Preparare l’oratorio? Torna Oraestate!

L’ufficio di pastorale giovanile diocesano organizza anche quest’anno un mini corso di formazione per animatori per gli oratori estivi. Suor Francesca Nannelli dell’equipe di Pastorale Giovanile, ci presenta l’iniziativa.

Torna in diocesi l’atteso appuntamento di “Oraestate”: quali sono le novità di quest’anno?

Quest’anno abbiamo pensato di proporre un tema unico per tutta la diocesi, così da permettere ai ragazzi e ai bambini di condividere la stessa storia, sentirsi inseriti in un percorso comune che troverà il suo culmine, almeno per gli animatori, in un pomeriggio di festa, domenica 2 Giugno presso la parrocchia di san Bartolomeo. Animatori di tutta la diocesi si troveranno insieme ai giovanissimi dei gruppi dopocresima, dopo aver vissuto un’esperienza di gratuità e di gioioso servizio, si riconosceranno nella stessa storia, negli stessi personaggi, nello stesso inno. Il sussidio che utilizzeremo, «Che gusto c’è? Una deliziosa eredità», si ispira alla storia di «Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato». La storia è stata preparata dalle diocesi dell’Emilia Romagna che hanno una lunga tradizione di oratori.

Qual è la finalità educativa di questa traccia?

La finalità è così descritta: «la storia di quest’anno ci invita a riscoprire il valore dei legami e delle relazioni rispetto al possedere e al consumare. I primi quattro bambini che trovano il biglietto d’oro (i biglietti vincenti di una lotteria organizzata dalla fabbrica di cioccolato) vivono condizioni sociali privilegiate, ma un contesto familiare povero, che non sembra donare ciò che è essenziale, che non sa educare, che non sa accompagnare a una crescita, che non insegna la condivisione e il valore delle persone. Nell’assenza di legami veri, i quattro bambini risultano viziati, pretenziosi, egoisti, sregolati, ma soprattutto infelici. Non vivono la visita alla fabbrica come un dono di cui godere, non gustano realmente nulla di questa opportunità, ma la consumano trascinati dai loro evidenti difetti, perdendone la bellezza e il poterne godere appieno. Al contrario, Charlie vive una condizione di vita più dura, ma può contare su un contesto famigliare che gli dona amore e il giusto valore delle cose. Charlie vive come un dono e una fortuna l’occasione che gli è capitata, e sa stare dentro questa fortuna godendone e condividendola, divenendo, anzi, per Willy stesso, il testimone della necessità di legami veri e profondi. Con la “fabbrica di cioccolato” vogliamo metter al centro, allora, il tema dei legami e della famiglia, come vero fondamento della vita. È la rivoluzione della tenerezza di cui ci parla spesso Papa Francesco, contro la cultura dello scarto».

Quali saranno gli appuntamenti di Oraestate?

Ai nostri animatori proponiamo tre serate. La prima la dedicheremo al tema scelto, che avremo la possibilità di approfondire entrando nella trama della storia, individuando le finalità educative e la metodologia guidati proprio da chi la storia l’ha scritta: l’Opera dei Ricreatori di Bologna. Nelle altre due serate, invece, ci faremo aiutare dai formatori dell’Anspi che proporranno tre laboratori: uno sullo stile e l’identità dell’animatore; uno sulla musica e il corpo conoscendo a cosa servono bans e danze in oratorio; uno sul gioco come momento educativo privilegiato all’interno dell’avventura oratoriale.

A chi è rivolta l’iniziativa?

L’iniziativa è rivolta a tutti gli animatori della diocesi che soprattutto durante l’estate decidono di dedicare il loro tempo e mettersi in gioco nel “ruolo” prezioso e delicato dell’animatore, o meglio, dell’educatore. Non è un compito facile come può sembrare apparentemente; non si tratta di intrattenere i bambini, farli semplicemente giocare e creare qualche lavoretto da portarsi a casa. Occorre “attrezzare” i nostri animatori, oltre alle tecniche necessarie che servono per portare avanti un oratorio, vorremmo trasmettere il fine ultimo di ogni azione educativa. Gli oratori parrocchiali non sono un passatempo estivo per bambini, per quello i genitori possono scegliere tra le innumerevoli proposte che arrivano dal mondo sportivo e ricreativo in genere. San Giovanni Bosco, che ha “inventato” questa attività oratoriale diceva che «i nostri giovani vengono all’oratorio. Il Signore ce li manda perché noi ci interessiamo delle loro anime. Tutto il resto deve essere considerato come mezzo; il nostro fine supremo è farli buoni…».

