In preghiera per il Sinodo

Si apre oggi il sinodo dei vescovi dedicato ai giovani.

Al Sinodo (3-28 ottobre), sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, prenderanno parte 266 padri sinodali. Fra di loro anche 36 giovani tra 18 e 29 anni, scelti in rappresentanza dei diversi continenti e delle diverse categorie interessate (seminari, ordini religiosi, associazioni, pastorale giovanile).

Perché un sinodo sui giovani?

«La Chiesa – si può leggere nel documento preparatorio del Sinodo – ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi».

Perché ascoltare i giovani?

Mons. Tardelli, qualche mese fa, in un’intervista dedicata al sinodo affermava: «I giovani non sono un “problema”: sono una meravigliosa realtà di cui dovremmo esser grati al Signore e che dovremmo amare come una sua consolazione. In realtà il problema siamo noi, abbarbicati al nostro potere, alla presunta saggezza degli anni accumulati sulle spalle. In fondo, abbiamo paura che i giovani ci prendano il posto e per questo non gli diamo fiducia, dimostrando in sostanza che non li vogliamo. È così purtroppo anche per la chiesa: non sempre siamo disposti ad accoglierli e a lasciarli esprimere con il loro desiderio di vivere e di ridere, col loro modo di pensare e di sentire, accettando con buona pace che non rientrino nei nostri schemi ideologici.

Io credo che i giovani ci pongano una domanda imbarazzante: la società ci vuole? Ci amate, ci desiderate, ci rispettate?»

Con quale credibilità i vescovi possono parlare ai giovani oggi?

La chiesa degli scandali e degli abusi non chiede forse di interrogarsi in primo luogo, e con una certa urgenza, sull’identità del sacerdote in un tempo di profonda crisi? Non sarebbe stato meglio rimandare il sinodo sui giovani a tempi migliori? La proposta è arrivata dagli Stati Uniti, formulata in una lettera inviata a Papa Francesco dal vescovo di Philadelphia qualche settimana fa.
Il dubbio è legittimo, ma francamente lascia anche un po’ perplessi. Non soltanto perché il sinodo era ormai alle porte, ma anche perché al sinodo dei giovani la Chiesa arriva dopo una lunga preparazione e un coinvolgimento così diffuso che non ha molti precedenti. Il lavoro dei vescovi sarà sicuramente centrale, ma a partire da quanto gli stessi giovani hanno potuto esprimere. Nè saranno soli a comporre una sintesi e una riflessione.
Il sinodo, infatti, è la grande occasione in cui la voce dei giovani risuona con forza nella chiesa. Una voce che arriva dai giovani cattolici, ma non solo, perché – come papa Francesco ha spesso ripetuto – il sinodo è il sinodo di tutti i giovani. Che cosa hanno da dire i giovani alla Chiesa? Non sono forse, prima ancora di esserne il futuro, Chiesa anche loro?

Recentemente, al convegno regionale vocazionale toscano, don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio per le vocazioni della Chiesa Cattolica ha ricordato ai presenti l’intervento che una giovane studentessa, Martina di 24 anni, ha rivolto a Papa Francesco in occasione della Giornata dei giovani italiani. Vale forse la pena ripercorrerlo.

«Abbiamo bisogno di punti di riferimento, appassionati e solidali. Non pensa che all’orizzonte siano rare le figure di adulti davvero stimolanti? Perché gli adulti stanno perdendo il senso della società, dell’aiuto reciproco, dell’impegno per il mondo e nelle relazioni? Perché questo tocca qualche volta anche i preti e gli educatori? Io credo che valga sempre la pena di essere madri, padri, amici, fratelli…per la vita! E non voglio smettere di crederci!».

Viene da pensare che il Sinodo sia propria l’opportunità per lasciarsi scomodare da queste domande. Una chiesa fragile e incidentata, impantanata nelle polemiche e in un pensiero -e forse anche in uno zelo- troppo mondano, ha forse una buona occasione per ritrovare se stessa e le ragioni della sua missione e bellezza.

Tutti possiamo accompagnare il Sinodo con la nostra preghiera. L’ufficio di Pastorale giovanile diocesano ricorda infatti la preghiera preparata per l’occasione.




Pastorale giovanile …in cantiere!

All’inizio del nuovo anno pastorale l’equipe di pastorale giovanile diocesana si dispone all’ascolto.
Per costruire il programma di pastorale giovanile di quest’anno, infatti, vogliamo incontrare e ascoltare le varie realtà giovanili della Diocesi. Per questo vi proponiamo un incontro il cui invito è rivolto ai responsabili dei gruppi giovanili (dai 17 ai 30 anni): lunedì 8 ottobre alle ore 21.00 in Seminario a Pistoia.

Vogliamo dedicare del tempo per ascoltarci in modo tale da progettare insieme questo nuovo anno.
Grazie per la vostra presenza e collaborazione.

L’equipe di pastorale giovanile diocesana




Cosa intendi con ‘vocazione’?

Don Michele Gianola (CEI) al convegno vocazionale regionale: riscoprire il senso profondo della parola ‘vocazione’ per mettere le basi di una nuova pastorale giovanile vocazionale.

Se dico pastorale vocazionale cosa ti salta in mente? Forse niente o forse una ‘trappola’ per incastrare futuri preti o religiose?

Don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per le vocazioni, prova a definire le nuove piste dell’attenzione pastorale verso i giovani. Lo fa alla luce del prossimo sinodo dei vescovi, con in una mano l’Instrumentum laboris del sinodo e il documento uscito dal pre-sinodo del marzo scorso, e nell’altra il magistero di Papa Francesco. L’occasione è il secondo convegno regionale vocazionale toscano, svoltosi a Poggibonsi presso la parrocchia di San Giuseppe, sabato 15 settembre.
Il tema dell’incontro, già dal titolo – «Mettere le basi di una pastorale giovanile vocazionale di ampio respiro» – traccia l’esigenza di riformulare proposte e cammini, non soltanto nell’intreccio tra pastorale vocazionale e pastorale giovanile.

Quali sono le basi da cui promuovere un progetto unitario di pastorale giovanile vocazionale?
Don Michele invita a riscoprire con attenzione la parola “vocazione” e i suoi ‘derivati’. Vocazionale, ad esempio, è una parola quasi abusata. «Non tutti i giovani hanno chiaro cosa significhi». E poi occorre «ripulirla dall’idea che Dio abbia già un progetto bell’e pronto per te, che pure solo a fatica è possibile scoprire». Si tratta di un’idea distorta perché «la vocazione -precisa don Michele- non è qualcosa a cui dobbiamo acconsentire e basta, ma un progetto che si realizza insieme al Signore». «L’altra idea che dobbiamo smontare – prosegue – è che l’uomo faccia tutto da solo: è il mito del self made man. La vita è invece una sinergia con Dio: è Lui che ti introduce nell’esistenza e ti aiuta a scoprire il disegno giusto per te. Quanto è bello far scoprire a un giovane che la vita è ancora tutta da costruire insieme a Dio!». Una pastorale giovanile vocazionale dovrebbe ricordarti che «se non sai che fare della tua vita occorre mettersi alla sequela del maestro».

