Maggio a Valdibrana

Il programma del santuario diocesano di Valdibrana per il mese dedicato alla Vergine Maria

Come ogni anno la chiesa di Pistoia nel mese di maggio si mette in cammino per andare in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Valdibrana. Ci siamo rivolti al rettore del santuario Mons. Cesare Tognelli per conoscere il programma del mese.

Don Cesare, come sarà aperto il mese mariano?

Il mese mariano si apre mercoledì 1 maggio quando è prevista la celebrazione delle messe nel santuario secondo l’orario festivo, cioè alle ore 7.00 – 11.00 – 18.00.

Può parlarci del programma del mese?

Il programma quest’anno prevede la celebrazione delle sante messe nei festivi alle ore 7.00 – 11.00 – 18.00. Tutte le messe domenicali saranno celebrate nella nuova aula liturgica intitolata a Mons. Bianchi. Nei giorni feriali la santa messa è celebrata nel santuario alle ore 18.00. Alle ore 17.30 la messa è preceduta dalla preghiera del Santo Rosario.

Ci sarà anche la possibilità di confessarsi nei seguenti giorni: martedì e mercoledì dalle ore 15.30 alle 17.30 e venerdì e sabato dalle ore 10.30 alle ore 12.30.

L’8 maggio è la festa della Madonna di Valdibrana. Alle ore 11.00 il vescovo di Pistoia celebrerà la santa messa. Mercoledì 8 il vescovo guiderà anche la recita del santo rosario alle ore 21.00. Mons. Tardelli chiuderà il mese mariano celebrando l’eucarestia al Santuario il giorno 31 maggio alle ore 18.00.

Domenica 19 alla messa delle ore 11.00 è prevista la Benedizione e la consacrazione a Maria dei bambini. Ricordo anche che domenica 5 maggio l’Azione Cattolica diocesana organizza un pellegrinaggio a Valdibrana alle ore 18 e che l’ultimo sabato di Maggio è previsto il tradizionale pellegrinaggio dell’Unitalsi a Valdibrana.

La novità di quest’anno è senz’altro la disponibilità della nuova aula liturgica del centro Mariano intitolato a don Severino Paganini; come pensate di valorizzarla?

Intanto quest’anno, come già segnalato, celebreremo nell’aula liturgica tutte le messe domenicali. La possibilità di utilizzare l’aula liturgica può essere certamente la celebrazione liturgica, ma i locali presenti nella struttura, fornita anche di numerosi servizi, possono essere utilizzati per incontri e momenti comunitari. Per prenotare è possibile contattarmi telefonicamente allo 0573 48729.

Nel programma del Maggio a Valdibrana è prevista la presenza e la collaborazione di tanti cori parrocchiali; può spiegarci di cosa si tratta?

Tutti i mercoledì del mese di Maggio alle ore 21.00 è infatti prevista la recita del santo rosario con la presenza e l’animazione dei diversi cori parrocchiali: ogni volta più cori della diocesi si uniranno per cantare insieme le lodi alla Vergine Maria.

Questo nuovo anno pastorale è iniziato sotto la protezione della Madonna di Valdibrana; in questo mese mariano come sarà possibile vivere come comunità fraterna e missionaria?

Al di là del fatto che anche il commento al rosario diventa momento di evangelizzazione, l’incontro tra i cori è sempre stato una bella occasione, fraterna e cordiale per conoscersi e concludere con un momento di convivialità. Nella sua lettera pastorale, inoltre, «per sottolineare il senso fondamentale di appartenenza alla Chiesa particolare» il vescovo invitava tutti a «ritenere importanti e imperdibili certi appuntamenti diocesani ai quali partecipare come parrocchie, associazioni e movimenti» tra cui la festa della Madonna di Valdibrana l’8 maggio.

Quale messaggio vuole dare ai fedeli e alle parrocchie della diocesi?

La Vergine di Valdibrana ci viene incontro, ci presenta suo figlio. Il messaggio di Valdibrana è un invito all’accoglienza: accoglienza di Maria, per recuperare l’occasione di incontrare personalmente Gesù.

Daniela Raspollini




Che cristiano sei? L’omelia del vescovo per il giorno di Pasqua

Le stragi di Pasqua in Sri Lanka e un provocatorio ritratto della fede in Italia oggi nell’omelia del vescovo per la Messa del giorno di Pasqua

Nell’omelia della Domenica di Pasqua il vescovo Tardelli ha ricordato i cristiani uccisi in Sri Lanka durante le celebrazioni pasquali. Una minoranza perseguitata, ma viva e tenace che ci interpella e forse mette anche in discussione i nostri accomodamenti. «Non siamo più – afferma il vescovo – un paese cristiano e noi cristiani spesso siamo diventati sale sciapito, senza più sapore e luce nascosta sotto il letto». Dobbiamo riconoscerci cristiani stanchi, delusi o impauriti? Proponiamo di seguito una sintesi dell’omelia.

