Il servita della tribù dei leoni

Un ricordo di Padre Benedetto Biagioli

Riposa nel piccolo cimitero di Iano, padre Benedetto Biagioli, nella terra dove trascorse i primi anni d’infanzia ma lontano da quell’Africa che aveva conquistato il suo cuore. D’altronde padre Benedetto era così, andava dove c’era bisogno, non dove piaceva a lui, e anche in punto di morte non espresso volontà in merito alla sepoltura: mettetemi dove pensate sia meglio per voi, ha lasciato detto.

A Pistoia, la sua diocesi, è poco conosciuto perché si chiamava ancora Oscar e aveva appena iniziato le elementari quando fu mandato a studiare dai Servi di Maria a Figline Valdarno, grazie a una benefattrice che fornì le risorse economiche alla sua numerosa famiglia. Cresciuto tra i frati, decise di rimanere, prese i voti, cambiando il nome in Benedetto, e poi divenne sacerdote, nel 1949. Due anni dopo, quando un padre missionario rientrato dallo Swatziland chiese rinforzi, decise di rispondere all’appello, con quello spirito che, dicevamo, lo ha contraddistinto sempre, mettendosi a disposizione di chi aveva bisogno.

Nel 1987 poi, il vescovo della vasta diocesi di Lugazi, in Uganda, per ascoltare il desiderio di alcuni suoi giovani che volevano diventare Servi di Maria, si rivolse alla missione servita più vicina che era appunto quella dello Swatziland (quattromila chilometri, come da Mosca a Madrid!) e ancora una volta, padre Benedetto lasciò quel che aveva iniziato per creare la parrocchia di Kisoga, non lontano dalle sponde nord del lago Victoria, ventimila anime che non avevano nemmeno una chiesa. Prima ancora di occuparsi dell’evangelizzazione, padre Benedetto volle riorganizzare e risistemare le venti scuole elementari già esistenti, creando poi quelle medie e superiori. La prima chiesa vera e propria arrivò dopo, nel 1994. Negli anni si aggiunsero rinforzi dall’Italia e soprattutto, nel 2000 si affiancarono ai fratelli due sorelle mantellate, suor Benizia e suor Giuditta, permettendo loro di avviare ancora altri progetti.

È lì che padre Benedetto spese venticinque anni della sua vita e lasciò un segno indelebile: i suoi parrocchiani lo avevano ribattezzato Kateregga della tribù ‘Mpologoma, ovvero “dei leoni”, nome che ne contraddistingueva perfettamente lo spirito combattivo e tenace.

Fu costretto a rientrare in Italia nel 2002 a causa di una malattia che necessitava di cure attente, e anche qua continuò ad esercitare il suo ministero con lo stesso stile, andando dove lo mandavano: a Massa Carrara, poi a Pisa, perfino a Manduria, in Puglia; fu anche priore a Firenze e dal 2009 rettore della basilica di San Clemente ai Servi a Siena. Solo negli ultimi tre anni, quando la malattia ormai galoppava, si fermò a Siena, dove morì il 23 aprile del 2015.

Rimase tuttavia fortemente legato alla sua Kisoga, come ricorda per esempio don Giacomelli che ne era amico: continuava con impegno e dedizione a raccogliere fondi per sostenere i progetti della parrocchia ugandese dove i fratelli serviti con le suore mantellate si spendono tuttora per la promozione umana e spirituale del popolo e dove padre Benedetto è venerato come un santo.
Suor Floriana, delle nostre Mantellate, che ha visitato la parrocchia ugandese andando a trovare lì sua sorella suor Giuditta, è rimasta colpita dal fatto che ogni pietra, ogni progetto rievoca il nome di padre Biagioli: la casa per anziani, intuizione e costruzione di padre Benedetto, le scuole, la chiesa naturalmente; tutti laggiù lo venerano al punto che vorrebbero poterne custodire la salma nella loro parrocchia.
Il nostro servita non è stato solo un gran lavoratore: impressionava chiunque si avvicinasse a lui l’atteggiamento assolutamente privo di giudizio nei confronti degli altri; il nipote Paolo, preside del liceo scientifico, sintetizza così i ricordi che conserva dello zio: «ci ha fatto assaporare la tenerezza di Dio». E sua moglie mi ha confidato: «non mi meraviglierei affatto se sentissi di qualche miracolo attribuito a padre Benedetto».

