SS. Pietro e Paolo: in cattedrale la celebrazione con il vescovo e il ricordo dei giubilei sacerdotali

In occasione della solennità dei SS. Pietro e Paolo, venerdì 29 giugno, il vescovo Fausto Tardelli presiederà la celebrazione della Santa Messa in Cattedrale alle ore 18.00.

In questa ricorrenza la Diocesi celebra tradizionalmente gli anniversari sacerdotali; quest’anno, in particolare, la chiesa di Pistoia ricorda: il 60° anniversario sacerdotale di mons. Umberto Pineschi, il 50° di Mons. Renato Bellini e Don Ernesto Moro, il 25° di don Adam Tabieszwski.

Abbiamo raccolto di seguito le loro testimonianze di vita e ministero.

60° anniversario. Mons Umberto Pineschi

Mons. Pineschi ha svolto gran parte del suo ministero sacerdotale nell’insegnamento della musica sacra come nell’attività concertistica, spendendosi in prima persona nella salvaguardia del patrimonio musicale diocesano. Su questo fronte si è impegnato moltissimo, al punto che la sua dedizione e il suo lavoro sono stati molto apprezzati anche in altre diocesi.

Dopo la sua ordinazione, avvenuta il 21 agosto 1958, ha esercitato il suo ministero sacerdotale in Cattedrale come coadiutore del parroco per 13 anni, quindi come cappellano corale, infine come canonico dal 1993. Ha svolto servizio domenicale e festivo presso la chiesa dei SS. Prospero e Filippo dal 1984 al 1993, quando fu nominato cappellano del Monastero delle Monache Benedettine di Pistoia. Nel 2003 è stato nominato parroco della parrocchia dello Spirito Santo (per la Chiesa di Sant’Ignazio d Loyola) dove attualmente risiede. Questo suo ultimo incarico, rappresenta – a suo dire- l’esperienza più bella che ha vissuto nei suoi anni di vita sacerdotale.

Circa il suo impegno per la musica sacra è possibile ricordare anche il volume (giunto già alla quarta edizione) che raccoglie un repertorio di canti molto apprezzato fuori in diocesi e la sua attività di restauro e valorizzazione degli organi pistoiesi. Molti gli organi fatti realizzare direttamente da Mons. Pineschi, ad esempio quello nella chiesa del Carmine (Tronci 1840-Ghilardi 2008), il secondo organo di Sant’Ignazio (Ghilardi 2007), l’organo Tronci (1993) arrivato nella Cattedrale di Pistoia da Campi Bisenzio nel 1998 e, ancora in fase di costruzione, l’organo Ghilardi per la nuova chiesa della MAiC a Pistoia.

In questa ricorrenza Don Umberto intende proporre a tutti una riflessione di San Giovanni Maria Vianney, il santo Curato D’Ars dedicata al ministero sacerdotale: «Chi è un sacerdote? Un uomo che sta al posto di Dio, un uomo che è rivestito di tutti i poteri di Dio, provate ad andare a confessarvi dalla Santa Vergine o da un angelo: vi possono assolvere? No. Vi daranno il Corpo e Sangue di Nostro Signore? No. La Santa Vegine non può far discendere il suo divin figlio nell’Ostia. Se foste di fronte a duecento angeli nessuno di loro potrebbe assolvere i vostri peccati. Un semplice prete, invece, può farlo; egli può dirvi: “Va in pace, ti perdono”. Oh! Il prete è veramente qualcosa di straordinario! Il sacerdote non si comprenderà bene che nel cielo. Se egli comprendesse qui che cos’è, ne morirebbe non di spavento, ma di amore».
Daniela Raspollini

50° anniversario. Don Renato Bellini

«Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto».
È guardando a questa immagine descritta da Giovanni, che nel 1998 si presentava alla Comunità di Vinci mons. Renato Bellini. L’ultima tappa di un percorso, compiuta come le altre, guardando alla Chiesa del grembiule, alla Chiesa del Concilio. Un servizio di 50 anni di sacerdozio, svolto, anche geograficamente, in tutta la Chiesa di Pistoia: dalla montagna di Pian degli Ontani e dell’Abetone al Montalbano Occidentale passando per la Curia stessa.

Consapevole che il Concilio Vaticano II non si era concluso nel 1965 e non era stato scritto una volta per sempre, ma che doveva essere vitalizzato e realizzato a partire da allora ed ancor più oggi, don Renato ha dato testimonianza da parroco con una serie continua di iniziative, incontri, attività. Da responsabile della Pastorale Diocesana ha orientato per diversi anni parrocchie, operatori e catechisti. Ma con quale spirito, con quale obiettivo?

Due orientamenti lo hanno sempre guidato: l’idea che comandare non significa imporre il proprio parere, ma andare insieme, preparare il terreno, predisporre, agevolare, stimolare; la volontà di aprire le porte e dare fiducia ai laici.
Nella grande storia italiana è questo atteggiamento libero ed aperto che ha permesso ad alcuni laici cattolici di permeare la stessa Costituzione di principi fecondi. Ma con il passare degli anni, per pretendere rispetto e considerazione, poteva magari arroccarsi rivestendosi di una corazza clericale. No! Anzi, questo lo ha più volte visto proprio come un pericolo per la chiesa stessa. Un atteggiamento che, ad esempio, nonostante la ormai comune riduzione dei partecipanti alla messa domenicale, gli ha permesso di vedere il grande affetto che la Comunità di Vinci nel suo insieme gli ha sempre riversato, oggi addirittura in un panorama più vasto, essendo titolare anche delle parrocchie di S. Amato, Vitolini, S. Ansano e S. Donato.

La città di Vinci è grata a mons. Renato Bellini, perché tante iniziative sono partite o condotte dai suoi impulsi prima con i giovani, poi con camminate, tra l’altro seguendo la via Francigena da Vinci a Roma in tre periodi. Alcuni organismi ed associazioni hanno ora una vita autonoma, a servizio del territorio: Casa Magdala nella sua funzione di residenza per il disagio mentale, Giovani Coppie, attiva con una scuola in Africa, Vinci nel Cuore con il Premio Letterario “Li omini boni”, Vincincontri con personaggi di prestigio. E poi la Palestina! Don Renato ha compiuto 17 visite in Terra Santa, accompagnando un gran numero di parrocchiani e di persone interessate, permettendo di vivere intensamente quei giorni anche con celebrazioni in luoghi particolari come il deserto di Giuda, ma senza mai staccarsi dalla realtà quotidiana, come lo sono stati altri pellegrinaggi ad esempio quelli svolti in Siria, in Giordania, in Turchia, in Armenia, in Iran.