«Noi speravamo»

Così dicono i due discepoli che sconsolati se ne andavano da Gerusalemme ad Emmaus, la sera di quel primo giorno della settimana dopo il sabato. Se ne andavano via, forse per dimenticare l’avventura che avevano vissuto con Gesù; forse per voltare pagina, dopo che con la morte di Cristo era svanita ogni loro speranza. «Noi speravamo», dicono al viandante misterioso che si accompagna al loro cammino, «Noi speravamo che Gesù fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute». Si, è vero, continuano i due pellegrini, alcune donne e alcuni discepoli hanno trovato il sepolcro vuoto ma, concludono con delusione e amarezza, «Lui non l’hanno visto».

Una frase che ci rimbomba nell’anima

«Noi speravamo». Questa frase ci rimbomba nell’anima, ci risuona dentro: quante volte l’abbiamo detta anche noi? (…) Carissimi amici, lo dobbiamo riconoscere credo con estrema sincerità: spesso siamo spenti dentro, siamo come morti; resi cinici dalle esperienze della vita. Dov’è la nostra fede, il fervore della nostra devozione, la fiamma viva della speranza, l’ardore indomito della carità? Dove sono finiti i nostri entusiasmi giovanili, quando conoscemmo il Signore e diventammo consapevolmente credenti?

Che cristiani siamo?

Che razza di cristiani siamo, aridi, fiacchi, legati soltanto a qualche tradizione, forse a un po’ di buone maniere, ma accomodati sempre al pensiero del mondo, alle prediche dell’imbonitore di turno, alle idee più aberranti di questa società, alle ideologie del pensiero unico, alla dittatura del relativismo, a visioni del mondo dove non c’è posto per Dio e tutto è manipolabile a piacimento e desiderio di ognuno?

La strage di Pasqua

Oggi, nello Sri Lanka, fratelli di fede hanno pagato un caro prezzo per Gesù Cristo. Tre attentati in simultanea hanno devastato il santuario di Sant’Antonio a Colombo, nella capitale, la chiesa di San Sebastiano a Negombo, a circa 30 chilometri dalla capitale e la chiesa a Batticaloa, a 250 chilometri a est della capitale. È stata una strage tra i fedeli che partecipavano alla Messa di Pasqua, più di 150 morti. Questi nostri fratelli ci sono d’esempio. Essi hanno fatto veramente Pasqua, mescolando il loro sangue con quello di Cristo e partecipando da subito alla sua risurrezione, entrando con Lui in paradiso.

Siamo ancora un paese cristiano?

Persone, quello dello Sri Lanka, venute alla fede in tempi molto più recenti di noi, eppure con una fede mille volte superiore alla nostra, di noi, paesi di antica cristianità, italiani ed europei che sembriamo ormai stanchi, se non insofferenti degli insegnamenti di Cristo e della chiesa. Dobbiamo dirlo: non siamo più, ma forse non lo si era neanche prima, visti i risultati, un paese cristiano e noi cristiani spesso siamo diventati sale sciapito, senza più sapore e luce nascosta sotto il letto.

Accomodati, delusi o impauriti?

È proprio vero: come i discepoli di Emmaus anche noi possiamo dire che “speravamo”, che abbiamo sperato. (…) Lo abbiamo sperato, credo che non possiamo negarlo. Poi è successo qualcosa: siamo cresciuti e abbiamo cominciato a fare i conti con la giungla di questo mondo; abbiamo ceduto a compromessi per mangiare e avere una buona condizione di vita; abbiamo visto che a fare il bene ci si rimette sempre e che forse non conviene cercare di comportarsi secondo gli insegnamenti di Cristo. Abbiamo visto quello che fan tutti e ci siamo detti, perché non dovrei anch’io fare uguale? Forse anche è capitato di restare delusi dalla chiesa, dal Papa, dai vescovi, dalla nostra parrocchia, dal nostro gruppo, dal nostro prete o dai preti in genere; forse ha prevalso la paura di passare per bigotti, sprovveduti, retrogradi, fanatici, antiscientifici, poco moderni… Insomma, son successe un sacco di cose, per cui anche noi siamo arrivati al punto di dire: “si, speravamo….”

Che fare?

