L’arte appassionata di Artemisia

Lo storico dell’arte Alessandro Grassi, autore di un volume monografico sulla pittrice, tratteggia la vicenda umana e artistica dell’artista.

di don Ugo Feraci

Artemisia Gentileschi è la pittrice del Seicento più nota al mondo, forse una delle artiste più famose di tutti i tempi: la sua vicenda umana e artistica, continua ancora oggi ad appassionare. Proprio in questi giorni ha suscitato grande interesse la riscoperta di una stesura più antica sotto un suo dipinto raffigurante Santa Caterina d’Alessandria conservato alla Galleria degli Uffizi. Le analisi realizzate in occasione del restauro dagli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure infatti, avrebbero rivelato un suo autoritratto nascosto analogo ad un dipinto acquisito recentemente dalla National Gallery di Londra. In entrambi i dipinti Artemisia presta il volto alla santa principessa martire, anche se il dipinto fiorentino sembra combinare i suoi tratti con quelli di Caterina de’ Medici, figlia del granduca Ferdinando. Insomma, Artemisia continua a far parlare di sé, lasciando tracce evidenti della sua forte personalità. Alla pittrice ha recentemente dedicato un volume monografico (“Artemisia Gentileschi”, Pacini 2018, 272 pp.) Alessandro Grassi. Alessandro è docente, storico dell’arte della nostra diocesi, ma anche iconografo: sono sue, ad esempio, le pitture per la nuova sala parrocchiale di Vignole; a lui abbiamo chiesto di introdurci alla scoperta di Artemisia e della sua arte.

Poche artiste hanno raggiunto la notorietà di Artemisia. Un successo recente che l’ha vista protagonista di numerose mostre, libri, perfino un film e un libro a fumetti. Perché?

Moltissimo è dovuto all’attualità della sua parabola esistenziale, profondamente segnata dalla violenza carnale che, diciassettenne, subì nella propria casa da parte di Agostino Tassi, un collega di suo padre Orazio (anch’egli pittore). Dopo il romanzo scritto nell’immediato dopoguerra da Anna Banti – moglie del grande storico dell’arte Roberto Longhi, il primo ad aver rivalutato l’arte della Gentileschi – il peso di questi risvolti biografici è divenuto sempre crescente, contribuendo da una parte a far conoscere la pittrice in tutto il mondo ma anche, dall’altra, a farne l’icona di pensieri e movimenti moderni, del tutto legittimi, ma storicamente estranei alla sua vicenda.

Spesso si dà una lettura femminista della sua storia, quasi che l’arte si trasformasse in occasione di riscatto di genere a partire dalla violenza. È proprio così?

È la lettura più facile e immediata – direi anzi la più “spendibile” – nel nostro tempo, tristemente segnato da innumerevoli episodi di violenza sulle donne. Tuttavia credo che il torto più grande che si possa fare, oggi, alla femminilità di Artemisia sia voler innescare a tutti i costi un nesso di causa-effetto, come se la Gentileschi sia divenuta un’artista per superare il trauma dello stupro. Credo che renda maggior onore alla donna Artemisia dire semplicemente che era una grande pittrice, e che lo sarebbe stata anche senza quella tragedia.

Artemisia aveva conoscenze importanti a Firenze, tra cui lo stesso Galileo Galilei…

Sì. In una lettera scritta molti anni dopo, nel 1635, quando già risiedeva a Napoli, Artemisia ringrazia l’anziano Galileo – ormai confinato ad Arcetri – di essersi operato, a suo tempo, per farle pagare dall’amministrazione medicea il compenso della celebre Giuditta che decapita Oloferne, oggi agli Uffizi. Ma a Firenze, dove divenne la prima donna ad essere ascritta all’Accademia del Disegno, tra il 1613 e il 1620 Artemisia aveva stretto amicizia anche con altri intellettuali, come Michelangelo Buonarroti il Giovane e Jacopo Soldani, o il pittore Cristofano Allori. Alcuni di loro furono padrini di battesimo dei suoi figli, a testimonianza di un legame umano molto stretto.

Artemisia era donna del suo tempo: un secolo, il Seicento, di passioni forti, di fede, sentimento, poesia e violenza. Che mondo descrive Artemisia nei suoi quadri?

Devo dire che non mi sembra di ritrovare un afflato autenticamente cristiano nella sua arte, sebbene abbia dipinto anche scene sacre. Senza dubbio i temi più significativi riguardano le gesta delle eroine, tratte sia dalla Bibbia che dal mondo classico – Giuditta, Susanna, Medea, Cleopatra, Lucrezia… –, che manifestano una spiccata forza morale e una volontà persino terribile. È nella raffigurazione di queste passioni che Artemisia dà il meglio di sé. D’altronde, una fra le molte discussioni erudite dell’Accademia dei Desiosi a Roma, che Artemisia frequentava, dibatteva se nell’agire umano avesse più peso l’intelletto, cioè la parte raziocinante, o la volontà, intesa come sede degli affetti: non dubito che la Gentileschi propendesse per la seconda tesi.