Non voleva farne pubblicità, ma poi è stato divulgato. Il 1 marzo di quest’anno don Renato ha avuto la possibilità di celebrare la messa a S. Marta con Papa Francesco e di scambiare con lui alcune parole. Una grande emozione! Ma anche un segno del suo percorso …
Silvano Guerrini

50° anniversario. Don Ernesto Moro

Nel 50° della mia ordinazione sacerdotale mi piace ritornare a quel 15 dicembre 1968, per rivivere il Dono Grande del Sacerdozio, Dono Gratuito del Signore. È bello riassaporare la gioia di quella gratuità. A distanza di tanti anni ci sono ancora in me gli stati d’animo di stupore, di meraviglia e tanta riconoscenza.

Ripercorrendo il tragitto dei miei 50 anni di sacerdozio il primo pensiero di ringraziamento va ai miei genitori: a mio babbo Domenico e a mia mamma Valentina, un gigante nella fede in Gesù e Maria dalle ginocchia robuste che sostavano a lungo in preghiera. Un pensiero particolare poi, ai miei fratelli: don Luigi, ritornato alla casa del Padre un anno fa; don Vincenzo, parroco alla Chiesa Nuova, alle due sorelle suore: suor Anna e Suor Alberica, e ai mieri cinque fratelli sposati per il loro aiuto e la loro testimonianza cristiana.
Ringrazio tutte quelle persone (sacerdoti, religiosi, laici) che giorno dopo giorno mi hanno accompagnato e sostenuto, a partire dalla mia comunità parrocchiale di Dalmine, dove è maturata la mia vocazione sacerdotale. Senza paura di smentita la mia vocazione è nata sulle ginocchia di mia madre, dalle sue molte preghiere, dal senso di Dio che si respirava in famiglia. Mi ricordo il giorno che le dissi: «Mamma voglio diventare Sacerdote». Vidi illuminarsi i suoi occhi e scendere lacrime di gioia; poi mi disse: «Non sono degna di essere mamma di un Sacerdote “Alter Christus”».

Anziché entrare in seminario a Bergamo entrai in quello di Prato, sapendo che proprio in quell’anno mons Fiordelli iniziava un seminario di vocazioni adulte. Gli anni di seminario passarono presto e il 15 dicembre 1968 venni ordinato sacerdote dal vescovo Fiordelli nel Duomo di Prato, insieme al altri cinque sacerdoti. Ricordo ancora le sue parole durante l’omelia: «Da oggi le vostre mani sono come quelle di Cristo, accoglieranno il Verbo di Dio, spezzeranno il Pane di vita, benediranno e perdoneranno». Subito fui incaricato di svolgere il mio apostolato nelle fabbriche, per preparare gli operai alle solennità del Natale e della Pasqua.

Ricordo, inoltre, con affetto e riconoscenza, quelle parrocchie di montagna che mi furono affidate una volta incardinato nella diocesi di Pistoia: l’Abetone, Pianosinatico, Rivoreta, il Melo, Piazza: per ogni parrocchia una pagina di storia. Ma in particolare ricordo la parrocchia di Seano, che da 32 anni mi è stata affidata. Sono contento e ringrazio della buona collaborazione i diversi gruppi: cinque ministri straordinari dell’Eucaristia, il gruppo di venticinque catechisti, il gruppo Caritas, il gruppo S. Rocchino, il coro parrocchiale, gli scout AGESCI, il circolo ANSPI, i volontari della Misericordia, il gruppo degli amici di Medjugorje.

In questo anniversario mi è anche caro ricordare le parole dell’Apostolo Paolo: «Ti ricordo di ravvivare il Dono di Dio che è in te», il dono del Sacerdozio conferito con l’imposizioni delle mani. È un dono che si ravviva riscoprendo ogni giorno di essere conformati a Cristo, per il bene dei fratelli: celebrando l’Eucaristia, centro e cuore del ministero sacerdotale; con la preghiera quotidiana e l’Ufficio divino; con l’amore e la carità verso i poveri e i bisognosi, gli emarginati, non solo in parrocchia, ma oltre il confine della nazione, nelle zone poverissime di “Olghuin” a Cuba. È un mio sogno finire i miei ultimi anni insieme con i più poveri di Cuba.

In questi 50 anni di sacerdozio ho capito che il Sacerdote è l’uomo dell’ascolto. La gente ha bisogno di una buona parola, di essere incoraggiata, sostenuta, confortata, benedetta. Sì, Benedetta: perché il Sacerdote “Alter Christus” benedice, cioè “dice bene” di ogni persona, perché amata da Dio. Penso, però, che il segreto che ha animato e sostenuto giorno dopo giorno la mia vita sacerdotale, sia stata la profonda vicinanza con Cristo, amico, compagno, sposo.

Infine ho un ringraziamento particolare per Maria, perché il mio Sacerdozio lo devo a Lei. Il mio stile sacerdotale è mariano, tanto che ho affidato a lei il mio incarico di parroco a Seano considerandomi suo umile cappellano. Conoscendo i miei limiti e difetti, chiedo perdono a Dio e a tutti, per quello che avrei potuto fare e non ho fatto. Nonostante siano passati 50 anni di vita sacerdotale, non posso ammainare le vele: c’è ancora tanto da fare per il Regno di Dio; non mi è permesso perdere tempo, urge fino all’ultimo respiro servire i fratelli.
In questo anniversario canto con voi il mio Magnificat e dico grazie, indistintamente, a tutti voi per l’affetto, il sostegno, il conforto che mi avete dimostrato nel mio ministero pastorale. Davanti al Signore e alla Chiesa, rinnovo le promesse dell’Ordinazione Presbiterale e, attraverso le mani di Maria, il mio «sì» di fedeltà al Sacerdozio Ministeriale. “Ad multos annos”.

25° anniversario. Don Adam Tabieszwski

La vocazione di Don Adam è nata all’interno della sua famiglia, che gli ha consegnato una grande testimonianza di vita cristiana, ma che è stata poi rafforzata grazie alla partecipazione ad alcune organizzazioni cattoliche.
Don Adam proviene dalla Polonia ed è arrivato in diocesi ai tempi del Vescovo Simone Scatizzi. Nel 2001 il vescovo lo inviò a Capraia Fiorentina per accompagnare l’attività del parroco Don Pudlo Wieslaw. Don Adamo ha quindi svolto servizio per qualche mese presso la parrocchia di San Pierino Casa al Vescovo. Dal 16 ottobre 2002 svolge il suo servizio sacerdotale a Popiglio. Attualmente è parroco di quella comunità come delle parrocchie della Lima e di Lizzano.
Don Adamo ricorda con grande commozione il primo incontro con papa Giovanni Paolo II a Lublino in Polonia, nel periodo in cui era ancora seminarista. In quell’occasione lo aveva colpito il grande raccoglimento del papa nella preghiera; «osservandolo – afferma don Adamo- sembrava proprio che in quel momento tutto il mondo gli fosse presente nella preghiera».
Più recentemente don Adamo ha anche incontrato Papa Francesco a Santa Marta il 16 febbraio scorso, quando ha potuto ricordare la ricorrenza del suo 25° anniversario sacerdotale. In quella circostanza Papa Francesco gli ha dato la sua benedizione ringraziandolo inoltre dei libri che gli aveva donato.
Daniela Raspollini




I cattolici in politica secondo Mons. Tardelli

CATTOLICI IN POLITICA: IL BENE INTEGRALE DELLA PERSONA AL CENTRO DI UN RINNOVATO IMPEGNO

Una riflessione a tutto campo del vescovo di Pistoia. Criticità, punti fermi e proposte per una stagione complessa ma stimolante.