I nostri oratori, quindi, vorrebbero diventare degli ambienti cristiani dove si cerca insieme di vivere il Vangelo, dove si impara il rispetto per i piccoli, l’attenzione per ogni persona -dal più grande al più piccino-, dove ognuno può scoprire e mettere a servizio i propri doni. Certamente con tre incontri non riusciremo in un intento così alto, ma vorremmo almeno far capire che ogni animatore, mettendosi a servizio dell’oratorio, comincia a mettersi davvero in gioco, si avventura in un cammino di conoscenza di sé, degli altri e di Dio. Le tecniche che vogliamo trasmettere sono uno strumento per arrivare al cuore dei bambini e degli stessi animatori. Il gusto è nel vivere quanto Gesù ci ha lasciato in eredità: «c’è più gioia nel dare che nel ricevere».

Programma

Lunedì 29 Aprile: Presentazione del tema

Lunedì 6 maggio: Stile e identità dell’animatore. La musica e il corpo: danze e bans

Giovedì 16 maggio: Laboratori delle attività di gioco.

Gli incontri si svolgeranno dalle 21.00 alle 22.30 in seminario a Pistoia (via Puccini, 36).

Daniela Raspollini

 

ORATORI ESTIVI

In arrivo la Giornata dei giovanissimi!

Quest’anno l’Ufficio di Pastorale giovanile ha ideato un appuntamento importante: la Giornata dei giovanissimi. Un evento diocesano aperto agli animatori e ai ragazzi del dopo Cresima. Sarà un pomeriggio di incontro e festa con giochi insieme e momenti di condivisione. Si terrà domenica 2 giugno a San Bartolomeo (nello spazio sul retro della chiesa) a partire dalle ore 15.00 (merenda inclusa). È importante che ogni parrocchia comunichi quanti, all’incirca, saranno i partecipanti almeno una settimana prima dell’evento per poter organizzare tutto al meglio. Non mancate!

Iscrizioni e info: pastoralegiovanile@diocesipistoia.it




San Zeno: dall’Africa a Verona a Pistoia

Il 12 aprile ricorre la festa di San Zeno titolare della cattedrale di Pistoia. Il vescovo celebrerà la santa messa in duomo alle ore 18.

Venerdì 12 aprile la Diocesi di Pistoia ricorda San Zeno vescovo. La sua memoria sarà celebrata con il grado di solennità in Cattedrale, come festa nel resto della Diocesi.

San Zeno è un santo che è arrivato da lontano, quasi come Jacopo, sia pure per strade diverse e con due tappe ben distinte. Zeno, infatti era nato in Africa, a Cesarea, e da qui aveva viaggiato e studiato in oriente, finchè non giunse a Verona, dove nel 362 clero e popolo lo elessero vescovo di quella diocesi. Da vescovo Zeno rivelò presto le sue qualità di pastore: con coraggiosa eloquenza fece fronte sia all’eresia ariana che al paganesimo restaurato dall’imperatore Giuliano.

Ma a Pistoia non sarebbe mai arrivato senza l’evento miracolo ricordato da Papa Gregorio Magno nei suoi Dialoghi; nel 589, circa due secoli dopo la sua morte, l’Adige straripò a Verona, inondando tutta la città; le acque raggiunsero anche la chiesa di San Zeno fino all’altezza delle finestre, ma davanti alla porta, che pure era spalancata, si fermarono «come un sodo muro, senza far danno nè all’edifizio, nè a chi v’era dentro».

Non c’è dunque da stupirsi che i pistoiesi «che per il sito del loro paese andavano frequentemente soggetti a simili flagelli» abbiano cominciato a raccomandarsi a questo santo così potente «sulle inondazioni e sulle fiumane» e gli abbino intitolato la loro cattedrale. Il suo nome, infatti, fin dal 923 appare tra titolari della cattedrale insieme ai santi Rufino e Felice; dal 1443 è invece menzionato da solo. Delle quattro feste a lui dedicate -8 dicembre per la nascita, 12 aprile per il martirio, 12 maggio per il miracolo dell’Adige -col tempo ha acquisito importanza la data del 20 aprile,  ricorrenza della morte. In Cattedrale a Pistoia però, la memoria si celebra il 12 aprile. Dai ricordi del proposto Giovanbattista Cancellieri sappiamo che nel 1559 il vescovo Fulvio Passerini si rifiutò di riconoscere come solenne la festa dell’8 dicembre e invece che alla messa e in processione andò in villa a Igno -la residenza di campagna del vescovo- col risultato di cadere malamente e morire quel giorno stesso. Notizia che il cronista fa precedere da questo discutibile commento: «Noto qui che san Zeno pur fa de miracoli».

Miracoli a parte, san Zeno, nella veste marmorea di Andrea Vaccà, resta insieme a Sant’Jacopo a proteggere Pistoia dall’alto della facciata del Duomo. Nell’archivio capitolare di Pistoia si conserva invece la più antica copia dei suoi Sermoni con cui aveva fatto fronte all’eresia di Ario e al paganesimo dell’imperatore Giuliano.

D.R.

(foto di David Dolci)




Un’estate in viaggio verso «l’isola che c’è»

Presentato a Roma il nuovo sussidio per oratori estivi ANSPI. Numerosi i pistoiesi presenti.

