattedrale della montagna pistoiese”. Un po’ di storia può aiutare a cogliere il valore del complesso e dell’edificio oggi restaurato.

Nel 1226 Popiglio era un libero Comune con 970 abitanti, secondo solo a Lizzano che ne aveva 1030. In origine, però, il paese era suddiviso in cinque grosse borgate: Canale, San Giovanni, Buttona, Gencio e Castello (Popiglio). Quest’ultimi furono distrutti dalle truppe lucchesi nel 1347, ma ci sono notizie certe che ciascuno di essi aveva una propria chiesa: San Lorenzo in Gencio, San Giovanni in Cafaggio e la chiesa di San Jacopo e Santa Caterina di Buttona. Si presume, pertanto, la presenza di una chiesa anche a Popiglio, in quanto alcuni cronisti rammentano la presenza di un sacerdote nel 1234; la pieve attuale, tuttavia, fu inaugurata nel 1271 dal vescovo Guidoloste Vergiolesi. Alla costruzione della chiesa contribuirono alcuni valenti artisti e artigiani del luogo, i cui nomi erano scolpiti nell’architrave di pietra che sovrastava la porta principale, andato distrutto alla fine del cinquecento quando fu allargata la porta. Nel XVI secolo, mentre la Rocca Sicurana, ormai in abbandono, cominciava ad essere utilizzata come “cava” di materiali da costruzione per gli edici che andavano crescendo nella parte alta del paese, la pieve continuava ad essere significativamente presente per qualità e dimensioni all’interno dell’abitato. Abbiamo nuovamente notizie della pieve di Popiglio alla seconda metà del cinquecento, precisamente al 1547, data d’inizio della stesura delle “Memorie” del pievano Magni il quale sostenne l’esecuzione di importanti lavori sul complesso. Le iniziative del Magni, infatti, si mossero in direzione del rinnovamento totale dell’edificio accompagnato dall’ampliamento degli spazi di servizio annessi (sacrestia e canonica). Nella chiesa di S. Maria Assunta i lavori non mutarono la struttura dell’edificio, ma furono diretti alla riorganizzazione dello spazio sacro e della sua immagine, secondo una rinnovata visione del culto dei santi e della Madonna, anticipando in certo qual modo tutti quei lavori di riedizione dello spazio sacro che attraverseranno le chiese della montagna per tutta la prima metà del Seicento. Nelle memorie del Magni sta scritto che nel 1575 fu finita la sacrestia nuova, l’attuale sede del Museo diocesano, in modo da riservare per lo stesso pievano la vecchia sacrestia ad uso canonica. Troviamo la conferma nella relazione del visitatore apostolico Angelo Peruzzi, inerente la sua visita del 1582, dove si trova annotata la realizzazione della nuova sacrestia e la trasformazione della vecchia in casa del parroco. Quest’ultima, molto probabilmente, fa riferimento all’edificio attiguo all’oratorio della Compagnia nella piazza della chiesa, in quanto già esistente nel Cinquecento.

La canonica attuale si inserisce nel complesso monumentale e ne fa il cuore pulsante di tutta l’attività pastorale. Recentemente è stata sottoposta ad un insieme sistematico di opere di restauro e di miglioramento sismico, i quali le hanno riconferito la piena funzionalità. Di linee estremamente sobrie ed essenziali, la stessa contiene al suo interno , tra gli altri, anche la sede dell’archivio parrocchiale. La canonica è stata soggetta ad un intervento capillare, sia sulle sue strutture, sia su tutte le opere di finitura, nel rispetto delle normative di tutela cui è sottoposta. L’intervento si è protratto per diverso tempo ed è stato possibile grazie ai contributi della Parrocchia, della Diocesi, della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, del Comune di San Marcello-Piteglio e di privati. A costoro va il ringraziamento della popolazione, che ha sempre partecipato e seguito in modo attivo le fasi del restauro. Un ringraziamento anche alle maestranze che hanno prestato il loro lavoro per la realizzazione della stessa.

Il recupero consentirà lo svolgimento delle attività pastorali,culturali, attività di aggregazione dei giovani, acquisendo in tal senso una notevole importanza per la mancanza di spazi analoghi all’interno del paese. L’intervento è stato progettato e diretto dallo studio dell’architetto Lorenzo Niccoli. I recenti lavori di restauro saranno inaugurati sabato 21 settembre alle ore 10.00 alla presenza del vescovo di Pistoia monsignor Fausto Tardelli, del presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e del sindaco del Comune di San Marcello-Piteglio.