Di fronte a tutto questo non ho parole mie da dire o discorsi miei da fare. Posso solo guardare a Gesù, a quello che disse e fece con i discepoli di Emmaus e che ancora dice e fa oggi, qui, con noi. (…) Ecco, il Signore Gesù risorto e vivente, qui in mezzo a noi stasera ci parla e spezza il pane per noi; ci fa capire che dobbiamo accettare la nostra fragilità; che il Regno di Dio avanza anche se in un’apparente condizione di minorità; che sempre dobbiamo fare i conti con la nostra debolezza e la malvagità degli uomini; che sempre il bene e la verità appaiono perdenti in questo mondo e che anche la chiesa non è fatta di perfetti. Ma ci dice anche che Egli ha vinto; ha sconfitto la morte e il male del mondo; che i peccati possono essere perdonati e si può rinascere a vita nuova sempre, anche quando si è vecchi.

Leggi l’intera omelia qui




La resurrezione è la fonte della speranza

Il messaggio del vescovo Tardelli per la Pasqua 2019

I miei auguri di Pasqua vogliono essere un invito alla speranza.

Perché?

Perché mi pare che oggi soffriamo davvero tanto per la mancanza di speranza. Le delusioni sono sempre molte nella vita, diciamo la verità; molte sono le frustrazioni; molte le amarezze che vengono dalla mancanza di prospettive, dal sentirsi a volte come chiusi in un vicolo cieco, sia sul piano personale che su quello sociale o mondiale addirittura.

Per sfuggire a questa situazione, accade spesso che ci si rifugi in speranze “dal fiato corto” e si cerchino piccole consolazioni immediate o puramente materiali; ma si consumano presto e siamo daccapo. Oppure accade che, ed è ancora peggio, che si smetta di sperare e di cercare, perché tanto sembra tutto inutile.

A me pare poi che quando manca la speranza, quasi automaticamente, aumentino le paure. Ogni cosa finisce per farci ombra, per metterci in ansi; addirittura per terrorizzarci, spingendoci alla difensiva, pronti anzi a colpire.

La speranza delusa genera facilmente rabbia, risentimento, rancore, a volte violenza distruttiva.

La risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte, sulla cattiveria e la corruzione umana è per me la fonte della Speranza più grande e più concreta che ci possa essere, quella che non delude. Nel Cristo risorto rinasce sempre di nuovo la speranza perché è la vita che alla fine trionfa. I miei auguri di Pasqua quindi non sono vuote parole, un semplice convenevole. Sono solidi, carichi di energia perché poggiano su di un fatto, la risurrezione di Cristo che continua a dare frutti di bene.

Per la potenza della Risurrezione, anche oggi ci sono molti uomini che umilmente credono, soffrono e amano e nei quali si mostra a noi il vero Dio, il Dio che ama. Anche oggi Dio ha i suoi testimoni nel mondo.

Se con cuore vigile ci guardiamo intorno e siamo in ascolto, ovunque, fra le persone semplici ma anche tra le persone più dotte, possiamo trovare testimoni che con la loro vita e la loro sofferenza si impegnano per Dio e per un mondo nuovo dove, insieme a Dio convivano gli uomini in gioiosa fraternità.

E allora avanti: a voi che sperimentate in vari modi la povertà di mezzi e la povertà della solitudine, della malattia o dell’età avanzata; a voi giovani che vorreste un mondo migliore e vi affacciate con tremore alla vita; a voi donne che cercate una giusta attenzione e un doveroso rispetto; a voi che da varie parti del mondo venite da noi per trovare futuro; a tutti coloro che mi ascoltano: avanti; camminiamo con fiducia nella speranza e quindi: buona Pasqua!

Da quando Cristo è risorto da morte possiamo provare a sognare e a sperare, nonostante ogni vento contrario; possiamo costruire pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone, pur nella fatica dell’amore, una nuova umanità.

+Fausto Tardelli




Con la diocesi a Montenero

Un invito a partecipare al pellegrinaggio diocesano del prossimo 15 maggio, per crescere insieme come “comunità fraterna e missionaria”.

La diocesi di Pistoia è in cammino verso il Santuario di Montenero: un pellegrinaggio diocesano per il quale è prevista una numerosa partecipazione di parrocchie, fedeli, associazioni. Abbiamo incontrato don Giordano Favillini della Fraternità Apostolica di Gerusalemme per saperne di più.

La diocesi si appresta a vivere un momento significativo nel prossimo mese di maggio con il pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Montenero Patrona della Toscana. Come mai questa scelta?

