Istituto Musicale Diocesano: iscrizioni aperte!

L’Istituto Musicale Diocesano “Don Lodovico Giustini” ha come scopo fondamentale la preparazione di musicisti disponibili per il servizio liturgico, specialmente per la Messa.

Lo struttura didattica è, comunque, quella di una normale scuola di musica. Si comincia con l’apprendimento della teoria musicale (il cosiddetto “solfeggio”) e si prosegue, anche in contemporanea, se chi si iscrive ha sufficienti cognizioni, con uno strumento o con il canto.

I corsi già funzionanti sono, oltre al solfeggio, quelli di organo, pianoforte, clavicembalo, flauto diritto, flauto traverso, canto. Se vi saranno almeno 3 iscritti, apriremo anche le classi di violino e di violoncello. La stessa modalità è prevista per il corso di canto gregoriano.

L’iscrizione può essere effettuata inviando per e-mail ( info@istitutogiustini.it ) alla scuola la propria richiesta, contenente le necessarie informazioni; nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono e corso scelto (ci si può iscrivere anche a più corsi).

I corsi si terranno dal lunedì 22 ottobre 2018 al venerdì 14 giugno 2019, interrotti dalle vacanze di Natale di Pasqua e dalle altre festività. Essi hanno luogo dal lunedì al venerdì, in genere nel pomeriggio, ma con possibilità di concordare altro orario.

Mons. Umberto Pineschi

 

Visita il sito e iscriviti!
www.istitutogiustini.it

CORSI INDIVIDUALI (1 ora settimanale)

Armonia e contrappunto
Clavicembalo
Organo
Pianoforte
Flauto
Violino
Violoncello
Canto

CORSI COLLETTIVI (1 ora settimanale)

Teoria musicale e solfeggio
Armonia
Canto gregoriano

Quote associative

CORSI INDIVIDUALI: € 70 ogni 4 lezioni
CORSI COLLETTIVI: € 25 ogni 4 lezioni




Custodia del creato: il 30 settembre la giornata diocesana

In questo settembre la Chiesa Italiana celebra la 13° Giornata per la Custodia del Creato: è infatti dal 2006 che la Conferenza Episcopale Italiana indice per il 1° settembre di ogni anno la celebrazione della “Giornata per la custodia del Creato”, un’iniziativa voluta in sintonia con le altre comunità ecclesiali europee che ha lo scopo di dedicare una giornata a riaffermare l’importanza della cura per l’ambiente con tutte le sue implicazioni etiche e sociali.

È in questa cornice che in Italia la stessa Conferenza Episcopale ha affidato alla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, e alla Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, il compito di individuare, per ogni anno, il tema specifico di approfondimento, lasciando alle singole diocesi l’iniziativa di sviluppare attività a livello locale durante tutto il mese. Quest’anno il tema è “Coltivare l’alleanza con la terra” ed è stato illustrato  in un messaggio della conferenza episcopale italiana.

Nel messaggio che accompagna il tema indicato dalla CEI per il presente anno ci viene proposta «una sfida che non interessa solo l’economia e la politica: c’è anche una prospettiva pastorale da ritrovare, nella presa in carico solidale delle fragilità ambientali di fronte agli impatti del mutamento, in una prospettiva di cura integrale. Occorre ritrovare il legame tra la cura dei territori e quella del popolo, anche per orientare a nuovi stili di vita e di consumo responsabile, così come a scelte lungimiranti da parte delle comunità».

La diocesi di Pistoia, su indicazione del vescovo Tardelli, ha individuato la data del 30 Settembre per celebrare la Giornata diocesana per la custodia del creato. In questa occasione ogni realtà parrocchiale è invitata a fare il possibile impegnandosi in varie forme ed iniziative per dare la giusta rilevanza a tale argomento.

Da parte dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e lavoro e del Gruppo di lavoro sugli Stili di vita, è stato predisposto un Sussidio per la preghiera e la riflessione contenente alcune brevi considerazioni utili per la riflessione ed alcune intenzioni di preghiera – con la raccomandazione di usarle nella Messa domenicale del giorno 30 Settembre – ed infine la Preghiera per la terra che chiude l’Enciclica Laudato si’ da leggere coralmente nella Messa.

Selma Ferrali, Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e lavoro

 

Scarica il Sussidio per  GIORNATA del CREATO 2018  – 30 settembre (.pdf)




La scuola, la sfida educativa, la fatica e l’importanza di essere educatori oggi

Il vescovo agli insegnanti: «mi piacerebbe aprire un dialogo con voi per realizzare una specie di “alleanza educativa” che coinvolga oltre le famiglie e la scuola, anche le altre realtà formative che hanno a cuore il bene dei nostri ragazzi».

PISTOIA – «La scuola si va facendo sempre di più un vero e proprio “ospedale da campo”, secondo l’espressione usata da Papa Francesco, e diviene cruciale quindi la sua capacità di essere inclusiva e accogliente verso i bisogni che insistono sulla vita dei nostri giovani».

Sono queste le parole del Santo Padre che il Vescovo – coadiuvato dall’equipe dell’ufficio della pastorale scolastica – ha scelto per parlare agli insegnanti e a tutto l’universo della scuola in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico. La lettera che nei prossimi giorni arriverà sulle cattedre degli insegnati pistoiesi tocca tanti temi d’attualità: dall’emergenza educativa ai problemi strutturali della scuola, dal ruolo delle famiglie al senso profondo della missione dell’insegnamento e tenta di fare luce sulle difficoltà, ma anche sulle sfide e sulle responsabilità, di chi è dietro (e davanti) a una cattedra.