Qual è, per te, il suo dipinto più significativo? Perché?

Difficile rispondere; ma direi la giovanile Susanna oggi a Pommersfelden. È firmata e datata 1610 e dunque precede di un anno lo stupro da parte di Agostino Tassi. Tuttavia lo sgomento della bella ma ancor acerba Susanna, che si vede insidiata dalla concupiscenza dei vecchioni, sembra quasi una sorta di premonizione di quanto sarebbe avvenuto.




Le donne oggi: nella Chiesa, nel lavoro, al centro del nostro tempo

di Daniela Raspollini

PISTOIA – Selma Ferrali, direttrice dell’Ufficio per la pastorale sociale del lavoro racconta la sua esperienza nel Consiglio delle donne voluto dal vescovo Tardelli e la situazione della donna nel mondo del lavoro e nella chiesa di oggi.

Come membro del Consiglio delle donne in diocesi, come procede questa iniziativa? Secondo te è importante per la vita della nostra chiesa locale? 

Dopo quasi due anni di esperienza del “nostro” Consilium Mulierum la prima e più notevole considerazione è quella di una sincera e profonda gratitudine a monsignor vescovo perché ha pensato e voluto questo organismo: l’idea di istituire un Consilium Mulierum, nella sua originalità e singolarità, non dipende dal nuovo clima di “apertura” nei confronti della donna promosso dall’attuale Pontefice. Ritengo, infatti, di poter affermare che l’attenzione per le caratteristiche, per le sensibilità, per le “doti femminili”, per l’importanza del “punto di vista” delle donne, sia connaturata al nostro vescovo e da lui espressa in più occasioni, a partire dal  suo primo incontro con gli operatori, i dipendenti della Curia, i direttori degli uffici pastorali ecc, in occasione dello scambio di auguri del Natale 2014 – il suo primo Natale a Pistoia – occasione in cui, come prima cosa ebbe a compiacersi per il fatto di vedere fra noi numerose presenze femminili perché, aggiunse, «la “visione femminile” delle cose è molto importante!».

Ritornando al Consilium Mulierum, mi sento di affermare che ogni incontro, oltre ad arricchirci spiritualmente, genera una sensazione di piacevole stupore per la molteplicità e la intensità delle esperienze messe in condivisione, per i punti di vista espressi a conferma della varietà dei carismi presenti nel popolo di Dio, grazie all’opera dello Spirito Santo.

Il Papa afferma che le donne sono forza d’amore per il mondo; come vuoi commentare questo bel pensiero del santo padre?

Nel volume “Papa Francesco e le donne”, la storica e giornalista Lucetta Scaraffia definisce Bergoglio «rivoluzionario per tanti aspetti, anche per quanto riguarda la questione delle donne». Non si può che concordare pienamente con il punto di vista della giornalista: nessun Papa aveva parlato con un linguaggio così esplicito e chiaro su questi temi. Ripensiamo, per esempio, a quando ha invitato ad individuare «nuovi e significativi spazi da offrire alle donne nella vita della Chiesa», raccomandando al tempo stesso di «stare attenti a non confondere servizio con servitù». In pratica con questa breve frase è stato chiaro, concreto efficace, incisivo: ha detto tutto!

In tutte le circostanze non ha mai mancato di far sentire la considerazione profonda che ha delle donne per esempio quando ha auspicato «una presenza femminile più capillare ed incisiva nelle Comunità» e al tempo stesso, ha raccomandato di valorizzare e non dimenticare «il ruolo insostituibile della donna nella famiglia». Le doti femminili, infatti, «rappresentano non solo una genuina forza per la vita delle famiglie, per l’irradiazione di un clima di serenità e di armonia, ma anche una realtà senza la quale la vocazione umana sarebbe irrealizzabile». È un Papa che ci ama, ci capisce e ci fa sentire che gli stiamo a cuore.

Quale rapporto tra donna e lavoro, quali sono oggi le sfide e le difficoltà? 

La donna ha sempre dovuto “dimostrare” le sue capacità, conquistandole sul terreno della preparazione e della formazione: sono le statistiche a dirci che le bambine, le ragazze, le giovani nei vari livelli di istruzione e formazione sono sempre più brave dei maschi. Tuttavia, benché oltre il 50% dei laureati nel nostro paese sia donna con votazioni mediamente più alte dei colleghi uomini, i dati del mondo del lavoro mostrano ancora oggi un tasso di occupazione femminile in Italia fermo al 46,2%, rispetto ad una media europea del 58,6%.