La Madonna delle Grazie di Montenero è la patrona principale della Toscana e da circa 60 anni le varie Diocesi toscane a turno, ogni anno offrono a tale Santuario l’olio che arde davanti all’immagine della Madonna. Questa offerta dell’olio rappresenta la preghiera che le varie Chiese presentano a Maria in segno di affidamento e devozione a Colei che intercede sempre per il popolo di Dio nelle varie vicissitudini della storia. Quest’anno sarà la Diocesi di Pistoia ad offrire l’olio, ma questa offerta sarà significativa se sarà accompagnata da una bella e numerosa rappresentanza di fedeli provenienti da tutte le Parrocchie della Diocesi. Gesù morente sulla Croce ha affidato a Maria Sua Madre tutti i suoi discepoli e fra questi ci siamo anche noi; siamo stati affidati a lei, alla Sua Preghiera, alla Sua maternità. Questo pellegrinaggio comunitario vuole essere una risposta a questo dono di Gesù e l’olio vuole rappresentare la nostra adesione a questo affidamento e alla maternità di Maria; la vogliamo ancora riconoscere come nostra Madre nella fede e sostegno nel voler essere discepoli di Suo Figlio.

Pistoia ha profonde radici di devozione mariana; per tutti noi sarà anche l’occasione per consolidare questo legame…

Questo salire a Montenero come Chiesa pellegrinante vuole essere un evento in cui chiedere aiuto, per mezzo di Maria, a Dio nostro Padre perché veniamo consolidati nella Fede battesimale in modo da divenire comunità credenti, testimoni del Vangelo, lievito di bene, di amore, di pace nei territori dove viviamo. Il tema pastorale di questo anno è: «Una comunità fraterna e missionaria». Diventeremo tali con l’impegno umano, ma soprattutto con la grazia dello Spirito Santo che è l’artefice della comunione e della missione. Chiediamo a Maria questa grazia !

Come possiamo invitare gli indecisi?

Questo pellegrinaggio sarà un’importante evento di Chiesa se troverà la partecipazione di tutte le parrocchie, un’occasione di invocazione comunitaria per ottenere appunto un maggiore spirito di comunione ecclesiale e l’entusiasmo e la creatività per realizzare una nuova evangelizzazione fra la nostra gente. Maria è chiamata “Stella della nuova evangelizzazione”. Colei che può guidarci su sentieri nuovi, con nuovi linguaggi, perché il Vangelo di Gesù possa nuovamente risuonare nel cuore delle giovani generazioni del nostro tempo anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa che spesso non comunicano messaggi di di speranza e positivi per la vita. Il programma del pellegrinaggio è diviso in due parti: dal mattino fino alle 14 per chi vuole vivere un momento di ritiro, ascolto e preghiera nella cornice naturalistica del Santuario. Dal pomeriggio fino alla sera la parte celebrativa dell’evento: la processione con la recita del Rosario, la celebrazione comunitaria della Riconciliazione, la Santa Messa celebrata dal vescovo e l’offerta dell’olio.
Per quanto riguarda la mattina alle 9.30 è previsto il canto delle Lodi; alle 10 una meditazione di fratel Antonio Emanuele della fraternità monastica di Gerusalemme, tempo di silenzio e preghiera personale, pranzo a sacco o in ristorante accanto al Santuario (18 euro).

Come potranno partecipare le parrocchie a questo evento diocesano?

Questo pellegrinaggio è un’occasione molto bella per vivere una giornata comunitaria fra le nostre parrocchie, di preghiera e ritiro per chi ne ha necessità, di conoscenza e di incontro per tutti. Per il viaggio ci si può organizzare o a livello parrocchiale o vicariale secondo le varie situazione ma permettiamo la partecipazione di più persone possibile, che sia un evento diocesano.

Daniela Raspollini




La pastorale della tenerezza

Mons. Tardelli in ospedale a Pistoia per un momento di preghiera e la visita agli ammalati

Martedì 16 aprile il vescovo Fausto ha visitato l’ospedale “San Jacopo”, portando l’augurio di Pasqua ai pazienti e al personale. La visita è iniziata con un momento di preghiera e di riflessione sul testo del Vangelo di Giovanni 15,13-17: «Gesù, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, dà loro il comandamento nuovo: “amatevi come io ho amato voi”». Non c’è luogo come l’ospedale, in cui far risuonare la parola di Cristo: «Amatevi!».
Ai medici, agli infermieri, ai volontari impegnati al servizio dei malati, Papa Francesco in un recente messaggio per la giornata mondiale del malato ha augurato di «essere sempre segni gioiosi della presenza e dell’amore di Dio». Agli infermieri ricevuti in udienza lo scorso anno (3 marzo 2018) raccomandava: «Non dimenticatevi della medicina delle carezze: è tanto importante! Una carezza, un sorriso è pieno di significato per il malato. È semplice il gesto, ma lo porta su, il malato si sente accompagnato, sente vicina la guarigione, si sente persona, non un numero». La cura dei malati, ha ricordato il papa quest’anno «ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all’altro che è caro» (messaggio per la Giornata mondiale del malato 2019).

