Sinodo diocesano: un sussidio per la formazione

Per approfondire le tematiche che la Chiesa di Pistoia è chiamata a vivere

 

È tempo di prepararsi a vivere il sinodo diocesano. La preparazione prevede la costituzioni di gruppi sinodali nelle parrocchie del territorio diocesano e ripetuti momenti di ascolto e preghiera; chiede però, anche un approfondimento sul tema della sinodalità.

Arriva a supporto di questa esigenza un sussidio diocesano a cura del vicario generale don Cristiano D’Angelo. Un libretto disponibile online sul sito diocesano ma anche in forma cartacea presso la segreteria degli uffici pastorali (Seminario Vescovile, via Puccini 36). Il sussidio costituisce una traccia di formazione in vista del primo sinodo diocesano dopo il Concilio Vaticano II.

«La celebrazione di un sinodo — spiega il Vicario nell’introduzione — è un momento importante della vita di una chiesa in cui ci si riunisce per condividere, confrontarsi, discernere il cammino che Dio ci chiede di fare.

La chiesa non deve “inventare”, quanto “capire” il cammino che Dio continua a rivelare ai credenti nella storia tramite il suo Spirito. Ora, condividere, confrontarsi, discernere, capire, sono operazioni che non si improvvisano, ma che chiedono formazione e una sufficiente consapevolezza di vita cristiana. Per questo è importante prepararsi a vivere il sinodo impegnandosi nella preghiera e a crescere quanto più possibile nella conoscenza della rivelazione, nella capacità di discernimento, nell’esercizio dell’ascolto e del dialogo».

«In questa prospettiva il presente sussidio, ad integrazione di quello sulla Parola di Dio, Getta le tue reti a cura dell’Ufficio catechistico, vuole essere un aiuto alle parrocchie e alle realtà ecclesiali diocesane per prepararsi insieme prima della consultazione pre-sinodale del popolo di Dio».

Il libretto propone quattro approfondimenti: il primo: «Chiesa popolo di Dio in comunione e missione», è la trascrizione dell’intervento di Mons. Erio Castellucci alla Diocesi di Pistoia registrato il 16 novembre

2021. Seguono tre contributi: uno dedicato al tema della «Sinodalità» a cura di padre Simone Panzeri, il secondo, «La corresponsabilità dei laici e la ministerialità» di don Diego Pancaldo, l’ultimo, «Il discernimento comune e i segni dei tempi» a cura di don Roberto Breschi. «L’augurio — conclude don D’Angelo — è che già il cammino di formazione sia un educarsi a camminare insieme come fratelli e sorelle, nell’umile ricerca della verità e della volontà di Dio».




Una prima tappa verso il Sinodo

Martedì 16 novembre incontro con Mons. Castellucci in Seminario

La riflessione sinodale ruota da quest’anno attorno a tre importanti percorsi sinodali: quello della Chiesa universale, con il sinodo dei vescovi dedicato proprio al tema della sinodalità, quello della Chiesa in Italia e, infine, quello della Chiesa diocesana. Tre percorsi che nel corso dell’anno saranno accompagnati da importanti momenti formativi aperti a tutti. Il primo è offerto da Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi, che martedì 16 novembre proporrà una riflessione dal titolo «Chiesa popolo di Dio in comunione e missione».

Accanto al suo impegno pastorale monsignor Castellucci è anche vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, consultore della segreteria generale del Sinodo dei vescovi, consultore della congregazione per il clero. Per anni ha insegnato teologia dogmatica con particolare attenzione alla dimensione ecclesiologica e alla teologia del presbiterio.

«La sua formazione e il suo servizio — spiega il vicario generale don Cristiano D’Angelo — ne fanno una persona particolarmente qualificata per aiutarci ad entrare sempre di più nella preparazione del Sinodo e nella formazione ad una nuova mentalità e prassi missionaria delle nostre chiese».

«L’incontro con Mons. Castellucci — precisa don Cristiano — è aperto anche ai laici, in modo particolare a quelli che svolgono un servizio pastorale nelle parrocchie e realtà ecclesiali». L’evento, avrà luogo nell’aula magna del Seminario vescovile di Pistoia si svolgerà dalle 9.30 alle 12.30. Per tutti, compatibilmente con il numero di posti disponibili, è necessario esibire il green pass all’ingresso.

