Novità e proposte per la Scuola di teologia

L’offerta formativa della scuola diocesana raddoppia e accanto al triennio lancia un secondo ciclo di studi più avanzati

La Scuola di formazione teologica della Diocesi di Pistoia, dall’anno accademico 2020–21, raddoppia la sua offerta formativa. Al tradizionale ciclo di studi triennale, aggiunge infatti un ciclo di studi superiore, articolato in sei anni, ripristinando inoltre, dopo un anno di interruzione, il tradizionale corso monotematico di approfondimento del lunedì.

Il nuovo ciclo di studi superiori è concepito principalmente per offrire una adeguata base teologica a coloro che sono impegnati in qualche forma di ministero nella chiesa, ma ovviamente è aperto a tutti coloro che voglio semplicemente vivere la propria fede con un grado maggiore di consapevolezza e approfondimento.

Il ciclo triennale, oltre ad essere vivamente consigliato per tutti coloro che svolgono il servizio di catechista nelle proprie parrocchie, è un’occasione di approfondimento per chiunque abbia desiderio o curiosità di essere introdotto alla disciplina teologica. E si rivolge, poi, a coloro che sono incerti nella fede, in ricerca o nel sentiero del dubbio, per un confronto aperto e sincero.

La Scuola rilascia i rispettivi titoli finali, previo superamento degli esami di valutazione da parte degli iscritti, esami che, tuttavia, non sono obbligatori.

Il Corso di approfondimento affronta ogni anno un tema appartenente a uno dei quattro ambiti fondamentali della teologia: storico, biblico, sistematico, morale. Il corso è aperto a tutti, senza necessità di essere iscritti ad alcun ciclo di studi, ma la frequenza di almeno un corso di approfondimento è requisito necessario per coloro che intendono conseguire il diploma superiore in sei anni. Quest’anno il corso di approfondimento sarà dedicato alla “divinizzazione cristiana”, prendendo spunto dal libro postumo di Giordano Frosini, dedicato alla riflessione sulla grazia a partire dalla teologia dei Padri della Chiesa.

Il corso sarà aperto da una relazione del vescovo Tardelli il 26 ottobre, le altre lezioni saranno invece ogni volta a cura di un diverso docente. La Scuola intende riscoprire i fondamenti della fede e armonizzarli con le tendenze teologiche più recenti e proporre un aggiornamento sui temi della teologia contemporanea. Non manca di promuovere occasioni di approfondimento teologico extra–curriculari e di produrre materiali didattici e di ricerca. La Scuola intende anche proporre un valido aiuto alla vita pastorale della Diocesi attraverso la possibilità di realizzare corsi in collaborazione con l’Ufficio catechistico ed è disponibile a proporre incontri tematici presso le comunità diocesane in accordo con i parroci.

Le lezioni di quest’anno riprenderanno nel mese di ottobre e saranno precedute da una prolusione di Marco Vannini, filosofo ed esperto di mistica con una relazione dal titolo «“L’anima e Dio sono una cosa sola” (M. Eckhart). La divinizzazione nella mistica» prevista per il 20 ottobre.

A partire dal 22 settembre si svolgeranno invece le lezioni sospese a causa del lockdown per recuperare i corsi interrotti o non realizzati a causa della pandemia.

Le lezioni dei due cicli di studi si tengono nelle sede del Seminario Vescovile di Pistoia (via Puccini, 36) nel giorno di martedì, dalle 20.45 alle 22.15. Ricordiamo anche che le lezioni del corso di approfondimento si svolgono nella stessa sede e con lo stesso orario nel giorno di lunedì.

Le lezioni del ciclo superiore

La Scuola di formazione teologica rinnova la propria offerta formativa. Le novità più rilevanti riguardano il curriculum degli studi del ciclo superiore per cui sono previsti due bienni.

Anno A: Elementi di ebraico, Teologia sacramentaria, Liturgia, Diritto canonico, Mariologia, Sacra Scrittura – Antico Testamento.

Anno B: Elementi di greco, Origini del Cristianesimo e filosofia greca, Teologia trinitaria, Dottrina sociale della Chiesa, Fenomenologia delle religioni, Sacra Scrittura – Nuovo Testamento.

Anno C: Teologia spirituale, Teologia della Grazia, Categorie filosofiche fondamentali per la teologia, Storia del Concilio Vaticano II, Ecumenismo, Bioetica.

Per info: scuolateologia@diocesipistoia.it

(da: La Vita del 30 agosto 2020)




L’eredità viva di Giordano Frosini

Mercoledì 2 settembre un evento in Seminario per ricordare una figura chiave della Chiesa pistoiese. A un anno dalla scomparsa una messa celebrata dal vescovo e diverse iniziative per proseguirne l’opera.

Un anno fa ci lasciava monsignor Giordano Frosini. Teologo, per molti anni vicario generale, docente allo Studio Teologico Fiorentino (oggi Facoltà teologica dell’Italia Centrale), storico direttore del settimanale La Vita, Frosini ha lasciato una traccia indelebile nella storia della Chiesa pistoiese; non è neppure facile mettere in fila tutte le iniziative e le opere che hanno accompagnato il suo ministero.

A distanza di un anno, il prossimo 2 settembre, la Diocesi lo ricorderà in Seminario. Il programma prevede la celebrazione di una messa in suffragio celebrata dal vescovo Tardelli cui seguirà l’illustrazione di tre speciali iniziative.

La prima prevede la presentazione dell’ultimo libro di Frosini. L’ultima opera a cui si è dedicato è infatti una riflessione profonda sul concetto cristiano di “divinizzazione”, un’opera ingente, rimasta incompiuta, per così dire, a poche pagine dall’arrivo. Questo libro (Admirabile commercium. La divinizzazione nei padri della Chiesa, Le Lettere, Firenze 2020), che l’autore stava compiendo con Andrea Vaccaro, vede adesso la luce, proprio nel primo anniversario della sua nascita al cielo.

La seconda iniziativa intende tenere viva la memoria di Frosini nell’ambito dell’approfondimento teologico che don Giordano ha coltivato con l’insegnamento presso la Scuola di formazione teologica diocesana e con l’organizzazione della Settimana teologiche. Don Frosini, nei primi anni ‘80, insieme ad Andrea Amadori e ad Alessandro Suppressa, allora giovani universitari, fondò in città la Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana). Nel corso degli anni, la Fuci pistoiese attrasse poco più di una decina di universitari a cui don Frosini donò tempo e un’indimenticabile formazione umana, oltre che teologica e culturale. Come piccolo segno di riconoscenza per quanto ricevuto, alcuni di questi “ex–fucini” si sono impegnati per indire una Borsa di studio “Don Frosini” che premi la tesi di dottorato in Teologia distintasi per il contributo all’aggiornamento teologico, l’aspetto che, probabilmente, don Frosini aveva più a cuore.

La terza iniziativa è frutto dell’impegno e della fatica dei nipoti di don Frosini, Giovanni e Giovanna, e di Lucia Cecchi, bibliotecaria della Leoniana. Il ricco patrimonio librario posseduto da don Giordano non solo non sarà disperso, ma sarà consultabile al pubblico. I numerosissimi testi, che vanno dai libri di testo degli anni ‘30–40 (su cui si formò, giovane seminarista) a quelli di argomento teologico che hanno nei decenni nutrito le sue riflessioni, hanno infatti trovato posto nel piano soppalcato della biblioteca del Seminario. A breve, segnala la dottoressa Cecchi, responsabile della Biblioteca, sarà iniziato il lavoro di catalogazione nell’ambito della rete documentaria provinciale che permetterà di esplorare l’intero fondo con ricerche online.