Beatrice Iacopini




La resurrezione è la fonte della speranza

Il messaggio del vescovo Tardelli per la Pasqua 2019

I miei auguri di Pasqua vogliono essere un invito alla speranza.

Perché?

Perché mi pare che oggi soffriamo davvero tanto per la mancanza di speranza. Le delusioni sono sempre molte nella vita, diciamo la verità; molte sono le frustrazioni; molte le amarezze che vengono dalla mancanza di prospettive, dal sentirsi a volte come chiusi in un vicolo cieco, sia sul piano personale che su quello sociale o mondiale addirittura.

Per sfuggire a questa situazione, accade spesso che ci si rifugi in speranze “dal fiato corto” e si cerchino piccole consolazioni immediate o puramente materiali; ma si consumano presto e siamo daccapo. Oppure accade che, ed è ancora peggio, che si smetta di sperare e di cercare, perché tanto sembra tutto inutile.

A me pare poi che quando manca la speranza, quasi automaticamente, aumentino le paure. Ogni cosa finisce per farci ombra, per metterci in ansi; addirittura per terrorizzarci, spingendoci alla difensiva, pronti anzi a colpire.

La speranza delusa genera facilmente rabbia, risentimento, rancore, a volte violenza distruttiva.

La risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte, sulla cattiveria e la corruzione umana è per me la fonte della Speranza più grande e più concreta che ci possa essere, quella che non delude. Nel Cristo risorto rinasce sempre di nuovo la speranza perché è la vita che alla fine trionfa. I miei auguri di Pasqua quindi non sono vuote parole, un semplice convenevole. Sono solidi, carichi di energia perché poggiano su di un fatto, la risurrezione di Cristo che continua a dare frutti di bene.

Per la potenza della Risurrezione, anche oggi ci sono molti uomini che umilmente credono, soffrono e amano e nei quali si mostra a noi il vero Dio, il Dio che ama. Anche oggi Dio ha i suoi testimoni nel mondo.

Se con cuore vigile ci guardiamo intorno e siamo in ascolto, ovunque, fra le persone semplici ma anche tra le persone più dotte, possiamo trovare testimoni che con la loro vita e la loro sofferenza si impegnano per Dio e per un mondo nuovo dove, insieme a Dio convivano gli uomini in gioiosa fraternità.

E allora avanti: a voi che sperimentate in vari modi la povertà di mezzi e la povertà della solitudine, della malattia o dell’età avanzata; a voi giovani che vorreste un mondo migliore e vi affacciate con tremore alla vita; a voi donne che cercate una giusta attenzione e un doveroso rispetto; a voi che da varie parti del mondo venite da noi per trovare futuro; a tutti coloro che mi ascoltano: avanti; camminiamo con fiducia nella speranza e quindi: buona Pasqua!

Da quando Cristo è risorto da morte possiamo provare a sognare e a sperare, nonostante ogni vento contrario; possiamo costruire pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone, pur nella fatica dell’amore, una nuova umanità.

+Fausto Tardelli




C’è ancora tempo per iscriversi al corso di preparazione

La bellezza di questo sacramento nella testimonianza di alcuni iscritti

Anche quest’anno l’Ufficio Catechistico promuove in diocesi il corso in preparazione alla cresima degli adulti. Il corso inizierà il 6 maggio alle ore 21 in seminario e si terrà tutti i lunedi del mese di aprile fino al 3 giugno con questo calendario: lunedì 6-13-20-27 maggio; 3 giugno. Le cresime saranno celebrate dal vescovo Tardelli in Cattedrale per la solennità di Pentecoste domenica 9 giugno alle ore 10.30. Chi intendesse iscriversi può ancora farlo contattando lo 0573 359613.