Nella visita all’ospedale, il nostro vescovo ha messo in pratica queste indicazioni. Accompagnato dai volontari, sua eccellenza ha infatti visitato il reparto di chirurgia, lasciando ad ogni paziente un cartoncino come ricordo e messaggio per la Pasqua. Ringraziamo sentitamente il vescovo per la sua attenzione al mondo della sofferenza. Entrando in una camera dell’ospedale una paziente, meravigliata ha esclamato: «Il vescovo? Non posso crederci!».

La visita è coincisa con l’anniversario della morte di S. Bernadette, la veggente di Lourdes. «Bernadette, povera, analfabeta e malata – ha ricordato una volta Papa Francesco – si sente guardata da Maria come persona. La Bella Signora le parla con grande rispetto, senza compatimenti. Questo ci ricorda che ogni malato è e rimane sempre un essere umano e come tale va trattato» (Papa Francesco, messaggio per la Giornata mondiale del malato 2017). È sempre provocatoria la parola di Cristo: «Ero malato e mi avete visitato» (Mt 25,36). Ognuno di noi dia la sua risposta di fede.

Padre Natale, cappellania ospedaliera.




Morti viventi o risorti?

Un estratto dall’omelia del vescovo per l’ultima liturgia stazionale

Venerdì 12 aprile 2019, ormai nell’imminenza della Settimana Santa, si è concluso il percorso delle liturgie stazionali guidate dal vescovo Tardelli. Nell’ultimo appuntamento la celebrazione è partita dalla Chiesa del Carmine per poi arrivare all’antica pieve di Sant’Andrea. Pubblichiamo di seguito alcuni passaggi dell’omelia di Mons. Fausto Tardelli.

La resurrezione di Lazzaro

L’ultima tappa del nostro cammino quaresimale si conclude con il racconto della risurrezione di Lazzaro, l’amico di Gesù. (…) Il quadro che l’evangelista Giovanni ci presenta è abbastanza straziante. Vediamo le lacrime di Marta e di Maria; la loro angoscia. Vediamo anche l’affetto grande e intenso di Gesù per l’amico. “Allora scoppiò in pianto”: questo particolare della narrazione ce lo manifesta.

Dietro il miracolo, una verità più profonda

Ed ecco che in questo cotesto straziante, Gesù compie il miracolo. Si tratta di un “segno”. La risurrezione di Lazzaro dunque è solo un segno di una verità più profonda… Quella di Lazzaro non è come la risurrezione di Cristo, né come quella che ci è promessa da Gesù.

Quale differenza tra la resurrezione di Gesù e quella di Lazzaro?

Nota magnificamente Joseph Ratzinger nel suo libro “Gesù di Nazaret” (pag. 271-272): «Se nella risurrezione di Gesù si fosse trattato soltanto del miracolo di un cadavere rianimato, essa ultimamente non ci interesserebbe affatto. Non sarebbe infatti più importante della rianimazione, grazie all’abilità di medici, di persone clinicamente morte. Per il mondo come tale e per la nostra esistenza non sarebbe cambiato nulla».

Cosa succede con la resurrezione di Gesù?

«Le testimonianze neotestamentarie invece non lasciano alcun dubbio che nella risurrezione del Figlio dell’uomo sia avvenuto qualcosa di totalmente diverso. (…) Nella risurrezione di Gesù è stata raggiunta una nuova possibilità di essere uomini, una possibilità che interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini».

Per noi la resurrezione di Cristo è…

Queste illuminate riflessioni spiegano ciò di cui la risurrezione di Lazzaro è segno: la risurrezione di Cristo e la nostra vita con Lui. Ben più di quello che è capitato a Lazzaro, noi infatti siamo stati resi partecipi della Risurrezione di Cristo; mediante il Battesimo, siamo stati sepolti nella morte di Cristo e risorti con Lui. La nostra identità di uomini è ormai quella di risorti con Cristo, ciò per cui siamo venuti al mondo e che ci identifica come uomini.

Sei vivo o un morto vivente?

Questo è vero al punto che se non viviamo da risorti con Cristo, semplicemente non siamo uomini; in realtà neppure siamo vivi. Siamo piuttosto dei morti che camminano per la strada, dei “morti viventi”.