Una scuola che dovrebbe essere il pilastro di una società che guarda al futuro con ottimismo, e che invece si presenta fragile: «Fragilità largamente certificate – si legge nella missiva – ma ancor più non certificate, meno evidenti, più sorde e più nascoste, che rappresentano una sfida allo sguardo attento di ogni insegnante. Sono fragilità figlie di una emergenza educativa diffusa. Sono famiglie a volte troppo vicine, con genitori che finiscono per trasformarsi nei facilitatori dei loro figli rendendoli incapaci di affrontare o sopportare in autonomia qualsiasi sfida. Oppure sono famiglie troppo distanti o del tutto assenti, così che non di rado alla Scuola tocca svolgere un vero e proprio ruolo di supplenza affettiva e formativa».

Fragilità e crepe che spesso distolgono da uno dei capisaldi della missione educativa, ovvero, per citare ancora il Santo Padre, curare lo sviluppo “umano integrale”: «Fare cultura significa educare al giudizio – afferma l’ufficio scuola – e la formazione del giudizio è una delle questioni più urgenti che appaiono oggi nel mondo giovanile, unico antidoto ad atteggiamenti gregari che tolgono alla vita sapore e prospettive. “Se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà”, come ha affermato Papa Francesco».

«L’educatore non si rassegna mai, i suoi occhi vedono oltre, vedono la vita dove non sembra ci sia, vedono la possibilità di crescere di un alunno dove tutti gli altri vedono solo disinteresse, noia, ribellione. L’idea di fondo, quanto all’aspetto pedagogico, è la centralità della persona umana. La Scuola non si limita ad erogare dei contenuti ma deve formare un cittadino. Se la Scuola è solo la somma dei contenuti erogati allora non è più comunità educante. Essa può e deve fare di più, poiché si occupa di persone che stanno costruendo (o che devono scoprire) il proprio progetto personale. Viene da chiedersi se anche la Scuola non sia coinvolta in questo silenzioso slittamento di senso e intenzionalità che alcune esperienze formative e di ricerca hanno messo in luce per le politiche giovanili degli ultimi anni».

Un ruolo difficile quello dell’insegnante che oggi si fa sempre «più incerto, insidiato, socialmente poco compreso nella sua importanza a dir poco decisiva. Il suo lavoro è posto ogni giorno sotto esame, anche se cerca di esprimere sempre competenza e talento. Agli insegnanti si chiede sempre di più, nonostante debbano fare i conti con mancanze di risorse, classi numerose e una burocrazia fine a se stessa. La realtà pone l’insegnante al confine tra le competenze e la necessità di essere assistente sociale, psicologo, missionario; mentre il suo lavoro è altro: accogliere, includere, accompagnare, ma anche affascinare e insegnare, con gli occhi fissi sul futuro dei ragazzi e sulle sfide che la vita riserverà loro».

Carissimo insegnante, tu hai tra le tue mani ogni giorno, incarnato nei corpi dei tuoi alunni, il futuro del nostro Paese e della nostra società.

Di fronte alle tante problematiche, rimane tuttavia inalterato lo spirito dell’educatore, che guarda a tempo dell’infanzia e dell’adolescenza come «un tempo vulnerabile di attesa ma anche di nuova pienezza, quello dei ragazzi. Un’età in cui si “spera di sperare”. In essa si può provare a capire che cosa resta e da dove ripartire. È una responsabilità esigente che gli insegnanti sanno affrontare al meglio».

Emerge quindi un grande rispetto e una volontà di accompagnare chi è chiamato a questo difficile compito:«La Chiesa di Pistoia è profondamente grata agli insegnanti per una cosa in particolare: perché con la loro opera, con il loro lavoro, con la loro tenacia ricordano a tutti che i giovani e i bambini di oggi non sono peggiori di quelli delle generazioni precedenti, comprendendo bene quale sia la fatica che viene richiesta agli insegnanti e non sufficientemente riconosciuta nel suo valore e nella sua importanza sociale e vuole esprimere tutta la sua ammirazione per ogni volta che ciascuno di loro riesce a trovare un equilibrio fecondo in questa realtà così complessa».

Lettera agli insegnanti della scuola di Pistoia (pdf)

 




Al via la scuola teologica diocesana

I corsi ordinari e il quarto anno incentrato sul mistero della fede

Secondo la narrazione di Giovanni evangelista, Maria Maddalena, in un’alba non ancora conclamata della domenica più importante per i cristiani, giunge alla tomba dove è stato sepolto il corpo del Maestro e vede la pietra rimossa. Si affretta a riferire la notizia ai discepoli ed anche Pietro e Giovanni corrono, a loro volta, verso il sepolcro. Giovanni lo raggiunge per primo, non entra, ma dalla soglia già si apre al suo sguardo la visione delle bende che avvolgevano il corpo del Maestro rilasciate per terra. Questo egli vede. Al sopraggiungere di Pietro, che osa persino entrare dentro la tomba, un altro particolare si disvela: il sudario già posto sul capo del defunto che ora è riposto ordinatamente da una parte.

Maria Madddalena vede la pietra della tomba rimossa e conclude che qualcuno ha portato via il corpo di Gesù senza poter sapere dove. Pietro vede le bende e il sudario e non è dato sapere la sua reazione e la sua interpretazione; sappiamo invece che Giovanni, dinanzi alla medesima scena, vide e credette.

Questi tre protagonisti del capitolo 20 del Vangelo di Giovanni vedono tutti solo dei segni, in questi primi versetti. Vedono segni e cercano di interpretare. Il discepolo che Gesù amava è colui che comprende con maggior compiutezza.

Ebbene la teologia cerca di fare lo stesso: interpretare nella maniera più compiuta e adeguata i segni che circolano intorno. Innanzitutto i segni della Rivelazione, ma poi anche i segni della vita sacramentaria e quelli della vita liturgica, fino ai segni della vita ordinaria di tutti i giorni che ci sono dati.

La scuola teologica diocesana, con il suo percorso triennale articolato in sette discipline per anno, si allinea fondamentalmente al suddetto obiettivo: poggiando sulle acquisizioni dei pilastri della fede (la Tradizione), intende fornire il metodo per interpretare i segni, in modo che ciascuno sia reso in grado di proseguire il percorso con una certa autonomia e, al contempo, sia abile a indirizzare altri lungo la stessa direzione.

