Il cristiano può andare in vacanza?

Una riflessione del vescovo Tardelli per il tempo delle vacanze.. e non solo.

Il cristiano può “andare in vacanza? Capite bene che non sto parlando di quei giorni di meritato riposo in cui uno stacca dalla vita ordinaria per ritemprarsi nel corpo e nello spirito. Quelle sono vacanze salutari, anche se, diciamo la verità, non possono mai essere “spensierate”, avendo in mente chi non se le può permettere.
Ma non è di queste vacanze che intendo parlare. La mia domanda è ovviamente un’altra. Cioè se l’essere cristiani, l’essere discepoli di Gesù Cristo, preveda per così dire “zone franche” nella vita e nel comportamento. Zone in cui i criteri, il metro di giudizio e la pratica dell’esistenza si desumano semplicemente dal gusto personale, dai propri desideri, dall’opinione alla moda o dell’imbonitore di turno. La domanda è chiaramente retorica e la risposta scontata: certo che no;

il cristiano non va mai in vacanza. Cristiani lo si è 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno – 366 per l’esattezza, nell’anno bisestile. Lo si dovrebbe essere nella vita domestica, nelle relazioni con gli altri come nella vita sociale e nella politica; nel momento del divertimento, come in quello del lavoro o dell’impresa; nel rapporto col proprio corpo o con la natura; nell’ambito delle scienze, come in quello della cultura e delle arti.

È chiaro che tra Vangelo e vasto campo della storia degli uomini, quello cioè dell’economia, della politica, della cultura, quello dell’organizzazione sociale e persino della vita quotidiana, è necessaria una mediazione. Il Vangelo infatti non è di per sé un manuale di economia o di politica, un manifesto culturale, una costituzione o un codice civile o penale. “Il mio regno non è di questo mondo”, proclama con chiarezza Gesù a Pilato. Eppure, la mediazione necessaria non può essere arbitraria; non può prescindere dal vangelo. Essere cristiani significa vivere di Cristo, da figli di un Dio di infinita misericordia, Padre, Figlio e Spirito Santo e conseguentemente da fratelli veri di ogni uomo, chiamati a formare una famiglia riunita nell’amore e destinata alla vita eterna. Da qui deriva necessariamente una visione del mondo e delle cose, un modo di sentire e percepire la realtà e uno stile di vita che hanno un preciso orientamento. Se da una parte valorizzano e fecondano creativamente ogni aspetto dell’umano, dall’altra, non sempre sono compatibili con ogni opinione, ogni modo di pensare e di vivere o con ogni tipo di scelta.

In questo senso, la coerenza della fede esige che in certi momenti si dicano anche dei no, proprio perché si dice sì a Gesù Cristo, salvatore e redentore dell’uomo.

Solo qualche esempio, tanto per spiegarmi. Parto da un ambito strettamente personale: quello dell’affettività e della sessualità. Lì non è che per il cristiano vada sempre tutto bene e che possa accettare la “deregulation” affettiva e sessuale oggi in voga. Aldilà di ogni umana fragilità e di possibili e non rari condizionamenti, il Vangelo indica un cammino, a volte arduo ma necessario, perché l’amore risplenda in tutta la sua bellezza, libero dalle pastoie degli egoismi.

Ancora un altro esempio: un cristiano lavora, è impiegato od operaio, è imprenditore, oppure è nel commercio o nella finanza. Tutto bene. Proprio perché cristiano, si darà da fare con grande impegno e competenza. Non potrà però mai cedere alla corruzione e all’intrallazzo, pensare solo al proprio interesse o sostenere un’economia e una finanza che opprimono l’uomo.

Ancora: il cristiano è e deve essere un buon cittadino e rispettare le leggi. Non dimenticherà però mai che è meglio obbedire a Dio che agli uomini e che il bene da compiere non lo stabiliscono le leggi fatte dall’uomo. Buon cittadino dunque, sì, certo, ma anche sempre pronto all’obiezione di coscienza. In politica vale altrettanto. Ci ricorda papa Francesco che l’annuncio cristiano ha un contenuto ineludibilmente sociale e che la politica può definirsi una vocazione altissima, una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. A questo proposito vorrei citare la sempre illuminante dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede di qualche anno fa. “La coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti”. Non sto ora qui ad elencare i casi in cui questo accade. L’importante è il concetto: per il cristiano anche le scelte e l’impegno politico, non sono “zona franca”.

Gli esempi non finirebbero, ma non posso dilungarmi oltre. Se ne potrebbero fare tanti, perché necessariamente il Vangelo si deve fare carne e storia e questo è un lavoro mai definitivamente compiuto e sempre bisognoso di nuovo discernimento. Credo comunque che si sia capito ciò che avevo in mente quando ho detto che il cristiano non può andare in vacanza. Con tutto ciò, auguro di vero cuore ad ognuno di potersi prendere in questo tempo un po’ di giusto riposo.

† Fausto Tardelli

Pubblicato sul settimanale “la Vita” del 25/07/2019 (n. 29).




Lettera Pastorale del Vescovo: «…E di me sarete testimoni»

Lettera pastorale del vescovo Fausto per il 2019 – 2020. Al centro una profonda riflessione sulla stato attuale della diocesi. Annuncio del Sinodo e dell’Anno Santo Jacobeo.

«Abbiamo camminato. Si, lo abbiamo fatto. Un po’ alla meglio, qualche passo avanti e qualche altro indietro. Non lo abbiamo fatto sempre tutti insieme, questo è vero; però almeno abbiamo cominciato a capire che insieme bisogna andare, perché siamo il Popolo di Dio, radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, che vive nei territori di gran parte della provincia di Pistoia, di una parte della provincia di Prato e anche della provincia di Firenze. Siamo un solo popolo, seppur suddiviso in tante piccole o grandi comunità».

Cosi mons. Tardelli introduce la sua lettera pastorale “…E di me sarete testimoni” rivolta alla chiesa di Pistoia in occasione del prossimo anno pastorale. Una missiva che parte da un’analisi molto dura e critica della situazione della chiesa diocesana di oggi, che scaturisce dagli esiti della visita pastorale, da poco giunta al termine:

 

«La visita pastorale mi ha permesso di conoscere un po’ di più le piccole e grandi comunità parrocchiali della nostra diocesi. Una realtà, quella delle parrocchie, molto variegata e diversificata, sia per numero di abitanti che per partecipazione, vitalità e impegno pastorale, come per le modalità con cui si organizza e si affrontano i problemi».