Ma che vuol dire vivere da risorti?

Vivere nella gioia

Credo che la risposta a queste domande sia triplice: innanzitutto significa vivere nella gioia, con il cuore pieno di speranza, senza farsi abbattere da niente. Nella gioia cioè di sapere che niente ci può davvero ferire e uccidere, se si rimane attaccati a Gesù Cristo…

Nutristi di Cristo

In secondo luogo, per vivere da risorti, occorre nutrirsi di Cristo parola e pane di vita eterna. Gesù lo ha detto a chiare lettere: «In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24).

Amare i fratelli

Infine, c’è un terzo modo ancora, fondamentale, per vivere da risorti, ed è l’apostolo Giovanni a dircelo nella sua prima lettera, anche qui con molta chiarezza: «Fratelli, noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui». (I Gv 3, 14-15).

Leggi l’omelia intera qui

 

 




Gli appuntamenti della Settimana Santa

Rivivere la Passione e la Resurrezione di Cristo

Gli appuntamenti in Cattedrale con il vescovo Tardelli per la Settimana Santa

Nella Cattedrale di San Zeno il vescovo presiederà tutte le celebrazioni solenni della Settimana Santa. Mercoledì 17 alle ore 21, infatti, avrà luogo la celebrazione della messa crismale, nella quale il vescovo benedirà gli olii e tutti i sacerdoti rinnoveranno le loro promesse. La messa Crismale vede generalmente una Cattedrale gremita di fedeli: è infatti l’occasione in cui la Diocesi trova la sua manifestazione visibile in tutte le sue componenti, segno dell’unità e della varietà della Chiesa raccolta attorno al suo vescovo.

Giovedì 18 alle 18.00 con la Messa in coena domini e la lavanda dei piedi inizia il Triduo pasquale.

Venerdì 19 alle 21 è il momento della liturgia della passione del Signore: una celebrazione molto suggestiva: nella chiesa, con gli altari spogli di tovaglie e di ogni croce, i fedeli si recheranno processionalmente a baciare l’antica croce dipinta di Coppo di Marcovaldo nel giorno in cui si commemora la morte di Cristo.

Sabato 20, giorno di silenzio e preghiera, rievoca la permanenza di Cristo nel sepolcro. Alle 21.30 inizierà la solenne veglia pasquale scandita da quattro momenti: il fuoco, la parola, l’acqua, il convito eucaristico. Il rito si apre all’aperto, nelle tenebre, alla luce del fuoco e del cero pasquale, per poi spostarsi all’interno della Cattedrale, nell’oscurità delle grandi navate, mano a mano rischiarate dalle candele dei fedeli e dal lento riaccendersi delle luci. Le letture della veglia – il tempo della Parola – guidano attraverso la storia della salvezza, dalla creazione fino alla redenzione. Accanto al fuoco si aggiunge il segno dell’acqua, in riferimento al Battesimo e infine tutto culmina nell’eucarestia, il punto di arrivo di tutto il cammino quaresimale e della celebrazione della vigilia.

Domenica 21, giorno di Pasqua, alle ore 18.00 il vescovo celebrerà la santa messa pontificale conclusa della benedizione Papale accompagnata dall’Indulgenza plenaria.

Info: www.diocesipistoia.itinfo@diocesipistoia.it – FB : Diocesi di Pistoia – Instagram @Diocesipistoia




Le meditazioni del vescovo per la Settimana Santa

Il vescovo Tardelli propone ai fedeli un testo di meditazioni sulla Settimana Santa. Una lettura spirituale per vivere con intensità il cammino verso la Pasqua

La Settimana Santa è un tempo di altissima densità spirituale. Nella settimana santa, infatti, «la chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.
Il tempo quaresimale continua fino al giovedì santo. Dalla messa vespertina “nella cena del Signore” inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì santo “nella passione del Signore” e il sabato santo, ha il suo centro nella veglia pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione. Le ferie della settimana santa, dal lunedì al giovedì incluso, hanno la precedenza su tutte le altre celebrazioni» (Paschalis sollemnitatis, n.27).

Come vivere al meglio la Settimana Santa?

Monsignor Tardelli, vescovo di Pistoia, offre ai fedeli alcune meditazioni dedicate ai giorni della Settimana Santa. Un testo semplice e chiaro che può accompagnare il cammino spirituale, disponibile online in formato pdf o in versione cartacea presso la Libreria San Jacopo (Via Puccini, 32 – Pistoia).

 




Preparare l’oratorio? Torna Oraestate!