L’incontro sarà trasmesso anche in diretta streaming sul canale YouTube della diocesi.




L’ascolto è cosa del cuore

Un invito a scoprire il bisogno di essere riconosciuti e ascoltati, per imparare il valore di un ascolto differenziato.

di Cecilia Costa*

La prof.ssa Cecilia Costa è sociologa e docente presso l’università di Roma Tre. Recentemente è stata nominata consultore della segreteria generale del sinodo dei vescovi, ed ha partecipato ai recenti sinodi convocati da Papa Francesco. A partire dalla sua vasta esperienza in ambito ecclesiale e sociologico ci consegna una riflessione sul valore dell’ascolto con una particolare attenzione al mondo dei giovani.

Situazione culturale

La Chiesa è impiantata nella società, di conseguenza ha bisogno di conoscere la situazione socio-culturale nella quale opera al fine di annunciare il Vangelo. Per diffondere il suo messaggio, dunque, la Chiesa deve essere più che mai attenta ai “segni dei tempi” e al difficile rapporto tra il Vangelo e i valori, il costume, il linguaggio e i simboli di un determinato momento storico. Alla luce di questa premessa, non si può trascurare, pertanto, di riferirsi all’attuale clima culturale della nostra modernità avanzata, in cui, da una parte, si garantiscono delle possibilità straordinarie in campo medico-biologico e tecnologico-comunicativo. Dall’altra parte, invece, si devono affrontare delle problematiche emergenti, tra le quali ci sono: l’abuso della tecnologia digitale; il deficit simbolico di identità, memoria, storia; l’enfasi soggettivista e l’autoreferenzialità; il consumo eletto a fine esistenziale; la concezione della salvezza intesa ormai come generico benessere psicologico; lo scarso senso di appartenenza  e di comunità; la difficoltà di fare scelte per la vita e di assumersi responsabilità nel sociale.

 

Di questi e altri nuclei tematici si è riflettuto anche nell’assemblea sinodale 2018, mettendo in conto che nell’attualità diventa tutto più complesso, perché l’odierno tessuto socio-culturale spesso mette in dubbio ogni verità e spinge verso gli idoli moderni. A fronte di queste problematiche, si evidenziano anche alcuni bisogni,  trasversali a tutte le fasce di età, dalle più giovani alle più adulte, che possono essere riassunti come segue: bisogno di orizzonti di senso, di individualizzazione del sé, di accompagnamento, di relazione e di ascolto. In sostanza, nonostante si sia immersi in una cultura dell’immanente, dell’indistinto, del provvisorio, del dubbio, dello sradicamento, della «perdita del senso della totalità […] del senso della vita e del vivere insieme», come dice Papa Francesco nella Laudato si’, proprio nella nostra epoca sembra che si stiano amplificando le domande di significato, il desiderio di ognuno di essere riconosciuto nella propria unicità e ascoltato.

Ascolto

 

A proposito dell’ascolto, −come recita il documento finale del sinodo dei vescovi XV assemblea generale ordinaria, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, 2018−, esso deve essere inteso come incontro di libertà, coniugato con l’azione divina, offerta dai sacramenti, e con un’adeguata direzione spirituale.

 

Deve essere un ascolto empatico, dialogante, all’insegna del camminare insieme, della relazionalità, della pazienza, dell’accoglienza, dell’affetto, della disponibilità, dell’approccio non indifferenziato, perché ogni persona vuole essere ascoltata per i propri desideri, le proprie incertezze e le proprie paure.

 

Un ascolto che non deve essere segregato in atti, regole, procedure, ricette, comportamenti standardizzati o “costruito” formalmente, ma portato avanti da esperienza a esperienza, da persona a persona. Un ascolto capace, −nei momenti liminali o di fragilità, come in quelli ordinari− di rispettare il ritmo e l’unicità di ciascuno.

 

Bisogna cercare di ascoltare in modo intenso, attenti sia all’aspetto teologico che pedagogico, mirando a far comprendere la libertà e accettarne il rischio. Una libertà che nell’attualità non è ben compresa nel suo significato profondo, perciò va descritta con chiarezza, dicendo che essa rientra nel dialogo della salvezza. Si deve spiegare che la vera libertà, come sottolineato da Paolo VI, è generata da una “domanda d’amore”, alla quale ognuno è «libero di corrispondervi o di rifiutarla» (Ecclesiam suam).