L’individualismo diffuso di oggi è l’altro problema che ci troviamo davanti quando parliamo di vocazione. La vocazione, invece, non è mai un progetto esclusivo, la rotta per una traversata in solitaria, ma «riconoscere che occorre uscire dal sentirsi intrappolati in se stessi. La vocazione è essere ‘per’ qualcuno. Ricordarsi, come ci invita a fare papa Francesco che “Io sono una missione su questa terra” (EG 273)». Anche per questo vale la pena ricordarsi di parlare di ‘vocazioni’ e non soltanto di ‘vocazione’ al singolare. Il corpo di Cristo che è la Chiesa è fatto di vocazioni connesse tra loro: il ministero ordinato, le diverse attività dei laici, la vita consacrata. Quando parliamo di vocazione «non l’individualismo, ma la fantasia dello Spirito. Siamo dentro la vocazione per essere uniti e non divisi».

Un ultimo, importante, nodo da sciogliere è l’idea che la vocazione significhi sganciarsi dalla realtà, quando, invece, «la realtà, le cose che incontri nel bene e nel male plasmano la tua vita, provocano la tua esistenza. C’è una storia in cui il Signore parla». È vero, d’altra parte, che non sempre le proposte pastorali mordono la realtà. Vale la pena rileggere quanto i giovani hanno messo per scritto al termine della riunione pre-sinodale del marzo scorso, quando in più di trecento ragazzi da tutto il mondo e di diverse confessioni religiose hanno riflettuto insieme sul tema del sinodo. Don Michele ha ricordato in particolare un passaggio: «I momenti cruciali per lo sviluppo della nostra identità comprendono: decidere il nostro indirizzo di studi, scegliere la nostra professione, decidere ciò in cui credere, scoprire la nostra sessualità e fare le scelte definitive per la vita». La nostra pastorale tiene presenti questi momenti ‘cruciali’ per i giovani?
«I giovani – si legge ancora in quel documento – sono profondamente coinvolti e interessati in argomenti come la sessualità, le dipendenze, i matrimoni falliti, le famiglie disgregate, così come i grandi problemi sociali, come la criminalità organizzata e la tratta di esseri umani, la violenza, la corruzione, lo sfruttamento, il femminicidio, ogni forma di persecuzione e il degrado del nostro ambiente naturale. Questi sono elementi di profonda preoccupazione nelle comunità vulnerabili in tutto il mondo». I giovani sono interessati alla realtà del nostro tempo. Li sappiamo accompagnare in questo interesse?
Un altro punto estremamente attuale emerso dalla riflessione dei giovani è l’esigenza di «”trovare un luogo di appartenenza: un sogno condiviso che oltrepassa continenti e oceani”. Un desiderio che esprime come i giovani cercano qualcuno che si fidi di loro, una chiesa che li aiuti a trovare una vocazione e a guarire dalle proprie ferite».

Gli stimoli di don Michele sono stati poi tradotti, all’interno di un tempo di condivisione in gruppi, in alcune domande e proposte concrete sviluppate dai partecipanti al convegno. Anche se gli interrogativi hanno superato le proposte vale la pena prenderli in considerazione.
Quanto è disposta la Chiesa ad essere aperta ai giovani? Quanto sa essere in uscita tra loro, come tra gli anziani e le famiglie? I giovani si attendono un accompagnamento. Come fare una proposta per un cammino di discernimento, come aiutarli a scoprire la propria missione? Come farsi evangelizzare dai giovani?

Tra le risposte/proposte è emersa l’esigenza di incentivare percorsi di formazione per accompagnatori e guide spirituali, ma anche la necessità di accogliere i giovani, ascoltandoli con spirito di conversione; coinvolgere, nelle dinamiche di ascolto e accompagnamento, il popolo di Dio in particolare le famiglie. È emerso anche l’invito ad approfondire lo stimolo della comunione ecclesiale per dare una testimonianza credibile di Chiesa, perché unità e testimonianza evangelica si sostengono a vicenda. Un’espressione di papa Francesco può fare sintesi con efficacia: «porta aperta, preghiera e stare inchiodati alla sedia per ascoltare i giovani» (discorso ai partecipanti al Convegno vocazionale nazionale – giovedì 5 gennaio 2017).

U.F.




Giovani toscani verso Roma: i giorni dell’accoglienza

Venerdì 9 e sabato 10 agosto si è svolta a Pistoia l’accoglienza dei giovani toscani verso l’appuntamento dei giovani italiani con Papa Francesco. «Pistoia infatti – ricorda Mons. Tardelli – è una città che accoglieva e accoglie i pellegrini perché custodisce una reliquia importante dell’apostolo San Giacomo. Con questo appuntamento – prosegue il vescovo – si rinnova l’antica tradizione del pellegrinaggio. Oggi è bello vedere questi giovani in cammino. Il loro è un cammino faticoso, che impegna, ma da anche senso alla vita. Sono giovani in cammino verso Roma, ma soprattutto verso la pienezza della vita».

Suor Daniela, della fraternità apostolica di Gerusalemme, fa parte dell’equipe di pastorale giovanile diocesana che ha organizzato l’accoglienza dei pellegrini toscani a Pistoia. «Giovedì 9 agosto, – racconta suor Daniela – abbiamo accolto un gruppo di Vicenza che ha percorso il tracciato della Romea Strata, dall’appennino Modenese fino alla Croce Arcana e di lì, per varie tappe fino a Pistoia. Il loro gruppo, formato da 40 ragazzi, ha celebrato la messa in cattedrale, quindi i giovani pellegrini sono stati accolti a San Paolo mentre le ragazze, con alcune Suore che le accompagnavano, sono state alloggiate a casa nostra alla Basilica della Madonna dell’Umiltà. L’indomani mattina ho accompagnato tutto il gruppo alla scoperta del centro storico e delle sue meravigliose chiese».
Venerdì si sono aggiunti ai giovani di Vicenza anche gli altri 320 ragazzi provenienti da diverse diocesi toscane. «Con loro – prosegue suor Daniela – ci siamo ritrovati alla messa a San Francesco alle 11.30 presieduta dal vescovo di Pistoia (leggi qui l’omelia del vescovo Tardelli) e concelebrata dal vescovo di Montepulciano Chiusi Pienza Stefano Manetti e da vescovo di San Miniato Andrea Migliavacca.

Il pomeriggio di venerdì 10 è stato dedicato alla scoperta della città di Pistoia e a un momento di preghiera davanti alla reliquia di San Giacomo apostolo in Cattedrale. «Un vero e proprio ‘tour jacopeo’ che a partire dalla Cattedrale si è sviluppato in altre sette tappe: il Battistero, San Giovanni Fuorcivitas, San Paolo, la Basilica della Madonna dell’Umiltà, Sant’Andrea, l’ospedale del Ceppo e San Bartolomeo. In ogni luogo un giovane volontario ha atteso i pellegrini suddivisi in cinque gruppi, in una sorta di “caccia al Tesoro” che li ha aiutati a riconoscersi pellegrini sui passi di Cristo».