La serata, compresa la celebrazione eucaristica, si svolgerà nell’aula magna del Seminario di Pistoia a partire dalle 17 di mercoledì 2 settembre.

(da “La Vita” di Domenica 30 agosto 2020)




Il vescovo Scatizzi: un pastore accanto alla gente

Nel decimo anniversario della morte le testimonianze di chi lo ha accompagnato nell’amicizia e nel suo lungo servizio alla Chiesa di Pistoia

Guidò la diocesi dal 1981 al 2006. Uomo di gran cuore, si occupò sempre delle sfide culturali, dei drammi dei poveri e delle famiglie.

 

a cura di Daniela Raspollini

Giovedì 27 agosto il vescovo Tardelli ha presieduto in Cattedrale un messa in suffragio del vescovo Scatizzi a 10 anni dalla sua scomparsa.

«Sarebbe un grave torto al Signore, trascurare la preghiera per chi ha servito e amato la Diocesi di Pistoia», ha ricordato mons. Tardelli nell’omelia per il decennale della morte del vescovo Scatizzi.

L’esigenza di ricordare nella preghiera i vescovi della chiesa di Pistoia e il valore della successione apostolica – il segno del legame diretto con Gesù e la chiesa di oggi – sono i due punti su cui si è soffermato mons. Vescovo nell’omelia, lasciando a don Patrizio Fabbri, vicario generale, un ricordo del vescovo Scatizzi al termine della celebrazione.

La commemorazione di Mons. Patrizio Fabbri, vicario generale

La forte vicinanza nelle vicende delle famiglie frantumate, e la sofferenza sperimentata nella condizione della malattia e della disabilità (OAMI) furono ricordate da monsignor Betori nel giorno delle sue esequie e costituiscono i tratti più conosciuti di Simone Scatizzi vescovo.

L’attenzione alle nuove povertà lo rese sollecito nel cercare soluzioni coraggiose ed innovative nell’ambito dei servizi sociali lasciando una serie di opere e centri operativi che ancora oggi riconosciamo come valida testimonianza di una Chiesa pistoiese profondamente radicata nel tessuto della società.

Non possiamo neppure dimenticare il suo incessante lavoro nel promuovere forme di nuova evangelizzazione valorizzando i ministeri laicali e come appassionato formatore e promotore del diaconato permanente.

Il rischio che corriamo in questo anniversario è quello di elencare le numerose cose da lui iniziate col pericolo di dimenticarne qualcuna.

Credo invece sia per tutti noi motivo di attenta riflessione l’eredità che ci ha lasciato Mons. Scatizzi. Dobbiamo ammetterlo: a volte fatichiamo a portarla avanti o a farla fruttificare in modo che diventi patrimonio di tutti.

Le tante opere nell’ambito caritativo più che un peso sono un continuo stimolo per rimanere attenti alle nuove e vecchie povertà; una sfida per non accontentarsi del compimento del semplice dovere ma sempre svegli e attenti ai segni dei tempi che ci inquietano e che ci spingono a trovare risposte di condivisione e di prossimità.

Il riconoscimento di cittadino onorario deliberato dal Consiglio Comunale di Pistoia nel maggio 2001 attesta questo impegno di collaborazione che Mons. Scatizzi seppe costruire nel rispetto e nel dialogo tra le istituzioni.

Due esempi tratti dalla sua vita accanto alle persone.

Il vescovo Scatizzi diceva spesso: «un proverbio africano ricorda che per crescere un figlio occorre un villaggio, ma io aggiungo che per crescere un figlio occorre una famiglia. La Chiesa ha difficoltà a capire questo e impegna tante forze per educare i giovani in età catechetica, ma non spende molte energie per la famiglia che è alle radici di questa educazione». Prima di morire il suo messaggio è stato «non abbandonate le famiglie. La Chiesa non se ne accorge, ma ha tanto bisogno dei coniugi e della “piccola chiesa” che solo per mezzo di loro può vivere».

Vorrei anche lasciare un piccolo ricordo personale. Averlo conosciuto come il Vescovo che mi ha odinato e mi ha affidato i primi incarichi nel ministero conserva sempre un certo fascino e anche un rapporto di figlio e padre nella fede.

Quando era ricoverato in ospedale poche settimane prima di morire, Milena, la moglie di Adolfo (il suo segretario) organizzò dei turni di assistenza e chiamando anche noi preti, una notte toccò a me. Lui era sempre lucido e nel pieno possesso delle sue capacità mentali.

Ebbi la forza di ringraziarlo per un fatto lontano del mio cammino. In un tempo in cui la mia ricerca vocazionale faceva fatica a procedere e mostrava delle lacune lui ebbe tanta pazienza con me. Incoraggiandomi e sostenendomi seppe aspettare tempi migliori che poi arrivarono come approdo nella scelta di entrare in Seminario.

Volli ringraziarlo per la pazienza che aveva avuto in un tempo in cui forse non la meritavo. Mons Scatizzi sapeva fermarsi accanto alle persone nei loro momenti bui, comunicando fiducia nel Signore che non abbandona.

Attraverso di lui, come è stato per tanti altri, posso dire di aver sperimentato la verità del salmo: «Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenuto, la tua bontà mi ha fatto crescere» (Salmo 18,36-37).

L’eredità e la memoria del vescovo Simone

Tanti ricordi per rileggere un lungo e fecondo episcopato

 

È incredibile come il tempo abbia una doppia valenza: è lungo sulle brevi distanze, è breve sulle lunghe distanze. Un’ora, una giornata sembra non passare mai. Poi uno si volge indietro e ha l’impressione che 10 anni siano passati in un soffio. È sempre viva nella memoria quella notte in cui don Simone si è abbandonato nel tenero abbraccio del Padre, del suo Amato. «… Stai certo: non mi stancherò di morire, stanco come sono di vivere lontano da Te, MIO AMATO». Questo recita una strofa di una poesia del suo libro: Abitare la vita. Abitare l’amore.

Si potrebbe scrivere un libro sulla sua vita, forse non basterebbe, e chissà che un giorno non lo faremo, per descrivere la forza e la grandezza di questa persona, dare un senso alla grande eredità morale e spirituale che ci ha lasciato. Un libro che ci possa aiutare a capire il significato profondo delle sue opere e qual è stato il motore che lo ha spinto a questa assoluta attenzione per gli ultimi, gli emarginati, coloro che soffrono di qualsiasi pena sia fisica che morale. Un uomo che in qualche modo aveva incontrato Dio e lo aveva accolto dentro di sé. Ma facciamo un passo alla volta. Intanto, prossimamente, proprio in occasione di questo 10 anniversario daremo alle stampe un testo che raccoglierà otto lezioni, tenute a Giaccherino nel lontano 1989, sulla preghiera. Cassette registrate e custodite gelosamente dalle suore Clarisse che a quel tempo abitavano il convento. Le abbiamo sbobinate e trascritte, con non poca difficoltà, e ora sono pronte per essere concretizzate in un libro di grande utilità per chi vuole approfondire il significato della preghiera.