 

In modo particolare, le nuove generazioni per poter affrontare il mondo contemporaneo con le sue sfide inedite e complesse, per imparare a discernere e per diventare consapevoli hanno bisogno di essere riconosciuti, ascoltati, dagli accompagnatori, dai pastori e dalle guide spirituali. Essi hanno necessità di figure vicine, pazienti, sensibili, appassionate, empatiche, che commuovano, parlando al cuore e non solo all’intelletto; che risveglino l’anelito per l’altro da sé e per il bene comune; che favoriscano il saper «riconoscere, interpretare e scegliere» (I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Documento Finale). I giovani e gli stessi adulti hanno bisogno di testimoni credibili, di interpreti autentici di quella che Ignazio d’Antiochia ha chiamato la «novità della speranza», che sappiano aiutare ciascuno a domandarsi  non chi sono io, bensì «per chi sono io?» (Christus vivit).

 

Nel nostro momento storico, la pastorale per essere veramente adeguata ai segni dei tempi dovrebbe adottare un nuovo modo di ascoltare e uno nuovo stile relazionale-comunicativo, nel segno della prossimità, dell’amicizia, dell’affettività, del “cuore” (termine ripetuto 58 volte nell’esortazione Christus vivit) e della “rivoluzione della tenerezza”.

 

* consultore della segreteria generale del sinodo dei vescovi

(pubblicato sul settimanale “LA VITA” n. 2 del 19 gennaio 2020)




In ascolto del popolo di Dio

Sinodalità: una chiesa chiamata a diventare sè stessa.

Disponibile on line la scheda per l’ascolto del popolo di Dio, primo e decisivo passo per la preparazione del sinodo diocesano previsto per il gennaio 2021.

Nella sua ultima lettera pastorale «…e di me sarete testimoni» (EDMST) il vescovo Tardelli ha espresso l’intenzione di celebrare un Sinodo diocesano nel 2021. La preparazione e la celebrazione di un Sinodo sono una grande occasione per imparare a tradurre in modalità concrete il nostro essere Chiesa comunione (EDMST 23). Il tema proposto dal vescovo per il Sinodo, dopo essersi confrontato nel consiglio presbiterale, nell’assemblea del clero di Giugno 2019 e nei vari organismi di partecipazione diocesani, è quello della «missionarietà e della evangelizzazione» (EDMST 25).

L’urgenza di aprire una nuova stagione missionaria fa eco al magistero di tutti gli ultimi Papi e risponde all’invito fatto da Papa Francesco ad una conversione in senso missionario di tutta la pastorale (Evangelii Gaudium 27). Una delle forme con cui attuare questa “conversione” è proprio la sinodalità:

«la messa in atto di una Chiesa sinodale è presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero popolo di Dio» (EDMST 24), perché non può esserci missione efficace senza comunione, senza corresponsabilità e senza la partecipazione di tutti i battezzati all’annuncio del vangelo.

Il tema dell’evangelizzazione è decisivo per la Chiesa, chiamata a custodire e annunciare il seme del vangelo per le generazioni future. Quando ci confrontiamo sulle difficoltà della Chiesa, quando enumeriamo le fatiche e le ansie degli uomini del nostro tempo, o quando prendiamo atto di quelle che il vescovo ha chiamato “le attese di vangelo”, non facciamo altro che porci il problema di come fare perché la gioia del vangelo fecondi queste realtà.

Tutto questo è ampiamente condiviso tra noi. Ma come trovare le risposte giuste, come fare ad avviare processi di cambiamento che trasformino il mondo in senso evangelico e ridiano vitalità alle nostre comunità non è affatto facile. Una cosa però è certa, la risposta la dobbiamo cercare insieme. A questo serve un Sinodo.

Sappiamo che non è e non sarà facile vivere il Sinodo e a volte potremmo pensare: a che serve? È una perdita di tempo! Non cambierà nulla! È tutto vero: non siamo abituati, non è semplice, non sappiamo cosa effettivamente produrrà un sinodo, ma la sfida è ineludibile. Nessuno è chiesa da solo, nessuno da solo può vivere tutto il vangelo, nessuno da solo può risolvere i problemi del mondo. Vivere il sinodo potrà essere faticoso, ma sarà una grande primavera dello Spirito se sapremo metterci insieme ad ascoltare per cercare di capire e pensare il futuro e, soprattutto, se proveremo a viverlo. È uno stile nuovo a cui non siamo abituati. Per questo ci vorrà pazienza e fiducia. Ma al di là dei risultati immediati, che potranno esserci o non esserci, se avremo vissuto questo tempo con la disponibilità a scommettere in un nuovo stile di chiesa, almeno questo certamente rimarrà! Perché provare a vivere insieme le cose è già un cambiamento.