La conclusione della serata è stata affidata al concerto del gruppo di rock cristiano i Reale in piazza San Francesco. Al termine del concerto c’è stato anche un inedito momento di preghiera di adorazione eucaristica: «un momento forte e bellissimo con tutti i giovani in silenzio adoranti davanti a Gesù! Indimenticabile e toccante!».

La mattina di sabato 11, dopo un momento di preghiera guidato dal vescovo Manetti, tutti i pellegrini sono ripartiti alla volta di Roma per la veglia al Circo Massimo con Papa Francesco e la Messa in Piazza San Pietro.

Nella nostra Diocesi anche la parrocchia di Valenzatico è stata impegnata nell’accoglienza di tanti giovani in cammino verso Roma. «È stato un momento forte di condivisione e di gioia – racconta Don Roberto Razzoli-; hanno bussato alla nostra porta giovani pellegrini con i loro rispettivi parroci provenienti da San Giovanni Valdarno e Grosseto. Ci hanno chiesto ospitalità e noi li abbiamo accolti volentieri. Sono arrivati a Valenzatico 42 giovani pellegrini stremati. Appena arrivati li abbiamo ricevuti con un grande abbraccio di fraternità da parte della nostra comunità che ha fatto trovare loro subito una cena a base di Pizza. È stato un momento forte di condivisione. I parrocchiani si sono prodigati per fare accoglienza, nel preparare loro la cena e la colazione. Dopo cena abbiamo si è celebrata la messa, abbiamo quindi letto e condiviso il Vangelo vivendo un momento di riflessione nella piazzetta della parrocchia. Al mattino li abbiamo accompagnati a piedi da Valenzatico a Pistoia. È stata una bella esperienza – conclude don Roberto – un momento forte di condivisione e di gioia».

Tra i volontari che si sono attivati nell’accoglienza dei giovani pellegrini abbiamo raccolto una breve testimonianza di chi ha collaborato a distribuire la cena nel convento di San Francesco a Pistoia. «È stato un bel momento di chiesa. Nei giovani, nonostante la fatica ed i piedi piagati, si percepiva la gioia di essersi ritrovati tutti insieme con altri ragazzi di altre diocesi per essere Chiesa. Questo è il sentimento forte che scaturiva dalla loro gioia di condividere anche con fatica un cammino. È stata indubbiamente una bella esperienza di Chiesa».

«Mi sembra giusto esprimere un ringraziamento a tutti i componenti del servizio diocesano di Pastorale Giovanile guidati da don Fulvio e don Marius». Alessio Bartolini, seminarista della nostra diocesi che ha collaborato con l’equipe di pastorale giovanile per l’organizzazione dell’evento, intende ricordare quanti si sono impegnati per la riuscita dell’evento: «Un caloroso ringraziamento va alla curia diocesana per il prezioso supporto amministrativo e al Comune di Pistoia che ha fatto la sua parte supportando l’organizzazione dell’evento e concedendo spazi e attrezzature. Un grande grazie va infine a tutti i volontari giovani e meno giovani che ci hanno aiutato con il loro lavoro silenzioso e discreto e ci hanno fatto vivere la bellezza della fraternità. Un grazie particolare anche ai volontari del CISOM e della Polizia in congedo. Un doveroso ringraziamento va ad alcune imprese del territorio che ci hanno sostenuto con la loro generosità e con la donazione di acqua e generi alimentari: la CONAD di Pistoia e gli stabilimenti ACQUA SILVA».

Daniela Raspollini




Giovani in cammino verso Roma e verso Cristo. Le parole del vescovo Tardelli ai giovani toscani

«Siamo in cammino, carissimi giovani», verso Roma e «verso Cristo, per essere afferrati e conquistati da Lui». Giovani in cammino per «realizzare un mondo nuovo, migliore di quello che conosciamo», giovani in cammino per vincere la «globalizzazione dell’indifferenza» e imparare a a discernere la propria vocazione.

Così il vescovo Tardelli nell’omelia rivolta ai giovani toscani arrivati a Pistoia per una giornata di condivisione e preghiera. La tappa pistoiese, infatti, ha raccolto i pellegrini prima della partenza verso Roma per l’incontro dei giovani italiani con papa Francesco. Nella chiesa di San Francesco, venerdì 10 agosto Mons. Fausto Tardelli, insieme ad altri vescovi toscani, ha celebrato la santa Messa con oltre 300 giovani.

Un incontro, ha ricordato il vescovo nell’omelia, che si è svolto nel segno di san Jacopo, il santo patrono della città; il Santiago che ha trasformato Pistoia in un centro di pellegrinaggio e di accoglienza. «Una sosta importante; non a caso a Pistoia – ha affermato il vescovo – perché la cattedrale di questa città custodisce da tanti secoli, dal 1145 per la precisione, una reliquia dell’apostolo Giacomo, ricevuta direttamente da Santiago di Compostela, dove sono i resti mortali dell’apostolo Giacomo. Pistoia, chiamata la Santiago minor, custodisce la memoria preziosa di un grande apostolo, e per questo motivo è stata meta di pellegrinaggio, punto di partenza per il cammino; sosta di passaggio per raggiungere Roma, oppure la stessa Santiago».

Nell’omelia il  vescovo ha toccato il tema del discernimento vocazionale, in linea con il tema del prossimo sinodo dei Giovani: «Papa Francesco – ha ricordato – vi ha invitato a ripensare la vostra vita, a fare discernimento, cioè a comprendere la chiamata che Dio vi fa. Ognuno infatti ha una chiamata da Dio, non è venuto al mondo per caso. Ognuno di noi è chiamato in modi diversi e originali, alla santità che è la pienezza dell’amore».

Le parole di Mons. Tardelli, in tempi di emergenza educativa, scommettono sui giovani, e li invitano a prendere in mano la propria esistenza, senza sprecarla, ad impegnarsi per un mondo diverso, lasciando che la fede nel Signore la faccia fiorire.  «Camminare esprime il desiderio e la voglia di realizzare qualcosa che valga per davvero, di dare un senso pieno alla propria esistenza»,  e anche quando si sperimenta il fallimento e la caduta, la tentazione di fermarsi: «Voi, in questi giorni, con il vostro camminare pronunziate una parola di speranza: state dicendo che la vita va vissuta, che la vita è comunque bella; che non ci si può arrendere nel pianto, ma ci si deve rialzare e riprovare sempre. Perché non c’è sconfitta che ci possa abbattere definitivamente; non c’è contrarietà o difficoltà che ci possa o ci debba fermare» e «agli occhi di Dio non conta il successo delle nostre imprese».

