I migranti e noi(?). La nota dell’AC di Pistoia

Quello che sta accadendo ormai da molti anni nei nostri mari è sconcertante, non ci sono parole per poterlo esprimere.

Come Azione Cattolica di Pistoia più volte ci siamo domandati come sia possibile assuefarci banalmente all’indifferenza. Assistiamo a delle prese di posizioni brutali su come il naufragio, la chiusura dei porti, le torture libiche e la prigionia gratuita siano solo un effetto collaterale tollerabile per far fronte al problema di gestione del fenomeno migratorio. I migranti non solo non vengono più ritenuti meritevoli di un futuro, ma vengono usati come strumento di contrattazione politica internazionale. Non si tratta più di gestione di un fenomeno internazionale; non si tratta più di insostenibilità del welfare locale e di scontro socio-culturale tra popoli che spesso hanno poco da raccontarsi. Le difficoltà ci sono e nessuno le nega, ma i nostri fratelli muoiono ingiustificatamente e senza sceglierlo. Tutto questo non è comprensibile perché la barbarie, la morte e l’indifferenza non fanno parte dell’uomo in quanto tale. Il Padre ci ha pensato con Amore, ci ha dato molti doni tra cui: il pensare e fare per affrontare la vita quotidiana; l’immaginare per sognare e costruire il nostro futuro; la capacità del “prendersi cura” per rispettare se stessi e per saper vivere con e per gli altri. L’uomo è questo e niente di più, l’insieme di molti doni speciali che rendono autentica e inviolabile la vita.

I fenomeni migratori esistono da sempre e sono problematici, ci fanno paura, implicano fatica, ma niente giustifica il disprezzo per un migrante economico, un rifugiato o addirittura per le vittime di tratta (le più numerose) che semplicemente celebrano i doni del Padre, quello di pensare e fare un viaggio, di sognare una vita migliore e di prendersi cura di sé tessi, dei loro figli e della loro cultura.

Tutto ciò è in antitesi con la Creazione «creò l’uomo a sua immagine e somiglianza» ed il Vangelo «amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi». Per questo è insussistente l’accusa di chi imputa alla Chiesa e a coloro che difendono l’umanità di prendere posizioni politiche. La difesa della vita non ha colore politico e tacere in questo momento sarebbe un crimine. Il nostro essere Chiesa si esprime nello smuovere le coscienze e riportare le comunità ad una riflessione democratica e umana sui temi di questi tempi di cui quello dell’immigrazione. Ed è oggi questa immagine di Chiesa che ci deve rendere orgogliosi, dalla sua struttura all’ultimo dei fedeli. Una Chiesa che l’associazione sente come una Madre nel cogliere l’urgenza di dover dire, fare, intervenire, perché la Vita deve essere sempre trasformata in un’occasione di Gioia affinché le sia resa Grazia.

L’Azione Cattolica di Pistoia in questo tempo complesso oltre ad offrire il suo servizio è presente con la preghiera per ogni persona, chiamata a fare delle scelte, a prendere posizioni o esprimere opinioni.

Crediamo che il “meglio” per ciascuno di noi non possa passare dal desiderare il “peggio” per altri.

Siamo vicini all’Italia che lavora sul campo, che si espone per la difesa dei diritti umani e come associati cercheremo di essere promotori di valori evangelici che mirano alla costruzione di una società più giusta e solidale non contaminata da ansie e paure.

La Presidenza Diocesana




Dalla Bibbia alla letteratura

Riceviamo e rendiamo nota questa iniziativa.

Un corso di 4 lezioni all’Università del Tempo libero, coordinato dal Prof. David Pratesi e condotto insieme a Don Vincenzo Arnone

Il corso rileva, come tema generale, la nuova attenzione della teologia per la letteratura. Tra le proposte critiche recenti spicca quella di A. Spadaro (Docente di “Introduzione all’esperienza della letteratura”), il quale, muovendo dal potere di dire proprio del linguaggio letterario, valorizza nei suoi libri la letteratura come esperienza vitale. Vivere tale esperienza è – come nel verso di E. Dickinson «Abito nella possibilità» – un trasferirsi nella possibilità esistenziale offerta dal testo; è anche come nell’immagine del roveto biblico – un ardere di un fuoco inestinguibile, capace di rigenerare il lettore alla vita ed alla vita dello Spirito. In tal modo il critico legge autori e opere in una luce nuova: come avviene per O. Wilde, nella cui celebre Ballata egli coglie «un cammino di fede implicito». Il corso propone quindi un capolavoro della narrativa russa che E. Montale definì «un miracolo che ognuno deve salutare con commozione», dove le moderne linee narrative si intrecciano con la Passione di Gesù, «il più alto dei temi possibili», e l’Autore «si congiunge con la più profonda tradizione» russa: la «vena messianica».
Come Dio si muove sul palcoscenico è il titolo di un saggio-excursus di V. Arnone sulla religiosità nel teatro fin dai Greci, ospitato in un volume che raccoglie anche le sue cinque pièces teatrali, da lui definite «teatro dell’anima e della parola». Infine, se «Qoèlet è stato riconosciuto, forse ancor più che Giobbe, l’altro specchio di Leopardi sia dalla critica leopardiana sia dagli esegeti» (L. Marcon), i riflessi della ricerca del libro sapienziale sul senso autentico dell’esistenza sono presenti anche in grandi poeti italiani del secolo scorso.
Il corso, aperto a tutti, sarà tenuto dal Prof. David Pratesi e da don Vincenzo Arnone.