Raccogliamo volentieri alcune considerazioni spontanee e sgorgate dal cuore che vogliono ricordarci questo grande vescovo che per 25 anni ( dal 1981 al 2006 ) ha guidato la nostra diocesi e che senza alcun dubbio sotto la sua guida è stata un cantiere sempre attivo di iniziative. Basta ricordare: gli anziani, i portatori di handicap, i bambini, i poveri, il lavoro, gli immigrati, le donne giovani madri in difficoltà, le coppie separate e divorziate e sopra ogni cosa, la famiglia.

Guido e Franca Sardi

 

Monsignor Simone Scatizzi è stato nostro fratello, cognato, zio ….attento, affettuoso, si meravigliava davanti alle piccole cose e ci faceva meravigliare, sempre disponibile senza risparmio, accogliente, pronto ad ascoltare, si spendeva totalmente in quello in cui credeva dando sempre il meglio di se stesso agli altri, coerente tra quello che diceva e quello che faceva. Davvero il suo stile di vita e la sua preziosa eredità! Tutto ciò pervaso comunque dal rigore con cui sosteneva le sue verità di fede, il valore della persona, degli ultimi, della vita, della responsabilità sociale in alternativa ad una deriva egoistica; questo davvero spesso lo preoccupava! È stato un testimone anche per tutti noi familiari, con la sua scelta di povertà fino agli ultimi giorni come un discepolo e con la sua serenità di fronte alla morte.

Famiglia Scatizzi

 

Parlare di Mons. Scatizzi vuol dire per me ritornare agli anni in cui, impegnata nell’Azione Cattolica prima e nel Centro Famiglia dopo, ero da lui guidata, illuminata,stimolata. Quando arrivò a Pistoia ed ero in procinto di lasciare ogni incarico per consegnare ad altri, più giovani e più preparati, le varie mansioni fui invece da lui spinta a confermare il mio servizio alla Diocesi con consapevolezza e senso di responsabilità. Così proseguii il mio cammino.

Mons. Scatizzi era un vero Pastore, dedito alla cura quotidiana delle sue “pecore”, tralasciando (e questo era per me un atteggiamento nuovo, dati i tempi) ogni tipo di autoritarismo e di distanza perché concepiva il suo ministero come una dedizione continua agli altri e come una ricerca continua di iniziative adatte alle nuove esigenze. Per questo si aprì con intenso zelo ai problemi della famiglia, spesso non privi di criticità, per questo volle aprire un Centro dedicato, nelle diverse sfaccettature, alla situazione della vita familiare. Era sempre pronto ad aiutare la soluzione di ogni problema; nei vari interventi e negli incontri di spiritualità sapeva “tradurre” il messaggio evangelico, che pur richiederebbe “parole alte” in espressioni comprensibili a tutti. “ Il Signore è padrone anche dell’impossibile” diceva di fronte a certi scoraggiamenti e “Dio sa scrivere diritto anche sulle righe storte” se avvertiva sgomento e preoccupazione.

Indubbiamente la sua presenza a Pistoia ha segnato un nuovo stile di adesione alla vita cristiana e aperto significative prospettive di lavoro.

Tommasina Caselli Mandorli

 

Non sappiamo se Mons. Simone Scatizzi avesse letto A Study of History, la grandiosa teodicea del pensiero religioso cristiano, di Arnold J. Toynbee. Ma ne conosceva certamente la tesi fondamentale: ossia che la religione è il campo più importante di qualsiasi altro nell’intera serie della vita umana. Essa ha profondamente forgiato la civiltà occidentale, al punto che anche un filosofo laico come Benedetto Croce rivendicava a se stesso il nome di cristiano (Perché non possiamo non dirci “cristiani”). E, sulla sua scia, pensatori laici di oggi possono rivendicare come proprio valore il primato dell’essere sull’avere, dei beni spirituali in confronto ai beni materiali. Ci suggerisce questa considerazione il fatto che in un giorno di fine maggio del 1982, Mons. Simone Scatizzi prese l’iniziativa di organizzare a Villa Rospigliosi il primo di una serie d’incontri con gli uomini di cultura della città. Si rivolgeva a quel mondo, che egli supponeva pervaso dalla ricerca della verità, con lo scopo di riportare la Chiesa pistoiese al centro del dibattito culturale cittadino. Intendeva con ciò dibattere con gli intellettuali il collegamento tra fede e cultura, la connessione evidente tra le manifestazioni del pensiero di una civiltà e la sua fede, attraverso la consapevolezza della trascendenza. La volontà di Mons. Scatizzi era quella di riaffermare con forza la consonanza tra fede e ragione. Ciò testimonia la Sua lungimiranza e la Sua apertura culturale. Ma c’è un altro aspetto della complessa personalità di Monsignore che ci preme sottolineare ed è la profonda e delicata sensibilità, quella sensibilità che lo ha portato ad esprimere la fede con forza appassionata, nelle forme ispirate e commosse della poesia. Molte le citazioni dei suoi versi che potremmo fare. Ci limitiamo ad una che rappresenta tutta la passione e la forza anelante della creatura verso il suo Creatore: «Signore, mio Eterno,/mio Unico, mio Santo,/mia ricercata Salvezza/soltanto la tua parola,/ dipana la mia aggrovigliata esistenza;/ la tua sola Sapienza/può liberarmi dall’angoscia/delle mie tenebre».

A questi versi rispondiamo, in segno di omaggio, con quelli di un poeta che presenta nella sua poetica aspetti simili a quelli di Monsignore, Francis Jammes, appartenente alla luminosa pleiade degli scrittori cattolici francesi: «Eccomi. Sono soltanto un uomo. Io guardo/Sei Tu che rischiari la notte nei miei occhi/ e senza di Te ogni cosa è insana e disperata./ L’anima grida. Ha la nostalgia dei Cieli».

Giorgio e Piera Petracchi

 

Nel 1987 Mons. Scatizzi manifestò il desiderio di dare vita ad un Centro di Coordinamento dei servizi per la famiglia già esistenti in Diocesi (Consulenza familiare e Centro di aiuto alla vita) che ne organizzasse anche di nuovi in un orizzonte più ampio. Grazie alle favorevoli circostanze della disponibilità di locali delle suore Figlie della Carità, l’impegno di un gruppo di laici, l’aiuto della Cassa di Risparmio prima e della Fondazione poi, nacque il Centro Famiglia S.Anna. Luogo dove la pastorale familiare si concretizzava in una serie di uffici e iniziative per stare accanto alle famiglie in difficoltà dai vari punti di vista del vivere quotidiano: problemi di coppia, educazione dei figli, scuola e famiglia, anziani, bambini e ragazzi problematici, aiuto e sostegno alla vita, sostegno alle mamme perché potessero portare a termine maternità difficili o contestate.