Il card. Bassetti, presidente della CEI, ha rivolto recentemente un appello all’impegno politico dei cattolici.
Lo aveva già fatto in altre occasioni e ritengo che vada preso molto sul serio. Mi domando però se nei cattolici italiani ci siano oggi punti di riferimento chiari, tali da motivare e dare sostanza al loro impegno politico. Mi domando quali siano, ma anche quali dovrebbero essere. Non credo che il problema stia nel fatto che si consideri la politica in se stessa qualcosa di “sporco” da cui il cristiano dovrebbe stare alla larga. Semmai c’è un giudizio negativo sulla politica praticata dai politici, ma questo è un discorso diverso.

Il problema mi pare invece un altro: ci sono ancora dei cattolici che sappiano cosa voglia dire esserlo? Ci sono ancora cattolici che abbiano un pensiero politico coerente e -cosa altrettanto importante- sappiano leggere la realtà alla luce di quel pensiero, trovando soluzioni politiche praticabili, offrendo inoltre una credibile testimonianza personale?

Non mi pare nemmeno del tutto vero che chi va in chiesa o almeno fa in qualche modo riferimento alla chiesa, si disinteressi di politica o non esprima col voto le sue idee. La maggior parte se ne occupa eccome di politica, e vota. Altrimenti non avremmo certi risultati elettorali, sia riguardo le amministrazioni locali oppure il governo del paese, con queste percentuali di affluenza alle urne. Forse qualcuno pensa che i cattolici si siano astenuti in massa o che non abbiano contribuito all’incremento dei partiti e delle coalizioni che hanno avuto più voti nell’ultima tornata elettorale?

COERENZA TRA IMPEGNO POLITICO E CRISTIANO

Il problema dunque è un altro: cioè che cosa si vota, quali scelte politiche si fanno e soprattutto sulla base di che cosa si sceglie. È quello cioè, della coerenza tra fede e scelte politiche; tra convinzioni di fede e impegno politico, dove il primo problema, a mio parere, è proprio la fede e le convinzioni di fede: dove sono? Quali sono?
C’è anche un altro elemento da non sottovalutare e da interpretare: un certo scollamento tra i sentimenti e le scelte politiche della maggioranza dei cattolici e quelle rappresentate dal cosiddetto “cattolicesimo democratico”. Sembra che la base cattolica non si ritrovi in quelle linee. Il grande Papa Paolo VI, nella Octogesima Adveniens, al n. 46 diceva che «La politica è una maniera esigente – ma non è la sola – di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri» e aggiungeva che «i cristiani, sollecitati a entrare in questo campo di azione, si sforzeranno di raggiungere una coerenza tra le loro opzioni e l’evangelo e di dare, pur in mezzo a un legittimo pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini». Per i cattolici italiani però, cosa significa «impegno cristiano al servizio degli altri»? Cosa vuol dire «coerenza tra le opzioni e l’evangelo»? Più in generale: cosa dovrebbe caratterizzare l’impegno politico dei cattolici? Personalmente, ho come l’impressione che non lo si sappia o che in merito regni una grandissima confusione. Un po’ per la complessità della situazione e la difficoltà a leggere con obiettività la realtà, un po’ e soprattutto, per la confusione che regna sull’identità cattolica. Forse anche per quello scollamento a cui facevo riferimento, tra la base del popolo cristiano e le istanze del “cattolicesimo democratico” che hanno caratterizzato per lungo tempo l’impegno dei cattolici.

Potrebbe venirci in aiuto la “Nota della Congregazione per la Dottrina della fede circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica” del 2002, a firma dell’allora cardinale Ratzinger. In essa si afferma che: «i fedeli laici si devono impegnare a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune, partendo da una retta concezione della persona. Su questo principio – testuali parole- l’impegno dei cattolici non può cedere a compromesso alcuno, perché altrimenti verrebbero meno la testimonianza della fede cristiana nel mondo e la unità e coerenza interiori dei fedeli stessi».

La nota suddetta esemplifica che cosa significhi «retta concezione della persona» e quali conseguenze “politiche” comporti la sua centralità. Riporto qui solo alcuni brani del testo come promemoria, rinviando a una lettura personale integrale. «Quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, eccezioni o compromesso alcuno, allora l’impegno dei cattolici si fa più evidente e carico di responsabilità.

Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, infatti, i credenti devono sapere che è in gioco l’essenza dell’ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia; il caso del rispetto e della protezione dei diritti dell’embrione umano; della tutela e della promozione della famiglia, fondata sul matrimonio e diversa da ogni altra forma di convivenza; il caso ancora della libertà di educazione dei genitori; quello della tutela sociale dei minori e della liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù; quello del diritto alla libertà religiosa; quello dello sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà; il caso infine della promozione della pace. Non si tratta di per sé di “valori confessionali”, poiché tali esigenze etiche sono radicate nell’essere umano e appartengono alla legge morale naturale».

La nota riconosce poi la legittimità di un certo pluralismo nelle scelte politiche. «Dalla concretezza della realizzazione e dalla diversità delle circostanze scaturisce generalmente la pluralità di orientamenti e di soluzioni che debbono però essere moralmente accettabili».

IL BENE INTEGRALE DELLA PERSONA

Osservando con attenzione quanto si afferma nella nota, si può ben vedere come tutto ruoti attorno alla difesa e alla promozione del valore della persona umana, a qualsiasi razza o cultura appartenga, senza discriminazioni di sorta, a partire da coloro che sono più svantaggiati e dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Una persona che è considerata intrinsecamente aperta alla trascendenza e agli altri; che comprende la dualità uomo e donna e quindi l’istituto familiare; che ha come connotato imprescindibile la libertà ma anche la responsabilità; che si realizza nella società anche se ha un destino eterno; una persona che ha diritti universali inalienabili, insieme a precisi doveri di rispetto di sé e degli altri, doveri cioè di solidarietà sociale. L’insieme di tutti questi elementi viene a delineare quello che nell’ambito della Dottrina sociale della chiesa è chiamato il “bene comune”.