Alla donna non viene mai riconosciuto il continuo doppio ruolo in cui si trova a dover “giocare”, vale a dire il suo continuo altalenare fra impegno familiare e impegno professionale: il gravoso “lavoro di cura” se lo trova come “assegnato”, o meglio aggiunto quasi in automatico, senza che, in alternativa, venga mai pensato ed elaborato un vero e proprio welfare idoneo a essere di supporto per la donna che lavora. Numerose ed attendibili ricerche ci dicono che, al giorno di oggi, diventa, per esempio, quasi impossibile conciliare lavoro e maternità, per cui circa una donna su quattro si vede costretta ad abbandonare il lavoro dopo la nascita dei figli. Per non parlare della necessità di accudimento e cura, sempre da parte della donna nei confronti dei nostri anziani, magari non del tutto autosufficienti. Insomma, la donna è continuamente stressata e compressa fra impegno familiare e impegno professionale in una realtà economico-produttiva difficile da cui è facile essere espulsi e che non mostra di avere una “cultura” di organizzazione aziendale incline alla conciliazione di questi due aspetti della vita della donna.

E allora: quali potrebbero essere le soluzioni auspicate per facilitare la donna nel conciliare, per esempio, il proprio ruolo di mamma e di lavoratrice? Forme organizzative come il part-time o di welfare quali nidi aziendali, risultano in realtà solo parzialmente risolutive.

In un recente documento, che ho potuto esaminare, la proposta più gettonata proprio dalle mamme intervistate appariva la flessibilità, intesa come orari di lavoro flessibili e, ove possibile, il telelavoro.

La flessibilità, intesa dunque come sistema adatto alla conciliazione dei tempi di lavoro e di vita, e che in un concetto più ampio comprenda tutta la cultura organizzativa e di collaborazione dell’azienda verso il dipendente e del dipendente verso l’azienda, una cultura nella quale anche gli uomini perseguono la realizzazione personale su più dimensioni, non solo quella lavorativa ma anche quella ludica, affettiva, spirituale all’insegna di un miglioramento della qualità della vita di tutti e per tutti. L’auspicio è che si possa davvero pensare a un lavoro come continuazione dell’opera creatrice di Dio, un lavoro che, come dice Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, sia «libero, creativo, partecipativo, solidale».

Si parla molto dei migranti della tratta degli esseri umani, ma raramente delle donne schiave, delle donne costrette a lavorare nei marciapiedi dello sfruttamento sessuale; qual è il tuo pensiero in proposito?

Quando riflettiamo sulla condizione delle donne vittime della tratta non parliamo solo di prostituzione, ma di schiavitù e sfruttamento. Osservando il fenomeno migratorio e la composizione di coloro che arrivano alle nostre coste, si può immediatamente notare che la maggior parte delle persone sono uomini giovani. Vi sono tuttavia anche le donne e sono giovanissime, in stato di gravidanza o già con figli. Sappiamo con certezza, dalle molteplici testimonianze raccolte nel tempo, che la maggioranza ha subìto ogni tipo di abuso, prima di tutto sessuale, da parte dei numerosi trafficanti nei quali si sono imbattute e dei quali, frequentemente, rimangono incinte. Ma non solo. Molte donne riescono a raggiungere l’Europa perché inserite in uno specifico traffico di esseri umani, quello della tratta e dello sfruttamento sessuale, in mano ad organizzazioni criminali feroci, senza scrupoli e senza nessuna pietà. Si parla di mafie, mafie che fanno paura e forse è per questo che si lasciano incontrollate e libere di agire e si parla poco dei fenomeni criminosi di cui si rendono colpevoli: anche della tratta di donne si parla poco, si tengono spenti i riflettori. Le donne facenti capo al fenomeno della tratta appartengono a diverse etnie, ma la più consistente è quella delle nigeriane: si conta che ogni anno siano arrivate 1200/1500 nigeriane arrivate in Italia via mare. Indagini sicure ci dicono che per esempio l’80% delle nigeriane che arriva in Italia è già destinata alla tratta e allo sfruttamento sessuale. Le loro drammatiche storie si assomigliano tutte. Molte volte sono gli stessi familiari che si accordano con queste persone, generalmente figure molto stimate dalla famiglia, alle quali affidano la giovane donna per intraprendere il lungo viaggio verso l’Europa. La tratta appare quindi come un fenomeno fortemente organizzato e solido, non presente solo in quei paesi ad alta instabilità politica dove la mancanza di leggi permette a trafficanti e sfruttatori di portare avanti il loro business, ma anche perfettamente collegato con i paesi europei. La sofferenza di queste nostre sorelle è fonte di lucro per le nostre organizzazioni mafiose che intrecciano losche reti di affari con quelle dell’Africa e di altri continenti che hanno fondato ed affermato il loro dominio contro ogni dignità umana. La situazione è a tutti nota, ma spesso scegliamo di girarci dall’altra parte quando, percorrendo le strade del nostro civilissimo paese, le vediamo illuminate dai fari delle nostre macchine: le vedono anche gli uomini che partecipano a questo degradante “mercato” del sesso.