Ogni anno sono molti coloro che vogliono consolidare il loro cammino di fede attraverso il sacramento della confermazione, ma come si arriva a questa scelta? Abbiamo voluto ascoltare la voce di chi a breve inizierà il cammino di preparazione verso il conferimento della cresima incontrando Angela Arceni della parrocchia di San Michele Agliana e un giovane della parrocchia di Oste, Cristian Stanzione.

Angela, cosa rappresenta per te ricevere questo sacramento?

Per me questo sacramento rappresenta un rafforzamento della fede. Inoltre è il passo che viene prima per realizzare il mio sogno: il matrimonio.

Quale messaggio vuoi dare a coloro che come te a breve inizieranno il corso in preparazione alla cresima?

Il messaggio che voglio dare è quello di non farlo “tanto per”, ma perché ci dobbiamo credere davvero!

Cristian, perché hai deciso di iscriverti a questo corso di preparazione per la cresima?

Non ho voluto proseguire con il percorso quando ero ragazzino in quanto non avvertivo la presenza della fede in me, anzi ero ateo convinto. Da adulto, circa un anno fa, per motivi personali non stavo molto bene e ho iniziato a pregare. Mi è venuta come una forza da dentro e ho sentito che non ero solo; li ho capito cosa voleva dire avere fede. Oggi voglio cresimarmi per completare un cammino. Il sacramento rappresenta per me, infatti, la piena adesione alla religione cattolica e l’entrare a far parte della grande famiglia di Gesù.

Vorresti dire qualcosa a chi è indeciso o sta per intraprendere un cammino di catechesi?

Il messaggio che voglio dare è quello di aprire il cuore all’ascolto dell’altro e che tutti i giorni possiamo essere dei bravi cristiani, non solo la domenica o il giorno della cresima.

D.R.




Con la diocesi a Montenero

Un invito a partecipare al pellegrinaggio diocesano del prossimo 15 maggio, per crescere insieme come “comunità fraterna e missionaria”.

La diocesi di Pistoia è in cammino verso il Santuario di Montenero: un pellegrinaggio diocesano per il quale è prevista una numerosa partecipazione di parrocchie, fedeli, associazioni. Abbiamo incontrato don Giordano Favillini della Fraternità Apostolica di Gerusalemme per saperne di più.

La diocesi si appresta a vivere un momento significativo nel prossimo mese di maggio con il pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Montenero Patrona della Toscana. Come mai questa scelta?

La Madonna delle Grazie di Montenero è la patrona principale della Toscana e da circa 60 anni le varie Diocesi toscane a turno, ogni anno offrono a tale Santuario l’olio che arde davanti all’immagine della Madonna. Questa offerta dell’olio rappresenta la preghiera che le varie Chiese presentano a Maria in segno di affidamento e devozione a Colei che intercede sempre per il popolo di Dio nelle varie vicissitudini della storia. Quest’anno sarà la Diocesi di Pistoia ad offrire l’olio, ma questa offerta sarà significativa se sarà accompagnata da una bella e numerosa rappresentanza di fedeli provenienti da tutte le Parrocchie della Diocesi. Gesù morente sulla Croce ha affidato a Maria Sua Madre tutti i suoi discepoli e fra questi ci siamo anche noi; siamo stati affidati a lei, alla Sua Preghiera, alla Sua maternità. Questo pellegrinaggio comunitario vuole essere una risposta a questo dono di Gesù e l’olio vuole rappresentare la nostra adesione a questo affidamento e alla maternità di Maria; la vogliamo ancora riconoscere come nostra Madre nella fede e sostegno nel voler essere discepoli di Suo Figlio.