Sorgono però subito un paio di problemi piuttosto grossi: il primo, che è dirimente, prende corpo in una domanda molto semplice: i cattolici condividono le affermazioni della nota e il suo impianto antropologico? C’è un comune sentire nel merito? C’è convergenza? Non vorrei sbagliarmi ma credo proprio di no. È difficile allora andare da qualche parte, se non si condivide la meta. Se le cose stanno così, anche se dispiace ammetterlo, ciò è dovuto in gran parte al fatto di aver buttato al macero la Dottrina sociale cristiana o – cosa non meno grave – di averla intesa solo come progetto politico. È da tempo che non si cerca di elaborare un pensiero sociale ispirato al Vangelo, ma esso non può nascere che come efflorescenza dell’incontro vivo e vivificante con Cristo, come pienezza di vita in Cristo. È questa la proposta che spesso manca nelle nostre parrocchie e di lì tutto il resto. Soprattutto difficilmente si trova quella formazione permanente, individuale e comunitaria alla vita in Cristo, che è la sola capace di generare prospettive convincenti anche di dedizione all’impegno politico per il bene comune.

Il secondo problema non è meno serio del primo e riguarda l’impostazione dello stesso impegno politico. La nota pone le questioni in termini validi ma piuttosto astratti, deduttivi. In un modo un po’ datato, direi. Oggi si ragiona diversamente e il consenso ricevuto da certe forze politiche lo dimostra. Oggi si parte dal concreto, da quel che si aspettano le persone, cercando quindi risposte ai loro problemi. Per fare politica, in effetti, non si può che partire misurandosi con la realtà, essendo capaci prima di tutto di leggere la società senza abbagli o “occhiali” ideologici.

A mio modesto parere, l’insuccesso elettorale di certe forze politiche è dovuto principalmente all’incapacità di leggere in profondità la realtà, i reali bisogni della gente e i cambiamenti in atto. E il cattolico? Ebbene, da una parte dovrebbe essere in grado di leggere la realtà, intercettando i bisogni reali delle persone, le paure, le ansie, le attese e i sogni; dall’altra, riuscire a dimostrare come quella visione dell’essere umano, della persona e della società, diciamo pure quell’orizzonte antropologico che porta con sé e che gli viene da una ragione illuminata dalla fede, non è astrazione ma luce fondamentale ed efficace, nonché istanza critica del presente, per trovare risposte concrete ai bisogni dell’oggi, nella prospettiva di un futuro migliore. La conclusione del ragionamento fatto fin qui potrebbe essere amara. Se, infatti, da una parte mettiamo l’inconsistenza dell’identità cattolica con relativa confusione nel definirla e dall’altra poniamo l’incapacità di misurarsi davvero con la realtà e non solo con le mode del momento, resta compromessa la possibilità di qualsiasi impegno politico.

UNA NUOVA STAGIONE DI ASCOLTO

Mettiamo allora i remi in barca e chi s’è visto s’è visto? Direi proprio di no. Con molta pazienza e umiltà, credo dovremmo innanzitutto pensare in termini di lungo periodo. Nell’immediato sarebbe già tanto se i cattolici che militano in politica, sia a livello locale che nazionale, riuscissero ad essere critici dall’interno, senza appiattirsi sui luoghi comuni o sugli slogan degli schieramenti a cui si decide di appartenere. Dovremmo poi provare ad ascoltarci e a parlarci liberamente e tranquillamente, pur da versanti opposti, per riscoprire ciò che accomuna i cattolici che vogliano essere tali; tentando di confrontarsi su di una lettura senza pregiudiziali, la più oggettiva possibile, dei fatti, dei problemi, delle attese e delle paure della gente. Partendo intanto col misurarsi, per esempio, su quanto è avvenuto con le ultime elezioni e il governo che ne è venuto fuori. Di primo acchito si potrebbe parlare di un trionfo dell’egoismo, dell’individualismo, della chiusura agli altri. E in gran parte è vero. Non mi pare però azzardato ritenere che al fondo si è manifestato soprattutto un disagio, un malessere, un rifiuto e una voglia di cambiamento che ha coinvolto anche le nuove generazioni e che andrebbe analizzato con attenzione.

È innegabile la dimensione di protesta e il desiderio di provare qualcosa di nuovo del voto del 4 marzo con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi. Però la protesta, lo sconforto, la rabbia, la ricerca di un cambiamento non si possono liquidare facilmente. Sarebbe un grave errore. Non è certo facile interpretare il disagio, la rabbia, la protesta e le aspettative. Dobbiamo però ugualmente interrogarci sulle cause. È una situazione indotta dai mezzi di comunicazione che amplificano e deformano? È la corruzione che, almeno secondo i media, appare dilagante? È la sensazione di insicurezza o la insicurezza reale? È la mancanza di lavoro o l’enorme precariato diffuso oppure ancora il debole sostegno alle famiglie con figli? Forse, perché no, il disagio è provocato anche dall’essere dentro una società liquida, senza punti di riferimento, dove si propugna come un bene la liquidazione di ogni identità, in un relativismo che confonde ogni cosa? E dove forse anche l’accoglienza è intesa da alcuni come negazione del valore della propria identità? Forse c’è anche nausea per le burocrazie europee che non risolvono i problemi? Forse, ancora, si reagisce al fatto che una certa parte politica ha spesso guardato dall’alto in basso il popolo ignorante, rivendicando per sé una superiorità ideale e morale che umilia e provoca?

Tante domande con poche risposte; però non possiamo eluderle. È urgente rifletterci sopra, perché la storia ci insegna che dal non ascoltato disagio delle popolazioni, snobbato, non preso in seria considerazione, spuntano sempre prima o poi scelte autoritarie, che magari avranno il volto cibernetico e affascinante di un algoritmo, ma non per questo meno pericolose e distruttive. Non basta però confrontarsi sulla realtà. Anche se, in questo momento, riuscire ad ascoltarsi e a parlarsi sarebbe già un bel contributo alla nostra povera Italia che rischia di deflagrare in una guerra di tutti contro tutti. Occorre anche, insieme, mettersi con serietà ad approfondire la Dottrina sociale della chiesa, evitando però il rischio di una sua lettura ideologica. La Dottrina sociale infatti è Vangelo vissuto e pensato, lievito dentro la realtà sociale. Poi si dovrebbe tentare di individuare risposte concrete sulla base di uno studio serio dei problemi e di un’altrettanta seria conoscenza e pratica del Vangelo di Gesù.

La stagione che stiamo vivendo credo in ogni caso che sia stimolante per la Chiesa, perché la stimola a rivedere le priorità della sua azione pastorale. Un’azione pastorale che sia quindi centrata per davvero sull’annuncio di Cristo morto e risorto e sulla vita nuova in Cristo, secondo lo Spirito; che valorizzi i carismi di tutti senza elitarismi e nello stesso tempo spinga a “pensare” la società e il mondo nell’orizzonte di un’integrale antropologia cristiana, unendo a questo “pensiero” la pratica dell’attenzione e del servizio alle persone, a partire da quelle più deboli. In questo modo potrebbe davvero sorgere col tempo una nuova bella stagione di impegno politico dei cattolici, capace di catalizzare le forze e i sogni di tanti uomini e donne di buona volontà, liberi e forti. Ce lo auguriamo.

+ Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia

Scarica il testo completo (pdf).




In Italia crescono dipendenze e consumo di droga

Il 26 giugno è la giornata mondiale contro la droga. Il CEIS di Pistoia, da decenni impegnato nel contrasto alle dipendenze e in percorsi di accompagnamento e recupero, rilancia il comunicato redatto dalla FICT (Federazione Italiana Comunità di Recupero) per questa giornata di sensibilizzazione.

«Secondo la relazione europea sulla droga 2018, l’Italia è il terzo paese europeo per uso della cannabis e ottiene il quarto posto per l’uso di cocaina. I dati dell’Osservatorio europeo corrispondono purtroppo alle stime rilevate dall’Osservatorio dati dei Centri federati alla FICT nell’anno 2017: su oltre 9.858 persone accolte, circa il 50% degli ospiti risulta aver iniziato con la cannabis, circa il 24% con la cocaina, a seguire  l’eroina e altre sostanze…».

«Tutti gli esperti del settore – afferma Luciano Squillaci, Presidente FICT – manifestano una crescente preoccupazione verso il mondo digitale ed il mercato online perché difficilmente controllabile: sono 270 mila ragazzi a rischio dipendenza da internet. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ultimamente, ha riconosciuto ufficialmente la dipendenza da videogame come una patologia:  il “gaming disorder”,  il quale  è stato inserito nel capitolo sulle patologie mentali. I più coinvolti sono gli adolescenti dai 12 ai 15, 16 anni.

 Corriamo il pericolo di non saper leggere e monitorare il disagio dei nostri ragazzi con una politica che sembra abbia abdicato al proprio ruolo, normalizzando l’abuso di sostanze e le dipendenze come un male necessario del nostro tempo, magari costruendoci sopra business interessanti, come nel caso del gioco d’azzardo.

Strategie politiche inesistenti, problemi di budget che rendono difficoltoso il diritto alla cura (solo l’11% dei tossicodipendenti hanno la possibilità di accedere ad una comunità terapeutica), investimenti nella prevenzione ridotti zero.

Ci vuole una scelta coraggiosa, – afferma Squillaci – che rimetta al centro del dibattito la persona con i suoi bisogni. È necessario che il Governo nazionale e quello regionale si prendano realmente carico del problema, con investimenti adeguati al reale fabbisogno, a cominciare dai percorsi di prevenzione strutturati all’interno delle scuole e nei luoghi di aggregazione giovanili. Occorre fermarsi e ridisegnare il modello, innovare, ricostruire il sistema di cura, fondando gli interventi sulle evidenze scientifiche che in questi anni sono state validate, uscendo dalle logiche auto-riproduttive e salvifiche ormai appartenenti ad un passato remoto. Ed occorre farlo subito».

 «Fino a 30 anni fa -dice Squillaci- ancora si parlava di eroinomani, persone che volevano stare “fuori dal gruppo”. Poi, dagli anni ‘90, abbiamo avuto la diffusione della cocaina e delle droghe “ricreative”, quelle che servivano per uno scopo opposto, che miglioravano la perfomance, e consentivano di “stare nel gruppo”.

Negli ultimi 15 anni abbiamo: da una parte, il boom delle NPS (nuove sostanze psicoattive), delle droghe sintetiche, degli psicofarmaci; e dall’altra l’aumento esponenziale delle dipendenze “comportamentali”, quelle senza sostanza, come il gioco d’azzardo o le psicosi da internet dipendenza. Eppure, nonostante questa costante evoluzione, il sistema italiano di contrasto e cura è rimasto fermo al modello classico, pensato e costruito per l’eroina, disegnato da una normativa, il DPR 309/90, di quasi 30 anni fa. Non è un caso che sui 140mila tossicodipendenti in trattamento, 120mila abusano di eroina quale sostanza primaria. Il nostro modello di cura, ormai vetusto e ancora fondato sulla sostanza, invece che sulla persona, non è più capace di rispondere con efficacia ad un’epidemia in preoccupante e costante aumento. È come se si volesse curare ancora oggi la tubercolosi con i sanatori, o la peste con i salassi».

Info: comunicazione@fict.it

(comunicato)




Carmignano: partono i lavori di messa in sicurezza del loggiato

CARMIGNANO – «Dopo il fermo decretato dalla Magistratura per consentire le sue indagini in merito alla responsabilità dell’evento, i lavori di messa in sicurezza definitiva del loggiato e della chiesa di San Michele sono partiti oggi, su iniziativa della Soprintendenza competente e dopo la messa in sicurezza provvisoria inizialmente realizzata dal Comune. In tempi davvero veloci sarà presto riaperto l’accesso nella chiesa dal portone principale: questo è solo il primo passo per il recupero dell’intero loggiato». Così don Cristiano D’Angelo, amministratore parrocchiale della chiesa di San Michele di Carmignano il cui portico venne distrutto la mattina dello scorso 4 giugno da un grosso automezzo di ALIA in fase di manovra. Il sacerdote tiene anche a «ringraziare la società assicuratrice per la disponibilità dimostrata in tutta questa vicenda».

Don Cristiano, parroco a Bonistallo di Poggio a Caiano e vicario foraneo di zona, è stato da poco nominato dal vescovo di Pistoia “amministratore parrocchiale” di San Michele a Carmignano. «Sono davvero lieto per questo inizio di lavori – commenta don D’Angelo– che vedo anche come un significativo segno di speranza per l’intera comunità e per un edificio sacro così prezioso e sempre più destinato, nell’immediato futuro, a testimoniare valori evangelici e francescani in un contesto che ne ha bisogno estremo».




Un nuovo gioiello di arte e fede nel cuore della città

Sabato 30 giugno sarà inaugurata la nuova chiesa Maria Madre Nostra del Centro MAiC di Pistoia. All’interno i mosaici e le pitture di Padre Marko Ivan Rupnik.

Una nuova chiesa interamente decorata con mosaici, pitture e vetrate è il cuore del Centro di Riabilitazione della Fondazione MAiC di Pistoia recentemente ampliato e rinnovato per intero.

La nuova chiesa, che sostituisce un più piccolo oratorio annesso al vecchio Centro, è un’aula unica orientata secondo la direttrice di via don Bosco, ed è in grado di ospitare più fedeli, con la possibilità di ampliare lo spazio grazie a grandi porte a vetri sul lato sinistro. L’aula è un ambiente privo di barriere architettoniche, impreziosito da una decorazione di grande bellezza e suggestione. La nuova chiesa diventa il punto di riferimento per l’intera attività della Fondazione, perché la sua presenza sottolinea il valore della dimensione spirituale in un cammino di riabilitazione integrale.