Domenica 24 marzo è stato presentato a Roma presso il parco Cinecittà World Roma il sussidio estivo ANSPI “L’Isola che c’è”. Erano presenti anche numerosi animatori della nostra diocesi. Anche quest’anno gli animatori ANSPI saranno presenti a Pistoia per “Ora Estate”, corso di formazione per animatori di oratori parrocchiali. Ci presenta il nuovo sussidio Antonio Ferro, il delegato ANSPI per la Toscana.

Com’è andato l’incontro di Roma che ha visto la presenza di 58 animatori della diocesi di Pistoia?

L’incontro è andato molto bene e dalla diocesi di Pistoia c’è stata una risposta importante: tre oratori (Vignole, Montemurlo, San Bartolomeo – Pistoia) per un totale di 58 animatori. Partecipare a questi momenti è fondamentale perché ti mette in contatto con altre realtà e ti fa sentire parte integrante di un progetto ben più ampio.

La diocesi da tempo si avvale del talento degli educatori Anspi. Come viene elaborato il sussidio?

Il sussidio è realizzato dalla nostra equipe di formatori e da giovani che si avvicinano alla realtà. Valorizziamo le competenze dei nostri giovani. Esiste una piattaforma on line dove i nostri formatori lavorano al sussidio. Non dobbiamo dimenticare che Anspi realizza due sussidi annuali: uno per l’attività estiva e uno per quella invernale.

Quest anno viene proposta una storia avvincente ispirata a Peter Pan anche se con qualche differenza: l’isola che non c’è.. esiste davvero?

In ANSPI abbiamo trasformato “L’Isola che non c’è” in “l’Isola che c’è”: ovvero la base comune nella quale ognuno potrà trovare un pezzo dell’Isola che sognava, un approdo per fare esperienza autentica di cosa comporti l’impresa del crescere insieme.

Le parole chiave sono: 1) Sogno: è la parola più importante di questa estate. Siamo chiamati a vivere con la domanda: che adulto sogni di diventare? 2) Vocazione: diventare adulti capaci di accogliere con creatività, gratitudine e responsabilità gli imprevisti e le sfide avventurose di cui la vita ci fa dono; 3) Fantasia: ciascuno ha il proprio regno incantato nel quale rifugiarsi e vivere la bellezza delle relazioni, comprendere da quale parte schierarsi nella lotta tra il bene e il male, imparare ad affrontare le proprie paure; 4) Esistere: dare concretezza alla fantasia e ai suoi sogni, vivere pienamente ogni passaggio dell’avventura, fare esperienza di solidarietà, altruismo; 5) Libertà, essere protagonisti delle scelte della propria vita.

Come commentano gli animatori questa esperienza?

I nostri ragazzi/animatori sono sempre incuriositi dai sussidi estivi come da quelli invernali perché c’è sempre il sapore del nuovo e quello di riaprire una nuova stagione di gioco, l’occasione per stare insieme e reinventarsi sempre e di continuo. La “presa” del sussidio è sempre positiva perché offre loro il modo, oltre che di stuzzicare la fantasia, di costruire concretamente relazioni e ponti con elementi nuovi che anche in questo anno faranno parte dei nostri GREST.

Daniela Raspollini

 




Giornata dei Cresimandi: ecco la parola “magica” da custodire

La Giornata dei Cresimandi ha visto una cattedrale gremita di giovanissimi provenienti da tutta la diocesi di Pistoia. Tanti ragazzi stretti attorno al loro vescovo, per sperimentare l’unità, la comunione, la festa, la bellezza di un cammino che accompagna verso la vita cristiana.

Il vescovo Tardelli e i giovani si sono salutati con entusiasmo reciproco. L’incontro di domenica 7 aprile è il culmine di un percorso di preparazione a cura dell’Ufficio Catechistico diocesano, che ha condotto i ragazzi a un’apertura profonda con sé stessi e la Chiesa. I ragazzi hanno infatti indirizzato al vescovo le loro lettere personali. «Nelle vostre lettere – ha commentato mons. Tardelli – mi avete raccontato la timidezza, la paura, i sacrifici, non sentirsi all’altezza, il non sentirsi come gli altri ..accolgo questo vostro aprirsi del cuore come un grande dono».

Il cammino di quest’anno proponeva alcuni appuntamenti di riflessioni sviluppati attorno all’episodio di Zaccheo. «Avete meditato sulla storia di Zaccheo (Lc 19,1-10): una storia che ci fa capire qualcosa di importante. Non sono importanti i limiti che abbiamo – ha ricordato ai ragazzi il vescovo- Ma la cosa più importante è quello che Gesù ha detto a Zaccheo: “Zaccheo, io voglio entrare in casa tua”. Lascia stare i tuoi limiti, la cosa più importante è che io voglio entrare a casa tua!

Con me nel tuo cuore le cose possono cambiare, con me saprai cambiare anche i tuoi limiti in qualcosa di positivo».