Il Centro famiglia iniziò la sua attività nel maggio del 1988 grazie a persone disposte al volontariato e provviste di titoli professionali qualificati come ginecologi, psicologi, pedagogisti, consulenti familiari, avvocati , giuristi, insegnanti … persone giovani e meno giovani disposte a fornire alle famiglie un supporto concreto e scientificamente valido. In quegli anni poche Diocesi in Italia erano in grado di offrire qualcosa di simile! Era un’idea all’avanguardia e come ebbe a dire Mons. Scatizzi nel ventennale del Centro «seguendo in particolare le indicazioni che ci giungevano da Giovanni Paolo II, le intenzioni erano proprio queste, partendo dai Misteri dell’Incarnazione e della Resurrezione: rendere un servizio cristianamente ispirato a chiunque lo richiedesse o ne avesse bisogno, essere come Chiesa, inserita nella vita e nella storia, soprattutto delle persone più fragili; esprimere in armonia con i tempi e la cultura, l’Amore del Padre per ogni essere umano. L’intenzione era non tanto di fare un servizio sociale anonimo , ma un atto di carità che giungesse al cuore delle persone nella concretezza del loro vissuto».

All’inizio il Centro comprendeva la Consulenza Familiare, il servizio Psico-Pedagogico e il Centro di aiuto alla vita, nacque poi il Telefono Amico per far fronte a solitudini e disagi, e il Servizio giovani. Ogni domanda ha avuto la sua risposta, indipendentemente dal quadro culturale di appartenenza, anche indirizzando, quando necessario, alle risorse presenti sul territorio. Nel corso degli anni si è sentita l’esigenza, da parte della pastorale diocesana, di convogliare al Centro anche la sede della Pastorale familiare, della Pastorale degli Anziani, le associazioni legate alla famiglia AGe , AGESC, Associazione per l’Accoglienza, Associazione per i Diritti della Famiglia. Tutte queste associazioni hanno collaborato nel corso degli anni anche alla realizzazione dei convegni annuali promossi dal Centro su tematiche inerenti la vita e i compiti familiari. Oltre a ciò, in particolare l’Associazione per i diritti delle famiglie, ampliando i propri compiti istituzionali, ha offerto e offre, tramite i suoi soci avvocati, consulenza legale gratuita con cadenza quindicinale.

Le coppie separate e in corso di separazione, che Mons. Scatizzi aveva particolarmente a cuore, e per le quali in altra sede forniva momenti di riflessione e di spiritualità, trovano al Centro già da diversi anni un aiuto attraverso percorsi di Mediazione familiare per i genitori e Gruppi di Parola per i loro figli. Al lavoro di counseling e di orientamento il Centro affianca anche azioni con funzione formativa, preventiva e di accompagnamento: incontri con adolescenti, corsi per genitori, corsi di preparazione al matrimonio , incontri per anziani, incontri di spiritualità, tenuti al centro stesso o presso Parrocchie, Scuole e varie istituzioni che ne fanno richiesta. Queste azioni, come nelle intenzioni del fondatore, hanno la funzione fondamentale di sostenere la famiglia in tutte le sue età e manifestazioni. I Convegni, le Tavole rotonde e le Ricerche sulla famiglia, anche grazie all’attività del Centro studi sulla famiglia, (anch’esso voluto da Scatizzi), sono state promosse negli anni dal Centro S.Anna per analizzare i bisogni delle famiglie e del contesto in cui si opera, per tener vivo il dibattito e stimolare una progettualità aderente alle reali necessità.

L’ opera di Mons. Scatizzi prosegue ancora ed è ancor più necessaria perché sono aumentate le richieste di sostegno da parte di persone appartenenti a ogni categoria e status , dati i tempi in cui viviamo così complessi e contraddittori, tempi nei quali la fragilità umana è più tangibile e messa alla prova. Monsignore era stato lungimirante nella sua scelta di occuparsi della famiglia, che negli ultimi anni attraversa pericolose fasi di disgregazione, e il Centro Famiglia continuerà a rappresentare e difendere con coraggio e amore ciò che il vescovo aveva a cuore.

Centro Famiglia Sant’Anna

 

Ricordare Monsignor Scatizzi è innanzitutto l’onore ed il privilegio di averlo conosciuto,anche se come paziente. Ed è stato però proprio grazie a questo che ho potuto conoscere l’uomo, la profondità e la forza di quell’animo che si identificava totalmente con la sua missione. Ricordo quando mi diceva senza perifrasi che affrontava con naturalezza la fine della vita perché aveva vissuto come voleva. Talvolta toglieva l’imbarazzo dalle mie labbra precedendomi con la disamina del suo stato di salute, talvolta mi parlava della bellezza, la bellezza del mondo che egli cercava di fermare nelle sue pagine scritte, quella bellezza che ci avrebbe salvato (citava Dostoevskij). Talvolta mi chiedeva, sofferente ma sempre dignitosissimo, di non agire più perché era impaziente, era curioso di vedere al di là… lui sentiva che lo aspettavano.

Grazie, Monsignor Scatizzi, di questa superba lezione di vita.

Carla Breschi

 

Prima dell’ordinazione episcopale Monsignor Scatizzi era vicario generale della Diocesi di Prato ed assistente diocesano dell’Ac. In tale veste è stato più volte invitato nel nostro gruppo, formato da nove coppie di sposi, a trattare temi di spiritualità famigliare di cui era particolarmente competente ed appassionato. L’amicizia e la stima reciproca che si è creata in quegli anni è proseguita anche durante il suo episcopato a Pistoia. A riprova di quanto sopra ricordiamo che agli incontri con il vescovo organizzava mensilmente a Giaccherino per le famiglie, la presenza dei “pratesi” era assidua e consistente.

In occasione del 25° del gruppo, arricchitosi nel frattempo di un bel numero di figli e figlie, monsignor Simone ci accolse alla Villa Rospigliosi e trascorse con noi una proficua e gioiosa giornata, accettando più che volentieri di comparire nella foto ricordo. A distanza di 10 anni dalla morte, lo ricordiamo con affetto e tanta riconoscenza.

Famiglia Gori

 

Non potremo mai dimenticare quanto Monsignor Scatizzi ha fatto per noi donne del Movimento Italiano Casalinghe di Pistoia.

Non solo ci ha seguite con attenzione ed affetto sin dalla nascita dell’associazione a Pistoia ma ci ha anche costantemente incoraggiate e aiutate nella nostra attività, fino a metterci a disposizione due sale del palazzo Rospigliosi perché potessimo allestire il museo del ricamo, centro fondamentale per valorizzare le nostre conoscenze e le nostre capacità tradizionali, attraverso corsi di ricamo, esposizioni ed occasioni di riflessione a cui è sempre stato presente, sostenendoci anche nel nostro percorso di fede.i sembra quindi prezioso per tutti trascrivere qui un breve brano tratto da una delle numerose che ci ha inviato, perché testimonia, assai meglio di quanto potrei fare io, la sua sensibilità e attenzione verso una realtà femminile assai poco valorizzata: «In questo contesto culturale, in cui la famiglia, e di conseguenza il ruolo della donna all’interno della casa, è sottovalutata se non addirittura denigrata e rifiutata da più parti, la vostra azione controcorrente è opportuna e necessaria e quindi da sostenere con tutti i mezzi convenienti. Mi auguro che la società, anche mediante la vostra azione, sappia ricuperare non solo dignità alla casalinga ma anche riconoscerne i diritti».

Anna Maria Michelon Palchetti

Fare memoria di mons. Simone Scatizzi è un dovere morale.