Nella chiesa, inoltre, si svolgerà l’attività liturgica dell’Associazione Maria Madre Nostra, sorta nel 2004 per volontà di don Renato Gargini, fondatore, animatore e assistente spirituale dell’odierna Fondazione MAiC. L’associazione Maria Madre Nostra ha interamente finanziato la decorazione e gli arredi liturgici, nell’intento di offrire a ragazzi disabili, a familiari, volontari e fedeli un ambiente bello e raccolto, capace di guidare alla preghiera e alla contemplazione.  L’associazione, infatti, è sorta all’interno del Centro MAiC come organizzazione di volontariato ed è riconosciuta dal vescovo di Pistoia quale organizzazione privata di fedeli che ha lo scopo di sostenere, in ogni forma, i percorsi di vita delle persone con disabilità, attraverso attività di tipo catechistico, liturgico, assistenziale, formativo di giovani volontari.

La decorazione è stata affidata a padre Marko Ivan Rupnik, gesuita sloveno, teologo docente alla Pontificia Università Gregoriana, nonché artista di fama internazionale. Sono suoi, ad esempio, i mosaici con i misteri della Luce realizzati per l’esterno della Basilica del Santuario di Lourdes, ancora suoi quelli che decorano la grande aula liturgica del Santuario di Fatima e, più vicino a noi,  il ciclo realizzato per la Basilica di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo.

L’arte di Rupnik è ormai una cifra universalmente apprezzata, capace di coniugare riferimenti alla tradizione orientale e medievale, con la modernità di un linguaggio decorativo che richiama l’astrazione. Una teologia per immagini capace di parlare a tutti, nonostante la ricchezza di riferimenti e la profondità di senso delle immagini. A Pistoia Rupnik ha realizzato in mosaico tre scene che accompagnano lo spazio presbiterale: Gesù Crocifisso, raffigurato in veste di sacerdote accompagnato dalla Vergine Maria/Chiesa che raccoglie  e offre il calice con il sangue del Figlio e l’Assunzione della Vergine Maria, nella versione iconografica orientale e medievale che prevede la dormizione della Vergine. L’anima di Maria, giunta al termine della sua vicenda terrena, è infatti accolta in aspetto di bambina dal Figlio. Infine, l’artista e la sua equipe, hanno realizzato una discesa agli inferi, in cui Cristo risorto sottrae dalle fauci della morte i progenitori.

Lungo la parete destra è raffigurata in pittura a monocromo una Madonna della tenerezza in piedi, e sulla parete di fondo, che sarà presto arricchita da una grande organo donato da Mons. Umberto Pineschi, è raffigurata, sempre a monocromo, la Parusia, cioè il ritorno glorioso di Cristo, alla presenza di santi significativi per la realtà dell’Associazione Maria Madre Nostra, tra cui Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), San Giovanni Paolo II, i Santi pastorelli di Fatima Giacinta e Francesco e il servo di Dio Giorgio la Pira.

Tutti i lavori, parzialmente realizzati nell’atelier del Centro Aletti di Roma, sono stati diretti da Marko Ivan Rupnik e dalla sua equipe di collaboratori e portati a termine in breve tempo attraverso un sapiente lavoro di squadra. Gli artisti, che all’opera ricordano una bottega medievale, condividono con Padre Rupnik un vero e proprio cammino di fede, conducendo vita in comune e sperimentando un originale sodalizio artistico e spirituale.

Rupnik e i suoi collaboratori hanno anche realizzato l’altare, l’ambone, le panche e gli altri arredi liturgici, completando un ambiente unitario e coerente, liturgicamente fondato e funzionale.

La mattina di Sabato 30 giugno sarà interamente dedicata all’inaugurazione della chiesa. Alle ore 9.30 è previsto il taglio del nastro alla presenza delle autorità, alle 10.30 la messa presieduta dal vescovo di Pistoia Fausto Tardelli, durante la quale sarà benedetta la chiesa e consacrato l’altare. Concelebrerà la santa Messa anche il vescovo di Pescia Mons. Roberto Filippini. Dopo la celebrazione seguirà un aperitivo. Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15.30, la chiesa sarà aperta all’intera cittadinanza per visite guidate gratuite offerte dai giovani volontari dell’associazione Maria Madre Nostra.

Con l’inaugurazione della nuova chiesa è ormai definitivamente chiuso il cantiere del nuovo Centro “fratelli Carrara” della Fondazione Maria Assunta in Cielo. I lavori, avviati nel 2009 con la posa della prima pietra alla presenza di don Renato Gargini e del compianto vescovo Mons. Mansueto Bianchi, consegnano alla città una realtà unica e vivace, che attraverso la bellezza delle forme e degli ambienti vuole aiutare a scoprire e apprezzare la bellezza preziosa di tanti fratelli e sorelle più deboli e fragili.

(comunicato)




Giovani in cerca di annunciatori credibili

Daniele Masciotra è animatore dell’oratorio parrocchiale di Oste (Montemurlo). Da anni è impegnato in parrocchia nella Caritas e nella catechesi. A lui abbiamo rivolto alcune domande sulla realtà giovanile.

Quali sono, a tuo avviso, le problematiche più diffuse legate al mondo dei giovani?

Il mondo giovanile è una realtà molto importante sulla quale le comunità civili e religiose, a mio avviso, devono investire sempre di più cercando di collaborare insieme per garantire una crescita ed una formazione adeguate alle nuove generazioni.

Spesso, purtroppo, i giovani di oggi sono sfiduciati nei confronti del loro avvenire, oppure vivono alla giornata senza nutrire sogni e progetti per il futuro.

È proprio vero, in riferimento ad un recente libro dedicato ai giovani, che..”piccoli atei crescono”?

Dal punto di vista spirituale, la sempre più scarsa frequenza al catechismo e ai gruppi giovanili, e la scelta di non seguire più l’ora di religione a scuola, è indice di come la componente religiosa nei giovani sia sempre meno diffusa. In questo ritengo che un ruolo fondamentale lo ricopra la famiglia che dovrebbe incoraggiare i ragazzi a fare esperienza di fede nei gruppi parrocchiali; invece spesso ci troviamo davanti ragazzi che vivono disagi, fragilità, rabbia perché spesso sono le prime vittime di situazioni familiari difficili, di emarginazione fra gli amici e a scuola…

Che cosa hai imparato dopo tanti anni di attività oratoriale in parrocchia?

Nella mia ventennale esperienza con i giovani in parrocchia, sia nei gruppi giovanili, che nell’attività oratoriale durante l’estate, ho imparato quanto siano importanti la presenza di figure che stiano con loro; i giovani hanno bisogno di modelli concreti e non virtuali, hanno bisogno di scoprire che al giorno d’oggi il reale è più bello del virtuale, hanno bisogno di qualcuno che si occupi di loro anche al di fuori della famiglia e della scuola; e questo spesso nelle parrocchie è possibile grazie alla presenza di educatori, animatori, catechisti che dedicano con generosità ed amore il proprio tempo al servizio dei ragazzi, mettendosi in gioco per loro, talvolta anche arrabbiandosi o correndo il rischi di essere defusi, ma senza smettere mai di amarli. I giovani hanno bisogno di esempi sani, di punti di riferimento. È importante saperli ascoltare, senza banalizzare i loro problemi, ma aiutarli a vedere la vita da più punti di vista. I giovani hanno bisogno di incontrare Gesù, di conoscerlo, di farne esperienza, di saperlo riconoscere nella vita quotidiana.