Il vescovo ha quindi spiegato ai ragazzi: «il Signore vi dice: voglio entrare in casa tua, voglio entrare nel tuo cuore. C’è un momento speciale in cui questo accadrà: il giorno della sua cresima. Quel giorno è un giorno davvero importante. il Signore entrerà nel vostro cuore e voi vi state preparando proprio a questo. Ma come si risponde a Gesù che vuole entrare in casa tua?»

Mons. Tardelli ha quindi consegnato ai cresimandi una parola “magica”, la parola chiave per rispondere a Gesù che bussa alla porta del cuore. «Vi insegno una parola “magica”, una parola segreta –tra me e voi– che dovete scolpire nel cuore. Che parola è? Vorrei che la ripeteste con me: tidè tià tipò!

«tidè tià tipò!»

tidè: ti desidero

tià: ti accolgo, nella mia casa, nel mio cuore

tipò: ti porto nella mia vita, cerco di vivere nella mia vita con te!




Un mondo di ciechi

Venerdì 5 aprile mons. Tardelli ha celebrato la quarta stazione quaresimale. La liturgia ha preso inizio presso la vicina chiesa della Misericordia per poi spostarsi, al canto delle litanie, in una chiesa di San Paolo gremita di fedeli. Le letture proposte per la stazione di venerdì scorso sono suggerite nel lezionario come alternative a quelle del giorno. Così, dopo il brano della Samaritana al pozzo proclamato la volta precedente, mons. Tardelli ha commentato un altro celebre racconto del Vangelo di Giovanni, quello della guarigione del cieco nato (Gv 9,1-41), che la liturgia ha da sempre inserito nel cammino quaresimale.

Ricordiamo che la prossima stazione quaresimale è prevista per venerdì 12 aprile alle ore 21. Il ritrovo è alla chiesa del Carmine da dove partirà l’assemblea partirà processionalmente verso la chiesa di Sant’Andrea Apostolo.

Riportiamo di seguito un piccolo estratto dell’omelia del vescovo di venerdì 5 aprile. Leggi qui l’omelia intera.

 

Verso la Pasqua ..per tornare a vedere

Il vangelo del cieco nato ci introduce sempre di più nel mistero pasquale.(…) Possiamo dunque pensare il mistero pasquale come un evento che toglie il velo dagli occhi degli uomini, che ridà la vista agli uomini, resi ciechi dal peccato.

Quelli che vedono, diventino ciechi

Perché sia Pasqua per davvero – ci ricorda la liturgia penitenziale della Quaresima – occorre riconoscere le tenebre che sono in noi, che oscurano la nostra coscienza e si allungano come ombre minacciose nella vita di chi ci sta accanto e nella stessa società. E qui allora torna in ballo e si spiega l’enigmatica frase del vangelo che ho citato all’inizio: “Sono venuto, dice il Signore, perché quelli che vedono, diventino ciechi”. Come a dire, sciolto l’enigma: che chi crede di vederci e di vederci bene, mentre non si rende conto della sua cecità, è in realtà il vero cieco perché non vede né Dio né gli altri.

E noi, vediamo?

Noi non vediamo. Lo vogliamo riconoscere. Non ci vuol molto a capirlo del resto. Basta un attimo di attenzione per capirlo. Quante volte infatti il Signore si affaccia nella nostra vita, si fa presente nelle pieghe della nostra esistenza, negli avvenimenti che ci capitano e non lo vediamo! Quante volte Egli non c’è nella nostra vita; per noi è assente; non ci accorgiamo di Lui, delle sue premure, dei suoi rimproveri.

Hai riconosciuto il Signore?

Quante volte non lo riconosciamo nei segni sacramentali, perché la nostra fede è fiacca e li trasformiamo in gesti vuoti o magici. Quante volte non lo vediamo presente in mezzo a noi, vivo e reale, Risorto e datore di vita e riduciamo il nostro radunarci a un semplice convenire umano o a una occasione di scontro tra di noi. Quante volte infine non lo riconosciamo nel volto degli altri, della sposa, dello sposo, del figlio, dell’anziano, oppure del povero all’angolo della strada, del migrante, del rifugiato, persino del nemico!

Ciechi e guide di ciechi

Se poi allarghiamo lo sguardo, bisogna constatare che per certi versi si vive oggi in un mondo di ciechi, perché non si riesce più nella nostra società a cogliere l’evidenza del bene che non è più evidente a molti e lo si scambia facilmente per male o infelicità. Ciechi e guide di ciechi, verrebbe da dire.

La cecità di oggi

..non si riesce più a scorgere né la presenza di Dio Padre buono e provvidente, né la dignità inalienabile della persona umana dal concepimento fino alla sua morte naturale, né il valore fondamentale della famiglia fondata sul matrimonio; e quel che è peggio, la menzogna la fa da padrona in ogni aspetto della vita sociale; tutto viene manipolato a proprio uso e consumo per piegarlo ai propri interessi, a volte affermando nello stesso tempo una cosa e il suo contrario, in una contraddizione palese ma tranquillamente nemmeno avvertita. Accecati dalle passioni, accecati dalle voglie, accecati dai desideri irrefrenabili, dalla rabbia e da un narcisismo senza limiti: questo sembra il quadro drammatico della nostra società.

