Dalla comunità umana alle social network communities e viceversa?

Dalle social network communities alla comunità umana c’è continuità o un salto nel vuoto?

Dalla comunità umana, come da quella ecclesiale, alle social network communities verrebbe da dire che una continuità, di fatto, si trova; alzi la mano chi non è almeno membro di un gruppo whatsapp della parrocchia, dei catechisti o del coro. Quanti, tra i cattolici, non rilanciano o commentano la pagina del proprio parroco o del proprio gruppo di preghiera? Insomma, dal reale al digitale il passo è breve, anzi, immediato. Forse fin troppo, al punto che varrebbe la pena chiedersi se nel mondo digitale, come in quello reale, ci stiamo da veri cristiani. Insomma, dalla comunità umana a quella social una continuità la c’è; ma sarà vero anche il contrario?

Non tutte le social network communities infatti, sembrano avere un corrispettivo nella “comunità umana”. Per questo il titolo del messaggio di Papa Francesco per la 54a giornata delle comunicazioni sociale, “Dalle social network communities alla comunità umana”, se pure appaia meno tecnico del messaggio precedente -incentrato sulle famigerate fake news- può toccare nel vivo il lavoro degli operatori della comunicazione.

In primo luogo perché invita a riflettere su ciò che diventa motivo di aggregazione “social” e spinge a discernere nel mare magnum di gruppi, cerchie, movimenti e sommovimenti interni alla rete. Il guaio, infatti, afferma Francesco, è che «troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)».

Cosa ci aggrega sulla rete? La rabbia, il dissenso, la paura? Oppure quei gusti che un algoritmo conosce meglio di noi? «Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo – ricorda il papa – diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo». Quale “noi” descrive la rete e …molto giornalismo? Il noi degli sfiduciati o degli incattiviti?

E i cattolici dove si trovano sulla rete? Come si presentano? Come sono descritti? Ipocriti o veri credenti? Minoranza creativa o rissosa? Quale Chiesa descrivono le comunicazioni sociali del 2019?

Il successo della rete e soprattutto dei social network, d’altra parte, ribatte su un’esigenza antropologica fondamentale: non siamo fatti per stare soli; non possiamo fare a meno di vivere in relazione. Nel messaggio del papa le parole di San Basilio, vissuto nel lontano IV secolo, suonano decisamente azzeccate: «Nulla, infatti, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».

L’insistenza sulla costruzione e la ricerca dell’identità dice che ho sempre bisogno di un altro che mi aiuti a scoprirla, che mi riconosca o conosca, mi apprezzi, mi dica da dove vengo e chi sono, e per cosa sono fatto. E se non trovo nessuno che me lo dica mi metterò una divisa, mi svenderò un po’ di più rendendomi appetibile o un po’ più scollacciata, cercherò qualcuno a cui assomigliare. Per chi è solo o si sente solo la rete è sempre alla portata di mano. Uno spazio aperto sulla propria comfort zone –anestetizzata o intristita che sia- in cui si rischia facilmente però, di ferire e farsi ferire anche pesantemente. Eppure perfino il più isolato può accontentarsi di sbocconcellare o ricercare il sapore di una presenza online.

Ma se dall’altra parte della rete non c’è nessuno che abbia lo spessore e la concretezza di un padre, di una madre, di un amico o un fratello i rischi del cyberbullismo, gli spettri della solitudine, della tristezza e del populismo saranno pronti a risucchiarci. La rete si trasforma in «una ragnatela capace di intrappolare».

L’antidoto più efficace per un rischio del genere –ricorda il messaggio- è custodire una metafora ben nota alla tradizione della chiesa: quella del corpo e delle membra. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25)… La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare sé stessi». La metafora del corpo e delle membra ci ricorda l’importanza di dire la verità, di imparare cioè a comunicare davvero, a stare dentro le relazioni.

«La Chiesa stessa – precisa il papa-  è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri», dove la comunione dice ciò che riceviamo e ciò che diventiamo per grazia.

Un invito che tocca tutti, ma che anche in questo caso raggiunge il lavoro quotidiano del comunicatore di professione, perché la verità chiede di prendere posizione, forse anche controcorrente, chiede fatica, ma sempre unifica chi le appartiene e la trasmette, e alla lunga convince e libera.