Ci sono delle figure alle quali oggi i giovani possano far riferimento?

La società di oggi spesso presenta ai ragazzi figure di riferimento non sempre positive; io negli ultimi tempi ne ho conosciuta una, ed è il servo di Dio Carlo Acutis, un giovane morto nel 2007 a 15 anni che nella sua breve vita ha saputo essere un testimone di Gesù per tutti coloro che lo hanno conosciuto, pur vivendo la vita di un normale ragazzo del suo tempo. L’eredita spirituale che il giovane Carlo ha lasciato, ne fa tutt’oggi un modello da seguire per giovani ed adulti. Per Carlo Acutis è già iniziato il processo di beatificazione. Inoltre voglio suggerire anche la figura di don Bosco che è sicuramente una di quelle da cui gli animatori di oggi possono attingere per vivere il loro servizio nei confronti dei giovani.

Che cosa ti sentiresti di consigliare a chi si trova a lavorare con i giovani?

Stare con i giovani è una scuola che non finisce mai; non si smette mai di imparare e di ricevere; richiedono tanta energia, la capacità di aggiornarti sempre per parlare con i loro linguaggi, ma sanno anche darti tanto.

Secondo me, l’importante è seminare; non è detto che saremo noi a raccogliere i frutti, ma l’importante è continuare a seminare.

Preghiamo affinchè il prossimo sinodo dei giovani sia una buona occasione guidarci come Chiesa nel dialogo con le nuove generazioni, e ci renda credibili annunciatori e testimoni della Buona Novella.

Daniela Raspollini




Vinci, nuova vita per la pieve di Sant’Ansano

VINCI – Sabato 23 giugno riaprirà finalmente ai fedeli e al pubblico la storica pieve di San Giovanni Battista a Sant’Ansano in Greti, antica chiesa romanica situata nel Comune di Vinci, chiusa dal marzo del 2012 perché a rischio crollo. La chiesa è stata oggetto negli ultimi anni di un lungo e articolato intervento di restauro, reso possibile grazie alle risorse messe a disposizione dalla Conferenza Episcopale Italiana dai contributi dell’8×1000, per tramite dell’allora vescovo di Pistoia Mons. Mansueto Bianchi con 145mila euro; dal Comune di Vinci, con 50mila euro, e dal Mibact che, attraverso il più importante piano antisismico finora finanziato sul patrimonio culturale statale, ha stanziato solo per la Pieve vinciana 266.737 euro. Il progetto di riqualificazione è stato messo a punto dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato, in particolare dall’architetto Gabriele Nannetti, funzionario della Soprintendenza, a cui è stata affidata anche la direzione dei lavori. C’è stato anche il prezioso contributo delle famiglie della parrocchia, in particolare le famiglie Desideri, Conti, Lombardi Romana che hanno donato un nuovo organo a tre tastiere, e poi dell’associazione Sant’Ansano e delle ditte Computer Gross, Inpa e Alex&Co, che hanno dato un contributo per il restauro degli arredi. Il primo intervento portato a termine ha riguardato il consolidamento statico della chiesa, attraverso elementi di rinforzo, palificazioni e un muro di contenimento in cemento armato, che hanno consentito di arginare il dissesto del versante franoso adiacente all’abside e rendere stabile la chiesa. Successivamente, si è passati al consolidamento definitivo delle strutture fondali e dell’apparato murario. Le strutture murarie sono state riqualificate attraverso opere di legatura e ritessitura e con l’applicazione di bande in fibra di carbonio. Infine, è stato consolidata e restaurata la copertura absidale, ripristinate le superfici interne a intonaco e restaurate le pavimentazioni.

«Sabato 23 giugno – afferma il vescovo di Pistoia, Mons. Fausto Tardelli – sarà un giorno particolarmente lieto per la vitale comunità di Sant’Ansano e per tutta la diocesi. Questo restauro è un caso particolarmente felice, perché mostra chiaramente che instaurando rapporti di stima e collaborazione, e unendo le forze, si possono raggiungere ottimi risultati. Ancora non tutto è perfetto: alcuni interventi sono in divenire, ma ora la chiesa può essere di nuovo officiata e tornare alla sua funzione. La pieve torna a essere punto di riferimento per la comunità di Sant’Ansano che può nuovamente viverla, così come hanno fatto i suoi predecessori che per secoli in questo edificio antichissimo hanno pregato nelle occasioni liete e in quelle tristi, riconoscendosi come comunità nella fede, in un edificio che davvero non è fatto solo di pietre. Insieme alle antiche e stupende chiese romaniche della città di Pistoia, la Pieve di S. Ansano con qualche altra sparsa nel territorio diocesano, testimonia la secolare fecondità della fede cristiana e la sua capacità di suscitare una singolare bellezza, che parla anche all’uomo di oggi. Vorrei rivolgere anche un ringraziamento prima di tutto a tutti coloro che hanno scelto di devolvere il loro 8 x mille alla Chiesa Cattolica, e poi alla Conferenza Episcopale Italiana, che ha assegnato per questo intervento una cifra davvero ingente senza la quale non si sarebbe potuto completare il restauro».

«È una grande gioia aver ritrovato l’antica pieve dopo 5 anni di lavori per il restauro – commenta Monsignor Renato Bellini, parroco di Vinci – Una chiesa affascinante, per gli occhi e per il cuore, da guardare e da respirare per quanto è bella. Ha sempre rappresentato un punto di riferimento per le parrocchie dei dintorni perché fa da collante per la comunità. Una comunità che è ancora oggi solida, accresciuta e che si sta rinnovando, grazie all’arrivo dei giovani che hanno rivitalizzato il paese. Le celebrazioni che si faranno nella nuova pieve aiuteranno a crescere in armonia e integrazione tra le tante famiglie presenti. Ringrazio il Comune di Vinci, la Soprintendenza di Firenze, la CEI, le ditte, gli operai e tutte le persone che sono affezionate alla pieve e che si sono sempre messe a disposizione per collaborare».