Ero cieco e ora…

Ognuno di noi è  chiamato a una conversione profonda del cuore, così da poter dire col cieco nato, con umiltà ma insieme forza e determinazione: “Solo una cosa so: ero cieco e ora ci vedo”.




Cercasi adulti credenti, credibili e felici di esserlo

Intervista a don Armando Matteo sulla relazione tra la Chiesa e le nuove generazioni alla luce dell’esortazione di Papa Francesco “Christus vivit

di Daniela Raspollini

Don Armando Matteo, docente di Teologia fondamentale all’Università Urbaniana di Roma e noto conoscitore del mondo giovanile, ci presenta la proprie riflessioni sull’esortazione post-sinodale di Papa Francesco “Christus vivit”.

Cosa l’ha colpita di più dell’esortazione di Papa Francesco “Christus vivit”?

Quello che mi ha colpito di più, nell’esortazione di papa Francesco “Christus vivit”, è l’affetto. Sì, l’incredibile affetto che questo papa esprime per le nuove generazioni. Un affetto che trova, forse, una spinta in più nella consapevolezza che il tempo che viviamo non è esattamente “un tempo per giovani”. E Francesco, questa cosa qui, la dice a tutto tondo da tanto tempo e la rimarca con vigore in questa Esortazione. Da una parte e all’altra del mondo, i nostri giovani non sono messi nella condizione di esprimere tutta quella potenzialità di energia e di creatività che è loro propria. E questo affetto diventa poi sinonimo di fiducia e diventa richiamo, appello, persino rimprovero ad una società di adulti e di vecchi che sempre di più si sono prostrati al culto della giovinezza, marginalizzando in modo vergognoso proprio i giovani.

L’esortazione parla di una pastorale giovanile che vede strutture in cui i giovani spesso non trovano risposte alle loro inquietudini. A suo avviso quali sono i limiti più diffusi nella pastorale giovanile?

Ci vuole un coraggio “da papa” per riconoscere tutto questo! Ma è la semplice verità. Non addosso responsabilità specifiche alla pastorale giovanile, i cui responsabili anzi si danno sempre un gran da fare. Ma come credenti, adulti e vecchi, facciamo una fatica matta a capire il grande fossato che si è creato tra le nuove generazioni e l’attuale cristianesimo. Ancora facciamo una fatica da matti a capire come è cambiato il modo di vivere oggi la giovinezza, da parte dei giovani veri, in un tempo in cui tutti noi – tutti noi adulti e vecchi – non pensiamo ad altro che a restare giovani per sempre! Per cui i limiti della pastorale giovanile sono i limiti dell’agire pastorale tout court: un agire pastorale spesso, troppo spesso, autoreferenziale, che continua ad andare bene per alcuni, sempre di meno e sempre più vecchi, e che non si rende conto di quanto è davvero cambiata la vita della gente. E che dunque non è più tempo di una pastorale del cambiamento, quanto di un vero e proprio cambiamento della pastorale.

Nel documento Papa Francesco afferma che i giovani hanno bisogno di una chiesa che non stia continuamente a condannare, a combattere su due o tre temi, fino a diventare talvolta irritante. Cosa suggerirebbe alla nostra chiesa in Italia?

Di mettere semplicemente in pratica ciò che 15 anni fa i nostri vescovi hanno scritto nella nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia: dare priorità alla questione dell’adulto! Il punto è che oggi abbiamo, da una parte, adulti e vecchi che possono e non vogliono crescere e, dall’altra, giovani e ragazzi che vogliono e non possono crescere. È ormai un segreto di Pulcinella quello per i quale siamo in un deficit pazzesco circa la qualità veramente adulta degli adulti. Penso in particolare ai nati tra il 1954 e il 1984. Che siamo poi i papà, le mamme, i docenti, gli istruttori dei nostri giovani. In una parola: i loro modelli di vita! E che modelli! Se si pensa che per noi adulti i nostri modelli sono proprio i nostri figli e i nostri alunni.
In una parola: sta pure per finire il decennio dedicato dalla Chiesa italiana all’educazione, ma non è per nulla finita l’emergenza educativa. E quest’emergenza educativa è che ci servono al più presto adulti credenti, credibili e soprattutto felici di essere adulti. Ed è solo la Chiesa, insieme alla scuola, a poter e voler portare avanti questa battaglia. Le altre componenti della società, dalla politica all’economia, dalla cultura al mondo della comunicazione, giusto per citarne alcune, sono ben felici di aver a che fare con adulti che pensano solo a fare i giovani; insomma, con adulti imbecilli e permanentemente infelici!