La menzogna, invece, massifica senza comunione, disgrega e rivela l’interesse di una parte, di un potere forte, occulto o manifesto che cresce e crea consensi su comunità fragili e disorientate.

ugo feraci – ufficio comunicazioni sociali e cultura




GMG 2019: QUI PANAMA #2

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Tra poco ci sarà la santa Messa celebrata da Papa Francesco, che da stamani sta girando per Panama, tra istituzioni e fedeli. La gente è emozionatissima, i panamensi non riescono a trattenere le lacrime dalla gioia. Vedere tanti colori, tante bandiere, cori pieni di forza ed energia, riempie di gioia. Sarebbe bello che tutti i giovani del mondo, potessero vivere un esperienza simile: la chiesa entrerebbe nella vita di ognuno di essi.

***

Riprendiamo da Agensir alcuni passaggi del discorso del Papa ai giovani

“Il cristianesimo non è un insieme di verità da credere, di leggi da osservare, o di proibizioni. Visto così non è per nulla attraente. Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato tanto, che desidera e chiede il mio amore. Il cristianesimo è Cristo”. Ai 200mila giovani che affollano oggi il Campo Santa Maria La Antigua, per la cerimonia di accoglienza e apertura della Gmg, il Papa ha citato “un santo di queste terre”, Oscar Arnulfo Romero, vero e proprio faro della Gmg di Panama fin dai primi discorsi pubblici. Il cristianesimo, ha sintetizzato Francesco, “è portare avanti il sogno per cui Lui ha dato la vita: amare con lo stesso amore con cui ci ha amato”. “Non ci ha amato un pochino, ci ha amato totalmente, con tenerezza, con amore”, ha aggiunto a braccio.

“Che cosa ci tiene uniti? Perché siamo uniti? Che cosa ci spinge ad incontrarci?”, le domande incalzanti del Papa: “La certezza – la risposta – di sapere che siamo stati amati con un amore profondo che non vogliamo e non possiamo tacere e ci provoca a rispondere nello stesso modo: con amore. È l’amore di Cristo quello che ci spinge. Un amore che non si impone e non schiaccia, un amore che non emargina e non mette a tacere, un amore che non umilia e non soggioga. È l’amore del Signore, amore quotidiano, discreto e rispettoso, amore di libertà e per la libertà, amore che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato. È l’amore silenzioso della mano tesa nel servizio e nel donarsi senza vantarsi”. “Credi in questo amore?”, la domanda che dà il “tu” al popolo giovane: “Non abbiate paura di questo amore concreto, che è dare la vita. E questa è stata la stessa domanda e chiamata che ha ricevuto Maria. L’angelo le domandò se voleva portare questo sogno nel suo grembo e renderlo vita, renderlo carne. E Maria aveva l’età di tante ragazze come voi, e ha detto: ‘Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola’”. “Non era stupida, sapeva quello che sentiva il suo cuore, sapeva che cos’era l’amore”, ha aggiunto a braccio: “Ha saputo dare vita al sogno di Dio. Ed è la stessa cosa che l’angelo vuole chiedere a te, a te, a me: hai coraggio? Vuoi dare carne a questo sogno con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguardo, il tuo cuore? Vuoi che sia l’amore del Padre ad aprirti nuovi orizzonti e a portarti per sentieri mai immaginati e pensati, sognati o attesi, che rallegrino e facciano cantare e danzare il cuore? Sapremo dire all’angelo, come Maria: ‘Eccoci, siamo i servi del Signore, avvenga per noi…’?”. “Ci sono domande a cui si può rispondere solo in silenzio”.




Dal “like” all’amen: il messaggio del papa agli operatori della comunicazione

Giovedì 24 gennaio, memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il vescovo Tardelli ha incontrato gli operatori della comunicazioni.

Mons. Tardelli ha presentato il messaggio di Papa Francesco per la 54° giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo: “dalle social network communities alla comunità umana“.

Il vescovo ha intrattenuto con i presenti un dialogo cordiale invitandoli a essere di «aiuto, con il loro prezioso lavoro, alla costruzione di una comunità umana basata sui valori di solidarietà e comunione».

Un momento conviviale ha chiuso la serata offrendo un ulteriore momento di condivisione e familiarità.

(foto di Mariangela Montanari)

Pubblichiamo di seguito il messaggio di Papa Francesco per la 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

«Siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25).