 

Un viaggio che ha evidenziato sia le ricchezze che le criticità della diocesi, che fronteggia i tanti problemi della società odierna: la secolarizzazione, l’invecchiamento della popolazione, lo spopolamento delle aree di montagna: «Pur registrando alcune gravi lacune o deficienze, ho riscontrato generalmente una certa vivacità, una voglia di fare, di non arrendersi. Nonostante la partecipazione sia in calo e manchino spesso i ricambi man mano che i più anziani se ne vanno; pur con lo spopolamento che colpisce una parte della diocesi, mi sembra che il sentimento più diffuso sia quello, mi si passi l’espressione, di chi ha intenzione di “vender cara la pelle”, prima di chiudere».

Il vescovo riconosce in due principali punti l’impegno futuro per la diocesi: un rinnovato e maggiore impegno nell’evangelizzazione e la crescita nella pratica della vita comunitaria:

 

«Generalmente le nostre parrocchie sono fatte dal parroco, che può avere la responsabilità magari di una o più parrocchie, e dai suoi collaboratori. Quello che però mi pare spesso manchi, è un senso profondo di comunità; un senso cioè di appartenenza a una famiglia che ha come fondamento il Signore Gesù; quel senso ecclesiale di appartenenza a un popolo che si sente unito da una comune vocazione, da un comune dono di grazia e da una comune responsabilità».

Accanto alla dimensione comunitaria c’è la difficoltà nell’evangelizzazione: «La dimensione missionaria delle nostre parrocchie è piuttosto carente e l’attenzione alle “attese di vangelo” delle persone ancora troppo debole. Intendo qui per “attese di vangelo” tutte quelle situazioni personali o sociali che, più o meno consapevolmente, manifestano un’attesa, un bisogno, la speranza di una notizia “davvero buona” che rinnovi la vita, dia pace e gioia, permetta di trovare un senso pieno alla propria esistenza.

Mons. Tardelli prova ad individuare le principali attese di Vangelo che vanno ad incrociare le aspettative delle persone, in particolare dei giovani. Oltre alla evidente difficoltà nel coinvolgere e strutturare gruppi giovanili, il vescovo annota:

 

«Quello che mi preoccupa non è solo la scarsità di gruppi giovanili, quanto l’assenza di elementi giovani – intendo qui soprattutto giovani adulti – nell’impegno pastorale delle parrocchie, nella vita concreta delle comunità parrocchiali. Nei consigli pastorali, tra i catechisti e nell’insieme dei collaboratori parrocchiali che ho incontrato nella visita pastorale, le persone giovani scarseggiano un po’. Forse nelle giovani generazioni non c’è disponibilità o attenzione alle cose dello spirito? Tutti occupati con l’università o col lavoro oppure, se sposati, con la famiglia e le tante faccende del mondo? Forse le nostre parrocchie non sono a misura di gente che ha famiglia, lavora ed è alle prese con i problemi quotidiani della vita? Son fatte solo per bambini e pensionati? Dovremmo allora ripensare le nostre parrocchie?»

Oltre a parrocchie,  luogo accogliente e di comunione, mons. Tadelli individua altre attese di Vangelo, altrettanto urgenti: «c’è bisogno che il Vangelo della pace liberi e ritempri la mente: eccome se ce n’è bisogno, perché le ferite della ragione sanguinano mortalmente e il peggio è che spesso neanche ci se ne accorge. Ferite che si approfondiscono con l’avanzare nella cultura di un’idea di uomo ridotto a materia manipolabile, a “macchina”, a “consumatore”; col prevalere dell’ideologia tecnologica che dice tutto sul “come” ma rimane muta sui “perché”.

Un’ altra attesa riguarda le persone  “ferite” nella dignità:

 

«I modi sono tanti, la causa però è chiara: quella cultura dello “scarto” che domina il mondo. Anche per quanto riguarda l’affettività umana – afferma Tardelli – c’è attesa di una “buona notizia”. Per “cuore” intendo qui tutto ciò che ha attinenza con la relazionalità umana, con la sua dimensione affettivo-relazionale. La difficoltà ad avere relazioni affettive stabili e durature per mancanza di amore o per le sue caricature, è sotto gli occhi di tutti. Le nostre famiglie sono spesso ferite, disarticolate e riaggregate, cangianti; a volte sono luogo d’inimmaginabile violenza».

Le teorie del “gender” che confondono e negano addirittura le identità sessuali basilari, lacerano, feriscono; vorrebbero sanare, ma il rimedio appare peggiore del malanno.  La solitudine, ancor più drammatica nel mondo della comunicazione globale e dei “social”, ci ammala ed intristisce la vita fino all’angoscia e di questa solitudine senza futuro, la denatalità che colpisce gravemente il nostro paese è un segno inequivocabile.

Infine, l’attesa di una “buon notizia” si avverte in ciò che riguarda più propriamente la nostra anima. La corruzione e l’assopimento della coscienza morale; la trasgressione sistematica dei comandamenti di Dio; il peccato in pensieri, parole, opere e omissioni; l’allontanamento di Dio dal cuore, dalla mente e dagli spazi sociali, tutto questo ferisce in modo a volte mortale la nostra anima.

Concluse le analisi il vescovo traccia la strada dei prossimi anni, indicando la messa in stato sinodale della diocesi: «la strada per i prossimi anni sembra in qualche modo tracciata dai “segni dei tempi”, ciò però non potrà avvenire senza uno sforzo di partecipazione e condivisione le più larghe possibili, con il più ampio coinvolgimento di persone e comunità. 

 

«Quello che del resto la chiesa ha sempre fatto fin dai tempi apostolici quando si è trovata nella necessità di individuare il cammino secondo il pensiero di Dio: mettersi insieme in ascolto dello Spirito, confrontarsi, parlarsi, fare “discernimento comunitario”. E questo si esprime con una parola ben precisa che la tradizione della Chiesa ci ha consegnato: sinodo. Il cammino di quest’anno sfocerà poi in un vero e proprio Sinodo diocesano che celebreremo, a Dio piacendo, agli inizi del 2021»

Infine – conclude il vescovo – Con l’inizio del 2021 prenderà l’avvio – e lo annuncio qui solennemente con grande gioia – anche l’anno santo iacobeo. È tradizione infatti che quando la festa di San Giacomo, cioè il 25 di luglio, cada di domenica, quello sia un anno santo speciale, celebrato con grande solennità a Santiago de Compostela. Questa volta però lo celebreremo anche noi, dal momento che custodiamo da secoli la reliquia più importante di San Giacomo apostolo, dopo quella di Santiago, dalla quale la nostra fu tratta. Già sono stati presi contatti con l’Arcivescovo di Santiago che, con la sua diocesi, si è mostrato molto contento di celebrare l’anno santo insieme con noi».

(Red.)

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San Jacopo: un culto che spiega l’anima della città e il cammino della chiesa pistoiese

Nell’omelia del vescovo Tardelli per la solennità di San Jacopo il valore di un culto che ha segnato, attraverso i valori dell’accoglienza e del pellegrinaggio, la storia della nostra città. Nel segno di san Jacopo apostolo anche il futuro prossimo della città, invitata a cogliere le attese di Vangelo del nostro tempo e a camminare insieme verso il sinodo diocesano nell’anno jacobeo 2021.