 

 




Lamporecchio ricorda il suo “Monsignore”

Presentato nel suo paese natale un volume dedicato a Sabatino Ferrali, sacerdote e storico

Sabato 23 febbraio l’associazione culturale “Accademia di Masetto” di Lamporecchio ha dedicato un pomeriggio al ricordo di Monsignor Sabatino Ferrali. L’occasione dell’incontro è stata data dalla recente pubblicazione degli atti della giornata di studi, che la Società Pistoiese di Storia Patria e il Centro italiano di studi di Storia e d’Arte di Pistoia, nel quadro del programma di Pistoia Capitale, destinarono a Monsignor Ferrali nel gennaio 2017.

All’incontro, tenutosi nella sala della Biblioteca comunale “Don Siro Butelli”, erano presenti Alberto Cipriani e Giorgio Francesconi, curatori del volume degli atti da titolo «Sabatino Ferrali nella cultura pistoiese del secondo Novecento» (Società Pistoiese di Storia Patria, Pistoia 2018).

Cipriani, nel suo intervento, ha testimoniato il profondo legame che lo ha legato a Ferrali, o meglio a Monsignore come tutti i pistoiesi lo chiamavano. Oltre che per i sicuri meriti scientifici, infatti, la comunità pistoiese e in particolare un gruppo di giovani pistoiesi a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, devono molto alla generosa creatività, all’amicizia formativa che Ferrali sapeva esprimere. Medievista, storico diocesano e studioso di storia ecclesiastica pistoiese, Ferrali, nutritosi di solidi studi classici, ha sempre cercato la collaborazione di giovani che sollecitava allo studio serio della storia e in particolare della storia di Pistoia. Il suo incontro con Ferrali, ha ricordato Cipriani, avvenne in occasione della costituzione del Centro italiano di Studi di Storia e d’Arte di Pistoia. Un’istituzione che Ferrali volle fortemente e della quale fu cofondatore e vicepresidente e la cui importanza è attestata dai ventisei volumi di atti relativi ad altrettanti convegni fin qui pubblicati.

Francesconi, dopo aver ricordato il legame di Ferrali con la Società Pistoiese di Storia Patria, ha rilevato la straordinaria personalità poliedrica di Ferrali, studioso e promotore di relazioni culturali, che gli consentirono di portare a Pistoia prestigiosi studiosi di storia e di arte. Ferrali fu un intellettuale originale nel panorama della cultura pistoiese del secondo Novecento, a tratti “inattuale”. A partire dalla sua salda formazione classica e teologica, egli, ha osservato Francesconi, non fu incline ai richiami della modernità, come attestano le reazioni non sempre accondiscendenti con le novità introdotte dal Concilio Vaticano II. Ferrali non amava la mediazione, affrontava gli uomini e le cose con autorevolezza e, a tratti, con autoritarismo, salvo, poi, saper trasformare questi coriacei atteggiamenti in affettuosa accoglienza e simpatica compagnia. In questa dimensione della personalità, secondo Francesconi, possiamo vedere l’origine “campagnola” di Monsignore.

Sabatino Ferrali nacque, infatti, a Lamporechio nel 1900 e a Lamporecchio era tornato come Proposto dal 1935 e il 1950, quando fu nominato canonico e parroco della Cattedrale. L’amore per la sua origine rimase sempre vive, ha rimarcato Francesconi, leggendo un passo tratto da una prefazione che Monsignore scrisse a un volumetto sui dolci popolari toscani e nelle quali, parlando della festa del primo maggio a San Baronto, dei brigidini, dei berlingozzi, seppure con una scrittura sempre particolarmente curata, riaffiorano in modo quasi incontenibile i ricordi della fanciullezza e l’amore per le sue terre di origine.

Gli interventi dei presenti hanno seguito quest’ultima traccia, ossia il legame di Monsignore con Lamporecchio: sulla base di ricordi diretti o indiretti sono stati rievocati da parenti, chierichetti e allievi – Monsignore fu, negli anni tra 1935 e 1950 oltre che parroco a Lamporecchio, insegnante e preside della Scuola Media di Larciano – frammenti di vita quotidiana di Sabatino Ferrali sacerdote, insegnante, uomo di famiglia. Un bel pomeriggio, dunque, ricco e intenso in ricordo dello studioso rigoroso, dell’austero Monsignore, ma anche dell’uomo che conservava un profondo legame con la sua Lamporecchio.
Ivo Torrigiani