Gli esami – per meglio dire, i colloqui – al termine di ogni corso sono opzionali e costituiscono, in ogni caso, solamente un’opportunità per sperimentare, tramite il dialogo o l’elaborato scritto personalizzato, un’autovalutazione della proprie acquisizioni.

La cadenza della scuola è settimanale (il martedì); l’orario è serale (20, 45 – 22, 10); la sede è il seminario vescovile di via Puccini.

info: giacomoponcini@alice.it

A.V.

L’apertura della scuola teologica è affidata alla prolusione dal tema: “Cosa chiedono i giovani al Sinodo
a cura della FRATERNITÀ DI CRISTIANI di Pistoia. L’appuntamento è per  martedì 9 ottobre 2018 alle ore 20,45 nell’aula magna del Seminario.

MATERIALE INFORMATIVO 2018/2019

Scuola di Formazione Teologica 2018-2019 (pdf)

Corso di Approfondimento 2018/2019 (pdf)

Libretto anno accademico 2018/2019 (pdf)

Per maggiori informazioni visita la pagina dedicata sul nostro sito.

 




Linguaggi del divino 2018: “Rinascere dall’alto”

Ai nastri di partenza la rassegna teologica della diocesi di Pistoia arrivata alla 31ª edizione. Una riflessione profonda sul tema della spiritualità e delle sue tante sfaccettature, in rapporto con la società contemporanea. A fine ottobre una tavola rotonda sul tema del lavoro e impegno dei cattolici. Tra i relatori anche l’ex premier Letta e il Vescovo di Taranto, mons. Santoro.

PISTOIA – Ripiegati sul proprio smartphone o incastrati nel mondo dei consumi abbiamo ancora interesse per le cose del cielo? C’è ancora spazio per la spiritualità oggi? Saranno le grandi domande dell’uomo di fronte ai drammi della modernità e l’antico – e mai come ora attuale – rapporto con l’assoluto i protagonisti dell’edizione dei Linguaggi del Divino 2018, intitolato “Rinascere dall’alto”.

Otto incontri, più tre eventi straordinari si dipaneranno in tutto il mese di ottobre (5 -22) in alcuni dei luoghi più significativi della nostra città, come il convento di San Francesco, il convento di San Domenico e il Battistero di San Giovanni in corte, offrendo uno spazio libero, aperto e in dialogo con tutti.

Padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato a Firenze, aprirà la rassegna teologica riflettendo sul tema della spiritualità in una prospettiva dialogica con le “cose della terra”, cioè la complessità del reale, accompagnati dalla suggestione in bianco e nero delle fotografie di Mariangela Montanari. Con padre Guidalberto Bormolini, riascolteremo le grandi domande dell’uomo di fronte alla morte e le proposte delle diverse tradizioni spirituali e religiose.

Il noto biblista Ermes Ronchi ci ricorderà le nude domande del Vangelo che continuano a provocare la nostra esistenza, mentre con Gaetano Piccolo, gesuita e metafisico, intraprenderemo un viaggio sorprendente attraverso noi stessi alla luce del discernimento cristiano. Il professor Andrea Monda, docente di religione, scrittore e autore assieme a un gruppo di studenti dei testi dell’ultima via Crucis col Papa al Colosseo, protagonista del format “Buongiorno professore” (TV2000), ci aiuterà a scoprire quale spiritualità è diffusa oggi tra i giovani.

Proveremo a a riflettere sul tema del “silenzio” e dell’ascolto nell’esperienza radicale degli eremiti con Antonella Lumini, affiancata nel racconto dal vaticanista di “Repubblica” Paolo Rodari, ma anche grazie al documentario “Voci del silenzio” diretto da Joshua Wahlen e Alessandro Seidita. Il loro racconto proporrà un percorso a ritroso verso le radici dell’esistenza, lo stimolo concreto a riequilibrare il nostro modo di stare al mondo.

Goffredo Boselli, monaco di Bose, ci aiuterà a scoprire come la liturgia ci introduce nello spazio in cui opera l’assoluto e l’umano si apre al divino. Basilio Petrà, teologo e preside della Facoltà Teologica dell’Italia centrale indicherà gli orizzonti della vita nello Spirito donata a chi “rinasce dall’alto”.

La conclusione di questa nuova edizione è affidata ad una tavola rotonda di grande livello sull’impegno dei cristiani sul tema economia e del lavoro, curata dell’Ufficio per la Pastorale sociale, con la presenza di Enrico Letta, economista ed ex premier, Enrico Giovannini, economista ex presidente dell’Istat, mons. Filippo Santoro, vescovo di Taranto.

Un appuntamento da non perdere per pensare, interrogarsi e lasciarsi stimolare sulle domande decisive dell’esistenza.

Per informazioni

Pagina fb:  @ilinguaggideldivino – @diocesipistoia

Twitter: diocesi di Pistoia

ilinguaggideldivino@diocesipistoia.it

 

Programma completo + biografie

 




Questi tempi difficili: lettera del vescovo alla Diocesi

Il vescovo si rivolge al popolo di Dio in una lettera scritta a margine delle indicazioni per il prossimo anno pastorale, parlando delle tante tensioni che si leggono nella società odierna. E anche nella Chiesa.

Scarica qui il testo integrale, oppure continua a leggere.

 

Tempi difficili

di Mons. Fausto Tardelli

PISTOIA 7/9/2018 – «Quanta amarezza provo di questi tempi! Ormai son vecchio, eppure tempi così non mi ricordo di averne mai vissuti. Sarà pure che oggi veniamo rapidamente a conoscenza di molte cose come in passato non succedeva; sta di fatto che il quadro generale mi pare davvero preoccupante. Mi sembra di vedere un po’ dovunque la dignità umana calpestata senza ritegno; vedo corruzione, malaffare e falsità. Faccio fatica a scorgere un futuro bello e radioso. Anche a livello nazionale e locale, il clima a volte è pesante, sicuramente complice lo squinternato modo di comunicare e di reagire che è di oggi e che degenera in un battibecco infinito e in una ormai mal celata chiamata alle armi per bande contrapposte –… e ci si divide, ci si disprezza, ci si denigra… Che pena!

