Il vescovo apre l’anno santo iacobeo

Il vescovo Tardelli ha aperto la Porta Santa. Un tempo di grazie per la Chiesa di Pistoia

Prende il via l’anno santo iacobeo!

Così il vescovo nell’omelia della santa messa.

«Nel giorno in cui si ricorda il Battesimo del Signore nelle acque del Giordano, diamo inizio all’anno santo in memoria dell’apostolo San Giacomo il Maggiore, di cui, fin dal 1145 si conserva in questa Cattedrale una reliquia del suo corpo, proveniente direttamente da Santiago di Compostela in Spagna, dono prezioso del vescovo del tempo di quella città al Santo Vescovo Atto di Pistoia. Apertosi a Santiago, come da tradizione, il 31 dicembre, in comunione con quella Chiesa, per concessione del Santo Padre Francesco, abbiamo anche noi in questa città, questa sera, dato avvio a quest’anno di grazia, con il suggestivo e significativo rito dell’apertura della porta santa: segno della misericordia, la porta si apre ad accogliere chiunque cerchi ristoro per la sua vita, sollievo per la sua anima, energia per ricominciare a sperare, forza per continuare a lottare per la giustizia e la pace, riprendere il cammino della vita verso la patria eterna del cielo.

Davanti ai nostri occhi questa sera è la scena di Gesù che si presenta a Giovanni Battista per essere battezzato. E’ insieme a tutti coloro che, mossi dall’invito alla penitenza del Battista, sono in. Attesa di essere immersi nelle acque del fiume Giordano. Gesù è insieme agli altri, insieme ai peccatori. E’ venuto nel mondo per servire, non per essere servito. Egli è l’agnello innocente che porta su di sé il peccato degli uomini. Con divide la sorte dei peccatori. Non si distingue in niente da essi e come un peccatore, nonostante la riluttanza di Giovanni il Battista, si fa battezzare, compiendo un gesto che indica il caricarsi sulle spalle di tutti i peccati degli uomini. Dal cielo una voce n misteriosa conferma che quello è il Figlio unigenito del Padre inviato proprio per riscattare i prigionieri dalle catene del male, rinnovare la vita, a dare speranza all’umanità, infondere amore laddove regna spesso l’odio e il rancore.

Le acque del giordano ricevono il Cristo, Colui che è senza peccato e ricevono in quel momento la forza per santificare gli uomini e farli nuovi. Esse prefigurano le acque del battesimo che fanno rinascere gli uomini alla vita divina di figli di Dio.

Gesù da così inizio alla sua missione redentrice, condividendo la sorte dei peccatori e aprendo un cammino di speranza e di vita nuova per coloro che si affidano a lui.

Poco dopo, Giacomo insieme ad altri uomini, sarà chiamato a seguire il Signore, ad iniziare un cammino dietro di lui verso una vita nuova. Sarà chiamato ad essere pescatore di uomini insieme al fratello Giovanni, ad assumere cioè la stessa missione del Figlio di Dio, manifestatosi nelle acque del Giordano.

L’anno santo che abbiamo aperto stasera lo celebriamo nella memoria proprio di lui. L’apostolo San Giacomo il maggiore è un nostro fratello e amico. In lui abbiamo un grande testimone della fede, fino all’effusione del sangue. Egli fu infatti il primo degli apostoli a subire il martirio, ucciso di spada per le mani del re Erode, come ci dice il libro degli Atti. Fratello di Giovanni l’evangelista, fu pronto a lasciare le reti quando il Signore Gesù lo chiamò sulle rive del lago di Tiberiade per divenire pescatore di uomini. Spesso fu con Gesù nei momenti salienti della vita del salvatore e imparò da Lui, la via dell’umiltà e del servizio. Un’antica tradizione dice che sia andato fino in Spagna a portare il Vangelo, secondo il mandato apostolico ricevuto da Gesù di andare fino ai confini della terra.

Discepolo fedele di Cristo, membro del collegio apostolico, evangelizzatore, testimone di amore con il dono della propria vita: sono tanti i motivi per sentirci onorati di avere un così nobile e grande patrono. Non va dimenticato poi il forte richiamo alla carità che il culto iacobeo porta con sé: infatti, dopo il ritrovamento dei resti mortali dell’apostolo a Compostela, si sviluppò un vasto movimento di pellegrini che portò a quella singolare pratica dell’ospitalità e dell’accoglienza che fece fiorire ospizi, ospedali e luoghi di servizio e carità un po’ dovunque, lungo le antiche vie di comunicazione. La nostra città si onora di averlo da secoli come speciale patrono.