LA SCHEDA PER L’ASCOLTO DEL POPOLO DI DIO

La scheda per l’ascolto del popolo di Dio è stata approvata dal vescovo, dopo essere stata discussa con i vicari foranei, con i direttori degli uffici pastorali e con il consiglio presbiterale.

La scheda è anzitutto un’occasione di formazione, un invito al confronto, un aiuto per il discernimento; una sollecitazione per tutti i battezzati perché maturino sempre più la consapevolezza di essere protagonisti della missione.

Dopo le domande del vescovo, la scheda propone una serie di brani dall’Evangelii Gaudium di Papa Francesco che è il programma del Pontificato in vista di un rinnovamento missionario di tutta la vita pastorale della Chiesa.

Ad ogni brano segue una domanda. Queste domande vogliono aiutarci a confrontarci guardando la nostra situazione diocesana, a partire dalla visione più ampia sulla situazione ecclesiale che ci è consegnata nella Evangelii Gaudium.

La scheda può essere usata per un itinerario formativo di più incontri che ogni parroco e realtà ecclesiale avrà cura di programmare per tempo secondo la propria realtà e situazione.

Si consiglia di fare almeno tre incontri: uno sui contenuti, i modi e lo stile della sinodalità; uno sulle domande tratte dall’Evangelii gaudium; uno sulle domande 1-4 (quelle proposte dal vescovo) e sulla domanda 15, che sono quelle più direttamente finalizzate ad individuare delle piste concrete su cui poi dovrà riflettere il Sinodo diocesano.

È importante che gli incontri siano vissuti in un clima di preghiera, fraternità e digiuno, come ci ricorda il vescovo, così da potersi mettere nella condizione migliore possibile per discernere la volontà del Signore e i segni dei tempi.

La scelta dei sinodali e il calendario di massima verso il sinodo, i criteri e le modalità di preghiera con cui scegliere i sinodali saranno comunicati prossimamente. In questa prima fase di ascolto quello che è importante è il cammino di discernimento che deve essere fatto dal numero maggiore possibile dei membri delle comunità cristiane da cui poi i sinodali dovranno essere scelti.

don Cristiano D’Angelo, vicario per la pastorale




Un anno santo straordinario nel segno di san Jacopo

Il vescovo Tardelli presenta i momenti centrali dell’Anno iacobeo. L’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di San Zeno, concessa dalla Santa Sede, è prevista per il 9 gennaio 2021.

PISTOIA – La storia che lega Pistoia a Santiago de Compostela è fatta di spiritualità, di fede (e cammini che si intrecciano). Un legame che si arricchirà nel 2021  con la celebrazione dell’anno Santo Iacobeo e l’apertura della Porta Santa nella cattedrale di Pistoia. L’annuncio solenne è stato dato alla diocesi e alla città dal Vescovo Tardelli proprio davanti al reliquiario di San Jacopo, che conserva un frammento osseo dell’Apostolo giunto a Pistoia direttamente da Santiago nel XII secolo:

«è con grande gioia – ha fatto sapere il vescovo – che annuncio che la Santa Sede ha accordato alla chiesa di Pistoia la possibilità dell’apertura della Porta Santa e la concessione dell’indulgenza plenaria ai pellegrini che la attraverseranno».

Il programma presentato propone alcuni momenti salienti: l’apertura della porta Santa (il 9 gennaio 2021); il pellegrinaggio delle diocesi Toscane sulla reliquia di S. Jacopo (21 giugno, memoria liturgica di sant’Atto), le celebrazioni iacobee (18-25 luglio); la chiusura della porta Santa e dell’anno santo il 27 dicembre 2021, festa di S. Giovanni Evangelista, fratello di Giacomo.