Ciò che però mi fa più male è la condizione della chiesa dei nostri tempi. Sia chiaro: io ritengo che la Chiesa di oggi sia di gran lunga migliore di quello che sembra o di come la si dipinge – basti pensare al numero di coraggiosi testimoni del vangelo che hanno perso tutto, persino la vita per Cristo, proprio in questi decenni. Ciononostante, mi rendo conto che c’è bisogno di una profonda conversione e di una rinnovata formazione cristiana, a partire da noi vescovi e preti, perché c’è sporcizia nella chiesa, c’è lassismo, mondanità, immoralità, adattamento alle convinzioni e agli usi del mondo, travisamento della fede trasmessa dagli apostoli e della morale cristiana, superficialità, indisciplina; c’è la nefandezza criminale della pedofilia e, cosa assai grave, mancanza di amore che veste i panni della calunnia, della maldicenza, del giudizio sommario e dell’invidia. Più che altro però, la crisi che viviamo è crisi di fede più che di morale; crisi di fede in Dio e in Gesù Cristo morto e risorto. Sento che la mia vita e la vita della chiesa deve convertirsi al Signore. La Chiesa si deve concentrare su Gesù Cristo che è il suo sposo e il suo Signore, accettando l’umiliazione di riconoscersi debole e peccatrice in tante sue membra ma anche annunciandolo senza vergogna come la Via, la Verità e la Vita. Solo così sarà luce e sale. Il problema principale della chiesa è la fedeltà al suo Signore, alla Verità fatta amore e all’amore reso autentico dalla Verità, non altro.

In mezzo a questa temperie, è necessario che il nostro cuore non sia turbato e che non cadiamo in tentazione. Gesù ci ha detto che per portare frutto, la vite deve essere potata. Credo che il nostro sia tempo di potatura. Che fa male, perché taglia, ma permette alla vite di fruttificare. Da questo punto di vista, i nostri giorni sono un momento di grazia che ci permette di dare testimonianza di fede autentica. “Non abbiate timore”, ripete il Signore risorto ai suoi tremanti apostoli, segnati anch’essi dal tradimento di quasi tutti. “Non abbiate paura, io ho vinto il mondo!” Su queste parole fondiamo dunque la nostra speranza e quindi la nostra gioia, anche di questi tempi.

Proprio quando il momento della prova si fa più stringente, diventa importante andare all’essenziale e ancorarsi fortemente ad alcune semplici ma fondamentali certezze. Indicarle, ritengo sia un mio compito di Vescovo perché il Popolo che il Signore mi ha affidato non abbia a smarrirsi.

La prima di queste certezze è che la chiesa non soccomberà agli assalti del mondo e del maligno. Sono sicuro che il maligno sia all’opera, pur se non è certo una novità perchè da sempre il diavolo odia la chiesa e i discepoli di Cristo. L’azione del maligno si muove sempre in due direzioni: seminare zizzania e spingere i discepoli di Cristo al tradimento. E noi, facilmente cadiamo nella trappola. Le conseguenze sono drammatiche, perchè la zizzania mette l’uno contro l’altro, crea sfiducia e sospetto reciproco, quindi blocca ogni cosa, mentre il tradimento di Cristo produce scoraggiamento, porta alla rabbia e alla violenza e infine alla distruzione della casa di Dio. La chiesa però è “indefettibile” per esplicita promessa del Signore. Se scompare da un luogo – e questo purtroppo può accadere – rinasce però in un altro. Lo Spirito santo non l’abbandona: le porte degli inferi non prevarranno contro di essa e sempre rifiorirà dalle sue ceneri, come l’araba fenice, perché Dio ha la capacità di trarre il bene addirittura dall’azione del maligno. Anche oggi, di questi tempi, nonostante le nefandezze di una parte del clero e i peccati di molti cristiani, la chiesa resta santa per la santità della Vergine Maria e di tutti coloro che hanno dato e continuano a dare la vita per Cristo e per i fratelli. Non dobbiamo dunque impressionarci, spaventarci, andare in confusione. Non bisogna farci saltare i nervi. E’ ciò a cui punta il maligno. Piuttosto dobbiamo mantenerci il più possibile saldi nella fede, impegnati nella carità e fiduciosi nella speranza, mentre infuria la tempesta, soffiano i venti e le onde paiono sommergere la barca di Pietro. A volte il Signore “dorme” sulla barca…. Sembra assente e che ci lasci in preda alle onde. “Non ti importa che siamo perduti?” Gridano gli apostoli… Ma Gesù, calmando le acque, amabilmente li rimproverò: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”

Una seconda fondamentale certezza su cui ancorarci è il Credo che professiamo, cioè la fede espressa e condensata nel credo. In tempi difficili, non c’è da inseguire le opinioni dell’uno o dell’altro. In tempi difficili si deve restare saldi sull’essenziale, in quella che è la “fede cattolica trasmessa dagli apostoli”, come si dice nel canone romano. Il Credo dunque, con tutti i suoi articoli. Il quale non è astrazione, non è teoria. La “Dottrina” della fede non è un’elucubrazione cervellotica; è invece vita; è Gesù Cristo stesso, espresso in parole umane. Ciò che si professa con la bocca e con la mente è la vita vissuta da Cristo e la vita della Trinità comunicata a noi. Il Credo esprime la fede cattolica alla quale dobbiamo restare fedeli. Come si dice nel rito del battesimo e della Cresima a conclusione delle promesse battesimali: “Questa è la nostra fede, questa è la fede della chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù.” Il Credo esprime la parola di Dio nella sua sostanza ed è la chiave interpretativa delle stesse Sacre Scritture che non bastano da sole a esprimere la Rivelazione di Dio: occorre infatti anche la tradizione vivente della chiesa che si è condensata, così possiamo dire, proprio nel simbolo apostolico o niceno-costantinopolitano. Strettamente unita alla professione di fede c’è poi la morale cristiana, basata sui comandamenti di Dio e sull’insegnamento degli apostoli, anch’esso trasmesso nella chiesa lungo i secoli; esplicitazione dell’unico e duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, in specie del più povero e derelitto.