Pistoia ha profonde radici di devozione mariana; per tutti noi sarà anche l’occasione per consolidare questo legame…

Questo salire a Montenero come Chiesa pellegrinante vuole essere un evento in cui chiedere aiuto, per mezzo di Maria, a Dio nostro Padre perché veniamo consolidati nella Fede battesimale in modo da divenire comunità credenti, testimoni del Vangelo, lievito di bene, di amore, di pace nei territori dove viviamo. Il tema pastorale di questo anno è: «Una comunità fraterna e missionaria». Diventeremo tali con l’impegno umano, ma soprattutto con la grazia dello Spirito Santo che è l’artefice della comunione e della missione. Chiediamo a Maria questa grazia !

Come possiamo invitare gli indecisi?

Questo pellegrinaggio sarà un’importante evento di Chiesa se troverà la partecipazione di tutte le parrocchie, un’occasione di invocazione comunitaria per ottenere appunto un maggiore spirito di comunione ecclesiale e l’entusiasmo e la creatività per realizzare una nuova evangelizzazione fra la nostra gente. Maria è chiamata “Stella della nuova evangelizzazione”. Colei che può guidarci su sentieri nuovi, con nuovi linguaggi, perché il Vangelo di Gesù possa nuovamente risuonare nel cuore delle giovani generazioni del nostro tempo anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa che spesso non comunicano messaggi di di speranza e positivi per la vita. Il programma del pellegrinaggio è diviso in due parti: dal mattino fino alle 14 per chi vuole vivere un momento di ritiro, ascolto e preghiera nella cornice naturalistica del Santuario. Dal pomeriggio fino alla sera la parte celebrativa dell’evento: la processione con la recita del Rosario, la celebrazione comunitaria della Riconciliazione, la Santa Messa celebrata dal vescovo e l’offerta dell’olio.
Per quanto riguarda la mattina alle 9.30 è previsto il canto delle Lodi; alle 10 una meditazione di fratel Antonio Emanuele della fraternità monastica di Gerusalemme, tempo di silenzio e preghiera personale, pranzo a sacco o in ristorante accanto al Santuario (18 euro).

Come potranno partecipare le parrocchie a questo evento diocesano?

Questo pellegrinaggio è un’occasione molto bella per vivere una giornata comunitaria fra le nostre parrocchie, di preghiera e ritiro per chi ne ha necessità, di conoscenza e di incontro per tutti. Per il viaggio ci si può organizzare o a livello parrocchiale o vicariale secondo le varie situazione ma permettiamo la partecipazione di più persone possibile, che sia un evento diocesano.

Daniela Raspollini




Sergio Mattarella a Vinci

La visita del Presidente della Repubblica nel giorno natale di Leonardo

A Vinci nell’anno delle Celebrazioni Leonardiane per i 500 anni dalla morte del grande genio arriva il Presidente Sergio Mattarella.
È un giorno speciale: una festa per la gente, ma anche un’occasione per ribadire la straordinaria capacità di Leonardo di vedere al di là dei limiti della conoscenza del suo tempo, ben caratterizzato dai due poli dell’umanesimo e della scienza.

«Appunto perché figlio di quel tempo in cui la cultura non riconosceva frontiere ed accomunava nello scambio delle esperienze tutta l’Europa malgrado i contrasti e le guerre interne, qualsiasi geo-tentativo di leggere la sua opera entro confini organizzati nei secoli successivi tra le scienze o tra i territori e tra i popoli apparirebbe fallace e soprattutto riduttivo del contributo immenso che Leonardo ha recato al progresso dell’umanità». In questo passaggio del discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica a Vinci lunedì 15 aprile, giorno della nascita di Leonardo, c’è un messaggio semplice e profondo allo stesso tempo: da una parte si riconosce il Rinascimento come una realtà senza frontiere, pienamente europea, dall’altra c’è il richiamo ad evitare l’errore di “incasellare” Leonardo, più volte fatto nel passato.