L’apostolo San Giacomo il maggiore è un
nostro fratello e amico. In lui abbiamo un grande testimone della fede, fino
all’effusione del sangue. Egli fu infatti il primo degli apostoli a subire il
martirio, ucciso di spada per le mani del re Erode, come ci dice il libro degli
Atti. Fratello di Giovanni l’evangelista, fu pronto a lasciare le reti quando
il Signore Gesù lo chiamò sulle rive del lago di Tiberiade per divenire
pescatore di uomini. Spesso fu con Gesù nei momenti salienti della vita del
salvatore e imparò da Lui, come ci ha ricordato il vangelo poco fa, la via
dell’umiltà e del servizio. Un’antica tradizione dice che sia stato in Spagna a
portare il Vangelo.

Discepolo fedele di Cristo, membro del
collegio apostolico, evangelizzatore, testimone di amore con il dono della
propria vita: sono tanti i motivi per sentirci onorati di avere un così nobile
e grande patrono. Non va dimenticato poi il forte richiamo alla carità che il
culto iacobeo porta con sé: infatti, dopo il ritrovamento dei resti mortali
dell’apostolo a Compostela, si sviluppò un vasto movimento di pellegrini che
portò a quella singolare pratica dell’ospitalità e dell’accoglienza che fece
fiorire ospizi, ospedali e luoghi di servizio e carità un po’ dovunque, lungo
le antiche vie di comunicazione.

San Jacopo è patrono speciale della
città di Pistoia, della comunità civile cioè, non soltanto di quella ecclesiale.
Comunità che saluto, qui rappresentata dalle autorità civili e militari, dalle
realtà economiche e sociali del territorio, dalle associazioni storiche e
culturali, come dai cittadini tutti presenti.

Avere al centro della città le reliquie del santo apostolo che fu compagno di Gesù, evangelizzatore e martire; averle poi da così tanti secoli, racchiuse in scrigni di affascinante bellezza come un tesoro prezioso, è un fatto che merita attenzione. Significa che la nostra città non è un agglomerato informe di case e costruzioni, di vicoli e vie senza nesso, affidate al caso e abitate da un insieme occasionale di individui. Essa è invece una città, una “civitas”, una comunità cioè di uomini e donne liberi che si riconoscono fratelli diversi l’uno dall’altro, ma con gli stessi diritti e gli stessi doveri, rispettosi della dignità di ognuno; persone che interagiscono tra di loro, sentendosi un popolo, con una storia e un destino. La nostra città ha dunque un suo centro, urbanistico e simbolico a un tempo, ben rappresentato dalla nostra meravigliosa piazza del duomo. Non è però un centro del potere, come spesso si interpreta e come a prima vista potrebbe sembrare. Il vero centro infatti è dato dalla reliquia dell’apostolo Giacomo e cioè dalla testimonianza di un uomo che ha dato la vita per restare fedele alla sua coscienza, consumando la sua esistenza nel servizio degli altri e dal cui culto si sono affermati nei secoli i valori del pellegrinaggio e dell’accoglienza. Da questa testimonianza di dedizione e di servizio, trovano senso anche i “poteri” che sulla piazza si affacciano.

Fu la fede cristiana a motivare la
collocazione della reliquia del santo nel cuore della città e a suscitare tante
imprese d’arte e d’ingegno, insieme ad operose iniziative di carità. Essa ha
ancora da dire qualcosa all’uomo di oggi e alla città di Pistoia. Può ancora
alimentare creatività, opere di generosità e di bellezza. Occorre però che non
ci si accontenti di celebrazioni esteriori. Non serve mostrare o esibire
simboli cristiani o fare qualche rievocazione storica: la fede cristiana
dovrebbe tornare ad essere orizzonte luminoso di senso e vita vissuta
nell’esistenza quotidiana. Ciò non vuol dire sminuire l’importanza e il valore
di altri orizzonti di pensiero e di azione, di cultura e religione, che sono i
benvenuti in mezzo a noi e coi quali la fede cristiana vuole solo dialogare e
confrontarsi.  

In questa occasione così importante per la diocesi e la città è consuetudine che io consegni gli orientamenti pastorali per l’anno che ci sta davanti e che inizierà a settembre. “…E di me sarete testimoni” (Atti 1,8) è il titolo della lettera pastorale che consegnerò e riprende le parole di Gesù agli apostoli al momento dell’ascensione. Il sottotitolo esplicita bene il tema: “Con Gesù per le strade degli uomini”.

Durante il cammino compiuto dalla diocesi in questi anni, suggellato dalla mia prima visita pastorale alle parrocchie da poco conclusasi, mi è parso che emergesse sempre più una necessità o meglio una chiamata del Signore: quella di annunciare di nuovo e con più entusiasmo, la Buona notizia del Regno; sia all’interno delle nostre parrocchie, dove la fede a volte si è fatta stanca, sia all’esterno, dove occorre una presenza amorosa, carica di speranza che dia prospettive di salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo. Stimolati in particolare dall’esortazione apostolica programmatica di Papa Francesco, “Evangelii gaudium”, ci siamo resi sempre più conto che noi – chiesa pistoiese – dobbiamo crescere come una vera e variegata comunità fraterna e corresponsabile, facendo maggiore attenzione a quelle che ho chiamato “attese di vangelo”. Quelle situazioni personali o sociali cioè che, più o meno consapevolmente, manifestano un’attesa, un bisogno, la speranza di una notizia “davvero buona” che rinnovi la vita, dia pace e gioia, permetta di trovare un senso pieno alla propria esistenza. “Attese” che ci interpellano come singoli e come parrocchie, chiamati come siamo ad essere testimoni e annunciatori del Vangelo di Gesù. Queste “attese” sono tante e sono diffuse nelle persone e nelle nostre città. Dobbiamo saperle riconoscere e saper andare loro incontro con una concreta testimonianza d’amore. Penso per fare solo qualche esempio a tutto il mondo degli adolescenti e dei giovani; alle tante situazioni di fragilità e sofferenza che prostrano le persone; penso al bisogno di dignità umana spesso calpestata e oppressa; penso ancora alla crisi della ragione che è sotto gli occhi di tutti e alla debolezza estrema dei legami affettivi come, infine, a quella sete di speranza che nasce dalle profonde ferite della nostra anima.

In questi anni abbiamo però capito che per evangelizzare occorre anche crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria. In quel senso profondo di comunità, di famiglia che ha come fondamento il Signore Gesù; in quel senso ecclesiale di appartenenza a un popolo unito – ministri ordinati e laici – laici – lo ribadisco – da una comune vocazione, un comune dono di grazia e una comune responsabilità in ordine alla evangelizzazione, che è caratteristica fondamentale della chiesa.