Dalle social network communities alla comunità umana

Cari fratelli e sorelle,
da quando internet è stato disponibile, la Chiesa ha sempre cercato di promuoverne l’uso a servizio dell’incontro tra le persone e della solidarietà tra tutti. Con questo Messaggio vorrei invitarvi ancora una volta a riflettere sul fondamento e l’importanza del nostro essere-in-relazione e a riscoprire, nella vastità delle sfide dell’attuale contesto comunicativo, il desiderio dell’uomo che non vuole rimanere nella propria solitudine.

Le metafore della “rete” e della “comunità”

L’ambiente mediale oggi è talmente pervasivo da essere ormai indistinguibile dalla sfera del vivere quotidiano. La rete è una risorsa del nostro tempo. È una fonte di conoscenze e di relazioni un tempo impensabili. Numerosi esperti però, a proposito delle profonde trasformazioni impresse dalla tecnologia alle logiche di produzione, circolazione e fruizione dei contenuti, evidenziano anche i rischi che minacciano la ricerca e la condivisione di una informazione autentica su scala globale. Se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi più esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito.

Occorre riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, senza il dovuto rispetto della persona e dei suoi diritti. Tra i più giovani le statistiche rivelano che un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo. [1]

Nella complessità di questo scenario può essere utile tornare a riflettere sulla metafora della rete posta inizialmente a fondamento di internet, per riscoprirne le potenzialità positive. La figura della rete ci invita a riflettere sulla molteplicità dei percorsi e dei nodi che ne assicurano la tenuta, in assenza di un centro, di una struttura di tipo gerarchico, di un’organizzazione di tipo verticale. La rete funziona grazie alla compartecipazione di tutti gli elementi.

Ricondotta alla dimensione antropologica, la metafora della rete richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità. Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio.

È a tutti evidente come, nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità. Nei casi migliori le community riescono a dare prova di coesione e solidarietà, ma spesso rimangono solo aggregati di individui che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli. Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). Questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio. Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo.

La rete è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri, ma può anche potenziare il nostro autoisolamento, come una ragnatela capace di intrappolare. Sono i ragazzi ad essere più esposti all’illusione che il social web possa appagarli totalmente sul piano relazionale, fino al fenomeno pericoloso dei giovani “eremiti sociali” che rischiano di estraniarsi completamente dalla società. Questa dinamica drammatica manifesta un grave strappo nel tessuto relazionale della società, una lacerazione che non possiamo ignorare.

Questa realtà multiforme e insidiosa pone diverse questioni di carattere etico, sociale, giuridico, politico, economico, e interpella anche la Chiesa. Mentre i governi cercano le vie di regolamentazione legale per salvare la visione originaria di una rete libera, aperta e sicura, tutti abbiamo la possibilità e la responsabilità di favorirne un uso positivo.

È chiaro che non basta moltiplicare le connessioni perché aumenti anche la comprensione reciproca. Come ritrovare, dunque, la vera identità comunitaria nella consapevolezza della responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri anche nella rete online?

“Siamo membra gli uni degli altri”

Una possibile risposta può essere abbozzata a partire da una terza metafora, quella del corpo e delle membra, che San Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità tra le persone, fondata in un organismo che le unisce. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25). L’essere membra gli uni degli altri è la motivazione profonda, con la quale l’Apostolo esorta a deporre la menzogna e a dire la verità: l’obbligo a custodire la verità nasce dall’esigenza di non smentire la reciproca relazione di comunione. La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare sé stessi.

La metafora del corpo e delle membra ci porta a riflettere sulla nostra identità, che è fondata sulla comunione e sull’alterità. Come cristiani ci riconosciamo tutti membra dell’unico corpo di cui Cristo è il capo. Questo ci aiuta a non vedere le persone come potenziali concorrenti, ma a considerare anche i nemici come persone. Non c’è più bisogno dell’avversario per auto-definirsi, perché lo sguardo di inclusione che impariamo da Cristo ci fa scoprire l’alterità in modo nuovo, come parte integrante e condizione della relazione e della prossimità.