Tra i tanti suggerimenti, inviti e riflessioni presenti nel documento c’è anche l’appassionato appello ai giovani affinché diventino “missionari coraggiosi” andando anche controcorrente; pensa che i giovani abbiano la voglia di accogliere e “vivere secondo Francesco”?

Questo vale già per alcuni dei nostri giovani e si può sperare che varrà per molti altri. D’altro canto, la nostra è una Chiesa “cattolica” e dunque differenti sono le situazioni in cui vanno a tradursi concretamente gli appelli e le indicazioni del magistero. Per il nostro Paese, penso che sia molto più pertinente l’indicazione di “Christus vivit” per la quale è l’intera comunità che si debba fare carico dell’annuncio del Vangelo e della cura delle nuove generazioni. Non si può più pensare di delegare questo ad un settore specifico. La situazione non è delle migliori da noi. Nelle nuove generazioni, aumenta la quota di chi si dichiara proprio fuori dalla tribù cattolica e spesso questo riguarda non solo i ragazzi e i giovani maschi, ma anche le ragazze e le giovani donne. Insomma, da noi il fenomeno più forte è che piccole atee crescono!

Il Papa parla di giovani con radici per affrontare il tema del rapporto tra generazioni. È davvero così sgangherato questo rapporto tra giovani e anziani?

Più che con gli anziani, la questione ha a che fare con gli adulti. Per intenderci, sono anziani i nati prima del 1954. In verità sono gli adulti che hanno mandato all’aria il rapporto tra le generazioni: per loro l’unico modello di esistenza accettabile e degno del desiderio umano è quello della giovinezza. Noi adulti, infatti, non vogliamo minimamente pensare a cose come adultità, maturità, responsabilità, generatività, passaggio di testimone. Ed è per questo che trattiamo i nostri figli non come i veri eredi del mondo, ma come piccole divinità da custodire, adorare e soprattutto contenere in confini bene limitati.

Crede che con il pontificato di Papa Francesco sia cambiato qualcosa nel rapporto tra i giovani e la Chiesa? Oppure che la tendenza sia comunque quella di un graduale allontanamento dalla Chiesa?

Noi cattolici facciamo statisticamente fatica a fidarci delle statistiche, e purtroppo le statistiche più recenti confermano l’esponenziale allontanamento delle nuove generazioni dall’universo cattolico. E ripeto, la cosa che deve interrogarci di più è che questo vale sia per i giovani maschi che per le giovani donne.

Il problema principale, a suo avviso, è la mancanza di credibilità e fiducia nei confronti della Chiesa o il venir meno della fede?

Consapevole di dire qualcosa di poco condiviso nella Chiesa italiana, in tutti i miei saggi sostengo che, con i giovani, la vera questione è quella della fede. Nonostante tutto il nostro gran da fare, nelle parrocchie, negli oratori, nei movimenti e nelle associazioni, la mancanza di testimonianza di fede cristiana vissuta, da parte dei genitori e degli altri adulti della società, impedisce ai giovani di comprendere che cosa la fede cristiana abbia a che fare con il loro personale processo di definizione della propria identità adulta. Insomma, la fede è, per loro, sempre di più una questione da bambini e finché si rimane bambini. Per questo, poi, ad un certo punto lasciano la comunità cattolica e diminuisce radicalmente l’interesse per la fede cristiana. E la lasciano senza sbattere le porte e senza alcun sentimento di colpa. In “Evangelii gaudium”, Papa Francesco parla giustamente di rottura della trasmissione generazionale della fede all’interno del popolo cattolico e a mio avviso alla radice di questo fenomeno c’è proprio quella “adorazione della giovinezza”, che egli stigmatizza in “Christus vivit”; una tale adorazione fa sì, come già detto, che per noi adulti e vecchi la vita al massimo e il massimo della vita sia “restare giovane”. Questo per noi adulti e vecchi vale più di Dio, più del Vangelo, più della Chiesa. O meglio è questo, per noi, il nostro dio, il nostro vangelo, la nostra chiesa. Sotto queste condizioni, come potremmo indicare/testimoniare allora ai giovani il legame, che pur esiste, tra vita adulta compiuta e sequela di Gesù? Da qui si deve ripartire. Al più presto.




Un vicario episcopale per il centro storico

Si comunica che Mons. Vescovo, con suo Decreto in data 19 marzo 2019, Solennità di San Giuseppe sposo della Beata Vergine Maria, ha proceduto nel processo di riordino dell’attività pastorale nel centro storico di Pistoia. Il contenuto di tale Decreto vescovile viene qui riportato in sintesi.

«Al fine di edificare una comunità cristiana nel Centro storico di Pistoia che sia fortemente unita, sinodale, ministeriale e missionaria, pur nella molteplicità dei luoghi di culto e di aggregazione, faccio innanzitutto appello alla preghiera di tutti: che non manchi mai l’invocazione costante e fiduciosa allo Spirito Santo, consapevoli che “se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” (Sal 127,1).