Per la sua fede, testimoniata con coerenza per tutta la vita, per la sua speranza, che l’ha animato anche nei momenti più difficili e complessi, per la sua carità, che gli è stata compagna nei suoi costanti incontri con i poveri e gli emarginati, con gli ultimi. Desideriamo ricordarlo, in particolare, per quanto da lui fatto per la pastorale familiare, in anni nei quali la famiglia è stata (ed è ancor più oggi) gravata di compiti e responsabilità e costituisce il patrimonio al quale la società, e spesso anche la Chiesa, attingono, dimenticando che essa non è una risorsa infinita, ma soggetta ad esaurirsi se non adeguatamente sostenuta, anche, e forse soprattutto, dal punto di vista morale e spirituale. Da questa consapevolezza è nato l’impegno di mons. Scatizzi per la pastorale dei divorziati e delle coppie lacerate da momenti di crisi, di difficoltà o da separazioni.

Partendo dalla Familiaris consortio e da tutto il magistero di San Giovanni Paolo II, mons. Scatizzi ha dato vita a più gruppi di spiritualità familiare che hanno coinvolto decine di coppie di sposi che si riunivano una volta al mese per pregare, ascoltare la sua riflessione, profonda ed avvincente, e scambiarsi, poi, le esperienze con sincerità di cuore, per concludere la serata con un momento di convivialità non meno importante degli altri, lui diceva, per creare il senso di appartenenza e rafforzare la condivisione. Chi ha partecipato ha vissuto momenti di chiesa domestica, che, per certi aspetti, come amava dire mons. Scatizzi, percorrevano la strada che aveva permesso alla Chiesa primitiva di svilupparsi, passando di casa in casa, crescendo di esperienza in esperienza.

A distanza di tempo, molte coppie oggi ricordano con commozione quei momenti, che fanno parte della loro crescita spirituale di coppia, che sono stati un intenso scambio di esperienze, che hanno permesso di conoscere meglio se stessi e il “noi” della coppia. Per la pastorale dei separati e divorziati, mons. Scatizzi desiderò costituire un gruppo di coppie, appositamente formate, che collaborasse attivamente con lui perché, diceva, le coppie in crisi o chi ha sperimentato il dolore di una separazione, ha sì bisogno di una guida spirituale per affrontare un percorso di riflessione, ma ha altresì bisogno di farlo con altre coppie per condividere e non sentirsi ai margini della Chiesa. L’esperienza raccolse subito un buon successo di persone provenienti anche da altre diocesi: gli incontri si articolavano attraverso le catechesi e le riflessioni di mons. Scatizzi, ispirate alla parola di Dio, al magistero e ai documenti della Chiesa, e poi si aprivano alla condivisione.

Mons. Scatizzi ascoltava con attenzione, con rispetto profondo, consigliava, esortava, era partecipe ed invitava tutti all’empatia nei confronti di fratelli o sorelle lacerati da errori commessi, da ingiustizie subite, da incomprensioni, da tradimenti. Aveva sempre una parola di conforto non scontata e capace di suscitare speranza. Desideriamo ricordarlo così, profondamente uomo, ma soprattutto profondamente uomo di fede.

Paolo e Luciana Bellezza

 

Ricordo che andai a trovarlo, in ospedale, subito prima di partire per una vacanza: restammo che ci saremmo visti, per una certa cosa, a fine agosto. Ricordo le parole scambiate, in quella cameretta. Rivedersi non fu possibile.
Ricordo la corsa folle, in auto, da lontano, per poter essere a Pistoia in tempo per l’ora del funerale del vescovo Simone.
Ricordo il suo impegno nel sociale, nel politico, nel prepolitico. Ricordo la fiducia che mi dette e mantenne per la direzione dell’ufficio comunicazioni sociali.
Ricordo quella ingiusta polemica che lo investì, anche sui grandi giornali, dopo la franchezza di alcune sue parole male interpretate e forse pure male espresse.
Ricordo l’allegria mista a tristezza durante quel pranzo, su in montagna, quando finì il suo mandato. Ricordo la sua capacità di usare il linguaggio della poesia. Ricordo, e conservo, i suoi ricordi scritti su tanti parroci passati a miglior vita.
Ricordo il suo stare nella Chiesa conciliare. Ricordo certe polemiche, certe divisioni, certe situazioni difficili, certi suoi dolori che – ero fra i delegati al convegno di Verona – accelerarono l’arrivo di un nuovo vescovo, scelto con un nome emblematico per affrontare una situazione complessa.
Spesso, durante la Messa, quando il celebrante cita il nome del vescovo oggi in attività, ricordo (portato … dell’età) quando il celebrante diceva “il nostro vescovo Mario” e poi “Simone” e dopo “Mansueto”.
Mauro Banchini



Beata Caiani: un giubileo per i 100 anni dalla morte

A partire dal prossimo 8 agosto saranno celebrati i cent’anni dalla morte della francescana Maria Margherita, che fu fondatrice delle minime del Sacro Cuore. Una gigante della fede e della storia della diocesi

Margherita Caiani, suora francescana di Poggio a Caiano, fondatrice delle Minime del Sacro Cuore e proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 1989, sta per compiere i primi cento anni dal suo dies natalis: in termini umani il giorno della morte, per i cristiani il giorno della nascita in Cielo.

 

Accadrà l’8 agosto 2021, ma un anno prima (sabato 8 agosto 2020) le sue suore inizieranno l’anno del centenario preparandosi entro le tante case dell’Istituto, in Italia e all’estero, ma anche preparando le rispettive comunità, ecclesiali e civili, a un appuntamento così importante. La partenza è questo sabato 8 agosto di un anno purtroppo caratterizzato dalla pandemia virale con una Messa presieduta dal vescovo Fausto Tardelli. Si prosegue per tutto l’anno con iniziative predisposte da un apposito gruppo di lavoro sotto la guida di suor Salvatorica Serra, madre generale dell’Istituto.

 

La celebrazione eucaristica che avvia il centenario si svolgerà all’aperto, nel rispetto delle regole di distanziamento oggi obbligatorie, e sarà ospitata nel piazzale, interno alla Casa madre di Poggio a Caiano, adiacente alla chiesa, con inizio alle ore 21. Sarà distribuito un fascicolo con 365 preghiere, una per giorno: 365 frasi, tratte dalle lettere di suor Margherita, che in ogni Casa dell’Istituto ogni Superiora leggerà al momento della benedizione mattutina, durante la colazione, dando a ciascuna religiosa un ulteriore modo per fare memoria della Fondatrice. Chiunque potrà compiere, nella propria abitazione, un gesto analogo «rinsaldando così – sottolinea madre Salvatorica – il rapporto di vicinanza con la beata riscoprendone l’importanza umana e spirituale e lo spessore incisivo anche ai giorni nostri».

 

Prima della Messa saranno proiettate immagini di un servizio tv girato a Roma, in piazza San Pietro, il 23 aprile 1989 durante la cerimonia di beatificazione della religiosa poggese.