Il vescovo, ricordando la figura di San Jacopo, ha anche ricordato come da secoli sia «legata al sorgere di luoghi di accoglienza, ospitalità, veri e propri ospedali. E allora carissimi amici, continuiamo a camminare dietro al Signore, sulle orme dei santi, imparando a servire e ad amare come Lui».  «Non ci è permesso voltarci dall’altra parte! Non ci è permesso farci prendere da quella che Papa Francesco ha più volte stigmatizzato, come la globalizzazione dell’indifferenza. Le persone che attendono, che hanno bisogno di una mano amica e fraterna, addirittura in certi casi solo per sopravvivere, sono molte. Qui da noi e nel mondo».

Infine l’invito a chiedere a San Jacopo, di cui i giovani pellegrini hanno venerato la reliquia in Cattedrale nel pomeriggio, la grazia di vivere «tre semplici ma grandi cose: una fede forte, coraggiosa e gioiosa, da veri innamorati di Cristo; un cuore aperto e generoso che vede, sente e opera per il bene degli altri; infine la saggezza del discernimento, per scoprire quale sia il vostro posto nel mondo secondo la vocazione che Dio vi ha dato».

Il vescovo, dopo il saluto ai pellegrini in partenza, sabato 11 agosto si dirigerà a Roma, dove parteciperà all’incontro dei giovani italiani con papa Francesco. Qui incontrerà i pellegrini pistoiesi che parteciperanno all’evento, tra cui il gruppo dell’associazione Maria Madre Nostra, che tra i suoi giovani comprende circa 30 ragazzi con disabilità.

Leggi l’intera omelia.

Stanchi ma felici: migliaia di giovani a Roma per incontrare il Papa

 




Ai giovani pellegrini toscani – Chiesa di San Francesco (10 agosto 2018)

Benvenuti, carissimi giovani.

Se non son mille, certo son molte e diverse le strade da cui venite. Avete camminato e faticato, in questi giorni caldissimi. Avete incontrato e ammirato, avete conosciuto e vi siete conosciuti, avete trovato ospitalità e al tempo stesso avete trasmesso gioia e voglia di vivere. Siete venuti da diversi luoghi della toscana e oltre. In questi stessi momenti, molti altri giovani da ogni parte d’Italia sono in cammino verso Roma.

Ora siete qui, ma la meta non è ancora raggiunta. Siamo infatti diretti appunto a Roma, presso la tomba dell’apostolo Pietro, per stringerci attorno al Papa Francesco; non tanto per vedere un uomo, quanto, riconoscendo il lui il successore dell’apostolo Pietro che il Signore ha messo a capo della sua chiesa, per essere confermati nella nostra fede. Ma la nostra vera meta non è nemmeno Roma, bensì Gesù Cristo. Noi siamo in cammino, carissimi giovani, verso Cristo, per essere afferrati e conquistati da Lui e gettare tutta la nostra vita in Lui, con Lui e per Lui, accettando la sfida di realizzare un mondo nuovo, migliore di quello che conosciamo, dove ci siano sempre meno guerre e odio, dove abiti giustizia e verità e che si apra senza paura al Dio dell’amore che Gesù ci ha rivelato. Il Papa Francesco vi ha invitato a ripensare la vostra vita, a fare discernimento, cioè a comprendere la chiamata che Dio vi fa. Ognuno infatti ha una chiamata da Dio, non è venuto al mondo per caso. Ognuno di noi è chiamato in modi diversi e originali, alla santità che è la pienezza dell’amore.

Oggi qui facciamo solo una sosta. Una sosta importante; non a caso a Pistoia, perché la cattedrale di questa città custodisce da tanti secoli, dal 1145 per la precisione, una reliquia dell’apostolo Giacomo, ricevuta direttamente da Santiago di Compostela, dove sono i resti mortali dell’apostolo Giacomo. Pistoia, chiamata la Santiago minor, custodisce la memoria preziosa di un grande apostolo, e per questo motivo è stata meta di pellegrinaggio, punto di partenza per il cammino; sosta di passaggio per raggiungere Roma, oppure la stessa Santiago.

Jacopo o Giacomo, grande testimone del vangelo, fu ucciso, primo fra gli apostoli, dal re Erode Agrippa a Gerusalemme poco dopo l’anno 40 dell’era cristiana. Detto «il maggiore», era fratello di Giovanni l’evangelista, col quale fu chiamato fra i primi discepoli da Gesù e fu sollecito a seguirlo. Gesù disse di lui che avrebbe «bevuto con lui il calice del sacrificio», cosa che in effetti si realizzò, quando Giacomo fu fatto decapitare da Erode Agrippa I.

Oggi la chiesa ricorda anche un altro grande testimone del vangelo: il giovane Lorenzo, diacono della chiesa romana. Era l’anno 258. A Roma il potere stava saldamente nelle mani dell’imperatore Valeriano che scatenò una delle ricorrenti e terribili persecuzioni nei confronti dei cristiani. Papa Sisto II subì il martirio con quattro diaconi il 6 di agosto, mentre si trovava nella zona del cimitero. Lorenzo era per l’appunto un altro dei diaconi di Papa Sisto II ma non fu ucciso subito, il 6 di agosto, insieme al Papa. Molto probabilmente, amministrando lui i beni della chiesa a favore dei poveri, le autorità romane pensarono di tenerlo in vita finché non avesse consegnato i beni della chiesa. Quando poi videro che Lorenzo non cedeva perché i beni della chiesa erano dei poveri e ai poveri erano stati tutti distribuiti, uccisero anche lui, il 10 agosto…. E la tradizione popolare dice che in quella notte cadono le stelle per ricordare le gocce di sangue che sprizzarono dal suo martirio o anche le scintille del fuoco della graticola sulla quale sarebbe stato posto.

Allora, carissimi giovani, sull’esempio dell’apostolo Giacomo e del giovane Lorenzo, sollecitati dal successore di San Pietro, il Papa Francesco, continuiamo a camminare. Questo il proposito, questo l’impegno. Il cammino è segno della vita, di quel cammino che ognuno è chiamato a compiere attraverso il tempo. Camminare esprime il desiderio e la voglia di realizzare qualcosa che valga per davvero, di dare un senso pieno alla propria esistenza. Il cammino della vita, lo sappiamo, spesso è pieno di incertezze, di cadute, di ripensamenti; spesso ci si ferisce e si rimane ammaccati. A volte è fatto di amarezze, di speranze deluse, di solitudini e tormenti. Non sempre è facile e a volte verrebbe anche la tentazione di fermarsi, stanchi e sconfortati. Ma no. Voi, in questi giorni, con il vostro camminare pronunziate una parola di speranza: state dicendo che la vita va vissuta, che la vita è comunque bella; che non ci si può arrendere nel pianto, ma ci si deve rialzare e riprovare sempre. Perché non c’è sconfitta che ci possa abbattere definitivamente; non c’è contrarietà o difficoltà che ci possa o ci debba fermare. La memoria di San Jacopo, oggi di San Lorenzo, ci fa capire che agli occhi di Dio non conta il successo delle nostre imprese e che non ci si deve impressionare se a volte può sembrare tutto inutile e l’impegno non portare frutto perché gli ostacoli sono troppo grandi e numerosi. Il martire, come Giacomo, come Lorenzo, all’apparenza furono degli sconfitti – chi è più sconfitto infatti di colui al quale è tolta la vita? – In realtà è proprio il testimone di Gesù che vince, e lascia una profonda traccia di bene nel mondo. Perché, come ci ha detto il vangelo “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.”