L’attesa del Presidente della Repubblica, che il 2 maggio si recherà ad Amboise dove Leonardo è morto, era vivissima nei giorni precedenti a Vinci e nel territorio; grandissimo quindi, è stato il calore trasmesso lunedì scorso dalla gente. Mattarella, tra i personaggi politici più stimati nel paese, rappresenta, in effetti, uno dei pochi riferimenti condivisi per la fiducia e la stima che riscuote.
Nel palco ufficiale si sono alternati il sindaco Giuseppe Torchia, il presidente della Regione Enrico Rossi, il presidente delle celebrazioni leonardiane Paolo Galluzzi, il ministro della cultura Alberto Bonisoli, ma anche due giovani studenti della scuola media: Alice ed Edoardo. Tra gli ospiti anche il vescovo di Pistoia Fausto Tardelli e il vescovo di San Miniato Andrea Migliavacca.
A Vinci Mattarella ha inaugurato la mostra «Leonardo a Vinci. Alle origini del genio» ospitata presso il Museo Leonardiano dove è esposto il disegno di Leonardo “Paesaggio 8P” in prestito dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, prima opera conosciuta del Genio, datata 5 agosto 1473. La mostra è incentrata sul tema del paesaggio e sulle testimonianze che svelano notizie, anche poco note, relative alla sua infanzia e prima giovinezza, trascorse a Vinci.
A Vinci Mattarella così ha definito Leonardo:

«Un grande toscano, un grande italiano, allora protagonista assoluto della scena europea, oggi riferimento insopprimibile nel mondo!».

Silvano Guerrini


Un video per scoprire i “luoghi di Leonardo”

Vinci, Anchiano, Vitolini, Bacchereto… località del Montalbano legate alla vicenda biografica del genio del Rinascimento di cui nel 2019 si ricordano i 500 anni dalla morte, ma anche località tradizionalmente legate alla diocesi di Pistoia. A Vinci, nella chiesa di Santa Croce, si conserva quello che tradizionalmente è ricordato come il fonte battesimale di Leonardo. Ad Anchiano, borgata sulle pendici del Montalbano, si trova ancora la sua “casa natale”. Ma le colline, le torri, i paesi della sua terra ritornano anche nei disegni e in alcuni progetti leonardiani. Un territorio da conoscere e visitare della nostra diocesi presentato in un breve video realizzato da Silvia Gualandi: «I Luoghi di Leonardo nella Diocesi di Pistoia». I luoghi e i paesaggi di Leonardo sono accompagnati dalle parole di Giorgio Vasari, il celebre artista rinascimentale autore delle altrettanto famose “Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori”. Il montaggio è a cura di Elena Degli’Innocenti.

Il filmato è disponibile sul canale youtube diocesano “Diocesi di Pistoia”.




La pastorale della tenerezza

Mons. Tardelli in ospedale a Pistoia per un momento di preghiera e la visita agli ammalati

Martedì 16 aprile il vescovo Fausto ha visitato l’ospedale “San Jacopo”, portando l’augurio di Pasqua ai pazienti e al personale. La visita è iniziata con un momento di preghiera e di riflessione sul testo del Vangelo di Giovanni 15,13-17: «Gesù, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, dà loro il comandamento nuovo: “amatevi come io ho amato voi”». Non c’è luogo come l’ospedale, in cui far risuonare la parola di Cristo: «Amatevi!».
Ai medici, agli infermieri, ai volontari impegnati al servizio dei malati, Papa Francesco in un recente messaggio per la giornata mondiale del malato ha augurato di «essere sempre segni gioiosi della presenza e dell’amore di Dio». Agli infermieri ricevuti in udienza lo scorso anno (3 marzo 2018) raccomandava: «Non dimenticatevi della medicina delle carezze: è tanto importante! Una carezza, un sorriso è pieno di significato per il malato. È semplice il gesto, ma lo porta su, il malato si sente accompagnato, sente vicina la guarigione, si sente persona, non un numero». La cura dei malati, ha ricordato il papa quest’anno «ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all’altro che è caro» (messaggio per la Giornata mondiale del malato 2019).