 

Nata il 2 novembre 1863 da Luisa Fortini e Jacopo, fontaniere della Villa Medicea, Maria Anna Rosa Caiani in famiglia era chiamata “Marianna”. Colpita fin da piccola da grandi dolori familiari, iniziò presto il cammino di fede seguendo una vocazione che la condusse non alla clausura ma alla vita attiva e, in particolare, al servizio verso i più deboli: la gente del popolo, gli ultimi, i malati, i senza speranza. Con le sue prime cinque compagne, il 15 dicembre 1902 (diventata suor Maria Margherita del Sacro Cuore) fondò un nuovo istituto religioso: le Minime del Sacro Cuore. Il carisma delle “Minime” si affermò presto in tutta Italia e si caratterizzò, nello spirito originario, anche con gesti coraggiosi e, per il tempo, innovativi: non ebbe ad esempio remore, suor Margherita, a inviare le sue giovani suore anche negli ospedali militari durante la grande guerra.

Mauro Banchini

(da La Vita del 26 luglio 2020)




Alla scuola dell’apostolo San Jacopo

Nella lettera pastorale del vescovo Tardelli un invito a «pregare, ripensare e continuare ad amare» dopo la pandemia

«Alla scuola dell’apostolo Jacopo». Questo il titolo della lettera pastorale consegnata alla Diocesi al termine della messa pontificale del 25 luglio. Titolo accompagnato da tre verbi significativi che nascono tutti dalle vicende di questi ultimi mesi: «pregare, ripensare e continuare ad amare».

Il prossimo anno pastorale sarò particolarmente segnato dall’anno santo iacobeo 2021. Come sarà «ancora non è semplice dirlo — scrive Tardelli nella sua lettera —, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione dei pellegrinaggi alla santa reliquia. «Una cosa però ve la posso dire: l’apostolo San Giacomo sarà il nostro punto di riferimento. Lo sarà il suo essere stato alla scuola di Gesù, vicinissimo a Lui, l’essere stato inviato in missione, la sua testimonianza fino al martirio, il suo legame con la nostra città e diocesi».

Pregare

Il tempo difficile che stiamo attraversando ci dice che c’è urgenza di conversione, di radicamento sull’essenziale. Monsignor Tardelli invita a farlo fin dal primo punto della lettera intitolato «pregare», indicando le parole di Gesù che parlano di una «casa fondata sulla roccia». l brani da meditare si recuperano nel Vangelo di Matteo (7, 24-29) e in quello di Luca (6,46-49) e sono accompagnati da piste di lettura e indicazioni per la vita spirituale e che possono essere un buon esercizio da svolgere in questo tempo estivo. Una lettura non proprio da ombrellone, ma senz’altro “orante”, cioè nella preghiera. Preghiera che permea la relazione con la parola di Dio e che trova forma ed espressione nella liturgia, in particolare in quella eucaristica. Di Messa e di Messe ne abbiamo parlato e sentito parlare a lungo in questi mesi: ne abbiamo capito l’importanza e la centralità? Tardelli invita a pensarci per superare la Messa fatta di «abitudine» per riscoprirla «momento vivo del convenire di una comunità attorno a Cristo, nella lode del Padre». Ci aiuterà anche la prossima uscita della nuova edizione del Messale Romano, quella che prevede la nuova formulazione del Padre Nostro.

Ripensare

Pregare, dunque, e poi «ripensare», tornare cioè alle difficoltà di questi mesi, provando a rileggerle alla luce di Dio. Tempo di crisi ma anche di opportunità —afferma il vescovo – che prova a elencarne alcune, dal «vivere il tempo diversamente» al «fare “meno” ma fare “meglio”», ma anche «l’importanza della Chiesa domestica» e «quanto sia importante stare uniti, come presbiterio, col vescovo, coi parrocchiani». Qualcosa c’è pure da ripensare: il sinodo diocesano ad esempio, necessariamente rimandato a data da destinarsi, ma anche da aggiornare «prendendo in seria considerazione ciò che è accaduto in questo tempo», ma anche l’importanza e il ruolo della famiglia nella comunità cristiana a cui Tardelli dedica uno dei passaggi più forti della lettera pastorale. Un compito e un dono, quello di essere “Chiesa domestica” che chiede di essere compreso e accordato con la vita parrocchiale. C’è da ripensare anche l’iniziazione cristiana, non soltanto attraverso delle indicazioni più generali relative alla modalità della ripresa, da portare avanti «tutti insieme su una base comune e condivisa», ma anche con l’illustrazione delle norme per la celebrazione di comunioni e cresime. Sacramenti molto attesi dalle famiglie, ma da svolgere con le opportune misure di sicurezza: in piccoli gruppi, magari scaglionati di domenica in domenica e anche in modalità un po’ diverse, visto che ai parroci, per esempio, sarà conferita la delega per amministrare la cresima nelle rispettive parrocchie. Pure queste sono da ripensare — appunta il vescovo — secondo differenti «modalità strutturali di presenza e di testimonianza della Chiesa nei nostri territori», anche «con soluzioni innovative e coraggiose», pure, — aggiunge — «con una certa urgenza».

Continuare ad amare

Pregare, ripensare e «continuare ad amare» suggerisce il vescovo nell’ultima parte della lettera. «Continuare» perché molto si fa nell’ordinario e ancora di più è stato fatto in questi mesi. La pandemia ha aperto nuovi fronti: «sul piano psichico, sollevando paure, senso di importenza, incertezze sul futuro», fragilità e inquietudini con cui dovremmo imparare a confrontarci e che segnalano anche nuovi ambiti di missione per la Chiesa di oggi.

u.f.

Scarica e leggi la Lettera pastorale 2020/2021




Rapporto Arpat: la preoccupazione della diocesi

«Evitare allarmismi, ma la situazione è seria. Indirizzare il dibattito su soluzioni concrete per ridurre l’impatto ambientale, anche attraverso la creazione di marchi».

PISTOIA – 21/07/2020 A seguito dell’ultimo rapporto Arpat sulla situazione delle acque in provincia di Pistoia si sono nuovamente riaccesi i riflettori sui problemi di inquinamento nel settore “green”, in particolare con la massiccia presenza dell’erbicida Glifosate nelle acque superficiali.

Preoccupano in particolare le note del rapporto: «È possibile affermare che il superamento degli Standard di Qualità ha interessato un significativo gruppo di corpi idrici, per i quali sussiste un concreto rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale. Si fa presente che diversi obiettivi non raggiunti sono stati già oggetto di proroga, con scadenza prevista per il 2021».

L’ultimo monito dell’Arpat preoccupa anche la Chiesa di Pistoia, negli ultimi anni sempre attenta alle dinamiche sociali ed economiche e sui relativi risvolti sociali e i loro impatto sul futuro.

Quella del vivaismo è una realtà fondamentale, strettamente legata a Pistoia e al territorio della piana. Questa realtà imprenditoriale, radicata da oltre un secolo, nonostante la crisi economica degli ultimi anni, ancor più quella recente, continua a garantire lavoro e dignità a migliaia di famiglie, rappresentando un importante volano di sviluppo ed esprimendo alti valori di professionalità e competenze insieme ad una indiscussa capacità imprenditoriale, ha permesso l’espandersi del comparto del verde fino a raggiunge ben 56 Paesi del mondo.

L’industria del verde ha plasmato il paesaggio con un innegabile e significativo impatto sull’ambiente per l’utilizzo massiccio di risorse quali acqua e terra, come evidenziano da tempo gli annuali rapporti di ARPAT. Non meno preoccupanti sono i dati relativi all’inquinamento da sostanze chimiche del suolo e delle acque, sia superficiali che di falda, che fanno temere ricadute pesanti e prolungate nel tempo. Probabilmente un prezzo davvero alto in termini ecologici.