Docente di inglese all’’ITCS Pacini di Pistoia, David Pratesi ha insegnato Lingua e Traduzione Inglese nelle Facoltà di Lingue delle Università della Tuscia e di Bologna.
Don Vincenzo Arnone, ha al suo attivo opere di saggistica, narrativa, poesia e teatro. È anche direttore della rivista di letteratura “Sulle tracce del frontespizio”.

Riportiamo qui sotto le informazioni relative a sede, svolgimento, contenuti del corso ed iscrizioni:

Giovedì 07 Febbraio – BIBBIA E LETTERATURA – La ballata del carcere di Reading, di O. Wilde (Prof. D. Pratesi)
Giovedì 14 Febbraio – BIBBIA E NARRATIVA – Il maestro e Margherita, di M. Bulgakov (Prof. D. Pratesi)
Giovedì 21 Febbraio – BIBBIA E TEATRO – Come Dio si muove sul palcoscenico, di V. Arnone (Don V. Arnone)
Giovedì 28 Febbraio – BIBBIA E POESIA – Qoèlet (Ecclesiaste) e alcuni grandi poeti italiani (Prof. D. Pratesi)

Le lezioni si terranno alle ore 17.00 nella nuova sede dell’Università del Tempo Libero, presso l’UNISER, Polo Universitario Pistoiese, Via S. Pertini 158, Pistoia (a 300 metri dalla Stazione Ferroviaria accanto alla Biblioteca S. Giorgio).

Le iscrizioni si ricevono presso la segreteria della stessa: tel 0573 3620305. La segreteria è aperta la mattina dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 12.00 e il pomeriggio dalle 16.00 alle 17.00 (solo nei giorni di lezione).
E-mail: univertempolibero.pt@tiscali.it | www.univertempolibero.it




Domenica 3 febbraio è la Giornata nazionale per la vita

L’attività e gli appuntamenti del Movimento per la Vita di Pistoia

La parola alla nuova presidente Graziana Malesci. Domenica 3 febbraio una santa messa per la Vita alla Chiesa di San Paolo a Pistoia.

A cura di Daniela Raspollini

Il Movimento per la Vita e Centro di Aiuto alla Vita di Pistoia promuovono anche quest’anno a livello locale la Giornata per la Vita che sarà celebrata in tutte le diocesi domenica 3 febbraio sul tema «è vita, è futuro».
Abbiamo incontrato per l’occasione la nuova presidente del Movimento e Centro di Aiuto alla Vita di Pistoia Graziana Malesci, molto conosciuta in diocesi per la sua lunga carriera scolastica, prima come docente e successivamente come preside e per il suo impegno costante in ambito sociale.

«Facevo già parte da sei anni del direttivo del Centro Aiuto alla vita di Pistoia e, sollecitata dal momento un po’ critico che sta attraversando il Movimento, ho avvertito l’esigenza di dare la mia disponibilità. Adesso uno degli obiettivi da perseguire sarà proprio quello di dare nuova vitalità al Centro, affinchè riprenda la sua attività in continuità con quanto è stato fatto nel passato grazie al costante impegno della presidente onoraria Giuliana Zoppis, del presidente uscente Giancarlo Brusoni e dei diversi volontari, verso i quali vorrei esprimere stima e fiducia per il loro impegno a servizio della vita.
Il Movimento ha lo scopo di aiutare le mamme in difficoltà che si trovano a portare avanti una gravidanza; negli ultimi tempi si sono rivolte al Centro 120 famiglie in gravi condizioni sociali.
Di recente è stato realizzato il “Progetto Gemma” con lo scopo di sostenere una gravidanza difficile fornendo un contributo di oltre duemila euro. Ad oggi l’attività del movimento continua e si propone, inoltre, di realizzare un progetto di formazione per volontari sostenuto a livello regionale.
Una priorità a breve scadenza, il 31marzo pv, è rappresentata dal Concorso Europeo dal titolo “Avrò cura di te”, riservato agli studenti delle scuole superiori e delle Università.
Un appuntamento importante, inoltre, sarà proprio il prossimo 3 febbraio con la celebrazione della Santa messa presso la chiesa di San Paolo alle ore 10. Abbiamo inoltre pensato di costituire un’equipe che dovrà sensibilizzare i medici del territorio sulle problematiche che riguardano la salvaguardia della vita».