Ancora un’ultima cosa vorrei cogliere dalla figura di San Lorenzo: il suo amore per i poveri, la sua dedizione alle necessità dei bisognosi. La prima lettura di questa S. Messa tratta da San Paolo ai Corinzi ha sottolineato proprio questo aspetto fondamentale di San Lorenzo. San Paolo ci ha invitato ad essere generosi; a donare con gioia a chi è nel bisogno, perché Dio ama chi dona con gioia. Anche la figura di San Jacopo è da secoli legata al sorgere di luoghi di accoglienza, ospitalità, veri e propri ospedali.

E allora carissimi amici, continuiamo a camminare dietro al Signore, sulle orme dei santi, imparando a servire e ad amare come Lui. Pur nella nostra piccolezza, sentiamoci strumenti nelle mani di Dio per andare incontro alle necessità e i bisogni materiali e spirituali degli altri. Non ci è permesso voltarci dall’altra parte! Non ci è permesso farci prendere da quella che Papa Francesco ha più volte stigmatizzato, come la globalizzazione dell’indifferenza. Le persone che attendono, che hanno bisogno di una mano amica e fraterna, addirittura in certi casi solo per sopravvivere, sono molte. Qui da noi e nel mondo. Dovunque ci sono mani tese a cercare un conforto, un sostegno, la restituzione di una dignità, la liberazione dal male e dal maligno; protese a cercare giustizia e pace; a cercare vita; a cercare Dio, perché, come ha detto Gesù, “non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Cosa può fare ognuno di noi? Non lo so. Ognuno se lo deve chiedere nel fondo della propria coscienza. Ognuno di noi può e deve fare qualcosa. Siate dunque disponibili e pronti.

E allora, oggi pomeriggio, quando passerete davanti a quel frammento del corpo di San Jacopo, qui venerato da secoli, vi invito a chiedere a questo nostro fratello maggiore, tre semplici ma grandi cose: una fede forte, coraggiosa e gioiosa, da veri innamorati di Cristo; un cuore aperto e generoso che vede, sente e opera per il bene degli altri; infine la saggezza del discernimento, per scoprire quale sia il vostro posto nel mondo secondo la vocazione che Dio vi ha dato.

+ Fausto Tardelli,

Pistoia, 10 agosto 2018

.




Il rock che accende la sete di Dio: i Reale in concerto a Pistoia

In piazza San Francesco a Pistoia un concerto rock dedicato ai giovani che parteciperanno al pellegrinaggio verso Roma

Il 10 agosto i Reale in concerto a Pistoia. Abbiamo incontrato Alessandro Gallo, il leader del gruppo, per conoscere la loro storia e il loro cammino musicale e di fede. I Reale, infatti, sono ad oggi una delle poche realtà musicali in Italia in grado di coniugare ottime produzione musicali travolgenti e fede.

Alessandro, chi sono i Reale?

I Reale sono una rock band di christian music italiana, un gruppo di amici che mette la sua professione al servizio di una missione: nel nostro piccolo, rendere il mondo un posto migliore, essendo felici e portando chi ascolta la nostra musica, nel luogo in cui si trova, un pò di felicità. Cerchiamo di farlo testimoniando che credere in Dio non distrugge i sogni, ma al contrario li amplifica e porta alla felicità vera.

Tu e tua moglie vi siete incontrati nella Comunità Cenacolo di Suor Elvira. È grazie a lei che aveva scelto questa strada di vita e testimonianza. Da allora ad oggi com’è cambiata la vostra vita?

Sicuramente l’esempio di Suor Elvira ci ha dato il coraggio di fare le scelte che abbiamo fatto e stiamo facendo oggi. Noi diciamo sempre che Elvira è stata una grazia, perché ci ha fornito le “armi”, formandoci come credenti, e ci ha insegnato a credere in Dio in un modo che salva la vita e la semplifica anche nella quotidianità, attraverso tante piccole scelte concrete. Abbiamo capito che sarebbe inutile pregare se questo non aiutasse a superare i momenti di difficoltà e le tantissime porte in faccia che abbiamo trovato in questi anni. La nostra vita è cambiata a partire dal momento in cui abbiamo incontrato Elvira e ci siamo fidati di come lei ci ha riportato a Dio. Poi, una volta incontrato Gesù, è Lui che si fa strada nella nostra vita sostenendoci e aiutandoci a cambiarla ogni giorno.

Il vostro è uno straordinario percorso musicale costellato da tanti successi. Quali sono i pezzi a cui siete più affezionati e perché?

“Straordinario percorso musicale costellato da tanti successi” è una frase molto ricca, anche se in verità per il momento ci sentiamo degli operai in una missione che usano la musica e le canzoni (ringraziando ogni giorno Dio che continua ad ispirarle). Nei pezzi a cui siamo più affezionati rientra sicuramente “Alla porta del cielo”, che è la canzone che ci ha fatti conoscere maggiormente; poi quando siamo sul palco e dobbiamo decidere la scaletta, ci accorgiamo subito che ci sono alcuni pezzi a cui siamo più legati, come “Da sopra i tetti”, “Ogni mia scelta”… canzoni che in modo particolare caratterizzano ciò che siamo. In realtà dipende molto dalla situazione in cui ci troviamo, perché ci siamo resi conto che queste canzoni parlano veramente alla nostra vita e agli stati d’animo che stiamo attraversando. Dio ha ispirato davvero una canzone per ogni momento: quando c’è da gioire, si gioisce bene; quando c’è da soffrire, si comincia a sperare, e così via.

 La particolarità del vostro concerto è che al centro della vostra proposta musicale c’è Gesù stesso. I giovani che vi seguono o ascoltano i vostri concerti come vivono questa vostra identità cristiana?

Il consiglio che ci permettiamo di dare è quello di chiedere proprio ai giovani, al termine del concerto, come hanno vissuto ciò che hanno appena visto ed ascoltato. Per quelle che sono le nostre esperienze, ciò che facciamo non è mai un problema per i giovani; direi che forse troviamo maggiori ostacoli nei cuori più adulti, talvolta proprio in chi ha la responsabilità dei giovani stessi. C’è spesso molta difficoltà, da parte di chi ci chiama per un concerto, a vivere magari un quarto d’ora di Adorazione, mentre nei giovani abbiamo trovato molto sostegno, rispetto ed accoglienza, anche se non sempre condividono o pensano a Dio nella stessa maniera. Abbiamo visto che quando i giovani incontrano coerenza e rispetto, rispondono con coerenza e rispetto, e si avvicinano. Quando trovano una felicità vera non si allontanano! Queste sono spesso le paure degli adulti, dei formatori, degli educatori, di chi ha la responsabilità dei giovani, che pensa che Gesù sia passato di moda, che non vada più bene, che li allontani. Per la paura di questo molte volte non si nomina più Gesù, non Lo si porta più, non si fa più Adorazione, ma noi vi diciamo: siamo pieni di messaggi e testimonianze di giovanissimi e giovani, soprattutto dai 16 ai 30 anni, che condividono e appoggiano quello che facciamo.