 

Ilaria Bandini




Credere è una risposta d’amore

Una riflessione sul credere alla luce del recente magistero della Chiesa

di Alessio Biagioni*

Nel mese di ottobre nella nostra diocesi si svolgerà la seconda edizione dei linguaggi del divino dedicata quest’anno al tema “credere oggi”. Riflettere sul credere è infatti importante in questo periodo storico dove da un lato sembra prevalere, se non l’incredulità, perlomeno l’indifferenza, dall’altro vi è una richiesta di maggiore spiritualità a fronte di lamentati ed eccessivi materialismo ed edonismo.

L’atteggiamento oggi maggiormente condiviso sembra appunto quello dell’indifferenza rispetto al trascendente ma talvolta anche rispetto a ciò che esula da quello che si crede concreto, pratico. Si può segnalare poi anche un altro modo di porsi diffuso che comporta il credere non in ciò che è trascendente e spirituale, ma in quello che mezzi di comunicazione o personaggi ritenuti autorevoli diffondono, fino talvolta ad arrivare alla superstizione o al complottismo. Infine deve constatarsi che vi è invece una sempre maggiore richiesta di risposte alle domande fondamentali della vita che non si accontenta di un soggettivo “penso che sia così” o dell’opinione di chi fa più rumore.

Tale differenziazione di atteggiamento rende necessaria la comprensione di cosa significhi credere. Il titolo della manifestazione ci aiuta. Si riferisce a un episodio narrato dall’evangelista Marco: un padre disperato davanti a un figlio sofferente. Neppure gli apostoli sono riusciti a guarirlo, allora questo padre si rivolge a Gesù dicendo: «Credo, aiutami nella mia incredulità». Questa vicinanza delle parole credo e incredulità ci può sorprendere all’inizio, ma se ognuno di noi pensa alla propria esperienza di vita non può che riconoscersi nel grido del padre. Proprio questa apparente antitesi ci svela il punto di partenza. Tutto nasce da una esigenza urgente nella vita dell’uomo, una richiesta di aiuto ma anche una richiesta di senso (cfr. Francesco, Porta fidei, 10). Di fronte a certe drammatiche situazioni o a domande esistenziali l’uomo ha talvolta la sensazione di non poter far nulla da solo né di trovare risposte o conforto. A quel punto il padre riceve la trasmissione di una notizia: incontra gli apostoli, che lì per lì non sono risolutivi, ma che lo portano comunque a Gesù. Finalmente questo incontro porta a una presa di posizione radicale, un affidamento totale a una Persona. Si comprende perciò, come l’esperienza del credere non si limiti a un sentimento soggettivo, a una mera riflessione personale che si risolva con l’adesione all’idea di un leader o di un personaggio dello spettacolo, ma come una ferma scelta di adesione che deriva da una testimonianza credibile. Per questo non può mai avvenire in modo solitario, ma è un incontro che avviene all’interno di una comunità. La particolarità del cristianesimo è, come abbiamo visto, il fatto che credere è affidarsi totalmente a una Persona, a Gesù. «In quanto risorto, Cristo è testimone affidabile, degno di fede (cfr Ap 1,5; Eb 2,17), appoggio solido per la nostra fede» (Francesco, Lumen Fidei 17). Quando recitiamo il credo non affermiamo solo che Dio esiste e che ha creato e salvato il mondo ma «dire Io credo in Dio significa fondare su di Lui la mia vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno, nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di me stesso» (Benedetto XVI, udienza del 23/1/2013). Ci rendiamo conto che è qualcosa di diverso da un sentimento di simpatia verso certe idee: qui è in gioco la vita stessa! Questo perché l’adesione a una Persona è anche un atto d’amore, è l’amore che attualizza la fede in ogni attimo dell’esistenza.