Tuto questo mi ha portato allora a delineare il cammino della chiesa di Pistoia nei prossimi anni in poche, sintetiche parole: lavoriamo per una chiesa sinodale e per un nuovo, diffuso slancio missionario.

Non meravigli la
parola “sinodale”. La Chiesa manifesta e realizza in concreto il suo essere
comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare
attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice. Questo
vuol dire in sostanza la parola “sinodale”, e la messa in atto di una Chiesa
sinodale è ciò che da sempre il Signore chiede ai suoi discepoli come presupposto
indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero Popolo
di Dio.

Il lavoro pastorale di quest’anno per
una chiesa sinodale aperta alla missione, sfocerà quindi in un vero e proprio
Sinodo diocesano che celebreremo, a Dio piacendo, agli inizi del 2021. “Sinodo”
è parola importante per la chiesa, fin dalle sue origini. Ed è stato così anche
per la chiesa pistoiese, come ci dice la sua storia. Con questa mia lettera intendo
pertanto comunicare ufficialmente la celebrazione di quello che sarà il I°
sinodo della chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano II, dedicato all’urgente
tema della evangelizzazione nel mondo di oggi. Sarà un momento grande di grazia
per la nostra chiesa – ne sono certo.

Ma non è finita qui. Con l’inizio del 2021 prenderà anche avvio – e con grande gioia lo annuncio qui solennemente– l’anno santo iacobeo. È tradizione che quando la festa di San Giacomo, cioè il 25 di luglio, cade di domenica, quello sia un anno santo speciale, celebrato con grande solennità a Santiago de Compostela. Questa volta però lo celebreremo anche noi, dal momento che custodiamo da secoli la reliquia più importante di San Giacomo apostolo, dopo quella di Santiago, dalla quale tra l’altro la nostra fu tratta. Già sono stati presi contatti con l’Arcivescovo di Santiago che, con il Capitolo dei canonici di quella Cattedrale, si è mostrato molto contento di celebrare l’anno santo insieme con noi. La memoria di un apostolo come San Giacomo, per l’appunto di un evangelizzatore, ci accompagnerà verso la missione e spero vivamente che le celebrazioni dell’anno santo promuovano un grande fervore di fede e di carità in tutta la Diocesi, riflettendosi positivamente anche sull’intera città e provincia di Pistoia.

Mentre dunque il prossimo 2020 ci
vedrà sostanzialmente impegnati in un capillare lavoro di mobilitazione e
preparazione, l’anno 2021 sarà davvero speciale per la nostra chiesa: si aprirà
– a Dio piacendo – con la celebrazione del Sinodo diocesano sul tema della
evangelizzazione e si dipanerà nella memoria festosa e impegnativa di un grande
apostolo, testimone della fede fino al dono della vita, esempio luminoso di
quella gioia del vangelo a cui Papa Francesco ci ha di continuo richiamato in
questi anni.

Allora, carissimi fratelli ed amici: ultreya! “Più avanti”, “sempre oltre”. Con l’antico e caratteristico grido dei pellegrini di San Jacopo, camminiamo insieme e andiamo avanti nella via della giustizia, della verità e dell’amore.

+ Fausto Tardelli, vescovo




Messaggio alla città per la festa di San Jacopo

Le parole del vescovo Tardelli per la solennità del santo patrono di Pistoia e della Diocesi

«In occasione delle tradizionali feste di San Jacopo, nostro celeste patrono, intendo rivolgere un breve saluto alla città, rappresentata dalle autorità civili e militari, dalle realtà economiche e sociali del territorio, dalle associazioni storiche e culturali, come dai cittadini tutti.

Avere al centro della città le reliquie del santo apostolo che fu compagno di Gesù, evangelizzatore e martire; averle poi da così tanti secoli, racchiuse in scrigni di affascinante bellezza come un tesoro prezioso, è un fatto che merita attenzione. Significa che la nostra città non è un agglomerato informe di case e costruzioni, di vicoli e vie senza nesso, affidate al caso e abitate da un insieme occasionale di individui. Essa è invece una città, una “civitas”, una comunità cioè di uomini e donne liberi che si riconoscono fratelli diversi l’uno dall’altro, ma con gli stessi diritti e gli stessi doveri, rispettosi della dignità di ognuno; persone che interagiscono tra di loro, sentendosi un popolo, con una storia e un destino. La nostra città ha dunque un suo centro urbanistico e simbolico a un tempo; ben rappresentato dalla nostra meravigliosa piazza del duomo. Non è però un centro del potere, come spesso si interpreta e come a prima vista potrebbe sembrare. Il vero centro infatti è dato dalla reliquia dell’apostolo Giacomo e cioè dalla testimonianza di un uomo che ha dato la vita per restare fedele alla sua coscienza, consumando la sua esistenza nel servizio degli altri e dal cui culto si sono affermati nei secoli i valori del pellegrinaggio e dell’accoglienza. Da questa testimonianza di dedizione e di servizio, trovano senso anche i “poteri” che sulla piazza si affacciano.

Fu la fede cristiana a motivare la collocazione della reliquia del santo nel cuore della città e a suscitare tante imprese d’arte e d’ingegno, insieme ad operose iniziative di carità. Essa ha ancora da dire qualcosa all’uomo di oggi e alla città di Pistoia. Può ancora alimentare creatività, opere di generosità e di bellezza. Occorre però che non ci si accontenti di celebrazioni esteriori. Non serve mostrare o esibire simboli cristiani o fare qualche rievocazione storica: la fede cristiana dovrebbe tornare ad essere orizzonte luminoso di senso e vita vissuta nell’esistenza quotidiana. Ciò non vuol dire sminuire l’importanza e il valore di altri orizzonti di pensiero e di azione, di cultura e religione, che sono i benvenuti in mezzo a noi e coi quali la fede cristiana vuole solo dialogare e confrontarsi.  

Mentre dunque invoco la protezione di San Jacopo su Pistoia e su tutti i suoi abitanti, auspico che le feste iacobee, nei cristiani di questa città, risveglino la fede dei padri e la gioia di professarla; nei non cristiani o non credenti, siano invece occasione per godere dei frutti di bellezza che la fede cristiana ha prodotto nei secoli. A tutti dunque, buona Festa!»

+ Fausto Tardelli




La processione di San Jacopo: un appuntamento da non perdere

Mercoledì 24 luglio, alle ore 21, tutti i fedeli sono invitati a partecipare alla processione in onore del santo patrono. Il percorso avrà inizio dalla chiesa parrocchiale di san Francesco e si chiuderà nella basilica cattedrale di san Zeno

Leggiamo nella Costituzione
conciliare Sacrosanctum Concilium
sulla divina Liturgia: «La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e
tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei
santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai
fedeli opportuni esempi da imitare» (n.111).