 Come avete accolto l’invito di venire a Pistoia per tenere un concerto rock nel cuore della città per comunicare a tanti giovani la bellezza di credere in Dio?

L’invito l’abbiamo accolto con grande gioia, nell’essere nel cuore di Pistoia in un evento così bello insieme a tanti ragazzi e ragazze della Toscana e non solo! Vi dico però, ciò che abbiamo nel cuore: che ci sia un pubblico numeroso o no, oppure che l’evento abbia portata nazionale o locale, per noi è sempre una grande opportunità in due direzioni: in primo luogo è un’opportunità per noi di superarci ancora una volta, salendo sul palco e dando il meglio delle nostre possibilità, per dimostrare che anche suonando canzoni che parlano di Dio si può testimoniare la gioia, la ribellione, la rivoluzione, la felicità della Fede, testimoniando che si può vivere da vivi. Inoltre è un’opportunità di ricevere la bellezza del condiviVere questa esperienza, nel vedere che anche nel cuore di una sola persona che vive il concerto insieme a noi sorga almeno il dubbio che Dio esista, o che magari qualcuno possa trovare le risposte che sta cercando in quel periodo della sua vita.

 Attualmente la band è al lavoro per la produzione del nuovo album ..quando uscirà?

Ormai siamo agli sgoccioli dell’attesa per il nuovo album, che uscirà il 15 agosto in digitale e anche in formato CD. Abbiamo fatto una scelta sicuramente anti-discografica e non commerciale, perché in quel giorno tutto è chiuso e moltissimi sono via per le vacanze. Ma ogni lavoro lo abbiamo sempre affidato a Maria e non potevamo certamente far uscire questo album per noi fondamentale se non nel giorno più importante per Lei. Inoltre non ci siamo affidati ad alcuna distribuzione se non la nostra: il nostro CD si potrà ordinare esclusivamente attraverso la piattaforma di e-commerce presente nel nostro sito: come qualsiasi altro store online, si potranno aggiungere al carrello i CD per vederli poi recapitati direttamente a casa propria. Anche questa è una scelta sicuramente non commerciale (…non ho capito se coraggiosa o incosciente…) che ci permette di rimanere coerenti e liberi da qualsiasi vincolo di distribuzione che possa far spostare l’asse dalla diffusione del messaggio a quanto stiamo guadagnando: non vogliamo che la paura dell’introito vada ad inquinare la diffusione del messaggio che stiamo portando. L’album si potrà comunque pre-ordinare già a partire dal 1 agosto su iTunes (in digitale) e sul nostro sito (formato CD).

 Che cosa ti sentiresti di consigliare a chi si trova a lavorare con i giovani?

Capisco che non sia un compito facile, se penso che ogni suggerimento che io potrei dare ai giovani suonerebbe ipocrita…io alla loro età ho sbagliato tanto, cercando la felicità. Direi a chi lavora con i giovani di dir loro: cerchiamo la felicità. Se l’obiettivo non è svegliarsi al mattino felici della vita che si sta vivendo, la vita non ha più senso. E direi loro che la vita non ha senso di essere vissuta per se stessi. Purtroppo però, certe cose le capisci sbattendoci la testa. Direi ai giovani: alzatevi dal divano, spegnete il cellulare due ore al giorno e uscite, magari andando a dare da mangiare alla Caritas, o facendo viaggi, andando in missione, guardando con i vostri occhi cosa succede nel mondo là fuori. Però capisco che oggi la battaglia con internet, con il telefonino, è quasi “impari” oserei dire, però i giovani cercano la rivoluzione, la “lotta”…direi loro che se cercano la rivoluzione, non è dentro un telefonino o a dei commenti, bisogna alzarsi ed uscire di casa, cominciare ad aprire gli occhi su quello che sta succedendo e vedere cosa io posso fare per rendere il mondo un posto migliore. Facendo questa cosa io ho trovato la felicità, e la felicità è coincisa con l’incontro con Dio: nei posti in cui io stavo bene, c’era Gesù. Come ho detto prima, certamente mi sento di dire a chi vive ogni giorno con i giovani di parlare loro di Gesù, del suo coraggio, del suo amore, con passione e coerenza, senza paura di vederli andare via.

 Visto che incontrerete i giovani in cammino verso il sinodo che proseguiranno per Roma cosa vorreste che rimanesse nei loro cuori?

Vorrei che rimanessero la gioia e la rivoluzione della Fede. Però più di ogni altra cosa, vorrei che proprio i giovani sentissero per primi il bisogno che nel loro cuore rimanga qualcosa, di non andare a Roma cercando tre giorni di gita, vivendo passivamente quello che altri hanno pensato che loro debbano vivere, ma che vadano a Roma per alzare la mano e dire che hanno bisogno di non sentirsi da soli, che hanno bisogno di essere felici davvero, bisogno di cose nuove, bisogno di una vicinanza nuova e vera, bisogno di essere accolti, spronati ed illuminati, bisogno di una casa che diventi il loro futuro, come noi desideriamo che la Chiesa sia la casa del nostro futuro, per noi e per i nostri figli… vorrei che nel loro cuore nascesse questo desiderio di felicità vera, non il fatto che i Reale hanno suonato bene o no…che resti nei loro cuori la sete di Dio!

Daniela Raspollini

 




Il cammino dei giovani toscani a Pistoia …e oltre

Don Renato Barbieri, incaricato regionale per la Pastorale Giovanile, illustra il cammino dei giovani toscani fino a Pistoia e poi a Roma.

di Daniela Raspollini

Il 10 agosto si svolgerà a Pistoia l’incontro per i giovani toscani. Ne abbiamo parlato con don Renato Barbieri, sacerdote della diocesi di Firenze e incaricato regionale per il Servizio di Pastorale Giovanile.

Si tratterà di una bella giornata di festa in cui saranno coinvolti tanti giovani. Quanti sono i gruppi provenienti da tutta la Toscana?

Le diocesi impegnate nel cammino sono: la diocesi di Firenze, quella di Fiesole che cammina con i giovani di Grosseto, la diocesi di San Miniato che cammina insieme a quella di Livorno, Montepulciano-Chiusi-Pienza e la diocesi di Lucca. Queste le diocesi che convergeranno a Pistoia. Altre diocesi e altri giovani arriveranno a Pistoia senza aver partecipato al cammino, ma da lì raggiungeranno Roma insieme agli altri.

Qual è il significato di questo cammino?