In secondo luogo, ho deciso di nominare don Luca Carlesi Vicario episcopale e quindi responsabile di detta comunità.

In ogni chiesa parrocchiale del centro storico di Pistoia continuerà a radunarsi una comunità di fedeli che normalmente avrà come riferimento immediato sempre il medesimo presbitero, il quale però agirà comunque in accordo col Vicario Episcopale e confrontandosi costantemente con lui».

Con altro Decreto in pari data, Mons. Vescovo ha conseguentemente nominato don Luca Carlesi Vicario Episcopale “ad triennium” per il centro storico di Pistoia, secondo quanto previsto nei cann. 476, 477 §1, 478 §, 479 §2 e 3 del CIC, perché con potestà ordinaria a nome del Vescovo, eserciti il ministero della guida di quella parte del popolo di Dio che si raccoglie nelle parrocchie di S. Andrea, S. Bartolomeo, Spirito Santo, Madonna dell’Umiltà, SS. Annunziata, S. Filippo, S. Paolo e S. Giovanni Fuorcivitas, coordinando, sotto la sua diretta responsabilità, l’azione pastorale dei presbiteri titolari delle varie chiese.

Can. Roberto Breschi
Cancelliere vescovile

(02 aprile 2019)




Dammi da bere: in ascolto della sete Dio e del fratello

La terza stazione quaresimale, si è associata, venerdì 29 marzo alla celebrazione delle 24ore per il Signore, iniziativa promossa da Papa Francesco e ora diffusa in tutto il mondo. Il vescovo ha celebrato la santa messa presso la Chiesa di San Paolo Apostolo a Pistoia. Mons. Tardelli, seguendo la possibilità offerta dalla liturgia, nella scelta delle letture ha optato per quelle del ciclo domenicale A che prevedevano, nella terza settimana, la storia della samaritana. «Un percorso tipicamente pasquale – ha affermato il vescovo – che ci introduce direttamente nel mistero della nostra salvezza». Ricordiamo che la prossima stazione sarà celebrata venerdì 5 aprile a partire dalla chiesa della Misericordia per poi procedere presso la Chiesa di San Paolo apostolo.

Che dire della storia della samaritana?

…Un dialogo, nel quale possiamo benissimo entrare anche noi, nel senso che possiamo benissimo ritrovarci nei panni di questa donna che incontra il Signore. In effetti, il Signore anche con ciascuno di noi intesse un colloquio. Tutta la nostra vita diciamo pure che è un dialogo con Lui. Un dialogo di salvezza. Fin dal seno materno. Ancor prima addirittura che fossimo formati nel seno di nostra madre, Dio ci ha chiamato, ci ha interpellato, è entrato in dialogo con noi.

In Gesù Cristo Dio dialoga con noi

Il dialogo di salvezza di Dio con ciascuno di noi, si è reso visibile in Gesù Cristo, parola vivente di Dio eterno. Verbo eterno del Padre, Egli ha preso carne umana per entrare in dialogo concreto con noi a partire dalla nostra stessa carne, dalla nostra stessa esperienza umana. In fondo, la vita di Cristo sulla terra che cosa è stata se non un dialogare continuo con noi uomini?

Come dialoga con noi il Signore?

Lui ci parla, ci incontra, attende risposta; aspetta le nostre lentezze; tace silenzioso per rispettare la nostra libertà, pronto però a rivolgerci ancora la parola, per spronarci ad essere nuovi, a riprendere in mano la nostra vita, a camminare dietro a lui nella gioia che si fa amore verso i fratelli. Tutto ci parla di Lui; in ogni uomo è Lui che ci parla; così nelle Sacre Scritture come nei santi sette segni; così nell’intero creato e nella storia.

Dammi da bere

Nel dialogo con la donna di Samaria vorrei ora brevemente soffermarmi sull’inizio. Su quella prima parola che Gesù le rivolge: “Dammi da bere”. Una richiesta che dobbiamo sentire rivolta a ciascuno di noi stasera.

Un dialogo inclusivo

..gli altri infatti sono sempre coinvolti nel dialogo tra noi e Dio. Inevitabilmente, necessariamente coinvolti. Non c’è dialogo col Signore che non includa anche i fratelli. La sete, la fame, l’indigenza, la sofferenza di chi è nel disagio, qui da noi e nel mondo, allora non può lasciarci indifferenti.

Ti accorgi di chi ha sete?

Domandiamoci allora se almeno ci accorgiamo della sete che c’è intorno a noi, del bisogno che c’è in coloro che ci circondano, a partire da chi ci sta accanto, per arrivare fino alle necessità di chi abita lontano da noi. Bisogno di sostegno materiale certo, ma anche e soprattutto di sostegno spirituale. Sete di acqua che disseta il corpo e di pane che lo nutre ma anche sete e fame della parola di Dio, perché “non di solo pane vive l’uomo”.