Restituire dignità al concepito, sostenere la maternità

Dal Movimento per la vita di Quarrata una riflessione sul messaggio CEI per la Giornata per la vita

La prossima giornata per la vita voluta dalla Chiesa è un’ occasione preziosa e importante per tutte le comunità parrocchiali e per tutta la società per riflettere sulla dignità della persona umana.
L’uomo fin dal concepimento è tale perché la stessa scienza ce lo dimostra, perché quel DNA che esiste dal concepimento rende unico e irripetibile ognuno di noi e il processo di sviluppo autonomo di quella piccola cellula fecondata ci rivela qualcosa di meraviglioso: quel cuore che già batte fin dai primi giorni della fecondazione è qualcosa che ci commuove e ci fa riflettere.
Quel piccolo esserino che cresce in modo autonomo, anche se accolto e protetto nel seno materno, è la dimostrazione che è un uomo, uno di noi, appartenente alla specie umana e quindi ha gli stessi diritti di tutti gli esseri umani, deve essere riconosciuto nella sua dignità, tutelato e protetto. Ogni bambino che nasce è segno di speranza per la sua famiglia e per tutta l’umanità.
Se ripartiremo dal riconoscimento di questo piccolo uomo, che Madre Teresa definiva il più povero tra i poveri, restituiremo valore a tutti gli altri esseri umani, a tutti i poveri della Terra, a tutti i bambini, perché finalmente tutti saranno considerati uguali, degni di rispetto e attenzione.
I Centri di Aiuto alla Vita hanno aiutato a nascere 200.000 bambini. Per far sì che possano nascere più bambini basterebbe far conoscere il servizio che si promuove nei Centri di Aiuto alla Vita, attraverso l’ascolto, la condivisione e l’aiuto concreto alle mamme. I Centri di Aiuto alla Vita dovrebbero essere la prima espressione di vera accoglienza di ogni comunità, perché nessuna donna sia costretta ad abortire. È la solitudine, la paura di non farcela che spesso spinge una donna ad abortire. Restituendo alla maternità il valore e l’attenzione che merita da parte di tutti si restituisce alla società intera un volto più umano, in cui ognuno potrà riscoprire i valori fondanti per una nuova umanità e aiutare anche le nuove generazioni a restituire più valore all’esistenza umana.

Elisabetta Michelozzi




Candidatura agli ordini in Cattedrale

Il seminarista Maximilien Baldi riceverà dal vescovo Tardelli l’ammissione agli ordini sacri

L’ammissione agli ordini sacri sarà il tuo primo passo verso il sacerdozio, quali sono le tue impressioni in merito?

Sono al quarto anno di seminario e al terzo di facoltà e mi sembrano passati in un attimo. Sento il cuore ricolmo di gioia e gratitudine verso il Signore. L’ammissione agli Ordini Sacri è una tappa importantissima del mio cammino, in cui la Chiesa riconosce la mia vocazione e accoglie l’offerta della mia vita a Dio e alla Chiesa, proseguendo con impegno il mio percorso di formazione. Sento una spinta forte nel continuare ad abbandonarmi alle Sue mani amorevoli di Padre, sento il desiderio vivo di lasciarmi guardare da Lui in ogni istante della mia vita. Chiedendo in dono il Suo sguardo, vorrei portarlo a tutti i fratelli che incontro e incontrerò sulle strade della vita. Diversi anni fa un sacerdote mi disse che Dio aveva un sogno per me, e oggi che l’ho scoperto è diventato anche il mio. Sogno di potermi donare completamente a tutti, per portare la gioia del Vangelo. Questo è il “nostro” sogno e desidero farlo nonostante i miei evidenti limiti, tutti i giorni della mia vita, sicuro che la Sua Grazia mi precede sempre ovunque io vada.

Come proseguirà il tuo percorso?

Il mio cammino proseguirà tra Firenze e Pistoia. Continuerò a studiare alla Facoltà Teologica dell’Italia centrale (Firenze) con i miei compagni provenienti da altre sei diocesi e il fine settimana porterò avanti la mia formazione pastorale nella bellissima Parrocchia di Santa Maria del Rosario a Poggio a Caiano, alternando tutto ciò con le varie attività di seminario qui a Pistoia.

I giovani si interrogano sul senso della vita, ma la parola vocazione è vista come qualcosa che non li riguarda, perché secondo te?

Oggi i media e i social sono al centro delle nostre giornate. Se usati con intelligenza sono degli strumenti belli ed utili. Purtroppo però i ragazzi vengono “bombardati” di parole da ogni parte, come ad esempio la tv, radio, facebook, instagram, ecc. I ragazzi sono ricoperti di parole che pian piano (se non si fa attenzione!) vanno a sostituirsi alle parole che grida il nostro cuore. C’è il pericolo che il valore della loro persona sia direttamente proporzionale al numero di like ricevuti sui social. Quindi si finisce per pensare di “esistere” solo per apparire e non per essere. E questo è ciò che temo succeda ai ragazzi. Vorrei aggiungere che la parola vocazione deve essere intesa a 360°, perché vocazione è essere padre di famiglia, dottore, artigiano, operaio o sacerdote. La luce della Sua presenza cambia lo sguardo sulla nostra realtà, anzi, la trasfigura e la eleva alla dignità che le compete. Quindi vocazione è sinonimo di vivere veramente, non “sopravvivere” o sottrarsi alla vita piena.