Il richiamo alla finitezza delle risorse naturali presente nell’Enciclica “Laudato si” torna insieme all’invito già rivolto da mons. Tardelli ai vivaisti: guardare in faccia la realtà evitando le tentazioni di sfruttare tutto quanto il Creato mette a disposizione. Un richiamo alla responsabilità di ognuno e di ciascuno a riflettere sui limiti alla presunzione manipolatrice dell’uomo e alla salvaguardia delle risorse in particolare le generazioni future.

Fuori da allarmismi, occorre riflettere ed agire prima che sia troppo tardi.

Su questo punto vogliamo condividere alcuni auspici per stimolare il dibattito e indirizzarlo verso soluzioni da perseguire sulla via della sostenibilità. In primo luogo, come già affermato dal vescovo in molte occasioni, è ormai urgente che si creino sinergie importanti fra le aziende per investire maggiormente in ricerca e sviluppo, in particolare per la creazione di strumenti, finanche veri e propri marchi di filiera, che certifichino i prodotti pistoiesi come “Water Bio”. Inoltre, per fronteggiare la drammatica crisi dei “piccoli” vivaisti, specialmente in questo contesto di crisi generale, la Chiesa di Pistoia e il suo vescovo chiedono ai tavoli di lavoro, alle categorie tutte, alle istituzioni e agli istituti di credito, di ideare strumenti ad hoc per l’aiuto alle microimprese del settore green, senza alcun dubbio le più colpite oggi e le più in difficoltà nel trovare risorse idonee da investire nella ricerca e nello sviluppo di processi e prodotti con minor impatto ambientale.




Il luglio pistoiese anima l’estate

Attorno alla reliquia portata da Sant’Atto vive e cresce la fede

La tradizione diventa vita e accompagna la città a raccogliersi attorno San Giacomo apostolo.
 
Giovedì 16 alle 18
presso la Basilica della Madonna dell’Umiltà, messa nei primi vespri della festa della Beata Maria Vergine dell’Umiltà. Qui è possibile scaricare il proprio diocesano della liturgia delle ore.
 
A seguire corteo storico con la veste rossa di San Jacopo fino in Piazza del Duomo. Qui i Vigili del Fuoco copriranno col mantello rosso la statua di san Jacopo sulla facciata della Cattedrale.
 
Il rito che dà inizio alla novena del santo patrono.
Tutti i giorni alle 18 messa in Cattedrale e a seguire venerazione della Reliquia di San Jacopo
 
Venerdì 24 luglio
Ritrovo alle 20.45 in Piazza San Francesco. Da qui si svolgerà la processione di San Jacopo fino alla Cattedrale.
 
Sabato 25 luglio, Solennità di San Jacopo
alle 10 le lodi, alle 10.30 accoglienza del corteo storico
con la processione dei ceri, quindi alle 11 santa messa pontificale presieduta da S.E. Mons. Fausto Tardelli.



Appuntamenti per la festa della Madonna dell’Umiltà

Con il mese di luglio tornano a Pistoia gli appuntamenti liturgici legati ai santi patroni della città e della diocesi: la Madonna dell’Umiltà e San Giacomo Apostolo.

«Nell’anno 1490 — si legge nel proprio liturgico diocesano —, mentre la città era minacciata dalla guerra civile a causa degli odii tra famiglie e fazioni, si dice che l’immagine della Vergine dell’Umiltà stillasse come un purissimo sudore. Con questo singolare segno la Beata Vergine fu per il popolo messaggera di pace». Il ricordo di quei fatti si celebra ancora oggi, come occasione di affidamento e venerazione della santa Vergine.

Giovedì 16 luglio, nella Basilica della Madonna, nei primi vespri della festa della Madonna dell’Umiltà, don Luca Carlesi celebrerà la messa delle 18.30. Con la celebrazione eucaristica prende anche il via la Novena al santo patrono. Al termine della messa, infatti, un corteo storico si sposterà dalla Basilica fino in piazza del Duomo, portando la veste di san Jacopo che all’arrivo sarà collocata dai Vigili del Fuoco sulla statua del santo.

Venerdì 17 luglio alle 21.15 Messa solenne nella Festa della della B.M.V. dell’Umiltà, presieduta dal vescovo Tardelli con l’istituzione di alcuni ministri straordinari dell’Eucaristia.

A partire dal 17 luglio la novena prevede la Messa alle 18 la sera in Cattedrale seguita dalla venerazione della reliquia di san Giacomo.




Il vescovo ricorda i morti per Covid-19

Una messa in suffragio in Cattedrale domenica 12 luglio

Domenica 12 luglio, alle 18, nella Cattedrale di San Zeno, monsignor Tardelli celebrerà una Messa solenne in suffragio di tutte le vittime del Covid–19. La funzione sarà animata in via del tutto straordinaria dal coro Gospel Internazionale di Pistoia.

Il coro, diretto dal medico e musicista di origini nigeriane Augustine Iroatulam, è in attività dal 2008, vanta un’attività più che decennale di concerti in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

La Santa Messa sarà il momento per ripercorrere i fatti degli ultimi tre mesi, che hanno profondamente cambiato le vite di tutti. Ciascuno potrà guardare alle perdite, alle ferite, e alla necessaria ricostruzione delle tante vicende che hanno segnato questo periodo, guardando con occhi diversi al futuro.




Tardelli: «Basta con le battaglie politiche a Vicofaro»

«Basta con le battaglie politiche sulla pelle della parrocchia. La polemica continua non ha permesso né di comprendere, né di affrontare la vicenda di Vicofaro»

I punti del vescovo di Pistoia che fanno chiarezza su una realtà complessa

 

PISTOIA 30/06/2020 – Ecco il testo dell’intervento di mons. Tardelli relativo alla situazione della parrocchia di Vicofaro, anche alla luce delle ultime polemiche.

«Negli ultimi giorni, da più parti, sono stato chiamato in causa sulla vicenda della parrocchia di Vicofaro, e quindi vorrei precisare alcune cose:

1.

Il vescovo, quale successore degli apostoli, ha un compito particolare che non è assimilabile a quello di alcun’altra autorità civile. La sua è una autorità puramente morale e non può che esercitarla nel senso evangelico della misericordia. Non è un potere ma un servizio, sul modello del Buon Pastore che va in cerca di tutte le sue pecore.

2.

In questi tre anni di polemiche continue, ho avuto modo però di parlare diverse volte e in modo molto chiaro. L’ho fatto per es. dopo la Santa Messa blindata dalle forze dell’ordine, l’ho fatto dopo i controlli avvenuti in parrocchia, nel momento delle minacce a don Massimo, e, ultimamente, per spiegare il faticoso lavoro della diocesi per superare l’emergenza del sovraffollamento. I miei interventi sono agli atti. Forse ci si aspetta dal Vescovo una soluzione che non è però nella sua disponibilità. Sia perché supera le sue competenze, sia perché non è conforme allo stile di azione di un vescovo, chiamato com’è ad essere il più possibile simile al Buon Pastore.

3.