Perché ciò sia possibile, l’adesione deve avvenire in una comunità: insegna papa Francesco «la fede non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione soggettiva, ma nasce da un ascolto ed è destinata a pronunciarsi e a diventare annuncio» (Francesco, Lumen Fidei 22). L’incontro con Gesù avviene innanzitutto grazie alla testimonianza di chi l’ha già incontrato e sta rispondendo al suo amore che «rende partecipi del cammino della Chiesa, pellegrina nella storia verso il compimento. Per chi è stato trasformato in questo modo, si apre un nuovo modo di vedere, la fede diventa luce per i suoi occhi». Ma questa testimonianza ha radici lontane e deriva dagli stessi apostoli che hanno visto il risorto e l’hanno annunciato fino ai confini del mondo. La Chiesa custodisce questa testimonianza e ce la fa pregustare ogni giorno mediante i sacramenti e l’ascolto della Parola di Dio. La nostra adesione a questo dono gratuito comporta un cambiamento in noi, una crescita, qualcosa che vivifica le nostre relazioni familiari e lavorative, la nostra professione e le nostre passioni. La vita di tutti i giorni diventa perciò testimonianza di quella professione di fede. Ma non basta, riempiendoci dell’amore donato nella Parola e nei sacramenti siamo spinti a «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Francesco, Evangelii gaudium 20). Il tema della prossima edizione dei linguaggi del divino ci conduce dunque a scoprire questo cambiamento di prospettiva, questa crescita personale in diversi ambiti dell’umano, nel lavoro, nello studio, nell’arte, nella letteratura e la chiamata della Chiesa alla missionarietà. Questo è utile per interrogare noi stessi, comprendere se stiamo davvero rispondendo all’amore che ci è stato gratuitamente donato. Non solo il racconto di esperienze o la visione di opere d’arte ma anche i nudi dati sociologici su fede e indifferenza non devono entusiasmare o demoralizzare ma essere di stimolo alla testimonianza.

Di fronte alla indifferenza e alla stanchezza di questi giorni è perciò opportuno fare il proprio lavoro e affrontare i problemi di ogni giorno alla luce della Parola di Dio; forse molte volte certe nostre scelte non saranno capite e saranno in contraddizione con certe idee e mode ma è soprattutto tale testimonianza di fede e di amore che può far scaturire la domanda «aiutami nella mia incredulità».

 

*Alessio Biagioni (nato a Pistoia nel 1979) è seminarista della diocesi di Pistoia al terzo anno di formazione e alunno dell’Almo Collegio Capranica a Roma dove frequenta la Pontificia Università Gregoriana. È avvocato, regista di cortometraggi e appassionato di filosofia.




“Un Welfare uguale per tutti”: favorire la costruzione di reti di protezione sociale

A Pistoia incontro a quattro voci per parlare di lavoro e Welfare. Ospiti della serata saranno Roberto Rossini, Marco Bentivogli, don Bruno Bignami, Stefano Franchi

PROGRAMMA

Venerdì 20 settembre 2019
ore 17.00
Aula Magna del Seminario vescovile di Pistoia

Interverranno:
MARCO BENTIVOGLI, segretario Generale FIM-CISL
ROBERTO ROSSINI, Presidente Nazionale ACLI
Don BRUNO BIGNAMI, Direttore della Pastorale Sociale Nazionale
STEFANO FRANCHI, Direttore di Federmeccanica




Ultime nomine in diocesi

Rendiamo note le seguenti nomine:

in data 11 settembre 2019 il dott. Andrea Vaccaro, è stato nominato Direttore responsabile della Scuola di formazione teologica della Diocesi di Pistoia, “ad triennium”;

in data 3 settembre 2019

1 – Don Ugo Feraci, Direttore responsabile del Settimanale diocesano “LA VITA”, “ad nutum,
2 – Dott. Michael Cantarella Vice Direttore del Settimanale diocesano “LA VITA”;

in data 1° settembre 2019 don TIMOTHEE BUSHISHI NTIBIBUKA è stato nominato Direttore dell’Ufficio diocesano per la Cooperazione missionaria fra le Chiese, “ad triennium”;

in data 28 agosto 2019
1 – don Eusebiu Farcas – Segretario particolare e Addetto alla Curia vescovile – sezione Cancelleria.
2 – don Alessio Bartolini, Vicario parrocchiale nelle parrocchie di Santa Maria Assunta in Quarrata, Santi Maria e Biagio in Piuvica e Santa Maria in Masiano;

in data 3 agosto 2019 la dott.ssa Carla Tarani è stata confermata Presidente della Casa dell’Anziano – Monteoliveto, per un triennio.

in data 15 maggio 2019 la dott.ssa Francesca Meoni è stata nominata Vice direttore della Caritas Diocesana, “ad triennium”,




Verso il II Confirmed Day

Primo incontro in seminario per accompagnare dalla cresima al gruppo giovanile

Il 16 settembre 2019 alle ore 21.15, in seminario a Pistoia, invitiamo tutti coloro – catechisti con i prossimi animatori – che hanno accompagnato i ragazzi nell’ultima tappa del percorso catechistico con la celebrazione della Cresima in questo anno 2019.