L’Anno Santo iacobeo si svolgerà in parallelo con Santiago, dove si celebra ogni volta che la festa liturgica di San Giacomo apostolo – il 25 luglio – cade di domenica. «La sede principale del giubileo sarà Santiago de Compostela – ha spiegato il vescovo Tardelli – con cui la diocesi di Pistoia è storicamente legata fin dal 1145, quando l’allora vescovo Diego Gelmirez concesse al vescovo di Pistoia Atto, un’insigne reliquia del corpo di S. Giacomo. Dalla metà del dodicesimo secolo si è così stabilito in Pistoia un culto all’apostolo che ha inciso profondamente nella vita e nello sviluppo della città, facendo fiorire opere d’arte straordinarie, unite a grandi opere di carità».

«Questo Anno Santo – ha annotato Tardelli – permetterà di riscoprire la bellezza della fede testimoniata dagli apostoli: ci saranno tante occasione concrete di apertura alla grazia e alla misericordia di Dio attraverso l’indulgenza e quanto essa richiede: confessione, preghiera e partecipazione ai sacramenti».

«La memoria di un apostolo come San Giacomo – ha concluso il vescovo – ci accompagnerà verso la missione e spero vivamente che le celebrazioni dell’anno santo promuovano un grande fervore di fede e di carità in tutta la Diocesi.

L’anno 2021 sarà dunque un anno davvero speciale per la nostra chiesa: si aprirà – a Dio piacendo – con la celebrazione del Sinodo diocesano sul tema della evangelizzazione e si dipanerà nella memoria festosa e impegnativa di un grande apostolo, testimone della fede fino al dono della vita, esempio luminoso di quella gioia del vangelo a cui Papa Francesco ci ha di continuo richiamato in questi anni».

«Una vicinanza spirituale e fraterna lega la nostra chiesa a quella di Santiago – ha ricordato don Luca Carlesi, arciprete delle cattedrale di Pistoia -. Nei mesi scorsi ci sono stati molti contatti con i nostri confratelli Compostelani ed io stesso, con una delegazione di Pistoia, ho avuto modo di parlare con i rappresentanti del capitolo della Cattedrale di Santiago, che hanno da subito espresso grande gioia per la notizia dell’apertura della Porta Santa a Pistoia. Questo dialogo fraterno – aggiunge Carlesi – vuole essere il punto di partenza per avvicinare sempre di più le nostre realtà che sono a tutti gli effetti due grandi centri di spiritualità d’Europa».

Non mancherà l’attenzione anche alle iniziative culturali e di approfondimento del culto iacobeo: largo spazio al tema dell’accoglienza, dei pellegrinaggi e alla riscoperta dei cammini come esperienza pastorale di avvicinamento alla fede. Sempre nello spirito iacobeo, incentrato sull’attenzione e l’amore verso gli ultimi, la diocesi sta già riflettendo sulla possibilità di dare vita a un’opera segno concreta, come eredità dell’anno santo, in favore dei poveri e degli emarginati. Allo studio anche un pellegrinaggio diocesano a Santiago.

All’annuncio erano presenti le autorità civili e militari della città di Pistoia.




Per una chiesa sinodale e missionaria

Il vescovo Tardelli ha aperto l’anno pastorale 2019-2020 e conferito il mandato a catechisti e operatori pastorali. Una sintesi dell’evento e delle parole del vescovo.

 

Nel giorno della festa di San Luca si è aperto per la nostra Diocesi il nuovo anno pastorale con il mandato ai catechisti e agli operatori pastorali. Il vescovo -affidandolo al Signore- ha ricordato che il nuovo anno sarà accompagnato dalla lettera pastorale «E di me sarete testimoni», che ha come sottotitolo «Con Gesù per le strade del mondo».

Ai fedeli giunti da ogni parte della Diocesi il vescovo ha spiegato che questa celebrazione è un gesto semplice ma significativo, con cui chi ha un ministero da svolgere nella propria comunità, dal più piccolo al più grande, con particolare attenzione al ministero del catechista, riceve un vero e proprio mandato iniziale che pone la persona che lo riceve al servizio della Chiesa. Si invoca il dono dello Spirito perché questo servizio sia portato avanti con fede, generosità, amore alla Chiesa, competenza e umiltà. Il vescovo invita a nutrirsi con gratitudine della Parola di Dio e a cibarsi dello stesso pane di vita per camminare insieme, con un’attenzione premurosa per tutti coloro che vivono nei nostri territori.