Nella visita all’ospedale, il nostro vescovo ha messo in pratica queste indicazioni. Accompagnato dai volontari, sua eccellenza ha infatti visitato il reparto di chirurgia, lasciando ad ogni paziente un cartoncino come ricordo e messaggio per la Pasqua. Ringraziamo sentitamente il vescovo per la sua attenzione al mondo della sofferenza. Entrando in una camera dell’ospedale una paziente, meravigliata ha esclamato: «Il vescovo? Non posso crederci!».

La visita è coincisa con l’anniversario della morte di S. Bernadette, la veggente di Lourdes. «Bernadette, povera, analfabeta e malata – ha ricordato una volta Papa Francesco – si sente guardata da Maria come persona. La Bella Signora le parla con grande rispetto, senza compatimenti. Questo ci ricorda che ogni malato è e rimane sempre un essere umano e come tale va trattato» (Papa Francesco, messaggio per la Giornata mondiale del malato 2017). È sempre provocatoria la parola di Cristo: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36). Ognuno di noi dia la sua risposta di fede.

Padre Natale, cappellania ospedaliera.




Morti viventi o risorti?

Un estratto dall’omelia del vescovo per l’ultima liturgia stazionale

Venerdì 12 aprile 2019, ormai nell’imminenza della Settimana Santa, si è concluso il percorso delle liturgie stazionali guidate dal vescovo Tardelli. Nell’ultimo appuntamento la celebrazione è partita dalla Chiesa del Carmine per poi arrivare all’antica pieve di Sant’Andrea. Pubblichiamo di seguito alcuni passaggi dell’omelia di Mons. Fausto Tardelli.

La resurrezione di Lazzaro

L’ultima tappa del nostro cammino quaresimale si conclude con il racconto della risurrezione di Lazzaro, l’amico di Gesù. (…) Il quadro che l’evangelista Giovanni ci presenta è abbastanza straziante. Vediamo le lacrime di Marta e di Maria; la loro angoscia. Vediamo anche l’affetto grande e intenso di Gesù per l’amico. “Allora scoppiò in pianto”: questo particolare della narrazione ce lo manifesta.

Dietro il miracolo, una verità più profonda

Ed ecco che in questo cotesto straziante, Gesù compie il miracolo. Si tratta di un “segno”. La risurrezione di Lazzaro dunque è solo un segno di una verità più profonda… Quella di Lazzaro non è come la risurrezione di Cristo, né come quella che ci è promessa da Gesù.

Quale differenza tra la resurrezione di Gesù e quella di Lazzaro?

Nota magnificamente Joseph Ratzinger nel suo libro “Gesù di Nazaret” (pag. 271-272): «Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto. Non sarebbe infatti più importante della rianimazione, grazie all’abilità di medici, di persone clinicamente morte. Per il mondo come tale e per la nostra esistenza non sarebbe cambiato nulla».

Cosa succede con la resurrezione di Gesù?

«Le testimonianze neotestamentarie invece non lasciano alcun dubbio che nella risurrezione del Figlio dell’uomo sia avvenuto qualcosa di totalmente diverso. (…) Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomini, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini».

Per noi la resurrezione di Cristo è…

Queste illuminate riflessioni spiegano ciò di cui la risurrezione di Lazzaro è segno: la risurrezione di Cristo e la nostra vita con Lui. Ben più di quello che è capitato a Lazzaro, noi infatti siamo stati resi partecipi della Risurrezione di Cristo; mediante il Battesimo, siamo stati sepolti nella morte di Cristo e risorti con Lui. La nostra identità di uomini è ormai quella di risorti con Cristo, ciò per cui siamo venuti al mondo e che ci identifica come uomini.

Sei vivo o un morto vivente?