C’è cambiamento nella fede e nella morale lungo i secoli? Cambiamento no; non può esserci. Progresso, maggiore comprensione, precisazioni, esplicitazioni e correzione del tiro, si. Nel campo morale, ancor più che in quello della dottrina, com’è ovvio trattandosi di questioni legate strettamente ai mutevoli usi e costumi degli uomini. Sempre però in un processo di sviluppo e mai di cambiamento. Così come ciascuno di noi muta nel tempo, pur rimanendo sempre la stessa persona.

Teniamoci dunque stretti al Credo; ripetiamolo, impariamolo a memoria, approfondiamolo, preghiamolo; insieme ai comandamenti e agli insegnamenti morali degli apostoli, trasmessi nella tradizione della chiesa. Il magistero della chiesa dei nostri tempi, facendo tesoro del Concilio Vaticano II, ha spiegato il Credo e il contenuto della morale cristiana nel “Catechismo della chiesa cattolica”, unendovi anche una riflessione sui Sacramenti per la vita cristiana e sulla preghiera del Padre nostro; un grande dono dunque, questo libro, e uno strumento molto utile da tenere in grande considerazione.

Una terza fondamentale certezza che ci deve guidare in questi tempi è che il Papa è il successore di Pietro ed è anche, come diceva Santa Caterina, “il dolce Cristo in terra”. Nei suoi confronti ci vuole rispetto, amore e docilità. E’ sempre “infallibile”? No di certo. Solo in pochi casi si può parlare di infallibilità, quando cioè si pronuncia “ex cathedra”; in ogni caso però occorre ascoltare con molta attenzione il suo magistero e confrontarsi seriamente con esso. Lo si doveva fare ieri con S. Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI; lo si deve fare oggi con Papa Francesco. Possiamo non condividere pienamente qualcosa; ci può piacere di più o di meno questo o quel Papa. Anche lui è prima di tutto un discepolo di Cristo e deve rispondere alla chiamata alla santità. Può essere persino manchevole in qualcosa – la storia ce lo insegna – eppure non perde mai le sue caratteristiche di Vicario di Cristo e a lui si devono comunque devozione, affetto e ascolto sincero. Siamo inoltre certi che egli non potrà mai insegnarci autorevolmente qualcosa che ci faccia deviare dagli insegnamenti di Cristo: lo Spirito Santo infatti l’assiste, aldilà dei suoi meriti personali. Nei suoi confronti non ci vuole certo servilismo nè adulazione, che sono atteggiamenti da cortigiani, non da fratelli e figli che gli vogliono veramente bene. Chi vuol essere cattolico però non può fare a meno del Papa e non può non pregare per lui: “Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra e non tradat eum in animam inimicorum eius.” “Il Signore lo conservi, Gli doni vita e salute, lo renda felice sulla terra e Lo preservi da ogni male. Amen.”

Ultima fondamentale certezza da custodire gelosamente in tempi di crisi è la presenza accanto a noi della Vergine Maria. La nostra madre celeste ci è stata affidata da Gesù ai piedi della croce, nel momento supremo del suo totale dono di sé. E’ stata affidata a noi e noi siamo stati affidati a lei e lei, lungo tutti i secoli è sempre venuta in soccorso a noi nelle nostre necessità. In ogni luogo della terra possiamo dire, in ogni chiesa e angolo di strada, si trova una sua immagine, un suo ricordo. “Prega per noi peccatori”: è il grido che si leva dai cuori in tempesta e angosciati per il male. Lei è l’esempio fulgido della fede. L’immagine candida di un mondo senza peccato. Lei ha vinto la corruzione e la morte, prima creatura ad essere totalmente redenta dall’amore di Cristo. Lei è la chiesa; l’immagine della chiesa; essa stessa chiesa nel vero senso della parola e insieme a tutti i beati e i santi, corona di gloria alla Trinità, abitando già il mondo che verrà e verso il quale siamo in cammino. Rimanere attaccati a Maria è salvaguardia della fede, custodia della vita cristiana, consolazione nella burrasca, guida nel cammino. E’ la stella che guida il nocchiero, cantava un antico inno popolare. Stare attaccati a lei non ci porterà mai fuori strada. Preghiamola dunque con fiducia, con la dolce preghiera del rosario e come ci insegna a fare un’antichissima e bellissima invocazione: “Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genetrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus, sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta.” “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.”

Indefettibilità della Chiesa, perennità del Credo degli apostoli, carisma petrino del Papa e presenza materna della Madonna, sono dunque le quattro certezze che ancorano in sicurezza la nostra vita, anche in questi tempi difficili. Rinsaldati in esse e affidandoci con fiducia al Signore, possiamo allora affrontare la realtà del mondo nel quale viviamo, senza scoraggiarci. Potremo allora essere per chi lo vorrà, lievito e fermento, sale e luce, pur consapevoli di tutti i nostri limiti e peccati. Potremo essere davvero una “chiesa in uscita”; non solo un ospedale da campo ma persino una forza di pace che edifica il Regno di Dio nella mischia del mondo. Sperimentando nella propria debolezza la serena e beatificante “gioia del vangelo”».

+Fausto Tardelli




Pregare insieme per la Custodia del Creato

La 13ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato si celebra a livello nazionale il 1° settembre 2018.
La Conferenza Episcopale Italiana ha dedicato alla Giornata un messaggio dal titolo “Coltivare l’alleanza con la terra“. Il testo, come riporta una nota della CEI,”mette in rilievo come oggi ci si senta talvolta «come se tale alleanza fosse intaccata»: dalle devastazioni dei fenomeni atmosferici a causa del cambiamento climatico all’inquinamento diffuso. Per questo «talvolta si fa strada un senso di impotenza e di disperazione, come fossimo di fronte ad un degrado inevitabile della nostra terra».