Daniela Raspollini

Ammissione agli ordini sacri del seminarista diocesano Maximilien BaldiGiornata Mondiale della vita ConsacrataRicordo degli anniversari di vita consacrataTutte le foto sono di Ilaria Giusti.

Publiée par Diocesi di Pistoia sur Vendredi 15 février 2019

 




La bellezza di credere all’amore di Dio

Gli anniversari di professione religiosa in diocesi

Sabato 2 febbraio si celebra la Giornata mondiale per la vita consacrata

A cura di Daniela Raspollini

Sabato 2 febbraio si celebra la Giornata mondiale per la vita consacrata. Se nella nostra diocesi i religiosi e le religiose vivono un momento di crisi numerica il desiderio di scelte radicali e il fascino della sequela di Cristo continua ancora ad esercitare attrattiva. Sono poi numerose le testimonianze di consacrati che ha testimoniano con
limpidezza il Vangelo con la loro esistenza, spesso nel nascondimento e nel silenzio. Quest’anno vogliamo ricordare gli anniversari di professione religiosa di : Suor Este Cavenaghi della Congregazione delle Mantellate (70 anni), Suor Luisanna Alonzi delle Minime del Sacro Cuore (50 anni), padre Natale Re, dei padri Betharramiti (50 anni)  e Padre Stefano Soresina dei Padri Passionisti (40 anni).

Il Vescovo Tardelli celebrerà con loro e per loro la santa messa della presentazione al Tempio di Gesù sabato 2 febbraio alle ore 18 in Cattedrale.

Suor Este Cavenaghi (70 anni)

Suor Este Cavenaghi della Congregazione delle Mantellate Serve di Maria celebra il suo 70° di professione religiosa. Un traguardo significativo, una bella testimonianza di vita consacrata vissuta incarnando il carisma del suo ordine nell’umile servizio agli altri e nella devozione alla Vergine Maria.
Molti raccontano che grazie alla sua materna accoglienza e dolcezza verso le persone è spesso chiamata con l’appellativo di “mamma”. «La mia vocazione -afferma Suor Este- è nata nell’ambito di un oratorio delle Suore che frequentavo a Milano: mi trovavo cosi bene lì che mi sembrava di essere a casa. Il Signore mi ha chiamato allora alla vita religiosa e questo per me è stata una grazia di Dio. Ho prestato servizio presso la nostra Scuola Materna dove mi trovo e questo per me è stato motivo di grande gioia».
Nonostante la sua anzianità Suor Este si è data molto da fare portando la comunione ai malati e rendendosi disponibile nel servizio alla Parrocchia e nel suo compito di accoglienza in portineria. Un servizio di accoglienza che le ha permesso di farsi carico di tante sofferenze, promettendo a quanti ha incontrato di pregare la Madonna perchè
interceda per loro. Infine Suor Este intende consegnare un messaggio ai giovani: «vorrei dire ai giovani di seguire la testimonianza di vita di coloro che hanno vissuto nella fede e di non avere paura ad accogliere nel proprio cuore la chiamata alla vita consacrata, ma di rispondere con dolcezza e con la certezza che il Signore non fa mancare proprio
niente, perchè non fa mancare il suo amore e il suo sostegno».

Suor Paolina Degli Angeli (70 anni)

Festeggia i settanta anni di vita consacrata Suor Paolina delle Suore Stimmatine di Carmignano. Suor Paolina era orfana di guerra; assieme al altri bambini ha vissuto in collegio ed è vivendo in quell’ambiente che è rimasta colpita dall’esempio di vita consacrata delle Suore che li accudivano.
Una volta cresciuta, come tutte le adolescenti aveva in mente di metter su famiglia, presto però, è arrivata la chiamata del Signore. A soli diciotto anni, infatti, ha intrapreso il cammino per la vita religiosa e ha fatto la vestizione per entrare nell’ordine delle Suore Stimmatine, incarnando fino ad oggi il carisma della fondatrice dell’ordine Anna Lapini che è quello di accudire i diseredati i sofferenti i poveri, gli orfani e tutti coloro che hanno bisogno rispondendo concretamente con appassionata solidarietà e carità.

All’interno dell’ordine Suor Paolina ha svolto il ruolo di educatrice nella scuola materna e conserva di questo tempo un ricordo affettuoso per i suoi bambini. Suor Paolina, rivolgendosi ai giovani si auspica che sempre più si avvicinino al Signore e che facciano della propria vita un dono per gli altri, ricevendo in cambio pertanto un immensa gioia.