Tale capacità di comprensione e di comunicazione tra le persone umane ha il suo fondamento nella comunione di amore tra le Persone divine. Dio non è Solitudine, ma Comunione; è Amore, e perciò comunicazione, perché l’amore sempre comunica, anzi comunica sé stesso per incontrare l’altro. Per comunicare con noi e per comunicarsi a noi Dio si adatta al nostro linguaggio, stabilendo nella storia un vero e proprio dialogo con l’umanità (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2).

In virtù del nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio che è comunione e comunicazione-di-sé, noi portiamo sempre nel cuore la nostalgia di vivere in comunione, di appartenere a una comunità. «Nulla, infatti – afferma San Basilio –, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».[2]

Il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità. A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi.

È proprio la comunione a immagine della Trinità che distingue la persona dall’individuo. Dalla fede in un Dio che è Trinità consegue che per essere me stesso ho bisogno dell’altro. Sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri. Il termine persona denota infatti l’essere umano come “volto”, rivolto verso l’altro, coinvolto con gli altri. La nostra vita cresce in umanità col passare dal carattere individuale a quello personale; l’autentico cammino di umanizzazione va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale, alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio.

Dal “like” all’“amen”

L’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione. Se una famiglia usa la rete per essere più collegata, per poi incontrarsi a tavola e guardarsi negli occhi, allora è una risorsa. Se una comunità ecclesiale coordina la propria attività attraverso la rete, per poi celebrare l’Eucaristia insieme, allora è una risorsa. Se la rete è occasione per avvicinarmi a storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza fisicamente lontane da me, per pregare insieme e insieme cercare il bene nella riscoperta di ciò che ci unisce, allora è una risorsa.

Così possiamo passare dalla diagnosi alla terapia: aprendo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2019
Memoria di San Francesco di Sales

FRANCISCUS

_______________________

[1] Per arginare questo fenomeno sarà istituito un Osservatorio internazionale sul cyberbullismo con sede in Vaticano.
[2] Regole ampie, III, 1: PG 31, 917°; cfr Benedetto XVI, Messaggio per la 43° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (2009).




GMG 2019: Qui Panama #1

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Ciao.

Oggi (23/01) è stata una giornata sostanzialmente libera fino alle 15. Alle 16 abbiamo celebrato la Messa insieme all’ordine di Malta, nella parte povera di Panama, nel quartiere del Chorrillo nella chiesa di della Madonna di Fatima. È stato un momento di condivisione molto intenso, che si è concluso pranzando con gli anziani della casa di riposo.

Dopodiché siamo rientrati in accademia, trovando la città completamente bloccata dopo l’arrivo di Papa Francesco.

***

LA PREGHIERA UFFICIALE DELLA GMG 2019 DI PANAMA

Padre misericordioso,
tu ci chiami a vivere
la nostra vita come un cammino di salvezza:
aiutaci a guardare al passato con gratitudine,
a far nostro il presente con coraggio,
a costruire il futuro con speranza.

Signore Gesù, amico e fratello,
grazie perché ci guardi con amore.
Fa’ che ascoltiamo la tua voce,
che risuona nel cuore di ognuno
con la forza e la luce dello Spirito Santo.

Concedici la grazia di essere Chiesa in uscita,
annunciando con fede viva e con volto giovane
la gioia del Vangelo, per lavorare alla costruzione
della società più giusta e fraterna che tutti noi sogniamo.
Te lo chiediamo per il Papa e i vescovi;
per i sacerdoti e i diaconi; per la vita consacrata e per i volontari;
per i giovani, per tutti coloro che parteciperanno
alla prossima Giornata mondiale della gioventù a Panama
e per coloro che si preparano ad accoglierli.

Santa Maria La Antigua, Patrona di Panama,
fa’ che possiamo pregare e vivere con la tua stessa generosità:
“Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Amen.

***

La GMG di Panama si può seguire online su
https://www.vaticannews.va/it/events/gmg-2019-panama.html

e in TV su tv2000:
https://www.tv2000.it/ufficiostampa/2019/01/18/gmg-panama-su-tv2000-in-diretta-tutti-gli-eventi-con-il-papa/

 




Un libro per le “Donne di Preghiera”

Un itinerario attraverso i monasteri di clausura pistoiesi a cura di Maria Valbonesi e Anna Agostini