Incontro tra i seminari di Prato e Pistoia

I seminaristi delle due diocesi si sono incontrati presso la Fondazione MAiC di Pistoia per un pomeriggio di preghiera e condivisione

di Maximilien Baldi, seminarista

PISTOIA – Venerdì primo marzo i seminaristi della Diocesi di Prato, accompagnati dal loro rettore don Daniele Scaccini, sono venuti a Pistoia a visitare la nuova sede della Fondazione MAiC. La Fondazione è un luogo a molto caro noi seminaristi di Pistoia, poiché don Diego Pancaldo (nostro Padre spirituale), svolge qui il suo ruolo di assistente spirituale occupandosi della cura pastorale dei ragazzi con disabilità, delle loro famiglie e di tutti gli operatori che svolgono il loro servizio all’interno della struttura. Da qualche anno anche noi seminaristi pistoiesi, incoraggiati dal nostro rettore don Ugo, prestiamo servizio di volontariato nel mese di luglio nel centro estivo di Ronchi a Massa. Per noi è stato un po’ come accogliere a “casa” i nostri “fratelli” pratesi. Don Diego ha raccontato la storia del centro e mostrato loro la nuova struttura, mentre don Ugo ha illustrato la decorazione della nuova chiesa, caratterizzata dai mosaici del gesuita Marko Ivan Rupnik (presbitero, teologo e artista), vero e proprio “cuore” della Fondazione e dell’associazione religiosa Maria Madre nostra. Terminata la visita abbiamo partecipato alla Santa Messa celebrata dai nostri superiori insieme ad alcuni degli assistiti della casa famiglia. Nella chiesa della Fondazione abbiamo affidato al Signore la “nascita” di questa amicizia tra i nostri seminari, uniti fino agli anni cinquanta del secolo scorso, con la speranza di poter essere un piccolo segno per tutti i pistoiesi e pratesi (ben nota è la rivalità campanilistica), così da ricordare che in Cristo non esiste divisione, ma soltanto comunione. Il nostro incontro si è infine concluso con un momento di convivialità e dialogo fraterno …davanti a una pizza!




Sonate di Händel e capricci di Viviani

Due importanti appuntamenti per l’Accademia internazionale d’organo e musica antica Giuseppe Gherardeschi

Sabato 9 e domenica 10 marzo alle ore 18.30, presso la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola sarà possibile ascoltare l’esecuzione integrale delle sonate per flauto traverso e clavicembalo di Georg Friedrich Händel. L’evento è realizzato in collaborazione con l’Istituto superiore di studi musicali Rinaldo Franci di Siena. Le sonate, tra le più belle del periodo barocco, saranno eseguite con uno straordinario strumento antico: il flauto traverso J. H. Rottenburgh (1720 circa) dell’Accademia Gherardeschi di Pistoia. L’ingresso è libero.

Nel cartellone dei tradizionali “Vespri d’Organo” dell’Accademia Gherardeschi si segnala anche un altro concerto evento ancora presso la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola venerdì 22 marzo alle ore 21.15.

L’appuntamento è con i Capricci Armonici da chiesa e da camera di Giovanni Bonaventura Viviani (1678). Giovanni Buonaventura Viviani, una delle più importanti figure del barocco musicale italiano, nacque nel 1638 a Firenze e incominciò a lavorare ancora diciottenne come violinista presso la corte di Innsbruck dal 1656 fino almeno al 1660. Tra il 1672 ed il 1676 fu maestro della cappella di corte a Innsbruck dell’imperatore Leopoldo I. Dal 1678 al 1682 fu impresario teatrale a Napoli. Nel 1686 divenne maestro di cappella del principe di Bisignano. Dal gennaio del 1687 al dicembre del 1692 fu maestro di cappella alla Cattedrale di Pistoia, dove probabilmente morì l’anno successivo.
Viviani, compose e pubblicò nel 1678 i «Capricci armonici da chiesa e da camera à violino solo et sonate per tromba sola». I suoi capricci verranno eseguiti integralmente nella chiesa di Sant’Ignazio di Pistoia sull’organo di Willem Hermans del 1664, che certamente il Viviani ha ascoltato nell’ultimo periodo della sua vita. Per questo motivo proprio in sant’Ignazio verrà realizzato un CD con l’integrale dei Capricci nell’esecuzione degli stessi musicisti che li presenteranno in concerto.
Il concerto vedrà Enrico Parizzi al violino, Simone Amelli alla tromba e Nicola Lamon all’organo.

Per info: http://www.accademiagherardeschi.it

redazione




Fare rete per il bene dell’umanità

PISTOIA – «Non chiediamo alle istituzioni di andare contro alle leggi dello Stato, ma attenzione verso le persone in difficoltà prese in carico dalla Chiesa e dalle realtà della società civile» così il Vescovo Tardelli nel suo intervento di questa mattina “Dopo il Decreto Sicurezza”, come cambia il sistema di accoglienza con la Legge 132/2018, davanti ad oltre 200 persone nella Sala conferenze del convento di San Domenico a Pistoia.

L’incontro, aperto dalla prof.ssa Biondi del Sant’Anna di Pisa, ha visto la partecipazione del prefetto di Pistoia Zarrilli, del Vescovo Tardelli, di Vittorio Bugli assessore regionale all’immigrazione, degli operatori del Caritas pistoiesi e di rappresentanti del mondo dell’associazionismo e della cooperazione.