Suor Luisanna Alonzi (50 anni)

«La chiamata alla vita religiosa è un dono inestimabile che il Signore mi ha fatto – afferma Suor Luisanna-. La mia vocazione la devo in primo luogo a Dio, ma anche ai miei genitori che mi hanno trasmesso valori religiosi, umani, fin dalla tenera età. Ciò che ha incentivato la mia vocazione però, è stata la visita all’ospedale dove operavano le suore minime. Vedere questi angeli che si accostavano al malato con amore e tanta tenerezza mi ha aiutato a decidere di dedicare la mia vita ai fratelli come desiderava proprio Madre Caiani.
La diocesi mi ha messo a disposizione dell’Istituto Casa Ginetta Gori di Pistoia, dove presto quotidianamente servizio; una realtà che offre accoglienza a mamme gestanti e bambini.
«Vorrei esortare i giovani -conclude Suor Giovanna – esortandoli a credere nell’amore di Dio, ad essere autentici testimoni di fede del Regno, a credere nella Chiesa e mettersi sotto la protezione della mamma celeste».

Stefano Soresina (40 anni)

Mi chiamo Stefano Soresina e sono religioso passionista dal 1979. Un anno prima avevo conosciuto la comunità “Grano di frumento” che attualmente vive a Quarrata nella nostra diocesi e lì è nata la mia vocazione, quando ancora la comunità risiedeva al monte Argentario, culla della nostra congregazione. Mi sono innamorato della contemplazione della passione di Gesù che è il centro del nostro carisma e questo mi ha fatto capire che nonostante le mie inconsistenze la strada era quella. Questo innamoramento mi ha portato avanti nel sacerdozio, nella vita missionaria che ho svolto nella Bahia in Brasile, per 14 anni e mi ha fatto superare le difficoltà inerenti alla pratica della castità, povertà e obbedienza durante questi 40 anni. La Passione di Gesù è anche la modalità che mi è stata data per vivere gli altri doni propri della Spiritualità Passionista: la solitudine, la penitenza e l’orazione. Il dono della solitudine mi affascina molto, anche se richiede un certo sforzo. Il dono della penitenza mi riesce più difficile e in questo mi aiuta l’apostolato a saper rinunciare a me stesso. Il dono dell’orazione invece mi aiuta molto.

Gli anni Novanta, quando sono stato in diocesi la prima volta, sono stati molto importanti, perché ho ricevuto attraverso la comunità, nell’ambiente Quarratino, la solidità della mia formazione umana e spirituale. L’esperienza missionaria è quanto di più travolgente e gratificante abbia ricevuto nella vita. A Roma, in una parrocchia di periferia tenuta dai padri passionisti ho cominciato a centrare la mia operatività nella passione di Gesù. Anche se ho girato molti conventi ho capito che il modo più autentico per vivere la mia vocazione è insieme ai laici che il Signore mi aveva dato fin dall’inizio della mia vocazione, per questo sono tornato nella comunità Grano di Frumento, in questa diocesi.




«É vita, è futuro!» Il messaggio CEI per la Giornata per la vita

Riscoprire il valore e la bellezza della vita dal concepimento alla vecchiaia.

Il messaggio dei Vescovi italiani (CEI) per la 41ᵃ Giornata Nazionale per la Vita (3 febbraio 2019) vuole essere un messaggio di speranza, un incoraggiamento a costruire un futuro positivo, sostenendo la vita in tutte le sue declinazioni.
Con lo slogan «É vita, è futuro», i vescovi italiani hanno ribadito che la vita va difesa e tutelata dal primo istante fino al suo termine naturale, e soltanto un programma a tutto campo per «accogliere, custodire e promuovere» la vita umana può garantire un avvenire migliore per tutti.
La sfida si gioca nel presente, nelle scelte e nelle azioni dell’oggi, che avranno conseguenze negli anni che verranno. Per questo i vescovi hanno individuato alcuni ambiti prioritari, in cui l’impegno dei cristiani e della società civile deve essere particolarmente incisivo. Innanzitutto nella cura della famiglia in quanto culla della vita e degli anziani, per ritrovare -come ha detto Papa Francesco- una solidale «alleanza tra le generazioni», quindi nella cura dei giovani, affinché la mentalità antinatalista e la mancanza di lavoro siano contrastati da un «patto per la natalità» condiviso dalle forze culturali e politiche, infine nella cura di ogni persona in situazione di fragilità: dai bambini nel grembo materno, ai malati, ai poveri, fino ai migranti e ai profughi, senza dimenticare il necessario rispetto della “casa comune” che il Signore ha creato per tutti.

Se guardiamo la realtà italiana vediamo che ci sono luci ed ombre. Dal recente rapporto del Ministero della Salute sulla legge 194/78 emerge il fatto positivo che dal 1983 l’aborto volontario è in progressiva diminuzione in Italia e il tasso di abortività è fra i più bassi tra quelli dei paesi occidentali e che l’obiezione di coscienza tra i ginecologi è pari al 68.4%.
Tuttavia si tratta di un apparente bilancio ottimistico, infatti, ad una analisi più attenta, dall’esponenziale aumento della cosiddetta «contraccezione d’emergenza» (Norlevo o pillola del giorno dopo ed ellaOne o pillola dei 5 giorni dopo), che non ha più l’obbligo di prescrizione medica per le maggiorenni, si deduce che gli aborti farmacologici sono sempre di più e restano esclusi dal computo dei dati reali ed ufficiali.