L’Acqua che disseta

lo Spirito ci faccia anche capire che noi chiesa, noi cristiani, se da una parte ci dobbiamo impegnare con ogni uomo di buona volontà perché tutti abbiano su questa terra il necessario per vivere dignitosamente, dall’altra siamo chiamati a dare al mondo quell’acqua viva che è Cristo, quell’acqua che risana l’uomo dalle ferite del male e che lo rende “creatura nuova”.

Leggi l’omelia per intero




Un “sentiero di bambini colorati” …per ritrovare la scuola che vogliamo

Ho sorriso ieri, quando ho accolto l’invito di partecipazione all’evento, dal nome già suggestivo Il sentiero dei bambini colorati, organizzato dalla Fism provinciale con la collaborazione del CSI. Trecento bambini con le loro famiglie, provenienti dalle scuole cattoliche di tutta la nostra Diocesi (ad alcune anche da fuori diocesi) hanno attraversato il centro della nostra città per un momento di festa e di ritrovo. Alla loro vista non si poteva che allargare un sorriso nel cuore di chiunque.

Voglio porgere un vivo ringraziamento agli organizzatori, a tutti coloro che hanno dato una mano (dal servizio d’ordine alle merende, dall’animazione all’allestimento) all’ottima riuscita dell’evento.

Cosa ci univa? Che ruolo ha oggi la scuola cattolica? Come aiutarla a mantenersi o a ritrovare se stessa? Come valorizzarne le specificità e i molti punti di forza? Come sostenerne la fragilità? Domande significative che l’incontro di ieri ha in qualche modo riportato all’attenzione dell’Ufficio per la Pastorale dell’Educazione della Scuola e dell’Università e che non intendiamo eludere.

Sicuramente al centro di tutti quei passi colorati c’era un’idea forte ma non pretenziosa di scuola, di famiglia, di insegnamento. Questa idea va oggi colta di nuovo e ridetta ad alta voce, con forza. La giornata di ieri è una delle tante belle notizie che riguardano la Scuola e che rischiano di non fare rumore. I media (salvo rarissime ed isolate eccezioni) si interessano di scuola, di insegnanti, di rapporto con le famiglie solo in negativo. Voglio a questo proposito ringraziare l’emittente TVL per lo spazio dato a questo sorriso collettivo nel cuore della città.

L’importanza di quei passi non può essere trascurata: erano il suono della voglia che la scuola sia comunità educante.

Abbiamo idee precise sulla scuola, sul rapporto con gli studenti e con le loro famiglie, sul compito e i doveri degli insegnanti e dei dirigenti. È il tempo di ridirle queste idee. Con lo stile che ci ha insegnato il grande Paolo VI. “La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio.” (Ecclesiam Suam, 67)

Grazie davvero quindi agli organizzatori. E un augurio alla città: che essa riconosca il tempo in cui è stata visitata.

Edoardo Baroncelli

Direttore dell’Ufficio per la Pastorale dell’Educazione, della Scuola, dell’Università




Tornano le 24ore per il Signore

Venerdì 29 marzo si celebrano anche a Pistoia le 24ore per il Signore

Torna l’appuntamento di preghiera e riconciliazione promosso da Papa Francesco e ormai diffuso in tutto il mondo. Domani sera, venerdì 29 marzo, presso la chiesa di San Paolo Apostolo a Pistoia prenderà il via un tempo speciale di preghiera e disponibilità per le confessioni.

Le 24 Ore di quest’anno si inseriscono nel cammino delle Stazioni quaresimali con il vescovo celebrate nelle chiese del Centro storico.

«Mi auguro che le nostre chiese possano rimanere aperte a lungo per accogliere quanti vorranno prepararsi alla Santa Pasqua, celebrando il sacramento della Riconciliazione, e sperimentare in questo modo la misericordia di Dio». Così l’annuncio di papa Francesco al termine dell’udienza generale di mercoledì 7 marzo, in Aula Paolo VI in Vaticano.

“L’obiettivo della 24 Ore per il Signore – ha spiegato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, in un’intervista a Vatican News – è quello di offrire a tutti, soprattutto a quanti sentono ancora disagio all’idea di entrare in una chiesa, di cercare l’abbraccio misericordioso di Dio, un’occasione al di fuori degli usuali tempi e modi per fare ritorno al Padre”.

PROGRAMMA

venerdì 29 marzo

Ore 18:00: Esposizione eucaristica presso la Chiesa di San Paolo Apostolo (Pistoia)

Ore 18:30:Vespro. Segue adorazione eucaristica
Ore 21.00: Santa Messa presieduta da Mons. Vescovo Fausto Tardelli
Dalle ore 22.00: confessioni

Alle mezzanotte il Santissimo sarà spostato nella cappellina per l’adorazione perpetua, poi dalle ore 7.00 sarà di nuovo in chiesa.

Sabato 30 marzo

Ore 8.00: Lodi
Ore 12.30: ora media
Ore 16.00: Reposizione del Santissimo e Santa Messa conclusiva