«Il cammino della evangelizzazione – ha ricordato il vescovo- non è esente da difficoltà, da crisi, da momenti difficili, anche di sconforto. Dobbiamo metterli nel conto questi momenti. Non esiste una chiesa ideale o “altra”. Esiste la chiesa concreta che siamo noi: santa e insieme fatta di peccatori. Dobbiamo accettarlo e, senza recriminare l’un l’altro il nostro peccato, darci piuttosto una mano per aiutarci ad essere sempre più conformi a quanto il Signore vuole».

Per evangelizzare, ha poi continuato, occorre però crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria, avendo come fondamento il Signore Gesù. Il vescovo ci ha invitato a crescere nella comunione fraterna e nella capacità di camminare davvero insieme. «Dobbiamo lavorare – ha insistito – per una chiesa sinodale e per un nuovo e diffuso slancio missionario».

A conclusione dell’omelia il vescovo ha poi annunciato il sinodo diocesano che sarà celebrato a inizio 2021. Si tratta del primo sinodo del Chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano secondo, dedicato all’urgente tema dell’evangelizzazione del popolo di Dio. Sarà quindi un momento di grande grazia per la nostra chiesa diocesana. L’invito conclusivo del vescovo è stato quello a camminare insieme per andare incontro al Signore, nella via della giustizia, della verità e dell’amore.

Claudia Marconi

Leggi l’omelia di mons. vescovo Fausto Tardelli 

(foto di Mariangela Montanari)

 

 




Una diocesi sulla strada della sinodalità

Venerdì 18 ottobre alle ore 21, la diocesi di Pistoia è convocata in cattedrale per una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, mons. Fausto Tardelli.

Da qualche anno questo appuntamento segna l’inizio dell’anno pastorale. In realtà non si tratta di un vero inizio, perché la vita pastorale non finisce mai e perché nelle parrocchie le principali attività sono già ricominciate da almeno gli inizi di settembre.

Ma allora in che senso parliamo di celebrazione di inizio? Soprattutto perché incontrarsi è sempre un nuovo inizio, un modo per ridirci la verità più profonda del nostro essere chiesa e per ricordarci il cammino a cui ci chiama il Signore Gesù. Essere Chiesa infatti significa essere convocati, significa lo stupore di scoprire che la fede non è mai un fatto solo personale, ma un cammino che si fa insieme agli altri.

Un cammino dove non siamo uguali, dove ogni credente, ogni realtà ecclesiale, porta la sua umanità, la sua storia, le sue modalità di vivere il vangelo. Siamo diversi, eppure ci ritroviamo insieme, uniti dal ricordo di qualcosa di così grande che ci ha fatto incontrare, ci ha fatto avvicinare, ci ha fatto scoprire che le diversità possono unirsi e diventare ricchezza. Questa è la Chiesa, la profezia di un mondo nuovo possibile, dove uomini e donne diversi, si riconoscono a partire dalla fede nel Signore. Solennizzare l’inizio dell’anno pastorale con una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, successore degli apostoli, è rimettere al centro della vita delle nostre comunità ecclesiali la chiamata ad essere insieme un segno dell’amore di Dio nel mondo. Come ci ricorda il vescovo nella sua lettera pastorale per il 2019/2020, il Signore ci chiama ad essere testimoni di lui (Atti 1,8) ma questo non sarà possibile se viviamo la fede come un fatto privato, se non ci poniamo il problema di condividere con gli altri le speranze che il vangelo suscita in noi, se non ci impegniamo «a  crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria» e se non impariamo ad ascoltare e a rispondere alle “attese di vangelo” del mondo di oggi.

Per questo durante la celebrazione di inizio anno pastorale il vescovo darà il mandato a tutti gli operatori pastorali della diocesi e ai catechisti, i quali a nome della chiesa sono protagonisti fondamentali della vita ecclesiale. Ma, ed è bene ricordarlo, ciò che il vescovo affida e domanda ai catechisti e agli operatori pastorali riguarda tutti noi credenti.

Comunità, attese di vangelo, testimonianza, sono queste alcune parole chiave che in quest’anno pastorale ci accompagneranno e che troveranno particolare attenzione nella preparazione al primo Sinodo della Chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano II che il vescovo, a Dio piacendo, ha indetto per il 2021.