Resta il fatto che, in base al numero degli aborti effettivi, ogni anno un’intera città scompare: nel 2017 una città di oltre 80 mila abitanti! Senza contare gli aborti chimici. Con la conseguenza che il calo demografico è sempre più marcato e mancano intere generazioni di giovani.

Un altro fronte preoccupante è costituito dal fine vita, dalle persone con gravissime disabilità e dai malati terminali. Aspettiamo la relazione sulla legge delle cosiddette DAT (o testamento biologico) che il Ministero della Salute deve presentare entro aprile al Parlamento.
La grave crisi demografica e l’invecchiamento della popolazione, uniti alla disgregazione delle famiglie, produrrà negli anni a venire un vulnus sociale difficilmente recuperabile in tempi brevi.
Anche Papa Francesco, nell’intervista rilasciata ai giornalisti in aereo di ritorno dalla GMG di Panama, ha espresso in modo chiaro la situazione attuale, dicendo:

«qui a Panama vedevo i genitori che alzavano i loro bambini e ti dicevano: questa è la mia vittoria, questo è il mio orgoglio, questo è il mio futuro. Nell’inverno demografico che noi stiamo vivendo in Europa – e in Italia sottozero – ci deve far pensare. Qual è il mio orgoglio? Il turismo, le vacanze, la villa, il cagnolino? O il figlio?».

Occorre invertire la rotta. La Chiesa, da questo punto di vista, può dare un grande contributo alla società italiana, formando alla verità del Vangelo. Educando le coscienze può incidere sulle scelte di vita delle persone e soprattutto dei giovani, per andare controcorrente e non conformarsi alla mentalità del mondo.
Riscoprire la bellezza e la gioia della proposta di vita cristiana conduce in modo naturale, senza obblighi legalistici, ma per attrattiva, a uno stile di vita nuovo, inconcepibile allo sguardo mondano.
Testimoniare che è bello vivere come Gesù ci comanda, anche se siamo fragili e inadeguati, perché con la preghiera ed i sacramenti si può tutto.

La grazia di Dio aiuta i bambini a crescere sereni, i fidanzati ad essere casti, gli sposi ad aprirsi alla vita senza mettere a rischio il proprio matrimonio con la contraccezione, gli anziani a superare la solitudine e il senso di inutilità, i malati e i disabili ad amare la vita e a sentirsi i privilegiati del Signore.

Ripartire da Dio, dall’invito di San Benedetto di «non anteporre nulla all’amore di Cristo», è l’unico vero e vincente programma per un presente ed un futuro migliori.

Ufficio per la Pastorale con la famiglia




Dalla cresima alla Wita!

Una festa della fede al ritmo di trap & rock’n’roll per testimoniare ai ragazzi che «la vita sono io insieme a Te».

«La vita con Te» è infatti la vita di chi scopre il tesoro, la perla preziosa del Vangelo. La prima giornata dei cresimati, organizzata nella chiesa di San Bartolomeo a Pistoia domenica 27 gennaio, corre sul ritmo del ritornello ideato per l’occasione da Suor Giovanna Cheli, direttrice dell’Ufficio Catechistico. Il canto muove il ballo delle centinaia di giovani cresimati, tanto che del freddo in chiesa ci si dimentica presto.

All’evento ha partecipato il vescovo Fausto Tardelli, visibilmente contento di stare insieme ai tanti ragazzi che ha cresimato in quest’ultimo anno. «Il mio tesoro è stare con Gesù!» ha commentato il vescovo rivolgendosi ai giovani cresimati. «Ma, devo dirvi, – ha continuato- il mio tesoro siete voi. Vedervi qui oggi così contenti, gioiosi e partecipi è una grande gioia! Possiate vivere una vita impegnativa, a volte faticosa, ma con il Signore!».

Il proprio «tesoro» ogni cresimato è stato invitato a scriverlo su un biglietto con il proprio nome. Nascosto in uno scrigno all’inizio dell’incontro è stato poi consegnato dal vescovo in maniera “casuale”, ad un altro tra i giovani presenti, con l’invito di accompagnare quel nome e quel «tesoro» nella preghiera.

La serata, animata dal canto, ma anche da una vivace doppia intervista sullo stile della “Iene”, ha raccontato ai ragazzi come la fede, la vita in parrocchia, la frequenza della messa o del dopocresima, non siano “roba da sfigati”, ma doni da scoprire sempre di più, opportunità di grazia da vivere nell’amicizia, occasioni per conoscere meglio sé stessi e il mondo.