Tutti sanno che il corpo di San
Giacono (Jacopo, per i pistoiesi), primo tra gli Apostoli a subire il martirio,
venne – secondo la tradizione – traslato dopo la morte in Spagna e ritrovato
molti secoli più tardi in una remota località della Galizia, grazie alla
miracolosa indicazione di una stella. Da qui il nome acquisito da quel luogo, “Campus
Stellae”
divenuto Compostella, meta di pellegrinaggio (per
molti “il Pellegrinaggio”) da ogni parte del mondo.

Finalmente nel 1144, grazie al Santo
Vescovo Atto che riesce ad  ottenere una
parte del suo corpo per intercessione di Ranieri (un ecclesiastico pistoiese
trasferitosi nella città galiziana), una reliquia dell’Apostolo approda tra
noi, a Pistoia, a santificare, corroborare, consacrare e confermare la Fede
della nostra città. Il culto al santo apostolo ha preso forma nel tempo in
diversi riti e devozioni, in particolare attraverso la celebrazione di una
solenne processione per le vie della città.

La tradizione della Processione in
onore di  San Jacopo (anche se per alcuni
periodi in maniera “latente”) nei secoli è rimasta sentita dai Pistoiesi.
Addirittura le leggi comunali di primo Trecento ne indicavano con precisione
modalità e organizzazione. La preparazione, per delega del Comune, era affidata
agli Operai di San Jacopo. Questi, dovendo organizzare la partecipazione
dell’intera cittadinanza alla processione patronale (obbligatoria per tutti i
membri della comunità urbana salvo i bambini piccoli, i vecchi inabili e i
malati), si facevano aiutare da cittadini eletti fra gli abitanti di ciascuno
dei quattro quartieri di Pistoia, chiamati ‘festaioli’.

Ecco il fondamento storico per cui mons. Fausto Tardelli – attuale Vescovo di Pistoia – ha voluto recuperare la tradizione della Processione/Pellegrinaggio in onore di San Jacopo, che anche quest’anno si snoderà a partire dalle ore 21:00 di mercoledì 24 luglio dalla chiesa parrocchiale di san Francesco verso la basilica cattedrale di san Zeno.

Ma che valore spirituale ed
ecclesiale (ma anche antropologico universale) ricopre la processione di San
Jacopo a Pistoia?

Possiamo tentare qualche
interpretazione.

Innanzi tutto onoriamo e portiamo in
processione le Reliquie di un Santo Apostolo Martire. Quindi la Processione del
24 luglio è, prima di tutto, una spinta alla riflessione interna alla Comunità
Cristiana pistoiese: il cristianesimo si è affermato non quando ha cercato di
andar d’accordo con gli araldi della menzogna, i profeti del nulla, gli
adoratori dei vari idoli del mondo delle varie epoche, ma quando ha saputo
essere se stesso fino a esigere il sacrificio della vita. Senza dimenticare
l’omaggio ai tanti cristiani perseguitati 
per la fede anche nel nostro tempo.

Il martire di
ogni tempo, da San Giacomo in poi, ci insegna che non tutto è contrattabile,
che esistono valori che non hanno prezzo e che non possono essere oggetto di
scambio e di trattative.

Il martire ci
orienta a capire cosa significa essere veramente liberi: seguire la verità e
solo la verità. Il martire viene ucciso perché rifiuta di assoggettarsi ad un
potere diverso da quello della coscienza morale.

Questa nostra processione del Santo
Patrono è inoltre nella sua forma genuina una delle più belle manifestazioni
della religiosità popolare. I popoli sono infatti dei “soggetti collettivi”, i
quali creano la propria cultura e sono protagonisti della propria storia, anche
dal punto di vista religioso. Anche noi, come figli di questo popolo e, a
nostra volta, padri delle generazioni future, dobbiamo trasmettere, alle
giovani generazioni la nostra fede e la nostra pietà popolare, consapevoli
delle nuove sfide del nostro tempo e del nostra contesto territoriale.

Celebrare la festa del Patrono tutti
insieme, percorrendo le vie della Città – 
portare”, quindi, un messaggio, non “lanciarlo da fermi”
attendendo che altri lo raccolgano – significa rileggere, con umile fierezza,
la storia della nostra città e riscoprire le radici  della nostra identità e della nostra fede che San
Jacopo ha confessato con fortezza (il Signore Gesù addirittura aveva
soprannominato lui ed il fratello Giovanni “i figli del tuono” tanto erano di
carattere impetuoso e irruento).

Non manca perciò un richiamo al
dovere personale di tutti a fare la propria parte per la costruzione di un
mondo pacifico e civile, partendo dal servizio alla propria città, nella
giustizia, nella legalità e nel diritto.

Procedere a piedi insieme è un segno della condizione della Chiesa, popolo di Dio in cammino che, con Cristo e dietro a Cristo, si è messa in marcia per annunciare per le strade del mondo il Vangelo della salvezza. E marciare per le vie della città terrena verso la Gerusalemme celeste, uniti, volti all’unica meta, ci rende capaci di scoprirci solidali gli uni con gli altri, impegnati insieme a concretizzare nel cammino della vita gli esempi del Beato Apostolo San Giacomo, nostro Patrono.

Federico Coppini – Ufficio liturgico diocesano




Salvare l’antica Pieve di Sant’Andrea

Al via un percorso di progettazione e valorizzazione di una delle più antiche chiese della città. Obiettivo: salvare il complesso e tutelare il pulpito di Giovanni Pisano.

PISTOIA – La chiesa di Sant’Andrea è uno dei luoghi più significativi della città di Pistoia, mèta di migliaia di turisti che ogni giorno visitano i suoi straordinari tesori d’arte sacra, primo fra tutti, il pulpito di Giovanni Pisano, capolavoro dell’arte gotica conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Un tesoro “fragile”, bisognoso di cure e soprattutto di una vigilanza continua, a tutela di opere d’arte che ogni giorno rischiano di essere irrimediabilmente danneggiate.

Un’esigenza che ha condotto la parrocchia a prevedere un
contributo d’ingresso per i turisti, secondo una modalità  già attiva
in molte chiese “monumentali” delle diocesi italiane e toscane, come il complesso
monumentale di Piazza dei Miracoli a Pisa (Battistero, Cattedrale, Campanile e
Camposanto), la Cattedrale di Siena o della più vicina Lucca, da decenni attiva
in molte chiese di Firenze. Una scelta difficile ma necessaria per garantire la
custodia e la conservazione dei capolavori dell’antica pieve pistoiese.