Sabato 2 febbraio, festa della Candelora e giornata mondiale della vita consacrata, alle ore 16.30, presso la sala sinodale dell’antico Palazzo dei Vescovi, sarà presentato dal vescovo Fausto Tardelli e dal can. Diego Pancaldo il libro «Donne di preghiera. Un itinerario attraverso monasteri di clausura pistoiesi», edito da Polistampa, col contributo della Fondazione Conservatorio di San Giovanni Battista.
Il libro, infatti, riprende e sviluppa il contenuto di alcune visite promosse dal Comitato San Jacopo ai monasteri femminili pistoiesi, e consiste di tre saggi: uno di Anna Agostini sul monastero delle Clarisse e due di Maria Valbonesi su quello delle Benedettine da Sala e delle Salesiane. Il volume, dedicato alla memoria di mons. Mario Leporatti, presenta anche una introduzione storico-teologica di Franco Biagioni, presidente del Meic di Pistoia e anch’egli membro del Comitato di San Jacopo.

Se oggi a Pistoia sopravvivono soltanto due monasteri di vita contemplativa, tra XVII e XVIII secolo solo in città se ne contavano almeno diciannove. Un impoverimento non soltanto numerico, ma soprattutto spirituale. Come scrive nella sua presentazione don Luca Carlesi, arciprete della cattedrale, i monasteri di clausura non sono fuori del mondo, bensì «collocati nel cuore del mondo, testimonianza di un mondo altro da quello che conosciamo, luoghi dove si “prega, si ama, si lavora”; profezia del mondo futuro», perchè «il mondo, la società umana o sarà spirituale o non sarà».
Come evidenzia anche il titolo del libro, l’attività fondamentale delle monache, come di tutte le monache di clausura, è la preghiera; una preghiera assidua, instancabile, rivolta a Dio affinchè resti aperta agli uomini la via della salvezza. In questo mistico esercizio della carità Benedettine e Clarisse hanno preservato nei secoli e continuano ai giorni nostri, nonostante le difficoltà, le crisi e -diciamolo pure- le persecuzioni che hanno dovuto affrontare, delle quali i tre saggi di questo libro offrono un’attenta ricostruzione, sia negli aspetti generali che in quelli particolari di ciascun monastero.

 




Vespri e messa con il vescovo per la conversione di San Paolo

Venerdì 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo Apostolo Mons. Fausto Tardelli celebrerà i Vespri e la Santa Messa presso la chiesa di San Paolo a Pistoia.

Programma

Ore 18.30: Vespri e messa

Ore 20.00: Cena condivisa presso l’Oratorio di San Gaetano. Momento fraterno e di festa con i vari gruppi legati alla parrocchia e alla Fraternità.

 




Pellegrini in cattedrale per la Candelora

Sabato 2 febbraio ricorre la festa della Presentazione al tempio di Gesù, detta Candelora. In questo giorno la liturgia propone le parole di Simeone che indicano Gesù «luce per illuminare le genti» (Lc 2,32) e vive la suggestione della benedizione delle candele. Per questa ricorrenza a Pistoia, secondo un’antica tradizione, il vescovo benedice anche i pellegrini che si preparano a partire per Santiago di Compostella. Un rito che si rinnova anche quest’anno e che avrà luogo alle ore 16 nella Cappella di San Jacopo.

Mons. vescovo celebrerà la santa messa della festa alle ore 18 in Cattedrale. Il 2 febbraio la Chiesa Cattolica festeggia anche la Giornata mondiale per la vita consacrata; durante la messa, infatti, saranno celebrati gli anniversari di professione religiosa dei consacrati e delle consacrate della nostra diocesi, mentre il seminarista Maximilien Baldi sarà ammesso agli ordini sacri. Un’occasione in più per partecipare alla solenne liturgia in Cattedrale.




Imparare a vivere scelte di pace

Domenica 27 gennaio l’Azione Cattolica organizza la festa della Pace

Domenica 27 Gennaio presso i locali del Santuario della Madonna di Valdibrana l’Azione Cattolica di Pistoia sarà impegnata a vivere con tutti i suoi aderenti e con chiunque voglia partecipare una festa importante: la Festa della Pace.

Il periodo successivo alle festività natalizie è da sempre per l’AC un momento dedicato alla riflessione su questo argomento; la nascita di Gesù ci invita infatti a rinnovare il nostro cammino alla luce dell’impegno nella risoluzione di ogni genere di conflitto, perché il termine “pace” assume importanti significati in ogni epoca, in ogni ambiente e in ogni persona.