Suor Claudia, dell’equipe diocesana di pastorale giovanile, ha ricordato ai ragazzi le attività proposte dalla chiesa di Pistoia per i giovani, in un’attenzione che accompagna dalla cresima alla giovinezza, fino alle soglie dell’età adulta. Per gli animatori dei gruppi di dopocresima c’è presto un appuntamento da non perdere: lunedì 4 febbraio alle ore 21 in Seminario a Pistoia per raccogliere esigenze e proposte concrete.

La Giornata dei Cresimati, organizzata dall’ufficio catechistico diocesano e animata da una vulcanica sr. Giovanna Cheli, aveva, tra l’altro infatti, l’intento di aiutare le parrocchie ad avviare un percorso di dopo cresima e approfondimento della fede.  «E ora?- ha continuato il vescovo – Ognuno dentro di sè deve decidersi ogni giorno e dirsi: sì, voglio continuare a camminare con te Signore! Lo Spirito Santo agisce in voi: aprite le vele della vostra vita!»

…è allora l’occasione giusta per ridirci: «W la Wita!»

(redazione)




Gmg 2019: Qui Panama #3

Dalla nostra inviata a Panama Caterina Pelagalli.

È stata una giornata particolarmente intensa. Il servizio è iniziato stamani mattina alle 11 ed è terminato ora (20.20). Siamo stanchi, ma pieni. Abbiamo incontrato tanta gente: la nostra divisa attira l’attenzione di tutto il mondo. Si fermano a chiedere foto, ballare e per regalarci ricordini, ringraziandoci in tutte le lingue per essere qui, avendo attraversato l’oceano per prestare servizio. È incredibile di quanta gente diversa, provenienti da paesi diversi, con culture e necessità diverse, siano accomunate da qualcosa di così grande: l’amore.

Giovedì l’arrivo del papa a Panama e il saluto ai giovani pellegrini, ieri il papa ha partecipato alla via Crucis con oltre 400mila giovani. 

 

 




Dalla comunità umana alle social network communities e viceversa?

Dalle social network communities alla comunità umana c’è continuità o un salto nel vuoto?

Dalla comunità umana, come da quella ecclesiale, alle social network communities verrebbe da dire che una continuità, di fatto, si trova; alzi la mano chi non è almeno membro di un gruppo whatsapp della parrocchia, dei catechisti o del coro. Quanti, tra i cattolici, non rilanciano o commentano la pagina del proprio parroco o del proprio gruppo di preghiera? Insomma, dal reale al digitale il passo è breve, anzi, immediato. Forse fin troppo, al punto che varrebbe la pena chiedersi se nel mondo digitale, come in quello reale, ci stiamo da veri cristiani. Insomma, dalla comunità umana a quella social una continuità la c’è; ma sarà vero anche il contrario?

Non tutte le social network communities infatti, sembrano avere un corrispettivo nella “comunità umana”. Per questo il titolo del messaggio di Papa Francesco per la 54a giornata delle comunicazioni sociale, “Dalle social network communities alla comunità umana”, se pure appaia meno tecnico del messaggio precedente -incentrato sulle famigerate fake news- può toccare nel vivo il lavoro degli operatori della comunicazione.

In primo luogo perché invita a riflettere su ciò che diventa motivo di aggregazione “social” e spinge a discernere nel mare magnum di gruppi, cerchie, movimenti e sommovimenti interni alla rete. Il guaio, infatti, afferma Francesco, è che «troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)».

Cosa ci aggrega sulla rete? La rabbia, il dissenso, la paura? Oppure quei gusti che un algoritmo conosce meglio di noi? «Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo – ricorda il papa – diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo». Quale “noi” descrive la rete e …molto giornalismo? Il noi degli sfiduciati o degli incattiviti?

E i cattolici dove si trovano sulla rete? Come si presentano? Come sono descritti? Ipocriti o veri credenti? Minoranza creativa o rissosa? Quale Chiesa descrivono le comunicazioni sociali del 2019?

Il successo della rete e soprattutto dei social network, d’altra parte, ribatte su un’esigenza antropologica fondamentale: non siamo fatti per stare soli; non possiamo fare a meno di vivere in relazione. Nel messaggio del papa le parole di San Basilio, vissuto nel lontano IV secolo, suonano decisamente azzeccate: «Nulla, infatti, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».

L’insistenza sulla costruzione e la ricerca dell’identità dice che ho sempre bisogno di un altro che mi aiuti a scoprirla, che mi riconosca o conosca, mi apprezzi, mi dica da dove vengo e chi sono, e per cosa sono fatto. E se non trovo nessuno che me lo dica mi metterò una divisa, mi svenderò un po’ di più rendendomi appetibile o un po’ più scollacciata, cercherò qualcuno a cui assomigliare. Per chi è solo o si sente solo la rete è sempre alla portata di mano. Uno spazio aperto sulla propria comfort zone –anestetizzata o intristita che sia- in cui si rischia facilmente però, di ferire e farsi ferire anche pesantemente. Eppure perfino il più isolato può accontentarsi di sbocconcellare o ricercare il sapore di una presenza online.