L’ufficio di pastorale giovanile diocesano organizza anche quest’anno un mini corso di formazione per animatori per gli oratori estivi. Suor Francesca Nannelli dell’equipe di Pastorale Giovanile, ci presenta l’iniziativa.

Torna in diocesi l’atteso appuntamento di “Oraestate”: quali sono le novità di quest’anno?

Quest’anno abbiamo pensato di proporre un tema unico per tutta la diocesi, così da permettere ai ragazzi e ai bambini di condividere la stessa storia, sentirsi inseriti in un percorso comune che troverà il suo culmine, almeno per gli animatori, in un pomeriggio di festa, domenica 2 Giugno presso la parrocchia di san Bartolomeo. Animatori di tutta la diocesi si troveranno insieme ai giovanissimi dei gruppi dopocresima, dopo aver vissuto un’esperienza di gratuità e di gioioso servizio, si riconosceranno nella stessa storia, negli stessi personaggi, nello stesso inno. Il sussidio che utilizzeremo, «Che gusto c’è? Una deliziosa eredità», si ispira alla storia di «Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato». La storia è stata preparata dalle diocesi dell’Emilia Romagna che hanno una lunga tradizione di oratori.

Qual è la finalità educativa di questa traccia?

La finalità è così descritta: «la storia di quest’anno ci invita a riscoprire il valore dei legami e delle relazioni rispetto al possedere e al consumare. I primi quattro bambini che trovano il biglietto d’oro (i biglietti vincenti di una lotteria organizzata dalla fabbrica di cioccolato) vivono condizioni sociali privilegiate, ma un contesto familiare povero, che non sembra donare ciò che è essenziale, che non sa educare, che non sa accompagnare a una crescita, che non insegna la condivisione e il valore delle persone. Nell’assenza di legami veri, i quattro bambini risultano viziati, pretenziosi, egoisti, sregolati, ma soprattutto infelici. Non vivono la visita alla fabbrica come un dono di cui godere, non gustano realmente nulla di questa opportunità, ma la consumano trascinati dai loro evidenti difetti, perdendone la bellezza e il poterne godere appieno. Al contrario, Charlie vive una condizione di vita più dura, ma può contare su un contesto famigliare che gli dona amore e il giusto valore delle cose. Charlie vive come un dono e una fortuna l’occasione che gli è capitata, e sa stare dentro questa fortuna godendone e condividendola, divenendo, anzi, per Willy stesso, il testimone della necessità di legami veri e profondi. Con la “fabbrica di cioccolato” vogliamo metter al centro, allora, il tema dei legami e della famiglia, come vero fondamento della vita. È la rivoluzione della tenerezza di cui ci parla spesso Papa Francesco, contro la cultura dello scarto».

Quali saranno gli appuntamenti di Oraestate?

Ai nostri animatori proponiamo tre serate. La prima la dedicheremo al tema scelto, che avremo la possibilità di approfondire entrando nella trama della storia, individuando le finalità educative e la metodologia guidati proprio da chi la storia l’ha scritta: l’Opera dei Ricreatori di Bologna. Nelle altre due serate, invece, ci faremo aiutare dai formatori dell’Anspi che proporranno tre laboratori: uno sullo stile e l’identità dell’animatore; uno sulla musica e il corpo conoscendo a cosa servono bans e danze in oratorio; uno sul gioco come momento educativo privilegiato all’interno dell’avventura oratoriale.

A chi è rivolta l’iniziativa?

L’iniziativa è rivolta a tutti gli animatori della diocesi che soprattutto durante l’estate decidono di dedicare il loro tempo e mettersi in gioco nel “ruolo” prezioso e delicato dell’animatore, o meglio, dell’educatore. Non è un compito facile come può sembrare apparentemente; non si tratta di intrattenere i bambini, farli semplicemente giocare e creare qualche lavoretto da portarsi a casa. Occorre “attrezzare” i nostri animatori, oltre alle tecniche necessarie che servono per portare avanti un oratorio, vorremmo trasmettere il fine ultimo di ogni azione educativa. Gli oratori parrocchiali non sono un passatempo estivo per bambini, per quello i genitori possono scegliere tra le innumerevoli proposte che arrivano dal mondo sportivo e ricreativo in genere. San Giovanni Bosco, che ha “inventato” questa attività oratoriale diceva che «i nostri giovani vengono all’oratorio. Il Signore ce li manda perché noi ci interessiamo delle loro anime. Tutto il resto deve essere considerato come mezzo; il nostro fine supremo è farli buoni…».