Ci troviamo per condividere la prima fase del cammino che porta dalla cresima al gruppo giovanile e preparare così un appuntamento importante che ci ha dato il vescovo per il 26 gennaio 2020 dal titolo «II Confirmed Day».

Passeremo il pomeriggio con il nostro vescovo, per confermare il nostro cammino di amicizia ispirato dal Vangelo. Si tratta di un primo incontro, il secondo si terrà il 25 novembre. Una prima fase del nostro itinerario permetterà di riprendere con stile nuovo la vita di gruppo; una seconda fase ci permetterà di impostare il periodo dell’Avvento-Natale in vista di questo bellissimo appuntamento. Passare dalla catechesi al gruppo giovanile non è cosa facile, questo piccolo itinerario avvia a tale realizzazione con un passaggio graduale dal sapore mistagogico: dopo aver celebrato il sacramento della cresima, cerchiamo dentro con l’esperienza -scoprendo con i ragazzi quanto cambia la vita- quale sguardo nuovo possiamo lanciare su di essa se attiviamo la gioia di vivere che la fede ci riconsegna, ogni giorno, come risposta alla solitudine e al disorientamento. C’è una voglia di vivere, di liberare le migliori energie da ogni ragazzo. Questo itinerario ci offre la possibilità non solo di constatarlo, ma di prendere per mano tanta potenzialità, offrendo ai ragazzi l’occasione di un’esperienza bella di incontro e di cammino nella Chiesa, con la luce del Vangelo.

«W la vita», il percorso già sperimentato l’altro anno, torna quindi di nuovo ad interpellarci. Mettiamo in campo le migliori energie perché, appunto, la vita di ogni ragazzo viva!
Suor Giovanna Cheli per l’ufficio catechistico




Un ritiro in montagna per l’inizio del nuovo anno formativo

Con il nuovo anno pastorale nella nostra diocesi e nelle nostre parrocchie riprendono gli impegni e le attività: anche il Seminario diocesano si prepara a vivere un nuovo anno di formazione.

Dopo l’ordinazione presbiterale di don Alessio Bartolini e don Eusebiu Farcas avvenuta lo scorso 30 giugno, quest’anno due nuovi allievi, Daniele Masciotra e Giordano Cavallo, vanno ad aggiungersi a Maximilien Baldi, Andrea Torrigiani e Alessio Biagioni.

Nei giorni scorsi i seminaristi, accompagnati dal rettore, hanno vissuto tre giornate di ritiro visitando alcune comunità della montagna pistoiese.

L’esperienza ha avuto inizio da Avaglio e Calamecca con la visita ad anziani e malati e un momento di preghiera e condivisione alla Macchia Antonini.

Il secondo giorno, dopo l’escursione alla Pievaccia, i resti dell’antica pieve di sant’Andrea di Furfalo, c’è stata la visita alla suore di nostra Signora regina dell’Africa che abitanoa a Marliana e l’adorazione eucaristica con la santa messa a Panicagliora.

L’ultimo giorno è stato riservato alla visita di Piteglio e di Popiglio con sosta alla suggestiva Pieve di Santa Maria assunta e al Museo diocesano di arte sacra. Il ritiro si è concluso con la celebrazione eucaristica nella chiesetta di san Luigi a La Valle e la cena in piazza con la comunità di Pian del Meo.

Questi tre giorni sono stati un’importante occasione per i nostri seminaristi, sia per ritrovarsi all’inizio di un nuovo anno, accogliendo i nuovi compagni, pregando insieme e meditando la Parola di Dio, ma è stata anche l’occasione per apprezzare le bellezze paesaggistiche ed artistiche della nostra montagna pistoiese ed incontrare tante persone di quelle piccole comunità che hanno voluto pregare per e con i nostri seminaristi.

Daniele Masciotra