«Il Decreto sicurezza, partiamo di qui – ha affermato il vescovo –  ci vogliamo domandare, vogliamo discutere sul che fare. Prendiamo atto che questo decreto è legge approvata dal parlamento e ci interroghiamo su come possiamo reagire positivamente. Voglio esser chiaro: a me questo decreto non piace perché – e prendo a prestito le parole dei vescovi siciliani – mette in grave insicurezza, sulla strada, tanti figli di Dio, a iniziare dai più deboli, dalle donne e dei bambini. Non ho timore a dirlo chiaramente. Tra l’altro – ha continuato Tardelli –  sono anche altre le leggi che non mi piacciono, perchè la bontà di una legge non è data dal fatto che sia approvata da una maggioranza ma dal fatto che corrisponda alla verità e dignità della persona umana. Quindi si può e anche si deve contestare una legge, ma finchè in un paese esiste un parlamento eletto democraticamente, l’unico modo per cambiarla o farne di nuove è acquisire consenso. A poco servono, lasciatemelo dire – i proclami e le prese di posizione sbandierate. L’unica cosa da fare è convincere e creare consenso e per far questo occorre saper ascoltare le ragioni anche di chi non la pensa come noi, confrontarsi aldilà degli schieramenti politici, discutere, alla ricerca sincera di ciò che è meglio per lo sviluppo dell’umanità. E sicuramente, il fronte del cambiamento della legge è sicuramente un fronte su cui impegnarsi. Detto questo ecco allora il senso dell’incontro di stamani. Penso che dobbiamo discutere della situazione che si è creata e, almeno da parte di tutti coloro che hanno a cuore sinceramente il bene della nostra umanità, cercare soluzioni.

Come chiesa ci sentiamo innanzitutto impegnati in un’opera educativa che coinvolga tutto il popolo di Dio in un cammino di autenticità evangelica, superando paure e ristrettezze mentali che non possono appartenere ai discepoli di Cristo. Nello stesso tempo, ci sentiamo impegnati, facendo tutto quello che ci è possibile, per non lasciare per strada nessuno. Accogliere le persone che sono nel bisogno è per la chiesa non una scelta ma una insopprimibile necessità e per farlo non abbiamo paura se necessario di pagare anche di persona. Certo che la sostenibilità economica è un problema, ma non sarà il venir meno di questa che ci impedirà fino all’estremo, di venire incontro alle necessità di chi è in difficoltà. Inoltre, come chiesa, vorremmo lanciare un appello a fare rete sociale da parte di tutti coloro, lo ripeto, che sinceramente hanno a cuore il bene dell’umanità e la soluzione dei problemi – perché va anche detto purtroppo che per qualcuno non è importante cercare di risolverli i problemi, ma solo denunciarli ed evidenziarli. Stringersi insieme e appunto fare rete. Individuando bene le falle del decreto sicurezza e quindi cercando di vedere insieme come poter metter una toppa a queste falle, sfruttando al massimo quello che ancora è consentito. Questo presuppone anche uno scambio costante di informazioni e di esperienze che penso potrà permettere di arginare almeno un po’ le situazioni di disagio.

Credo infine – ed la linea sulla quale ci stiamo muovendo come diocesi e sulla quale invitiamo a camminare anche gli altri – occorre incrementare molto le iniziative volte alla integrazione, all’inserimento delle persone in difficoltà nel tessuto delle nostre comunità e paesi, accompagnandole in percorsi di acquisizione di autonomia e responsabilità. Un’ultima parola la rivolgo alle istituzioni. Ad esse non chiediamo certo di andare contro le leggi dello stato e sinceramente apprezziamo tutto quanto si fa per far rispettare la legalità. Nello stesso tempo però chiediamo attenzione per favorire al limite del possibile, la presa in carico delle persone in difficoltà da parte della chiesa o di altre realtà della società civile».




In famiglia verso la Pasqua

Torna “In famiglia verso la Pasqua“, il nuovo sussidio per il tempo di Quaresima curato dall’Ufficio per la Pastorale con la Famiglia. Il sussidio è disponibile gratuitamente presso la Libreria San Jacopo (via Puccini, 32 – Pistoia – Tel. 0573.21130 – E-mail: libreriasanjacopo@tiscali.it ).

IL LIBRETTO

Il libretto è stato pensato per fornire un sussidio comune alle famiglie della diocesi in preparazione alla Pasqua. Esso è diviso in 7 capitoli corrispondenti alle Domeniche di Quaresima, Palme e Pasqua. Ognuno di questi capitoli è organizzato a sua volta in diverse sezioni:

(sez.1) Vangelo del giorno;
(sez.2) commento alla Parola;
(sez.3) disegno da colorare;
(sez.4) racconto per bambini;
(sez.5) Santi legati a Pistoia.

I commenti al Vangelo sono a cura di Don Roberto Breschi. Le storie sono liberamente tratte da diverse fonti reperibili online. I disegni sono stati interni sono stati realizzati da Miriam Attucci.