I nostri oratori, quindi, vorrebbero diventare degli ambienti cristiani dove si cerca insieme di vivere il Vangelo, dove si impara il rispetto per i piccoli, l’attenzione per ogni persona -dal più grande al più piccino-, dove ognuno può scoprire e mettere a servizio i propri doni. Certamente con tre incontri non riusciremo in un intento così alto, ma vorremmo almeno far capire che ogni animatore, mettendosi a servizio dell’oratorio, comincia a mettersi davvero in gioco, si avventura in un cammino di conoscenza di sé, degli altri e di Dio. Le tecniche che vogliamo trasmettere sono uno strumento per arrivare al cuore dei bambini e degli stessi animatori. Il gusto è nel vivere quanto Gesù ci ha lasciato in eredità: «c’è più gioia nel dare che nel ricevere».

Programma

Lunedì 29 Aprile: Presentazione del tema

Lunedì 6 maggio: Stile e identità dell’animatore. La musica e il corpo: danze e bans

Giovedì 16 maggio: Laboratori delle attività di gioco.

Gli incontri si svolgeranno dalle 21.00 alle 22.30 in seminario a Pistoia (via Puccini, 36).

Daniela Raspollini

 

ORATORI ESTIVI

In arrivo la Giornata dei giovanissimi!

Quest’anno l’Ufficio di Pastorale giovanile ha ideato un appuntamento importante: la Giornata dei giovanissimi. Un evento diocesano aperto agli animatori e ai ragazzi del dopo Cresima. Sarà un pomeriggio di incontro e festa con giochi insieme e momenti di condivisione. Si terrà domenica 2 giugno a San Bartolomeo (nello spazio sul retro della chiesa) a partire dalle ore 15.00 (merenda inclusa). È importante che ogni parrocchia comunichi quanti, all’incirca, saranno i partecipanti almeno una settimana prima dell’evento per poter organizzare tutto al meglio. Non mancate!

Iscrizioni e info: pastoralegiovanile@diocesipistoia.it




Giornata dei Cresimandi: ecco la parola “magica” da custodire

La Giornata dei Cresimandi ha visto una cattedrale gremita di giovanissimi provenienti da tutta la diocesi di Pistoia. Tanti ragazzi stretti attorno al loro vescovo, per sperimentare l’unità, la comunione, la festa, la bellezza di un cammino che accompagna verso la vita cristiana.

Il vescovo Tardelli e i giovani si sono salutati con entusiasmo reciproco. L’incontro di domenica 7 aprile è il culmine di un percorso di preparazione a cura dell’Ufficio Catechistico diocesano, che ha condotto i ragazzi a un’apertura profonda con sé stessi e la Chiesa. I ragazzi hanno infatti indirizzato al vescovo le loro lettere personali. «Nelle vostre lettere – ha commentato mons. Tardelli – mi avete raccontato la timidezza, la paura, i sacrifici, non sentirsi all’altezza, il non sentirsi come gli altri ..accolgo questo vostro aprirsi del cuore come un grande dono».

Il cammino di quest’anno proponeva alcuni appuntamenti di riflessioni sviluppati attorno all’episodio di Zaccheo. «Avete meditato sulla storia di Zaccheo (Lc 19,1-10): una storia che ci fa capire qualcosa di importante. Non sono importanti i limiti che abbiamo – ha ricordato ai ragazzi il vescovo- Ma la cosa più importante è quello che Gesù ha detto a Zaccheo: “Zaccheo, io voglio entrare in casa tua”. Lascia stare i tuoi limiti, la cosa più importante è che io voglio entrare a casa tua!

Con me nel tuo cuore le cose possono cambiare, con me saprai cambiare anche i tuoi limiti in qualcosa di positivo».

Il vescovo ha quindi spiegato ai ragazzi: «il Signore vi dice: voglio entrare in casa tua, voglio entrare nel tuo cuore. C’è un momento speciale in cui questo accadrà: il giorno della sua cresima. Quel giorno è un giorno davvero importante. il Signore entrerà nel vostro cuore e voi vi state preparando proprio a questo. Ma come si risponde a Gesù che vuole entrare in casa tua?»

Mons. Tardelli ha quindi consegnato ai cresimandi una parola “magica”, la parola chiave per rispondere a Gesù che bussa alla porta del cuore. «Vi insegno una parola “magica”, una parola segreta –tra me e voi– che dovete scolpire nel cuore. Che parola è? Vorrei che la ripeteste con me: tidè tià tipò!

«tidè tià tipò!»

tidè: ti desidero

tià: ti accolgo, nella mia casa, nel mio cuore

tipò: ti porto nella mia vita, cerco di vivere nella mia vita con te!