Il progetto prevede l’accesso libero durante l’orario delle
celebrazioni, lasciando l’opportunità, per chi volesse sostare in preghiera nei
giorni feriali o negli orari al di fuori delle funzioni, di fermarsi nella compagnia
del SS. Crocifisso adiacente l’ingresso principale alla Chiesa; un ambiente
raccolto,  tutto da scoprire, in cui sarà
collocato il SS. Sacramento. Dal pagamento del biglietto saranno poi esentati i
cittadini di Pistoia.

«La chiesa di Sant’Andrea e i tesori in essa contenuti sono un patrimonio di tutta la comunità pistoiese – spiega don Luca Carlesi, responsabile della parrocchia e arciprete della cattedrale –. Purtroppo la chiesa, il campanile e la canonica hanno bisogno urgente di importanti lavori di manutenzione e le casse della parrocchia, pur contando sugli aiuti della diocesi, non ce la fanno a coprire le spese necessarie. Inoltre – aggiunge Carlesi – negli ultimi tempi la chiesa è stata continuamente oggetto di atti vandalici, furti, scorribande e veri e propri atti osceni.

Le telecamere di videosorveglianza infatti documentano un progressivo peggioramento della situazione e un aumento dei rischi per la chiesa. Le immagini parlano di gravissimi rischi sia per le opere d’arte, in particolare il pulpito, ma anche di una necessaria tutela della sacralità del luogo. Nel prossimo futuro si rende quindi necessario e improcrastinabile attivare un servizio di custodia, promozione e vigilanza».

Il progetto, attualmente in fase di ultimazione, dovrebbe
prendere il via prossimamente, quando sarà 
illustrato ai cittadini e alle stampa.

La chiesa di Sant’Andrea risale all’alto medioevo, quando era
collocata appena fuori dalla prima cerchia di mura. Fin da allora è indicata
come ‘pieve’, cioè dotata di fonte battesimale, e ricordata come «seconda per
dignità soltanto alla Cattedrale».

All’interno si trova il celebre pulpito di Giovanni Pisano, firmato e datato 1301:
capolavoro di scultura e micro-architettura. Un’opera conosciuta, apprezzata e
studiata in tutto il mondo, ma che risente di problemi statici che e necessita
di monitoraggi studi continui, ultimamente sovvenzionati dai benefattori di “Friends of Florence”.




Se Maria si commuove per noi

Mercoledì 17 luglio la Chiesa pistoiese festeggia la Madonna dell’Umiltà, compatrona della Diocesi. Per la solennità saranno celebrate due messe: una alle 10.30, l’altra presieduta dal vescovo Tardelli alle ore 21.00. La santa messa sarà preceduta dal rosario meditato e seguita dall’adorazione eucaristica.

A cura di
Daniela Raspollini

In prossimità della festa della Madonna dell’Umiltà abbiamo voluto rivolgere qualche domanda a Maria Valbonesi, autrice del libro Madonne miracolose nel cuore di Pistoia, che fu pubblicato cinque anni fa per iniziativa del vescovo Mansueto Bianchi.

Fra tutti i miracoli delle Madonne
pistoiesi, il “sudore” della Madonna dell’Umiltà è l’unico riconosciuto
ufficialmente dalla Chiesa?

Proprio così.
Nel centro storico di Pistoia si trovano non poche immagini della Madonna –
delle Porrine, del Letto, del Rastrello, del Giglio ecc.—alle quali in tempi
diversi sono stati attribuiti manifestazioni e interventi miracolosi, ma la
Chiesa, pur senza contrastare gli slanci della fede e la devozione popolare,
non si è mai pronunciata in merito e ha ufficialmente riconosciuto il miracolo
soltanto nel caso della Madonna dell’Umiltà e soltanto dopo un processo in
piena regola

Nel suo libro sottolinea che è importante
poter rileggerne ancora oggi le autentiche testimonianze trascritte nei
documenti.

È importante
perché dopo cinquanta o cento anni – figurarsi dopo cinquecento – il miracolo
di cui tutta la città era stata concordemente testimone, per forza di cose e di
tempo, da certezza indiscutibile si sarebbe ridotto a un “si dice” o “così
dicevano”; mentre invece i verbali del processo, che sono forse il tipo di
documento più immediato che esista, conservano intatta l’attualità di quella
testimonianza fino ai giorni nostri e, ovviamente, anche oltre.

Cosa avvenne storicamente dopo il miracolo?

L’entusiasmo e
la profonda commozione religiosa che il miracolo suscitò a livello collettivo
trovarono immediata corrispondenza nelle autorità non, come ci si aspetterebbe,
ecclesiastiche, ma civili. Fu infatti il più importante organo civile di
Pistoia, il Consiglio del Popolo, a deliberare fin dall’autunno del 1490 la
costruzione di un “magnifico Tempio” in onore della Madonna dell’Umiltà.

E solo nel
1549, quando il Tempio – a parte la cupola – era ormai costruito, dopo aver
verificata l’attendibilità e udita la concorde versione di otto testimoni
oculari – la stessa che tuttora si può leggere nei verbali del processo – un
tribunale ecclesiastico presieduto dal vescovo riconobbe l’autenticità del
miracolo.

Chi entra a visitare la basilica può ancora
vedere nell’affresco della Madonna il percorso della “sudorazione” avvenuta il
17 luglio 1490, mentre nella città infuriavano lotte intestine. Il miracolo è
stato rappresentato anche da pittori contemporanei?

Il miracolo
avvenne sotto forma di “sudore o liquore” – come scrive il contemporaneo Cosimo
Bracciolini – che per diversi mesi continuò a scorrere dalla fronte della
Madonna, però, in aperta violazione della legge di gravità,evitando il Bambino e fermandosi ai piedi della Madre. Non ne
esistono, ch’io sappia, rappresentazioni diverse dalla prima, ma questa fu
subito riprodotta molte volte, anche sui muri esterni della città e si trova
tuttora all’interno delle chiese, ad esempio, di S. Andrea e S. Bartolomeo.

A Pistoia la Madonna dell’Umiltà occupa una
posizione centrale e di prestigio, tuttavia inferiore a quella di sant’Jacopo.
Perché?

Questa domanda
richiederebbe un lungo discorso. Qui mi limiterò a dire che fin dall’arrivo
della sua reliquia sant’Jacopo diventò simbolo e garanzia, a un tempo religiosi
e civili, della realtà, in sé e per sé, di Pistoia. In un documento del 1490 il
miracolo della Madonna fu definito dal Consiglio del Popolo «thesoro
e dono celeste»: dono di compassione materna, cioè della partecipazione
della Madre celeste al patire di un popolo da sempre straziato dalle lotte
intestine che peraltro erano soltanto colpa sua.




Mano nella mano, sulle orme di Gesù

Partirà
nella notte del 25 luglio, solennità di San Jacopo, il pellegrinaggio
diocesano  in Terra Santa. Novanta i
pellegrini guidati dal vescovo Tardelli, in gran parte giovani e giovanissimi;
tra loro anche alcuni disabili.