Le cinque sezioni vorrebbero simboleggiare alcune tappe del percorso di fede per una famiglia: l’ascolto della Parola (sez.1), la riflessione (sez.2), la testimonianza attraverso il racconto (sez.4), l’operare attraverso la manualità del disegno e del gioco (sez.5), seguire l’esempio dei Santi a noi vicini (sez.5) ed infine il pregare in famiglia.

SCARICA IL SUSSIDIO (file pdf)

 




Quaresima, tempo di conversione. Il messaggio del vescovo Tardelli

«Convertitevi e credete al Vangelo!».

Con questo invito pressante del Signore inizia la Quaresima. L’austero rito dell’imposizione delle ceneri accompagnato dalle parole del Vangelo, ci fa capire che il tempo speciale della Quaresima chiede impegno, ascolto attento della parola di Dio perchè risuoni feconda nella nostra vita, disponibilità a lasciarsi cambiare il cuore e occhi vigili per accorgersi delle persone che ci stanno accanto.

“Convertirsi” infatti dice innanzitutto apertura all’azione di Dio in noi; significa lasciarsi interrogare in profondità su ciò che stiamo facendo ma ancor più su ciò che siamo per davvero e su quanto l’amore impasti realmente la nostra vita; è non aver paura che la luce penetri nelle nostre interiori zone d’ombra dove il compromesso col male si fa abitudine.

Non vuol dire però tormentarsi l’anima e guastarsi la gioia del vivere, tutt’altro:

convertirsi è soprattutto scoprire di essere amati per come siamo e sentirsi spronati a vivere come uomini nuovi da Colui che ci rimprovera solo con il troppo amore con cui ci ama. La conversione non nega la vita: la fa piuttosto fiorire, perché la libera dalle catene dei nostri vizi.

Così la Quaresima diventa per tutti noi e per la famiglia riunita in preghiera, tempo speciale dove s’impara ad aiutarci nella conversione, riconoscendoci tutti in cammino, bisognosi di perdono reciproco, ma tutti accolti dalle braccia aperte di Cristo sulla croce.

La Quaresima prepara in questo modo la Pasqua quando potremo cantare a squarciagola l’alleluia del Risorto.

+ Fausto Tardelli,vescovo


Anche quest’anno il tempo di preparazione alla Pasqua sarà scandito dalle stazioni quaresimali guidate dal vescovo Fausto Tardelli. Le liturgie stazionali percorreranno le strade del centro storico cittadino di Pistoia muovendosi processionalmente da una chiesa all’altra, manifestando anche pubblicamente, il percorso penitenziale di preghiera e ascolto della chiesa pistoiese.

Pubblichiamo di seguito il programma delle Stazioni, arricchito, anche quest’anno, dalle 24 ore per il Signore, una giornata di adorazione eucaristica e disponibilità per le confessioni che sta diventando tradizione.

Mercoledì 6 marzo ore 9,30
Le Ceneri – In Cattedrale: Messa presieduta dal Vescovo

Venerdì 15 marzo ore 21
Processione dal Battistero
Messa nella Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas

Venerdì 22 marzo ore 21
Processione dalla Madonna del Soccorso
Messa nella Chiesa di San Bartolomeo

Venerdì 29 marzo
Chiesa di San Paolo
24 Ore per il Signore
ore 18: Adorazione Eucaristica
ore 21: Messa e Confessioni

Venerdì 5 aprile ore 21
Processione dalla Chiesa della Misericodia
Messa nella Chiesa di San Paolo

Venerdì 12 aprile ore 21
Processione dalla Chiesa del Carmine
Messa nella Chiesa di Sant’Andrea

Sabato 13 aprile ore 17,30
Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola
Benedizione dell’ulivo e processione verso la Cattedrale
ore 18,00: Messa




Orientarsi nel mondo digitale e nel discernimento vocazionale

Mercoledì 13 marzo un incontro a cura dell’Ufficio di Pastorale Giovanile e della comunità del seminario diocesano

Prosegue il cammino proposto dall’ufficio diocesano di pastorale giovanile dal titolo “Camminava con loro”. Dopo due serate dedicate al tema del lavoro e dell’affettività in collaborazione con Policoro e ufficio per la pastorale con la famiglia, il tempo della Quaresima è lasciato all’iniziativa e alla creatività delle singole parrocchie o gruppi giovanili. La pastorale giovanile diocesana renderà disponibile, infatti, un sussidio per accompagnare e/o suggerire il lavoro con i giovani.

Cosa sarà possibile trovare nel sussidio?