L’anno è appena iniziato ma la strada è già tracciata ed ha un nome preciso: Sinodalità, che altro non significa, etimologicamente come nei fatti, camminare insieme! I tempi, i contenuti, le modalità concrete con cui il percorso verso il Sinodo diocesano si realizzeranno saranno presto oggetto di discussione e comunicazione, ma intanto il cammino è già iniziato!

don Cristiano D’Angelo

(fonte: La Vita)




In cammino verso le attese di Vangelo. Intervista al vescovo Tardelli

Tempo di cammino sinodale per la chiesa universale e particolare. Anche Pistoia, nel 2021, si prepara a vivere il primo sinodo diocesano dopo il Concilio Vaticano II. Lo ha annunciato il vescovo Fausto nella sua ultima lettera pastorale “E di me sarete testimoni”, dove affronta con realismo alcune delle tematiche cruciali del presente e futuro della chiesa di Pistoia.

Lo scorso luglio ha annunciato per il 2021 un sinodo diocesano. Che cosa l’ha spinta a scegliere questa strada per la chiesa di Pistoia? Quali sono le sue aspettative?

La decisione di celebrare un sinodo diocesano la considero una ispirazione dello Spirito Santo, al quale del resto ci siamo affidati fin dai primi momenti del mio episcopato a Pistoia. Non per niente il cammino intrapreso in questi anni voleva essere “sulle ali dello Spirito”. Ma la celebrazione di un sinodo presuppone una chiesa in “stato sinodale”, sia prima che dopo la celebrazione dell’evento vero e proprio. E una chiesa sinodale in parole semplici e povere è una comunità di fratelli e di sorelle che camminano insieme, che si sforzano di camminare insieme dietro al Signore Gesù, dentro questo concretissimo mondo, per portare l’annuncio di Cristo morto e risorto con la testimonianza di un amore generoso e disinteressato per gli uomini, a partire dagli ultimi. In questo senso La chiesa è sinodale per sua natura. Il Signore l’ha voluta così e solo così è segno di speranza per il mondo. La celebrazione vera e propria, solenne e coinvolgente, agli inizi del 2021, sarà solo l’apice, il manifestarsi di questa compagnia fraterna conquistata dal Vangelo.

Nella sua ultima lettera pastorale parla di attese di Vangelo. A che cosa si riferisce?

Si, ho parlato di “attese di vangelo” come chiave di lettura della realtà, della società umana, del nostro mondo. Un altro modo di parlare dei “segni dei tempi”. Il Vangelo, come dice la parola stessa è una “buona notizia”, un “buon annuncio” e di buone notizie ne sentiamo particolarmente il bisogno oggi. E in particolare di quella più buona di tutte: quella cioè che non si è soli, si è amati senza misura, che c’è qualcuno che si prende cura di noi e ci porta nel palmo della sua mano perché la nostra vita non si perda e superi l’oscurità del male, della cattiveria, della stessa morte. Cogliere queste attese di vangelo nella vita della gente, nella propria stessa vita, è compito dei cristiani e della chiesa, perché è proprio lì che l’annuncio cristiano deve potersi udire in fatti e parole. Come ho scritto nella lettera pastorale, si possono cogliere attese di vangelo nel mondo e nel cuore dei giovani, dentro la fragilità delle nostre esistenze, nella debolezza dei nostri amori, dentro la stessa cultura, come nella povertà di tanti, economica e non, come nei cuori malati di violenza, corrotti dal malaffare e dalla menzogna.

Secondo lei la chiesa non riesce più a parlare ai giovani e alle famiglie?

Noto una certa difficoltà del mondo ecclesiale a incontrare giovani e famiglie, per quello che sono, con tutte le contraddizioni, i loro problemi concreti e le loro prospettive…. La chiesa non può essere la chiesa dei pensionati, senza ovviamente togliere niente a queste persone così importanti per la vita delle nostre comunità. Però la bellezza del Vangelo, la bellezza di Cristo e della vita che Egli ci offre, dovrebbe conquistare giovani e giovani famiglie, coloro che sono nella pienezza della vita e dentro gli affanni della quotidianità. Lì troviamo una certa difficoltà. E’ come avere tra le mani un tesoro meraviglioso e non riuscire a farlo capire a chi ci sta attorno e sta cercando proprio un tesoro per vivere. Credo che occorra anche cambiare stili e modalità di organizzazione delle nostre comunità cristiane, anche se il problema non è l’organizzazione. Senza togliere l’essenziale, dovremmo avere quella duttilità di saper inventare forme nuove e oggi possibili di incontro, di scambio, di annuncio, sapendo dare il primo posto non certo all’organizzazione e alle strutture ma a ciò che oggi conta più di tutto e di cui c’è più bisogno: il contatto personale, l’a tu per tu di relazioni rispettose e amichevoli, che costruiscano una rete di relazioni positive che vincano quell’individualismo e quella solitudine che si fanno oggi sempre più minacciose.