Questo è vero al punto che se non viviamo da risorti con Cristo, semplicemente non siamo uomini; in realtà neppure siamo vivi. Siamo piuttosto dei morti che camminano per la strada, dei “morti viventi”.

Ma che vuol dire vivere da risorti?

Vivere nella gioia

Credo che la risposta a queste domande sia triplice: innanzitutto significa vivere nella gioia, con il cuore pieno di speranza, senza farsi abbattere da niente. Nella gioia cioè di sapere che niente ci può davvero ferire e uccidere, se si rimane attaccati a Gesù Cristo…

Nutristi di Cristo

In secondo luogo, per vivere da risorti, occorre nutrirsi di Cristo parola e pane di vita eterna. Gesù lo ha detto a chiare lettere: «In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24).

Amare i fratelli

Infine, c’è un terzo modo ancora, fondamentale, per vivere da risorti, ed è l’apostolo Giovanni a dircelo nella sua prima lettera, anche qui con molta chiarezza: «Fratelli, noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui». (I Gv 3, 14-15).

Leggi l’omelia intera qui

 

 




Gli appuntamenti della Settimana Santa

Rivivere la Passione e la Resurrezione di Cristo

Gli appuntamenti in Cattedrale con il vescovo Tardelli per la Settimana Santa

Nella Cattedrale di San Zeno il vescovo presiederà tutte le celebrazioni solenni della Settimana Santa. Mercoledì 17 alle ore 21, infatti, avrà luogo la celebrazione della messa crismale, nella quale il vescovo benedirà gli olii e tutti i sacerdoti rinnoveranno le loro promesse. La messa Crismale vede generalmente una Cattedrale gremita di fedeli: è infatti l’occasione in cui la Diocesi trova la sua manifestazione visibile in tutte le sue componenti, segno dell’unità e della varietà della Chiesa raccolta attorno al suo vescovo.

Giovedì 18 alle 18.00 con la Messa in coena domini e la lavanda dei piedi inizia il Triduo pasquale.

Venerdì 19 alle 21 è il momento della liturgia della passione del Signore: una celebrazione molto suggestiva: nella chiesa, con gli altari spogli di tovaglie e di ogni croce, i fedeli si recheranno processionalmente a baciare l’antica croce dipinta di Coppo di Marcovaldo nel giorno in cui si commemora la morte di Cristo.

Sabato 20, giorno di silenzio e preghiera, rievoca la permanenza di Cristo nel sepolcro. Alle 21.30 inizierà la solenne veglia pasquale scandita da quattro momenti: il fuoco, la parola, l’acqua, il convito eucaristico. Il rito si apre all’aperto, nelle tenebre, alla luce del fuoco e del cero pasquale, per poi spostarsi all’interno della Cattedrale, nell’oscurità delle grandi navate, mano a mano rischiarate dalle candele dei fedeli e dal lento riaccendersi delle luci. Le letture della veglia – il tempo della Parola – guidano attraverso la storia della salvezza, dalla creazione fino alla redenzione. Accanto al fuoco si aggiunge il segno dell’acqua, in riferimento al Battesimo e infine tutto culmina nell’eucarestia, il punto di arrivo di tutto il cammino quaresimale e della celebrazione della vigilia.

Domenica 21, giorno di Pasqua, alle ore 18.00 il vescovo celebrerà la santa messa pontificale conclusa della benedizione Papale accompagnata dall’Indulgenza plenaria.