Il recente Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani ha posto all’attenzione della chiesa l’importanza di coltivare un discernimento “vocazionale”, di pensare cioè l’esperienza di fede dentro un cammino di attenta e progressiva consapevolezza della propria identità e della propria missione nella chiesa e nel mondo. Chi sono? Cosa sono chiamato a fare della mia vita?
Tra le tante “frequenze” che ronzano negli orecchi dei giovani queste domande chiedono di essere prese in seria considerazione. Ascolto e accompagnamento dovrebbero entrare sempre più dentro l’azione di laici e parroci impegnati nella pastorale, facendo attenzione a consolidare percorsi condivisi tra pastorale giovanile e vocazionale, per non disperdere le forze e integrare i diversi aspetti dell’esistenza di un giovane. «In un mondo frammentato che produce dispersione e moltiplica le appartenenze – ricorda il documento finale del sinodo – i giovani hanno bisogno di essere aiutati a unificare la vita, leggendo in profondità le esperienze quotidiane e facendo discernimento».

Discernimento vocazionale e ambiente digitale

L’equipe di pastorale giovanile diocesana ha dunque pensato di offrire all’attenzione di tutti i gruppi giovani della diocesi un piccolo sussidio per due o più incontri di riflessione e preghiera dedicati a due punti centrali emersi dal sinodo: una proposta di taglio più vocazionale, dedicata a comprendere la chiamata che il Signore rivolge a ogni credente; una seconda dedicata ad una delle sfide più urgenti indicate dallo stesso sinodo, cioè la missione nell’ambiente digitale. «Giovani cristiani, nativi digitali come i loro coetanei, – afferma il documento finale – trovano qui una autentica missione, in cui alcuni sono già impegnati. Sono peraltro gli stessi giovani a chiedere di essere accompagnati in un discernimento sulle modalità mature di vita in un ambiente oggi fortemente digitalizzato che permetta di cogliere le opportunità scongiurando i rischi».

Entrambe le proposte sono state elaborate dalla comunità del Seminario diocesano. La comunità del Seminario si rende disponibile a realizzarle in parrocchia o in un incontro di vicariato. Il sussidio, tuttavia, permetterà alle diverse realtà diocesane di organizzare in autonomia e con una certa possibilità di adattamento le diverse proposte.

Come saperne di più?

Il sussidio sarà illustrato dalla comunità del Seminario mercoledì 13 marzo presso il Seminario diocesano di via Puccini (aula polivalente) alle ore 21.00. Un appuntamento da non perdere!




A Pistoia per avviare un cammino di comunione

Un incontro in seminario per le consulte diocesane delle aggregazioni laicali di Firenze Prato e Pistoia

Si è svolto presso il seminario vescovile un primo incontro per condividere il cammino delle consulte delle aggregazioni laicali delle diocesi di Firenze, Prato e Pistoia. Quello pistoiese è stato il primo di tre appuntamenti dedicati alle consulte delle aggregazioni laicali; i prossimi si svolgeranno infatti il 23 marzo a Orbetello, l’11 maggio a Pisa e il 15 giugno ad Arezzo, in vista di un appuntamento finale con la conferenza episcopale toscana previsto per il 16 novembre a Firenze. Questo itinerario di incontri ha lo scopo di raccogliere la vita delle varie Consulte, conoscere le iniziative regionali, rinnovare la comunicazione fra tutte e -in comunione con i vescovi toscani- trovare nuovi stimoli da portare nelle varie diocesi.

Sabato 16 febbraio l’incontro è stato accompagnato dalla presenza del nostro vescovo Fausto Tardelli, presidente della consulta regionale delle aggregazioni laicali e dal vicario diocesano don Patrizio Fabbri.

Dopo un momento introduttivo di preghiera le tre Consulte si sono brevemente presentate. «La Consulta di Firenze -ha ricordato il segretario Mario Macaluso– accoglie ottanta associazioni divise in otto settori e si muove cercando di raccogliere quelle che hanno più difficoltà, nel desiderio di uscire da ogni individualismo e coinvolgere i giovani». Macaluso ha ricordato alcune belle iniziative di Firenze come la “Camminata” del 3 febbraio scorso per rendere visibile la presenza dei cristiani nel quotidiano verso i luoghi di culto della città.

Mario Battiato, segretario della Consulta di Prato, ricorda che «in Diocesi ci sono una quarantina di associazioni, ma solo venti sono presenti nella Consulta e partecipano con continuità ai vari appuntamenti» (veglia di Pentecoste, messa per San Francesco, messa del malato…). «La presenza dei giovani -ha aggiunto- è molto limitata», tuttavia ci sono anche realtà significative, come il Fondo Santo Stefano a sostegno dell’imprenditoria locale.

Per la Consulta di Pistoia (una quarantina le associazioni che ne fanno parte) è stato rilevato come negli incontri ci sia una bella intesa ma, per andare avanti insieme, l’impegno e la partecipazione dovrebbero essere più vivi. A Pistoia un appuntamento importante sarà la veglia in memoria dei missionari martiri in programma il prossimo 23 marzo in Cattedrale con la presenza di mons. vescovo, per la quale tutte le associazioni stanno lavorando insieme. Un cammino comune sempre più necessario per per non raddoppiare le iniziative ed essere, secondo le indicazioni del Papa, laici a servizio della nostra chiesa locale.

Rosanna Caselli