Per capirlo si deve partire dall’invito che il Papa ha rivolto ai giovani italiani; un invito a incontrarli, ascoltarli e pregare per loro in vista del prossimo sinodo dei Giovani. Sinodo, inoltre, è una parola che significa fare strada insieme. Questo è proprio quello che abbiamo deciso di fare. Il senso del cammino è recuperare l’esperienza del pellegrinaggio per mostrarsi “Chiesa in cammino” per dire, non solo al papa, ma anche a chi incontreremo per la strada, che i giovani sono in cammino, hanno il desiderio – come suggeriva il papa alla GMG di Cracovia – di abbandonare il divano, di sporcarsi le scarpe e che hanno voglia di farlo a nome della Chiesa e per la Chiesa.

Principalmente quale età hanno i partecipanti a questo cammino?

L’età è quella di riferimento del sinodo dei giovani, cioè quella compresa tra i 16 e i 30 anni.

Molti di loro hanno desiderato di partecipare lasciando la comodità della vita quotidiana per incamminarsi a piedi verso Pistoia. Secondo lei è importante coinvolgerli più spesso in imprese così belle?

È importante e fa anche bene agli adulti. I giovani hanno bisogno di esperienze che li coinvolgano totalmente: spirito anima e corpo. È importante per loro sperimentare che anche le proposte “tradizionali” come quelle del pellegrinaggio sono antiche, ma non vecchie. Fa bene anche agli adulti, perché possono vedere che esistono giovani che quando sono ingaggiati si mettono in gioco. Farà bene anche a loro vedere che i giovani sono disposti a rinunciare alle vacanze per fare altro e mettersi in cammino. Forse non è quello che ci si aspetterebbe dai ragazzi nel mese di agosto.

Cosa ti aspetti dal prossimo sinodo dei Giovani?

Mi aspetto che i vescovi ascoltino quello che i giovani hanno avuto da dire e possano trovare nuove vie per la trasmissione della fede, l’accompagnamento e l’accompagnamento nel discernimento. Non credo che si tratterà di inventare cose nuove. Credo che sia l’occasione per dirsi che occorre “reinvestire” in energie nella pastorale giovanile, sia a livello diocesano che parrocchiale.

Si parla spesso di “discernimento”, ma per molti giovani arrivare a praticarlo è ancora complicato…

Sì, è sicuramente complicato, perché la nostra cultura è quella di lasciarsi aperte a tutte le strade. Pensare che ogni volta che prendo una decisione, mi sono schierato e ho perso delle possibilità non aiuta. Forse si tratta di far scoprire che il discernimento per una vocazione – ogni vocazione: professionale, affettiva… – è l’imboccare decisamente la via della felicità. Non si tratta di perdere, ma di guadagnare. Si tratta di capire qualcosa di bello… e non di un perdere altre possibilità.

A tuo avviso, qual è il primo punto che la Chiesa dovrebbe affrontare nei confronti della realtà giovanile?

Forse semplicemente il ripartire dall’atteggiamento umile del seminatore, che sa che la semente va gettata copiosamente, senza sapere se porterà tutta frutto, ma anche recuperare l’atteggiamento del pastore che accompagna e guida i giovani, ma soprattutto sta con loro e magari farà sperimentare a loro nostalgia di Dio.

Cosa vivrete a Roma con gli altri italiani?

Arriviamo a Roma come pellegrini, per essere confermati nella fede. Per pregare sulla tomba di Pietro e ascoltare il suo successore. Sarà anche un’esperienza di amicizia, in cui sarà bello trovarsi insieme…

Cosa intende proporre la Chiesa italiana ai suoi giovani con questo appuntamento?

La chiesa italiana ha inteso, prima ancora che convocarli, farli mettere in cammino. Non si tratta di convocare i giovani per un grande evento. La chiesa italiana ha scelto di farli mettere in cammino. Credo che sia importante non disgiungere la meta dal processo con cui si arriva, cioè quello del pellegrinaggio. C’è poi il desiderio, per chi camminerà sulle antiche vie di fede, di far recuperare un rapporto che hanno con il corpo, di camminare sui passi di coloro che li hanno preceduti, spesso i tanti santi locali..

Il prossimo anno la GMG sarà a Panama. Come Chiesa toscana come pensate di organizzarvi? La GMG cade in un momento dell’anno un po’ complicato…

In questo momento per tanti di noi le energie sono stati orientate su questa estate. Questa esperienza ha avuto bisogno di essere preparata bene perché dia i suoi frutti.

Per Panama dobbiamo fronteggiare alcune difficoltà logistiche. Non solo per il costo dei voli, ma anche per il numero dei voli. È difficile in questo momento, trovare un volo per arrivare in tempo utile per il gemellaggio con una delle Diocesi di Panama. Così come è difficile trovare un volo di ritorno.

Ad oggi la cosa più bella e interessante è che vivremo un’esperienza che ha il sapore della Gmg questa estate e che ne ripropone alcuni ingredienti come la veglia con il Papa, una notte bianca. Allo stesso tempo è anche una proposta diversa perché meno stanziale, ma allo stesso tempo più abbordabile economicamente.

Dai dati che abbiamo i giovani che dalla Toscana arriveranno a Roma sono più di 800. Più della metà sarà in cammino. Qualcuno come diocesi farà pochi giorni, altri un cammino più lungo, ma sarà comunque un’esperienza significativa perché capace di attivare dinamiche di ascolto e di accompagnamento.

A Roma si prevedono circa 80.000 mila giovani. Anche il numero di preti che accompagnano i giovani è piuttosto alto e testimonia il fatto che anche loro si sono messi in gioco. Dalla diocesi di Firenze, ad esempio, su 120 ragazzi ci saranno almeno 13 preti.




Il cammino dei giovani: a Pistoia due giorni di festa e preghiera

Pistoia, la Santiago minor, riscopre l’antica vocazione di città di pellegrinaggio e accoglienza con l’arrivo di oltre 400 giovani in cammino verso Roma

Si avvicina il mese di Agosto e con esso si avvicina un evento importante per la Chiesa in Italia: l’incontro dei giovani italiani con Papa Francesco a Roma, l’11 e 12 agosto; un appuntamento significativo nel cammino della Chiesa verso il prossimo Sinodo dei vescovi [Roma 2-3 ottobre 2018] che avrà come tema: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

I giovani di alcune diocesi toscane, su invito del servizio di pastorale giovanile regionale, faranno tappa a Pistoia nel loro cammino verso Roma in vista dell’incontro con Papa Francesco.

Pistoia, nella cui Cattedrale si custodisce una preziosa reliquia dell’apostolo Giacomo il Maggiore, lungo i secoli è stata meta tradizionale di pellegrinaggi, in collegamento con Roma e Santiago di Compostella. La nostra città è infatti la “Santiago minor”, cresciuta attorno al culto di san Jacopo Apostolo, inserita in una rete di antiche e importante strade sempre più riscoperte e valorizzate.
Il Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile, coordinato da don Fulvio Baldi, è impegnato nell’accoglienza di questi giovani pellegrini. Alessio Bartolini, seminarista e collaboratore del gruppo di lavoro che si occupa dell’organizzazione dell’accoglienza, ci descrive in dettaglio l’evento.