Info: www.diocesipistoia.itinfo@diocesipistoia.it – FB : Diocesi di Pistoia – Instagram @Diocesipistoia




Il crocifisso di Vivarelli e le foto di Amendola in mostra in Battistero

PISTOIA – Una straordinaria occasione per ammirare l’opera di Jorio Vivarelli, vista attraverso gli occhi di Aurelio Amendola. La mostra allestita in battistero, organizzata dalla Fondazione Jorio Vivarelli e dal Capitolo della Cattedrale di Pistoia, presenterà per la prima volta undici opere del celebre fotografo pistoiese Aurelio Amendola insieme il grande Crocifisso in bronzo della Chiesa della Vergine di Pistoia. Sei fotografie ritraggono il Crocifisso, quattro descrivono quello dell’Autostrada del Sole ed una ritrae Jorio Vivarelli al lavoro in fonderia.
Come scrive Antonio Paolucci nella monografia dedicata «è l’occhio fotografico di Aurelio Amendola a svolgere la funzione di implacabile scrutinio critico quando accarezza le superfici delle due sculture, quando ne fa emergere le tensioni, i sussulti e gli scarti, quando segue, come una mano che tocca, le morsure della sgorbia sul legno e del ferro del “rinettatore” sul bronzo”».
Il Crocifisso esposto in mostra fu commissionato a Jorio Vivarelli nel 1956 dal grande architetto pistoiese Giovanni Michelucci, incaricato della ricostruzione della Chiesa della Beata Vergine Maria e Santa Tecla, detta Chiesa della Vergine, andata distrutta nella seconda Guerra Mondiale, per collocarlo dietro all’altare maggiore. Jorio era un giovane artista di trentaquattro anni e aveva speso cinque anni in guerra, in prigionia e nei campi di concentramento. Lavorava come scultore nella Fonderia d’Arte di Renzo Michelucci ove fu notato e apprezzato per le sue qualità da Giovanni Michelucci, fratello di Renzo e ormai celebrato architetto.
Il Crocifisso, scolpito in legno, suscitò un entusiastico apprezzamento di critica e insieme una certa perplessità nelle autorità ecclesiastiche per il carattere terreno del Cristo e per l’espressionistica descrizione del dolore.
Il Crocifisso esposto è l’esemplare in bronzo che Jorio ricavò dal calco dell’opera in legno non appena completata. L’esemplare in Mostra costituisce un capolavoro di perfetta fusione a cera persa e ci piace immaginare come Jorio Vivarelli, Giovanni e Renzo Michelucci e le maestranze della Fonderia abbiano partecipato con orgoglio a questa fusione, riversandovi l’entusiasmo di tutta una fucina d’arte che voleva consolidare il primato conquistato a livello internazionale.
La positiva collaborazione fra i due artisti pistoiesi fece sì che Michelucci affidasse a Jorio Vivarelli anche la realizzazione del Crocifisso per la celebre Chiesa dell’Autostrada del Sole a Campi Bisenzio, realizzata nel 1963.

L’inaugurazione della mostra è prevista venerdì 12 aprile 2019 alle ore 18 nel Battistero di San Giovanni in Corte a Pistoia. Proseguirà fino a domenica 2 giugno 2019 e sarà aperta tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18. Ospiti d’eccezione della serata il prof. Antonio Paolucci e di Monsignor Fausto Tardelli.




Le meditazioni del vescovo per la Settimana Santa

Il vescovo Tardelli propone ai fedeli un testo di meditazioni sulla Settimana Santa. Una lettura spirituale per vivere con intensità il cammino verso la Pasqua

La Settimana Santa è un tempo di altissima densità spirituale. Nella settimana santa, infatti, «la chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.
Il tempo quaresimale continua fino al giovedì santo. Dalla messa vespertina “nella cena del Signore” inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì santo “nella passione del Signore” e il sabato santo, ha il suo centro nella veglia pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione. Le ferie della settimana santa, dal lunedì al giovedì incluso, hanno la precedenza su tutte le altre celebrazioni» (Paschalis sollemnitatis, n.27).

Come vivere al meglio la Settimana Santa?

Monsignor Tardelli, vescovo di Pistoia, offre ai fedeli alcune meditazioni dedicate ai giorni della Settimana Santa. Un testo semplice e chiaro che può accompagnare il cammino spirituale, disponibile online in formato pdf o in versione cartacea presso la Libreria San Jacopo (Via Puccini, 32 – Pistoia).