«All’inizio dell’essere cristiano non c’è un decisione
etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una persona,
che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Le
parole di Benedetto XVI, estratte dall’enciclica Deus Caritas est, esprimono sinteticamente il senso del prossimo
pellegrinaggio diocesano in Terra Santa. Un pellegrinaggio davvero eccezionale,
per numero di partecipanti e composizione del gruppo. Partiranno infatti in novanta
da Pistoia la notte del 25 luglio, sulle orme dell’apostolo Giacomo – il santo
patrono dei pellegrini –  diretti in
Israele, per ripercorrere i luoghi e le vicende che hanno cambiato la storia,
riascoltare e incontrare la persona viva di Gesù.

I pellegrini saranno accompagnati dal vescovo Fausto Tardelli, che
guiderà un folto gruppo di giovani e giovanissimi, in particolare volontari
dell’associazione Maria Madre Nostra, attiva presso il Centro Maic di Pistoia,
alcuni giovani disabili che frequentano il Centro, ma anche altri giovani
amici, i seminaristi e alcuni giovani in discernimento vocazionale. Tra gli
accompagnatori don Diego Pancaldo, docente di religione e assistente spirituale
dell’associazione Maria Madre Nostra, don Ugo Feraci, rettore del Seminario e
don Alessio Bartolini, prete novello, vice parroco di Quarrata.

Un viaggio impegnativo, perché non è facile coordinare 90
pellegrini, tra cui alcuni disabili, ma certamente importante: in primo luogo
per la semplice testimonianza di comunione e integrazione, poi perché segno per
l’intera diocesi, invitata ad accogliere le attese dei giovani e ad
accompagnare all’incontro con Cristo. Il pellegrinaggio in Terra Santa è
un’occasione unica, afferma Guido, un giovane pellegrino, per «camminare sulle
orme di Gesù mano nella mano»; «è un po’ il coronamento del percorso di
catechesi con i ragazzi del Centro Maic svolto durante l’anno» aggiunge
Rachele, altra giovane volontaria, ma anche l’opportunità – ribatte l’amica
Giovanna – «per scoprire qualcosa di se stessi e scoprire l’Altro attraverso
l’altro».

«Un pellegrinaggio che ho inteso promuovere lo scorso anno a Roma,
in occasione dell’incontro dei giovani italiani con papa Francesco – ricorda il
vescovo Tardelli – . Con questi ragazzi andremo in Terra Santa a nome di tutta
la diocesi per vivere un momento davvero ecclesiale. Un’occasione per andare
incontro a quella “attesa di Vangelo” che i giovani manifestano, certamente con
i loro modi, ma che purtroppo la comunità cristiana e le nostre parrocchie non
riescono sempre a intercettare». «È anche l’occasione per far presente a questi
giovani pellegrini il messaggio del papa: “Cristo vive. Egli è la nostra
speranza e la più bella giovinezza di questo mondo…Lui vive e ti vuole vivo!”».

Il viaggio prevede il percorso “classico” dei pellegrini in Terra
Santa. All’arrivo in Israele,il 26 luglio, il gruppo visiterà Nazareth, in
Galilea, per poi spostarsi nei giorni successivi sui luoghi santi attorno al
lago di Tiberiade e sul monte Tabor. Seguirà la discesa verso Gerusalemme
attraverso il deserto di Giuda. I pellegrini alloggeranno poi a Betlemme da
dove si sposteranno per visitare Gerusalemme e fare un’escursione a Qumran e
sul mar Morto. A Betlemme incontreranno anche il custode di Terra Santa Padre
Francesco Patton. Il rientro è previsto per venerdì 2 agosto.

Per esprimere il valore diocesano del pellegrinaggio monsignor Tardelli
conferirà a tutti i pellegrini un vero e proprio “mandato” che sarà celebrato,
all’interno di un momento di preghiera, in Cattedrale martedì 23 luglio alle
ore 21.  Sarà poi possibile seguire il
pellegrinaggio online, attraverso il sito diocesano o i canali social diocesani
per camminare tutti insieme incontro al Signore, perché – come scrive papa
Francesco nella sua esortazione apostolica Christus
vivit
, Gesù Cristo, «non solo è venuto, ma viene e continuerà a venire ogni
giorno per invitarti a camminare verso un orizzonte sempre nuovo».




Il Luglio della Chiesa pistoiese

Sulle tracce degli apostoli a Pistoia e nella Terra di Gesù

Il luglio della diocesi di Pistoia ripropone alla città il suo legame identitario con San Giacomo Apostolo. La figura di san Jacopo, a cominciare dall’arrivo della sua reliquia nel XII secolo, accompagna infatti lo sviluppo delle istituzioni civiche e della vocazione cittadina ad essere luogo di sosta e accoglienza, porta per il settentrione e l’Europa. San Jacopo è infatti il santo pellegrino di Compostela, il modello e l’amico dei viaggiatori di ieri e di oggi, emblema dell’uomo che parte alla ricerca di se stesso e di Dio, del senso della vita e della salvezza. Però San Jacopo, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni evangelista, è soprattutto un apostolo, il primo a morire martire per la fede in Cristo. San Giacomo dunque, riconduce alla viva esperienza del Vangelo, all’incontro che cambia e che vale la vita.

Pellegrino e apostolo: sono i due tratti che distinguono la figura di Jacopo e che accompagneranno anche il luglio della Chiesa Pistoiese; accanto ai tradizionali festeggiamenti jacopei, infatti, proprio il giorno successivo alla Festa, il 26 luglio, avrà inizio un pellegrinaggio diocesano per la Terra Santa. Un viaggio guidato dal vescovo Tardelli che accompagnerà, sulle tracce di Gesù e degli apostoli, 90 giovani pellegrini. Un gruppo consistente di giovani e giovanissimi, in gran parte volontari dell’Associazione Maria Madre Nostra che opera presso il Centro Maic di Pistoia, ma anche alcuni giovani disabili che frequentano il Centro, accompagnati dai loro amici, i seminaristi della Diocesi e altri giovani in discernimento vocazionale.

I festeggiamenti, invece, si apriranno martedì 16 luglio con la tradizionale vestizione della statua di San Jacopo sulla facciata della cattedrale e l’inizio della novena al Santo Apostolo in Cattedrale che prevede, al termine della messa quotidiana delle ore 18, la preghiera dinanzi alla reliquia.

Martedì 16, al termine della messa delle 18, l’arciprete della Cattedrale presiederà il rito della vestizione della statua di San Jacopo, ammantata dal tradizionale mantello rosso con la collaborazione dei Vigili del Fuoco di Pistoia. Quest’anno, per la prima volta, la vestizione sarà accompagnatadalla benedizione del cavalli dei quattro rioni cittadini che si sfideranno la sera del 25 luglio nella Giostra dell’Orso.