Altre sono le autorità preposte all’ordine pubblico, alla salute pubblica, alla sicurezza sociale e a far rispettare le leggi. Queste hanno anche la forza per poter agire e hanno tutte le possibilità di muoversi. Da parte mia, più volte ho dichiarato che non mi sarei mai opposto ad alcuna azione delle pubbliche autorità volta alla tutela della sicurezza dei cittadini o al rispetto delle leggi, laddove si fosse ritenuto necessario.

4.

A molti può dispiacere, ma a me dispiace per loro, che si accolgano migranti nel nostro territorio. A parte che i flussi migratori non sta alla chiesa regolamentarli e che la gestione del problema migranti spetta in primo luogo alle istituzioni dello Stato, parlamento e amministrazioni locali incluse, la presenza di fatto sul territorio di queste persone deve pur essere in qualche modo affrontata. Può darsi inoltre che molti non gradiscano proprio che ci si prodighi per i migranti. Non posso farci niente. La mia scelta e la scelta della chiesa è chiara e ribadita più volte dal Santo Padre: l’accoglienza è un valore umano ed evangelico e riguarda in particolare tutti coloro che sono in difficoltà. Dal punto di vista cattolico, sono costretto a dire, ma con convinzione, che non può esistere pratica religiosa e frequentazione di chiesa che si accompagni a sentimenti di rifiuto dei migranti o peggio, di razzismo seppur larvato.

5.

Alla luce di quanto detto fin qui, vorrei fosse chiaro a tutti che il problema non è Vicofaro in sè. Il problema sono invece tutti quei ragazzi ospitati o che gravitano attorno a Vicofaro. Probabilmente non dovevano essere accolti in una realtà così poco adatta. Va bene. Forse dovevano essere seguiti molto meglio? Forse don Massimo, col suo modo di fare, non ha favorito una qualche soluzione del problema? Possiamo concordare. Però non nascondiamoci dietro a un filo d’erba! La questione vera è che questi ragazzi ci sono. Che ne facciamo? Li mandiamo in mezzo alla strada e li lasciamo al loro destino? Li mettiamo tutti in galera? Li rimpatriamo? (soluzione che non è certo in mano alla chiesa). Cosa facciamo di queste persone, tra le quali ci sono tanti bravi ragazzi ma anche ragazzi dalla psicologia fragile, deboli che si fanno invischiare in brutti giri, ci sono i problematici, i violenti? Ancora una volta torno a dire che le Istituzioni dovrebbero, loro, prendersi in carico queste persone, perché il volontariato – e la Chiesa si muove su tale piano – non può farcela a gestire da sola situazioni così complesse.

6.

Tutto questo mi da occasione anche per dire una cosa molto semplice e lampante che vorrei non sfuggisse ad alcuno: don Massimo può essere criticato e sicuramente deve saper riconoscere anche i propri errori. Però si è mosso per cercare il bene, non il male. Ha tentato e tenta di rispondere a bisogni reali e concreti di persone in carne ed ossa, nei confronti delle quali non possiamo rimanere indifferenti o peggio, farci prendere da sentimenti di repulsione. Ci vuole pertanto un po’ di comprensione da parte di tutti, perché l’impresa portata avanti da don Massimo non è né facile né gratificante. E’ bene ricordarlo: i poveri, gli ultimi, i senza fissa dimora non sono sempre bravi, buoni, puliti, educati….. Ed è questo il motivo per cui, pur cercando di correggerne tutte le storture, ho avallato nella sostanza quel che veniva fatto a Vicofaro, distinguendo sempre tra limiti della persona e l’opera portata avanti. Ed è anche questo il motivo per cui il Santo Padre Francesco, attraverso il suo Cardinale elemosiniere ha fatto giungere non molto tempo fa, un’offerta di 20.000 euro a sostegno dell’opera.

7.

A Vicofaro esiste anche un problema relativo alla parrocchia. Non è che non ne sia consapevole. Ma, come sempre dico, i problemi in famiglia – e la chiesa è sostanzialmente una famiglia – si devono risolvere col dialogo, con la partecipazione, con il convenire, cercando di darsi una mano reciprocamente. Non si risolvono certamente mandando via qualcuno, fosse anche il parroco. Considerando poi che trasferire o rimuovere un parroco non può mai essere un atto di semplice autorità. Siamo chiesa, non un esercito! Certamente c’è un limite a tutto e anche nella chiesa sono possibili procedimenti canonici a tutela dei diritti dei fedeli e del bene comune. Procedimenti che hanno però bisogno di una loro formalità.

8.

Ci sono problemi di ordine pubblico? Si. Penso di si. La vita nel quartiere è diventata difficile? Si. Però due cose. La prima è che non tutti gli abitanti del quartiere la pensano allo stesso modo. E anche nella città, sono molti coloro che appoggiano l’esperienza di Vicofaro così com’è portata avanti. La seconda è che, pur rammaricandomi fortemente di questi disagi e pur essendomi raccomandato più volte di rimediare, il potere di far rispettare l’ordine pubblico non è nelle mani del Vescovo.

9.

Voglio far notare poi che da sempre la diocesi cerca di dare una soluzione anche alla questione Vicofaro. Soltanto in questi ultimi tempi, con notevole impegno, si è data da fare per ricollocare in strutture più adeguate e seguite da personale competente, parecchi ospiti presenti a Vicofaro, andando a capire quale fosse realmente la complessità e la problematicità della vicenda, narrata, in un modo o in altro, più per i media e per la strumentalizzazione politica che con la volontà di comprendere davvero.

10.

In questo senso una parola la devo dire anche sul denaro. Qualcuno ha detto che tutto è motivato dai soldi. Niente di più falso. È bene che si sappia che la diocesi non ha mai intascato alcunché dalla gestione dei migranti. Attualmente, con le magre risorse che ha, sta sostenendo tutte le spese, perché i ragazzi che sono attualmente presenti a Vicofaro, per nessuno di loro lo Stato passa un centesimo: è bene che lo si sappia. La diocesi, quel poco che ha, lo sta mettendo a disposizione, nella speranza che le Istituzioni si facciano carico almeno di questo aspetto della questione.

11.

I giorni che seguiranno non saranno facili, e voglio fare ancora un appello, alla diocesi e alla città tutta, pur consapevole del rischio di restare inascoltato, come spesso purtroppo è accaduto. A Vicofaro non si combatte una battaglia tra schieramenti politici; tra chi è a favore e chi è contro. Tra destra e sinistra. Non può essere l’occasione per condurre lotte partitiche. Anche le scadenze elettorali regionali devono restare fuori, e la presenza a Vicofaro di esponenti politici in lotta per le elezioni regionali, siano a favore o contrari a quanto lì viene fatto, è assolutamente deleteria e da evitarsi in ogni modo. La politica cessi di strumentalizzare questa vicenda una volta per tutte! Solo nell’ascolto reciproco, nell’attenzione all’altro, nel farsi carico senza ideologie dei problemi delle persone, nel venirsi incontro, si può trovare qualche soluzione. Non con le urla, non con le contrapposizioni, non nelle polemiche o nelle provocazioni ma nella ricerca fatta di dialogo. A Pistoia questo è possibile? La domanda non è retorica. Eppure io credo che dobbiamo tutti sforzarci perché sia possibile».

+ Fausto Tardelli