Ricordando l’incoraggiamento che arriva dall’Enciclica “Laudato si’”, i Vescovi richiamano a «un’attiva opera di prevenzione», attenti a ritrovare la «prospettiva pastorale»”.

«Una prospettiva -si legge nel documento da ritrovare- nella presa in carico solidale delle fragilità ambientali di fronte agli impatti del mutamento, in una prospettiva di cura integrale. Occorre ritrovare il legame tra la cura dei territori e quella del popolo, anche per orientare a nuovi stili di vita e di consumo responsabile, così come a scelte lungimiranti da parte delle comunità».

Il messaggio integrale della CEI può essere scaricato qui.

La Diocesi di Pistoia dedicherà alla Custodia del Creato la giornata di domenica 30 settembre. In quel giorno l’Ufficio per la Pastorale Sociale e il Lavoro, Giustizia e Pace, Custodia del Creato, proporrà una iniziativa di sensibilizzazione al tema dell’anno: “Coltivare l’alleanza con la terra“.

Il 1° settembre ricorre anche la IV Giornata mondiale di Preghiera per il creato. Papa Francesco seguendo una tradizione avviata delle chiese ortodosse fin dal 1989, in accordo con il patriarca Bartolomeo I,  nel 2015, due mesi dopo l’uscita dell’enciclica “Laudato Si'” ha istituito la Giornata Mondiale di Preghiera per il Creato da celebrarsi ogni anno il 1 settembre. Quest’anno Papa Francesco  ha desiderato «richiamare l’attenzione sulla questione dell’acqua, bene primario da tutelare e da mettere a disposizione di tutti».

Accogliendo l’invito di Papa Francesco invitiamo le parrocchie a «unirsi in preghiera, sabato, per la nostra casa comune, per la cura della nostra casa comune». Una o più preghiere dei fedeli delle messe festive possono essere dedicate a questa intenzione.

 

 

 

 




Lettera del vescovo alla diocesi di Pistoia

Venerdì 21 settembre l’apertura dell’anno pastorale con il pellegrinaggio diocesano al Santuario della Madonna di Valdibrana

Carissimi fedeli della Diocesi,

la Madonna detta “di Valdibrana” ci aspetta!

Come già preannunciato, venerdì 21 settembre prossimo, da tutte le parrocchie della diocesi ci muoveremo in pellegrinaggio verso il nostro Santuario diocesano, dove si venera l’antica immagine della Madonna di Valdibrana. Spero davvero che ci sia una larga e sentita partecipazione. Ho voluto questo pellegrinaggio per esprimere l’attaccamento della nostra chiesa locale a Maria Santissima. Ci teniamo a Lei; per noi è madre e sorella; fulgido esempio di ciò che è chiamata ad essere la chiesa; consolazione nel cammino della vita e sostegno nella sequela amorosa ed esigente di Cristo.

Ho desiderato questo pellegrinaggio diocesano per affidare in modo del tutto particolare alla Madonna di Valdibrana, tutta la nostra chiesa: i laici tutti, le religiose e i religiosi, i presbiteri, i diaconi, i nostri seminaristi. Tutti coloro che soffrono e son in mezzo alle difficoltà, i nostri fratelli immigrati che sono tra noi in cerca di un futuro migliore, i nostri anziani e i nostri giovani e in modo tutto speciale le nostre famiglie.
Alla Madonna affidiamo anche il nostro anno pastorale, dedicato alla “comunità fraterna e missionaria”. Per questo, il 21 settembre daremo anche inizio ufficiale all’anno pastorale, con il mandato ai catechisti e ai vari responsabili parrocchiali.

Che ci si muova da ogni angolo della diocesi per convenire nel santuario di Valdibrana è un bel segno di comunione e di quel “camminare insieme” che è ciò che ci prefiggiamo di fare, in quello stile e pratica sinodale che è caratteristica tipica della chiesa. Il pellegrinaggio sarà l’occasione per benedire la nuova, grande aula liturgica che è stata costruita accanto al Santuario e per inaugurare anche i locali annessi. Ambienti che sono a servizio della diocesi e offrono belle opportunità di incontro e di formazione.

A tal proposito chiedo anche ad ogni parrocchia un gesto di generosità: un contributo economico perché si possano ripianare al più presto i debiti fatti per realizzare quest’opera di utilità comune. Chiedo quindi a tutte le parrocchie un impegno straordinario il cui frutto deporremo proprio il 21 prossimo ai piedi della Madonna di Valdibrana.

Ogni parrocchia può organizzarsi come meglio credere, scegliendo la modalità di pellegrinaggio che ritiene più opportuna.

La celebrazione eucaristica inizierà alle 21.30 nella nuova aula liturgica.
Alle 20.00, per tutti coloro che vi si vorranno unire, partirà dal nuovo parcheggio un breve pellegrinaggio che girando dietro la chiesa di San Romano raggiungerà il Santuario per la S.Messa.

Prima della celebrazione, a partire dalle ore 20.00, ci sarà la possibilità di confessarsi presso lo stesso Santuario.

Cercate di non mancare e anche coloro che non potranno venire si uniscano quella sera in preghiera, per i bisognosi, per la conversione dei peccatori, per la nostra chiesa, per un mondo di giustizia e di Pace.

Pistoia, 1 settembre 2018
+ Fausto Tardelli


La lettera pastorale del Vescovo Tardelli “L’anno della comunità fraterna e missionaria” è disponibile presso la Libreria San Jacopo in via Puccini 32, oppure presso la segreteria degli Uffici Pastorali (Sig.ra Daniela, Seminario Vescovile, Via Puccini, 36). Il testo può essere scaricato anche in pdf dal sito web diocesano.