I bambini, le bambine e i ragazzi saranno accolti all’interno di una ambientazione teatrale che li aiuterà a comprendere quanto dei personaggi diversi da noi ci aiutano a comprendere meglio quale sia il nostro ruolo e come realizziamo le nostre scelte, poiché l’incontro con l’altro ci può sorprendere, deludere ma può sicuramente lasciarci più ricchi ogni volta. In questa ottica il brano scelto del Vangelo in cui si volge l’incontro di Gesù con il Giovane ricco permetterà a tutti i ragazzi e alle ragazze di comprendere quanto Gesù, apparendo nelle nostre vite, sovverte completamente le nostre aspettative e ci rende diversi da quello che eravamo.

Gli adulti invece, saranno impegnati a confrontarsi sulle scelte di “pace” che nel quotidiano possono essere portate avanti grazie alla presentazione dell’interessante esperienza del Commercio equo e solidale: una esperienza di commercio internazionale che, sovvertendo la dinamica “prezzo-richiesta” cerca di proporre scelte etiche e di valore per la tutela della dignità dei lavoratori più vulnerabili.

La Festa inizierà per i ragazzi dai 6 ai 14 anni alle 9.30, per gli adulti invece l’appuntamento è alle 15; il tutto terminerà alle 16.30 con una merenda insieme in cui saranno offerti i prodotti della Bottega Del Commercio equo e solidale.

info: ac.pistoia@gmail.com




«Accogliere la Parola» con Don Fabio Rosini

Si sono svolti alla Versiliana gli esercizi spirituali per il Clero

Si sono svolti alla Versiliana dal 14 al 18 gennaio gli esercizi spirituali per il Clero. Una proposta che anche quest’anno ha raccolto sacerdoti dalle diocesi di Prato, Pistoia e San Miniato per alcuni giorni di spiritualità e fraternità. Gli esercizi sono stati predicati da don Fabio Rosini, sacerdote romano molto noto, soprattutto per aver dato inizio ad una fortunata proposta di catechesi sui comandamenti nota come “Le dieci parole”. Rosini è attualmente direttore del Servizio per le vocazioni della diocesi di Roma e cura da diversi anni il commento al vangelo della Domenica su Radio Vaticana.
Tra i pistoiesi, circa una decina compreso il vescovo Fausto Tardelli, era presente don Timoteo Bushishi, parroco di San Vitale e San Benedetto a Pistoia. «Il tema degli esercizi – ricorda don Timoteo – era l’accoglienza della Parola, e faceva riferimento alla parabola del seminatore (Mt 13,1-23)». «La predicazione di Rosini è stata molto ricca di stimoli: ci ha invitati ad alimentarci di Dio, a fuggire il rischio di ridursi a “fare le cose di Dio” piuttosto che coltivare una relazione profonda con il Signore, imparando -attraverso un discernimento anche molto pratico- a distinguere ad esempio, tra priorità ed emergenze». «Non conoscevo Rosini personalmente – continua don Timoteo-, anche se ripropongo in parrocchia il suo cammino delle Dieci parole, ma mi ha molto colpito la sua esposizione, che certamente è sorretta dalla lettura e dallo studio (don Rosini è un biblista per formazione accademica), ma ha un approccio molto esistenziale».
La condivisione con i sacerdoti di Prato e San Miniato è stata un valore aggiunto: «abbiamo sperimentato una comunione molto bella».

(Redazione)




Ritiro spirituale per laici

Iscrizioni aperte per il ritiro diocesano guidato dal vescovo Tardelli

La diocesi di Pistoia propone un ritiro per laici guidato dal vescovo Fausto Tardelli. Il ritiro si svolgerà a Bocca di Magra (La Spezia), presso il Monastero della Santa Croce dal primo pomeriggio di martedì 23 alla mattina di giovedì 25 aprile 2019.

Il tema del ritiro è: “Il dono e La gioia di essere Chiesa”.

«Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito». (Rm 12,13)

Il ritiro è aperto a tutti, ed è rivolto in particolare agli operatori pastorali.

Il costo è di 65 euro al giorno in camera multipla o di 70 euro in singola. Per iscrizioni o informazioni contattare don Diego Pancaldo (pan.diego@tiscali.it ).

Ritiro per laici (volantino pdf)