A conclusione della giornata, sempre in Cattedrale, alle ore 21.15 è previsto un Concerto in onore del Santo Patrono. Il concerto sarà a cura dell’Ensemble Barocco dell’Accademia Giuseppe Gherardeschi (Bianca Barsanti, soprano; Sergio Fulvio Tommasini, violino barocco; Michele Salotti, clavicembalo). Saranno proposte musiche di Monteverdi, Gherardeschi, Carissimi, Bach, Telemann e Purcell.

La novena scandirà la preparazione della solennità di San Jacopo e culminerà martedì 24 luglio nella preghiera dei primi vespri e alle 17.30 e nella messa capitolare alle 18.00 presieduta dal proposto del capitolo mons. Umberto Pineschi.

La sera del 24, inoltre, si svolgerà per le vie del centro storico la processione di San Jacopo: un importante e suggestivo momento ecclesiale che è radicato nella storia religiosa della città. La Processione partirà dalla Chiesa di San Francesco alle ore 21, dove inizierà con un momento di preghiera, per dirigersi alla Cattedrale di S. Zeno.

Giovedì 25 luglio, giorno della memoria liturgica di San Jacopo, è il grande giorno della solennità. In Cattedrale alle ore 10.00 è prevista la preghiera delle lodi mattutine, alle 10.30 l’accoglienza alle porte del Duomo delle autorità cittadine e del corteo storico; alle 11.00 sarà quindi celebrata la messa pontificale presieduta da Mons. Fausto Tardelli, durante la quale il vescovo consegnerà alla diocesi anche la sua nuova lettera pastorale.

 

 




A Pistoia le reliquie di Bernadette

Una reliquia della veggente di Lourdes sarà eccezionalmente esposta alla venerazione dei fedeli presso la chiesa di Santa Maria Assunta di Badia a Pacciana

 

PISTOIA – In quest’anno speciale per Lourdes, dichiarato “anno di Bernadette” in occasione del  175° anniversario della nascita ed il 140° della morte della sua morte, il Santuario ha promosso il pellegrinaggio europeo delle reliquie di Bernadette Soubiros. Saranno 34 le diocesi italiane che le ospiteranno nel corso dell’anno dopo l’iscrizione richiesta al Santuario. Pistoia, unica diocesi toscana assieme a Volterra, ospiterà le spoglie mortali di santa Bernadette dal 30 luglio al 2 agosto prossimi, presso la chiesa parrocchiale di Badia a Pacciana.

L’evento sarà preceduto da una preparazione di preghiera e riflessione nei tre santuari mariani pistoiesi: il 17 luglio alle ore 21 con la celebrazione della festa della “Madonna dell’umiltà” – compatrona della città e della diocesi- presso la Basilica di Pistoia; il23 luglio alle 18, presso ilsantuario della Madonna del letto in piazza San Lorenzo; il 29 luglio alle ore 17,30 presso il Santuario della Madonna di Valdibrana.

Le celebrazioni solenni del 21 e del 23 luglio, presiedute dal Vescovo Tardelli saranno precedute dal rosario meditato e seguite da un momento di preghiera e adorazione eucaristica.

In diocesi giungerà la “costola” della santa veggente, abitualmente esposta alla venerazione dei fedeli nel santuario di Lourdes. Il corpo incorrotto di Bernadette, infatti, è custodito a Nevers, nel convento di Saint Gildard in cui ha vissuto ed è morta.

Le reliquie arriverannomartedì 30 luglio e saranno accolte con la messa di apertura alle ore 18 presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Badia a Pacciana.

Dal 30 luglio al 1 agosto la chiesa resterà aperta ai fedeli tutto il giorno dalle ore 7.00 alle ore 24.00 e sono previsti diversi momenti celebrativi; tra i tanti segnaliamo mercoledì 31 luglio la messa con l’amministrazione comunitaria del sacramento dell’unzione degli infermi e giovedì 1 agosto uno dei momenti più suggestivi: la processione mariana “aux flambeaux” curata dallasezione Unitalsi di Pistoia. Il 2 agosto le reliquie partiranno dalla parrocchia alla mattina, dopo la santa messe delle ore 8.30.

Parrocchie, gruppi,associazioni e movimenti ecclesiali che intendessero condividere l’esperienza di preghiera e meditazione, garantendo la presenza ed un servizio di guida e animazione di una o più ore durante la permanenza delle reliquie possono rivolgersi agli organizzatori (Amici di Lourdes:associazione@amicidilourdes.it – Fondazione Giorgio Tesi:info@fondazionegiorgiotesi.it – Parrocchia Badia:padreoronzostella@gmail.com).

L’arrivo delle reliquie e gli eventi ad esso collegati sono stati resi possibile grazie alla collaborazione traparrocchia di Badia a PaccianaFondazione Giorgio Tesi onlus e Amici di Lourdes.

Proprio quest’ultima associazione è da oltre sessant’anni il principale ponte tra la chiesa pistoiese e il santuario di Lourdes. Nata nel 1956 dall’iniziativa del diacono Luciano Bani, gli Amici di Lourdes ha cportato generazioni di pistoiesi ai piedi della grotta di Massabielle.

Lo stretto legame tra Pistoia e Lourdes  si è costantemente ampliato, sviluppando una bella quanto unica sinergia con il mondo del vivaismo. Una delle prime opere di abbellimento del Santuario a firma Pistoiese fu l’allestimento del giardino del nuovo ospedale con aree a verde, progettato in collaborazione con Lidiano Zelari, coordinatore di diversi vivaisti pistoiesi che risposero con molta generosità.

La collaborazione tra gli “Amici di Lourdes” e la Giorgio Tesi onlus va avanti dal 2014, grazie al progetto di rifacimento della Grotta e dell’area attigua, in particolare per la parte “verde” che prevedeva l’acquisto di 30 Frassini. Questo primo progetto, ovvero il “Giardino dell’ombra”, è stato inaugurato il 23 Giugno 2015, alla presenza del Vescovo Tardelli, con la deposizione di una targa in memoria di Giorgio Tesi e del diacono Luciano Bani. Nel secondo progetto che ha riguardato il “Giardino delle fontane” viene inaugurato il 20 Giugno 2017 con targa in memoria di S.E. Mons. Mansueto Bianchi (già Vescovo di Pistoia) e di Giampiero Gherardeschi, storico diacono a Badia a Pacciana prematuramente scomparso. Nel terzo progetto, il “Giardino del silenzio”, inaugurato pochi giorni fa, al termine del mese di giugno è collocato aldilà del fiume Gave, in un’area molto amata dai pellegrini per l’ottima vista sulla grotta e il santuario.