Vicofaro: la nota della diocesi

PISTOIA – Come è stato ampiamente riportato dai mezzi di informazione, in questi giorni effettivamente è stata recapita anche alla Curia Diocesana una lettera della Prefettura di Pistoia con la quale si invita l’Associazione Virgilio – Città futura, Ente gestore del CAS ospitato nei locali della parrocchia di Vicofaro a trovare con urgenza strutture idonee ove ricollocare immediatamente i richiedenti asilo, in quanto, da relazione dei VV.FF allegata, l’attuale struttura al momento  è da ritenersi “non idonea”. La stessa relazione dei VV.FF elenca una serie considerevole di criticità, anche gravi, persino pericolose. Si sa che sono in corso inoltre accertamenti edilizi e sanitari di cui non si conoscono ancora gli esiti. La dichiarazione di “non idoneità” rende problematica anche l’ospitalità offerta a tutti coloro che non rientrano nel progetto CAS.

La situazione si presenta seria e non può essere sottovalutata e neppure passata sotto silenzio, dal momento che la nascita della suddetta Associazione, rappresentata dal sig. Alessandro Vivarelli, fu a suo tempo approvata da Mons. Vescovo, avendo avuto però assicurazione che tutto si sarebbe svolto nel migliore dei modi, e inoltre per il fatto non trascurabile che i locali della parrocchia di Vicofaro, ricadono “in primis” nella diretta responsabilità del parroco, che è legale rappresentante ed è chiamato a risponderne anche penalmente, ma in ultima istanza chiamano in causa il Vescovo che è tenuto a vigilare sull’insieme della vita diocesana e delle parrocchie.

Dispiace dover constatare quanto ci è stato comunicato e ci sorprende, dal momento che Mons. Vescovo, invitando all’accoglienza e sostenendola sempre, ha affermato anche che la doverosa accoglienza di chi è nel bisogno va fatta bene, al meglio, in ambienti sicuri e idonei, con l’assistenza di personale sufficiente, qualificato e capace e che questa deve essere una preoccupazione costante.

In ogni caso, è certo che la Diocesi offrirà la massima collaborazione sull’attuazione di quanto la Prefettura, i Vigili del fuoco o altre istituzioni preposte indicano come necessario per una idonea accoglienza in strutture adeguate. Si assicura, anche attraverso la Caritas diocesana (che da tempo ha offerto, per quanto possibile, il sostegno materiale alle iniziative di accoglienza di don Massimo) tutto il supporto necessario a don Massimo Biancalani, perché la situazione possa evolversi nel migliore dei modi e dia più tranquillità anche a lui. Mons. Vescovo ha già dato disposizioni perché d’ora innanzi da parte della Curia diocesana, si metta in atto una più attenta vigilanza su ciò che avviene negli ambienti appartenenti alla chiesa e tutto si svolga nella correttezza e trasparenza da tutti i punti di vista.

28/08/2018




Tardelli: Fedeltà al Signore e discernimento per sognare in grande con i piedi per terra

Riprendiamo dal Corriere Fiorentino di venerdì 24 agosto il testo integrale dell’intervista di Paolo Ceccarelli al vescovo di Pistoia Fausto Tardelli «L’accoglienza non sia ideologia, ma chi chiude non è un cristiano». 

Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. 

Da Camaldoli il Movimento ecclesiale di impegno culturale lancia l’allarme sullo svuotamento della democrazia. Un tema su cui, ha scritto Riccardo Saccenti, riflette “una minoranza di cattolici italiani” mentre la maggioranza riscopre “una fede identitaria e esclusiva”. Monsignor Tardelli, respira anche lei questa divaricazione tra popolo ed élite cattolici?

Si la respiro, perché è così. Una divaricazione che deve far riflettere e che non va bene. Invece di stare a lamentarsi, sarebbe meglio domandarsi il perché e come sia successo. Non però partendo dalla presunzione che le élite abbiano per forza ragione su tutto e che il popolo della strada o che riempie le chiese sia fatto di gente che non capisce. Ci vuole ascolto sincero e capacità di mettersi in discussione. Occorre sforzarsi di capire i motivi. Forse ci sono domande e attese legittime che non hanno trovato risposta. Forse cose buone sono state comunicate male.

Certo che sono preoccupato per lo svuotamento della democrazia e per la barbarie che avanza. Sono molto preoccupato. Ci sono segnali inquietanti e foschi che non ci fanno stare per niente tranquilli, anche perché vanno oltre l’Italia e attraversano i continenti. Ma non serve fare proclami e gridare “al lupo, al lupo”. Certo occorre anche svegliare le coscienze e vigilare. Anche dire con chiarezza come gli apostoli quando è necessario: “Non possumus”. Soprattutto però bisogna costruire dal basso una nuova società e con molta umiltà e fatica compiere una vasta e capillare opera di educazione anche ecclesiale, soprattutto nei confronti dei e coi giovani, verso i quali abbiamo completamente fallito. Perché a preoccupare e tanto, non sono solo le uscite di questo o di quello, bensì il consenso che vi si coagula attorno.

Ma secondo lei quali devono essere le risposte della Chiesa alla rivolta politica e sociale anti establishment in moto in quasi tutto l’Occidente?

La chiesa deve convertirsi al suo Signore. Lo ha richiamato anche Papa Francesco nella sua recente lettera al popolo di Dio per le nefandezze della pedofilia: preghiera e digiuno. La Chiesa deve concentrarsi su Gesù Cristo che è il suo sposo e il suo Signore, accettando l’umiliazione di riconoscersi peccatrice in tante sue membra ma anche annunciandolo senza vergogna come la Via, la Verità e la Vita. Solo così sarà luce e sale.

Il problema principale della chiesa è la fedeltà al suo Signore, alla Verità fatta amore e all’amore reso autentico dalla Verità, non altro. Anche se ritengo che la Chiesa di oggi sia migliore di quello che sembra o di come la si dipinge, c’è bisogno di una profonda conversione e di una solida formazione cristiana, a partire da noi vescovi e preti, perché c’è sporcizia nella chiesa, c’è lassismo, mondanità, travisamento della fede trasmessa dagli apostoli, superficialità, indisciplina e, cosa più grave di tutte, mancanza di amore.