Il professor Jacopozzi, in un incontro dei linguaggi del divino, ha parlato della “marginalità” della chiesa nel panorama culturale contemporaneo, parlando di necessaria «presa di coscienza di uno status di minoranza». Che ne pensa?

Penso che Jacopozzi abbia colto nel segno. Questa “marginalità” la constatiamo ogni giorno e dobbiamo prenderne atto sicuramente. Essere “piccolo gregge” del resto, non è l’eccezione per la Chiesa ma la normalità, come l’essere come agnelli in mezzo ai lupi. Ogni giorno, nel martirologio romano, si legge una piccola parte anche se numerosa dei santi celebrati in quella data: la stragrande maggioranza è fatta di persone crudelmente assassinate, eliminate dalla faccia della terra in modo violento, deboli e rese insignificanti agli occhi del mondo… Eppure quelle persone hanno vinto sul mondo e la loro fede ha travalicato regni e montagne, mari e imperi. Una minoranza può essere estremamente significativa anche se debole per mezzi e potere. Però vorrei dire anche un’altra cosa che corregge in parte le affermazioni di Jacopozzi e di altri che accentuano la situazione di minorità della chiesa. In realtà, a volte la coscienza di questa minorità è indotta da parte di chi non sopporta la chiesa e quello che dice e fa. La chiesa Cattolica, in Italia, da noi, ha ancora un forte radicamento popolare e attorno a luoghi e testimoni si radunano ancora folle. La chiesa è più influente di quello che sembra. In certi campi no, pare assolutamente inascoltata, è vero. Alla fine però, nel cuore di molti permane un riferimento che è comunque importante per la vita, anche se lo si contraddice tranquillamente. I segnali di questa strana appartenenza sarebbero tanti. Non vanno sottovalutati e sbrigativamente considerati come residuali. Anzi io, da incallito ottimista, ho la convinzione che si stiano preparando tempi sorprendenti e inaspettati per il cristianesimo e la chiesa.

La scorsa estate ha accompagnato un folto numero di giovani in terra santa. Ci sono dunque anche segni di speranza?

Proprio su questa lunghezza d’onda va l’esperienza fatta con sessanta giovani insieme a una ventina di disabili questa estate in terra santa. Una esperienza straordinaria che mi ha molto coinvolto anche personalmente. Ho incontrato dei giovani stupendi. Ognuno con la sua vicenda personale, le sue contraddizioni se vogliamo, ma carichi di entusiasmo e di voglia di vivere al meglio la vita, aprendosi agli altri, disposti a guardarsi dentro oltre la superficialità di una società dell’apparire. Per me è stato un grande segno di speranza. Come lo è stato la breve visita fatta coi vescovi toscani in Turchia a giugno. Solo ad Antiochia, Iskendurun e Tarso, per la precisione, dove abbiamo potuto incontrare piccole comunità cristiane che vivono in un contesto non facile ma che sono di una gioia e di una vitalità incredibile.

Il Santo Padre ha da poco aperto il sinodo sull’Amazzonia, quale significato ha per la chiesa questo sinodo, quali aspettative porta?

Il sinodo sull’Amazzonia affronta un grande problema per l’umanità, perché quella regione del mondo ha un’importanza vitale per tutto il pianeta, è invece luogo di sfruttamento contro l’uomo ed è terra abitata da popolazioni che da secoli sono schiacciate nella loro identità. In questo la chiesa si mostra attenta a tutto ciò che è il bene dell’uomo, nella sua integralità di anima e corpo. L’Amazzonia è anche una terra dove si misura la capacità del Vangelo di fecondare le culture dell’uomo, accogliendo, illuminando, correggendo e facendole fiorire. Da questo punto di vista il sinodo sull’Amazzonia è anche l’occasione, ancora una volta, per la chiesa di purificare la memoria di una evangelizzazione a volte condotta con la forza delle potenze coloniali.

a cura di Michael Cantarella

(fonte: Settimanale “La Vita”)