Ma se dall’altra parte della rete non c’è nessuno che abbia lo spessore e la concretezza di un padre, di una madre, di un amico o un fratello i rischi del cyberbullismo, gli spettri della solitudine, della tristezza e del populismo saranno pronti a risucchiarci. La rete si trasforma in «una ragnatela capace di intrappolare».

L’antidoto più efficace per un rischio del genere –ricorda il messaggio- è custodire una metafora ben nota alla tradizione della chiesa: quella del corpo e delle membra. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25)… La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare sé stessi». La metafora del corpo e delle membra ci ricorda l’importanza di dire la verità, di imparare cioè a comunicare davvero, a stare dentro le relazioni.

«La Chiesa stessa – precisa il papa-  è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri», dove la comunione dice ciò che riceviamo e ciò che diventiamo per grazia.

Un invito che tocca tutti, ma che anche in questo caso raggiunge il lavoro quotidiano del comunicatore di professione, perché la verità chiede di prendere posizione, forse anche controcorrente, chiede fatica, ma sempre unifica chi le appartiene e la trasmette, e alla lunga convince e libera.

La menzogna, invece, massifica senza comunione, disgrega e rivela l’interesse di una parte, di un potere forte, occulto o manifesto che cresce e crea consensi su comunità fragili e disorientate.

ugo feraci – ufficio comunicazioni sociali e cultura




GMG 2019: QUI PANAMA #2

Dalla nostra “inviata” Caterina Pelagalli a Panama

Tra poco ci sarà la santa Messa celebrata da Papa Francesco, che da stamani sta girando per Panama, tra istituzioni e fedeli. La gente è emozionatissima, i panamensi non riescono a trattenere le lacrime dalla gioia. Vedere tanti colori, tante bandiere, cori pieni di forza ed energia, riempie di gioia. Sarebbe bello che tutti i giovani del mondo, potessero vivere un esperienza simile: la chiesa entrerebbe nella vita di ognuno di essi.

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Riprendiamo da Agensir alcuni passaggi del discorso del Papa ai giovani

“Il cristianesimo non è un insieme di verità da credere, di leggi da osservare, o di proibizioni. Visto così non è per nulla attraente. Il cristianesimo è una Persona che mi ha amato tanto, che desidera e chiede il mio amore. Il cristianesimo è Cristo”. Ai 200mila giovani che affollano oggi il Campo Santa Maria La Antigua, per la cerimonia di accoglienza e apertura della Gmg, il Papa ha citato “un santo di queste terre”, Oscar Arnulfo Romero, vero e proprio faro della Gmg di Panama fin dai primi discorsi pubblici. Il cristianesimo, ha sintetizzato Francesco, “è portare avanti il sogno per cui Lui ha dato la vita: amare con lo stesso amore con cui ci ha amato”. “Non ci ha amato un pochino, ci ha amato totalmente, con tenerezza, con amore”, ha aggiunto a braccio.

“Che cosa ci tiene uniti? Perché siamo uniti? Che cosa ci spinge ad incontrarci?”, le domande incalzanti del Papa: “La certezza – la risposta – di sapere che siamo stati amati con un amore profondo che non vogliamo e non possiamo tacere e ci provoca a rispondere nello stesso modo: con amore. È l’amore di Cristo quello che ci spinge. Un amore che non si impone e non schiaccia, un amore che non emargina e non mette a tacere, un amore che non umilia e non soggioga. È l’amore del Signore, amore quotidiano, discreto e rispettoso, amore di libertà e per la libertà, amore che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato. È l’amore silenzioso della mano tesa nel servizio e nel donarsi senza vantarsi”. “Credi in questo amore?”, la domanda che dà il “tu” al popolo giovane: “Non abbiate paura di questo amore concreto, che è dare la vita. E questa è stata la stessa domanda e chiamata che ha ricevuto Maria. L’angelo le domandò se voleva portare questo sogno nel suo grembo e renderlo vita, renderlo carne. E Maria aveva l’età di tante ragazze come voi, e ha detto: ‘Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola’”. “Non era stupida, sapeva quello che sentiva il suo cuore, sapeva che cos’era l’amore”, ha aggiunto a braccio: “Ha saputo dare vita al sogno di Dio. Ed è la stessa cosa che l’angelo vuole chiedere a te, a te, a me: hai coraggio? Vuoi dare carne a questo sogno con le tue mani, i tuoi piedi, il tuo sguardo, il tuo cuore? Vuoi che sia l’amore del Padre ad aprirti nuovi orizzonti e a portarti per sentieri mai immaginati e pensati, sognati o attesi, che rallegrino e facciano cantare e danzare il cuore? Sapremo dire all’angelo, come Maria: ‘Eccoci, siamo i servi del Signore, avvenga per noi…’?”. “Ci sono domande a cui si può rispondere solo in silenzio”.