In questa profonda conversione, la chiesa deve anche imparare a leggere i “segni dei tempi”; non quelli che si pensa già di conoscere: quelli piuttosto che vengono fuori dal tempo che stiamo vivendo. Non può quindi per es. non osservare con attenzione questa rivolta che viene dalle persone e dai popoli contro una globalizzazione che cancella le identità, che ci vuole tutti intercambiabili e asettici, tutti uguali solo perché appunto senza identità, sottoposti a una burocrazia che ci amministra e alla finanza mondiale che oltre a non dare lavoro, ci vuole senza ideali, senza onore e dignità, senza patria, senza Dio, liberi solo di appagare i nostri istinti.

Uno dei cavalli di battaglia dei sovranisti è ovunque nel mondo quella contro i migranti. Papa Francesco ha perduto in popolarità anche tra i cattolici per le sue parole a favore dell’accoglienza, secondo un sondaggio realizzato da Demos per Repubblica. La Chiesa rischia di perdere contatto con il suo popolo proprio sul messaggio evangelico dell’accoglienza?

Il cristiano non si può dimenticare delle parole di Cristo: ero forestiero e mi avete accolto. La chiesa è un popolo formato da genti e culture diverse, dove l’accoglienza reciproca è legge. Al fondo, questo è chiaro. Molte delle nostre parrocchie sono guidate da africani o comunque da preti provenienti da altri continenti, immigrati pure loro. Se un cristiano è contro l’accoglienza di chi è in difficoltà o nel bisogno, semplicemente non è cristiano e farebbe bene a farsi un bell’esame di coscienza. Resta il fatto che occorre impegnarsi per fargli cambiare mentalità e non semplicemente condannarlo. Comunque, se non condivide, è libero di andarsene. Anche se ci dispiace, non ci fa paura rimanere in pochi.

La chiusura dunque non è accettabile. Bisogna però riconoscere che qualcuno ha fatto dell’immigrazione una questione ideologica, non umanitaria. Inoltre non si è voluto capire che la cosa andava organizzata in un modo diverso e non puramente emergenziale, perchè l’obiettivo è l’integrazione. Si è dato a intendere che tutto fosse chiaro nei flussi migratori, in particolare quelli che ci interessano da vicino, quelli cioè di giovani provenienti dall’Africa, anzi, da una certa parte dell’Africa; non si è spinto a sufficienza per una soluzione internazionale ed europea del problema e, a volte, anche le parole del Papa, sempre molto chiare, sono invece state strumentalizzate, finendo in modo manipolato nei vari organi di comunicazione.

Quanto al sondaggio di Repubblica, ci andrei molto piano a dire che il papa paga per la sua posizione sui migranti…. Si tratta di una opinabilissima interpretazione dei dati. Pressappochismo, lo definirei…. Quando Papa Benedetto perdeva consensi, per cosa pagava, allora?

A Pistoia e anche fuori hanno fatto discutere alcune uscite pubbliche di don Massimo Biancalani, il parroco di Vicofaro divenuto famoso per la foto in piscina con alcuni profughi. Da vescovo come ha vissuto le polemiche che ne sono seguite?

Le ho vissute con grande dolore. Primo perché contro un sacerdote che pur con i limiti che tutti abbiamo cerca di aiutare il prossimo in difficoltà, ho visto scatenarsi una montagna incredibile di insulti e di odio, persino con vere e proprie minacce e l’assurda pretesa di controllo da parte di forze politiche di estrema destra – cose tutte assolutamente inaccettabili e che mi hanno rattristato non poco; secondo, anche perché ritengo che l’uso abituale della provocazione non serva assolutamente a niente, non costruisca ponti e non faccia cambiare idea ad alcuno. Inoltre, l’esposizione mediatica è l’ultima cosa che aiuta l’integrazione dei giovani immigrati, i quali hanno bisogno piuttosto di tranquillità e serenità per trovare la propria strada in pace.

Non c’è il rischio che alcune provocazioni fatte in nome dell’accoglienza danneggino anche la causa dei migranti?

Si, dal mio punto di vista, si. Bisogna cercare di risolverli, i problemi delle persone, non acuirli. Se l’obiettivo è, come io ritengo, l’integrazione, ci si deve domandare che cosa la favorisca e cosa invece la ostacoli, operando con pazienza per superare gli ostacoli e per renderla possibile.

Lei ha più volte richiamato i cattolici all’impegno in politica. Ma concretamente questo impegno come deve realizzarsi? Pensare a una nuova Dc nel 2018 sembra una forma di antiquariato…

Come ho avuto modo di scrivere recentemente, le difficoltà sono grandi e non ci sono strade già segnate o scorciatoie. Si tratta di costruire un tessuto, una trama sociale. Prioritario ritengo che i cattolici – riscoprendo la propria identità – si parlino, si confrontino, senza anatemi reciproci, nel rispetto, nel dialogo, alla ricerca di ciò che è giusto e possibile oggi per il bene comune.

Bisogna anche imparare a leggere la realtà mutevole dei nostri giorni; misurandosi con essa così com’è e sforzandosi di trovare prospettive di pensiero e di azione, facendo tesoro delle numerose e belle esperienze di prossimità già presenti silenziosamente ma efficacemente nel territorio nazionale. Coltivando cioè un sogno, un progetto; un progetto però che sia anche un metodo applicabile, un modo, uno stile basato sul discernimento, fatto di idee grandi e tradotto in cose concrete e possibili già oggi, fecondato dalla dottrina sociale della chiesa, aperto a tutti anche ai non cattolici, soprattutto sognato e costruito ogni giorno insieme alle nuove generazioni, capace quindi di scaldare il cuore dei giovani. Infine, cosa non meno importante, attorno al quale saper costruire con tenacia e determinazione un consenso capillare e convinto.