Quale sarà il programma dell’evento?

L’evento riguarderà principalmente il giorno 10 agosto. Abbiamo cercato di non moltiplicare le attività, ma di offrire ai pellegrini occasioni di riposo, perché molti arriveranno a Pistoia a piedi, ma anche momenti di preghiera, riflessione e svago. Abbiamo previsto anche un percorso in cui fede e cultura dialogano insieme per far scoprire ai giovani pellegrini i tesori di arte e fede che la nostra città custodisce.
Ovviamente una tappa fondamentale sarà la Santa Messa la mattina del 10 agosto alle 11.30 nella chiesa di San Francesco, presieduta dal Vescovo Fausto e concelebrata da alcuni vescovi che accompagnano i giovani delle proprie diocesi . Altro momento importante sarà la visita alla Cattedrale di san Zeno in cui è custodita la preziosa reliquia di San Giacomo.
La sera alle 21.00, infine, in piazza San Francesco ci sarà un concerto del Gruppo “I Reale”.

Come sarà impegnata la nostra diocesi nell’accoglienza dei pellegrini?

La nostra Diocesi, secondo quella che da secoli è sempre stata la vocazione all’accoglienza dei pellegrini, sarà impegnata nell’accogliere i pellegrini presso il Convento di San Francesco.
I pellegrini saranno poi alloggiati in strutture messe a disposizione dall’Amministrazione Comunale e da alcune Comunità Religiose e nell’animazione dei vari momenti che saranno proposti ai giovani ospiti.

Da quali diocesi provengono i giovani pellegrini?

Ospiteremo oltre 300 giovani provenienti dalle Diocesi di Firenze, San Miniato, Grosseto, Lucca, Fiesole, Livorno e Montepulciano. Avremo inoltre un centinaio di pellegrini provenienti dalla Diocesi di Vicenza.

Altro particolare appuntamento sarà il concerto del gruppo i Reale?

Si, sarà un momento forte di musica e preghiera in cui i membri del Gruppo proporranno brani di musica rock scaturiti dalla loro esperienza di vita e dal loro cammino di fede. Una nella occasione per riflettere sul nostro essere giovani cristiani ma anche per ascoltare un po’ di buona musica.

Daniela Raspollini




PER UN ORATORIO A “PORTE APERTE”

La proposta ANSPI per Oraestate, il corso di formazione per oratori parrocchiali

 La pastorale Giovanile come ogni anno promuove  Oraestate, un percorso di formazione  per gli animatori degli oratori estivi parrocchiali.  Stavolta ha condotto questo itinerario di formazione Anspi Toscana. Abbiamo colto l’occasione per rivolgere alcune domande a Alessandro Ventura, delegato regionale per la formazioni di Anspi Toscana, che è anche uno degli educatori che hanno guidato il corso formativo per la Pastorale giovanile di Pistoia.

Quali progetti state portando avanti per l’imminente tempo di estate?

Due sono i progetti che come ogni anno cercano di arricchire il periodo estivo sia per i ragazzi e allo stesso tempo per gli animatori: il progetto del sussidio estivo con la sua storia tratta da un romanzo per i ragazzi e poi la festa degli oratori che ormai è tappa consolidata per tutti quei oratori affiliati all’ANSPI che si tiene come ogni anno nel comune di Bellaria Igea Marina (RN)

Anche quest’anno sarà consegnato il nuovo sussidio per gli oratori. Su quale argomento è incentrato?

Nella diocesi di Pistoia come in tutte le diocesi d’Italia il tema che l’ANSPI propone per questa estate 2018 è «Gulliver: ogni uomo non è un isola».

il tema è tratto dal famoso romanzo di Jonathan Swift “viaggi di Gulliver”. In modo particolare l’attenzione cadrà su tre tematiche con la quale i ragazzi si confronteranno attraverso le attività, i giochi, i laboratori e la preghiera (proposte presenti nel sussidio che l’anspi mette a disposizione gratuitamente scaricando il file pdf http://gulliver.anspi.it ): Viaggio, diversità e cittadinanza.

Viaggio: ogni vita è un viaggio, un cammino che ci aiuta a crescere e comprendere la bellezza di vivere in modo pieno la felicità che Dio progetta su ciascuno di noi.

Diversità: mai come quest’anno si sente l’esigenza di affrontare una tematica così importante per la nostra società Italia. Chi è il diverso? ognuno di noi può essere “diverso” perché custode di esperienze che condivide con l’altro. Ma il diverso è anche chi vive una cultura diversa dalla mia e di cui noi diventiamo i custodi. Il servo di Dio don Tonino Bello amava dire che la Chiesa deve diventare il luogo dove si vivi la convivialità delle differenze. Un tavolo dove ogni cultura, ogni religione può sedersi e parlare.

Cittadinanza (il bene comune): il magistero di papa Francesco è un continuo invito a essere Chiesa in uscita. Ogni ragazzo, ogni animatore, deve scoprire e riconoscere che la sua fede lo porta a essere testimone e missionario. Essere missionario significa avere cura innanzitutto del proprio territorio, essere un faro che testimonia negli ambienti in cui si vive una bellezza che è concreta attraverso il rispetto del bene comune, nel denunciare coraggiosamente le ingiustizie, nell’aver cura dell’ambiente.

Quali caratteristiche dovrebbe avere l’animatore di oratorio?

Direi: Ascolta i ragazzi; cammina assieme ai ragazzi; parla con i ragazzi; condivide con i ragazzi. Sorride e questo diventa il dono più grande che i ragazzi ricevono e ricordano.

Quale modello educativo a tutt’oggi può essere valido tra Don Bosco, Filippo Neri, Don Milani, ecc..

Sono onesto: a mio parere non esiste un modello più valido. Padre Filippo Neri, don Giovanni Bosco, don Lorenzo Milani avevano un unico modello che è l’unico valido: seguire Gesù e il suo Vangelo. Ecco il modello sempre valido e che non passa mai.

Secondo la tua esperienza cosa è importante comunicare ai giovani?

L’incontro con Gesù. I ragazzi e i giovani di oggi hanno semplicemente bisogni di modelli credibili. Don Lorenzo Milani diceva ai ragazzi di Barbiana: I care, io ho cura di voi, mi interesso, non ci  “dormo la notte”. I giovani hanno bisogno di sentirsi custoditi e amati.

Cosa non può mancare in un Oratorio parrocchiale?

Risposta diretta: la porta aperta! Un oratorio che ha sempre la porta aperta significa che accoglie, che vive per i ragazzi e i giovani che lo frequentano. Che è a disposizione di ogni loro esigenza, insomma la “porta sempre aperta” è sinonimo di famiglia, di casa che è abitata.

Daniela Raspollini

(per info: pastoralegiovanile@diocesipistoia.it )