«La riapertura al culto e più in generale al pubblico dei visitatori della più che millenaria pieve di San Giovanni Battista a Sant’Ansano in Greti – ha affermato soddisfatto l’assessore alla cultura del comune di Vinci Paolo Santini – ci riempie di autentica gioia. I lavori di consolidamento strutturale e di restauro hanno avuto una lunga durata, tuttavia interventi epocali come questo – sicuramente l’intervento più significativo dopo i grandi restauri effettuati dal 1942 al 1970 – richiedono studio preliminare approfondito, progettazione accurata, supervisione competente e soprattutto tempo e maestranze qualificate. Tutti questi fattori combinati insieme possono dare grandi risultati, come è accaduto a Sant’Ansano. E la collaborazione, anche economica – ha proseguito Santini – fra enti coinvolti e proprietà, fra il Comune di Vinci, la Diocesi di Pistoia, il Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo con la soprintendenza competente, la conferenza episcopale italiana, stavolta ha davvero prodotto un ottimo risultato finale, riconsegnando ai fedeli e alla comunità intera, non solo vinciana, un gioiello architettonico romanico dalle caratteristiche uniche anche in Toscana e uno scrigno di tesori d’arte assolutamente straordinario. Adesso l’auspicio – ha concluso l’assessore vinciano – è che possiamo trovare tutti insieme le modalità più adeguate per inserire la pieve di Sant’Ansano nel circuito museale dei beni culturali vinciani, assicurando, a chi lo vorrà, di poter visitare un complesso architettonico dall’enorme valore storico».




Due giorni del clero

Un momento di fraternità per raccontarsi e condividere fatiche, attese e prospettive future della Diocesi di Pistoia

Martedì 19 e Mercoledì 20 Giugno prossimi presbiteri e diaconi della Chiesa di Pistoia saranno  impegnati nella due giorni del clero che quest’anno si svolgerà presso la struttura diocesana “La Palazzeta – Casa per Ferie” in località La Mazzanta a Cecina (Li).

La due giorni è un momento importante per fare fraternità e per riflettere sulle prospettive del cammino pastorale diocesano. Questi due giorni offriranno l’occasione di mettersi  in ascolto della vita diocesana nell’anno passato, a tutti i suoi livelli: quello personale dei ministri ordinati, quello delle parrocchie e delle comunità ecclesiali, quello della diocesi, dei vicariati e degli uffici pastorali.

Le relazioni previste nella due giorni, che affronteranno temi chiave della vita diocesana, vogliono invitare a riconoscere nelle esperienze vissute i segni dello Spirito che manda avanti la storia della Chiesa e del mondo. Mossi dalla fede siamo infatti convinti che è Lui, lo Spirito, il protagonista della vita ecclesiale e che solo imparando a riconoscere la sua voce, possiamo davvero camminare nella via del Vangelo.

I due giorni alla Mazzanta, che vedranno la guida e la compagnia del vescovo e dei confratelli, nel conforto della preghiera comune e del dialogo fraterno, permetterano al clero pistoiese di confrontarsi non solo sull’anno passato ma anche su quello prossimo, dove in modo particolare la Chiesa di Pistoia è chiamata a costruire una chiesa sempre più fraterna e missionaria, secondo le indicazioni del programma pastorale diocesano per l’anno prossimo.

(Redazione)

 




Azione Cattolica: tempo di campi estivi

Mercoledì 20 giugno un incontro in seminario aperto alle famiglie e a chi volesse saperne di più

È finalmente arrivata l’estate e per tutte le bambine, i bambini, i ragazzi e le ragazze dai 6 ai 18 anni che hanno preso parte ai cammini di Azione Cattolica, ma anche per tutti quelli che ancora non la conoscono, sta per iniziare un momento molto importante: il tempo dei campi estivi!

Non a caso l’Azione Cattolica ha deciso di chiamare il periodo delle vacanze “tempo dell’Estate Eccezionale!” perché, a contrario di quello che si può pensare, vista la pausa dalle attività di catechesi, sia parrocchiali che diocesane, per tutti gli aderenti all’associazione è proprio in estate che è possibile vivere l’esperienza di incontro, condivisione, riflessione e preghiera più profonda di tutto l’anno.

I campi estivi sono infatti delle settimane di convivenza scandite da momenti di preghiera, catechesi di gruppo, scoperta dell’altro attraverso il pensiero e il gioco; sono esperienze di conoscenza profonda del Vangelo proprio attraverso la modalità educativa evangelica per eccellenza… il vivere insieme quotidianamente.

Per permettere a tutte le famiglie una consapevolezza maggiore su quello che l’Azione Cattolica di Pistoia propone per i campi estivi 2018 è stata organizzata una serata di incontro e introduzione, nella quale sarà possibile chiedere informazioni dettagliate, conoscere tutti gli educatori e comprendere ancora meglio quali siano le attività che i partecipanti avranno modo di vivere.

Tutti coloro che sono interessati a conoscere la proposta estiva dell’Azione Cattolica di Pistoia possono venire mercoledì 20 Giugno alle 21 in Seminario (entrata Via Bindi, cancello del Giardino della casa dell’Anziano, poi procedere fino al parcheggio sul retro del giardino).

L’incontro è aperto naturalmente a tutti i genitori che vogliono iscrivere i figli ai campi, ma anche a tutte le famiglie che non hanno ancora avuto un’esperienza diretta con l’Azione Cattolica e che desiderano scoprirla. Sarà un modo per iniziare insieme questo tempo estivo e renderlo veramente eccezionale!

Calendario dei campi estivi dell’Azione cattolica di Pistoia 2018

26 Agosto – 1 Settembre Azione Cattolica Ragazzi (6-11 anni)
Località Torsoli, Greve in Chianti (FI)

30 Luglio -5 Agosto Azione Cattolica Ragazzi (12-14 anni)
Loc. Pian Degli Ontani, Cutigliano (PT)

30 Luglio -5 Agosto Azione Cattolica Giovanissimi (15-18 anni)
Loc. Pelago (FI)

Per informazioni: ac.pistoia@gmail.com




Novità nel vicariato di Quarrata

In data 9 giugno 2018, memoria del Cuore Immacolato di Maria, Mons. Vescovo ha nominato parroco «ad novem annos» della parrocchia di San Giuseppe artigiano in Violina di Quarrata, il Rev. don Roberto Razzoli, trasferendolo in pari tempo dalla parrocchia di San Germano in Santonuovo. Il predetto sacerdote mantiene invece la titolarità della parrocchia di S.Maria e Clemente in Valenzatico.

Nella stessa data Mons. Vescovo ha nominato il rev. p. Luigi Procopio C.P. parroco «ad novem annos» della parrocchia di San Germano in Santonuovo. Detto padre manterrà anche la titolarità della parrocchia di S. Giovanni Evangelista in Montemagno.

Sempre in pari data, Mons. Vescovo ha nominato parroco «ad novem annos» delle parrocchie di S.Stefano in Lucciano e di S. Michele Arcangelo in Buriano, il rev. P. Stefano Soresina C.P. che manterrà comunque anche la titolarità della parrocchia dei SS. Simone e Taddeo in Santallemura.

Le predette nomine entreranno in vigore dal 1° settembre 2018.