L’anno Santo jacobeo si celebra in un tempo davvero particolare e molto critico. La pandemia è stata la sorpresa di questo tempo. Ci ha costretto e ci costringe a ridimensionare i progetti, anzi direi quasi ad azzerarli. Dovremo per forza di cose ridurre le manifestazioni esterne. Ciononostante, proprio di questi tempi, credo che celebrare un anno santo sia qualcosa di provvidenziale. Con la pandemia siamo stati messi di fonte al dolore, alla morte, alla nostra umana impotenza e insieme grandezza; siamo spinti a guardare alle sorti del mondo e al futuro che vorremmo. Tutto questo ci costringe ad entrare più in profondità nelle cose, a guardare dentro noi stessi, a ripensare a tutta la nostra vita. E forse è proprio questo il senso di un anno santo.

Questo anno può essere allora davvero un tempo di ripensamento interiore; un tempo cioè di conversione; per riporsi le domande di fondo sulla vita; un tempo anche di potatura sicuramente, per buttar via il superfluo e tutte quelle incrostazioni che le nostre debolezze e i nostri peccati ci lasciano addosso; un tempo anche per riscoprire il valore del prossimo e per comprendere sempre di più che è solo nell’amore che si salva il mondo, imparando a prenderci concreta cura l’uno dell’altro e insieme, della casa comune; un tempo infine anche per imparare a condividere le tante sofferenze che questa pandemia ha portato e sta portando alla luce.

Per la chiesa di Pistoia, si tratta di una grande occasione per rimettersi in cammino. Non ci siamo fermati in questi anni, però ora è giunto il momento di fare il punto per ripartire con un nuovo impegno e la speranza nel cuore. Un anno santo dunque per rinnovare il nostro rapporto col Signore nell’ascolto più attento della sua Parola, con una preghiera più vera e autentica. Un anno per ripensare tante cose della vita delle nostre comunità, per radicarci sull’essenziale e diventare sempre più una chiesa che è lievito di speranza dentro la pasta del mondo.

Per la città di Pistoia, credo sia l’occasione per riscoprire le proprie radici, quelle che hanno segnato la sua storia, conoscere quindi più se stessa e scoprire la bellezza di una maggiore coesione per affrontare i problemi economici e sociali dell’oggi. Un anno anche per riprendersi e ritrovare fiducia.

Con San Giacomo dunque ci mettiamo in cammino. Egli il primo apostolo a dare la vita per Cristo, ci richiama alla fedeltà e al coraggio nel seguire Cristo, via, verità e vita e in Cristo la giustizia e la verità. Come apostolo, andato in missione, forse anche in Spagna, secondo un’antica tradizione, muovendosi dalla sua terra, può insegnare all’uomo di oggi a non aver paura dell’ignoto ma ad avere il coraggio di cercare, di andare e di non arrendersi mai anche di fronte alle situazioni più difficili della vita. Come culto concretizzatosi nei secoli, la figura di San Giacomo ci parla di cammino, del camminare, dell’essere pellegrini. E quanto è importante per l’uomo di oggi riconoscersi come un pellegrino e un viandante! E quanto è importante per ognuno di noi aprirsi all’accoglienza degli altri, viandanti e pellegrini come noi su questa terra!

Quest’anno vogliamo dunque compiere davvero un cammino. Non solo esteriore ma soprattutto interiore che, alla scuola dell’apostolo Sant’Jacopo ci faccia “pregare, ripensare e continuare ad amare”. Che ci faccia innanzitutto pregare di più e più intensamente, ascoltando con maggiore attenzione la parola di Dio e invocando con convinzione il dono dello Spirito Santo; che ci faccia anche ripensare a tutta la nostra vita e al nostro modo essere e di rapportarci con Dio, con gli altri, col mondo e con noi stessi; infine che ci permetta di continuare ed approfondire il nostro amore per il prossimo, spingendoci alla intercessione per i fratelli e le sorelle del mondo e al servizio generoso e disinteressato del nostro prossimo.

Allora, carissimi fratelli ed amici: ultreya! “Più avanti”, “sempre oltre”. Con l’antico e caratteristico grido dei pellegrini di San Jacopo, camminiamo insieme e andiamo avanti nella via della giustizia, della verità e dell’amore».




Anno Santo Iacobeo, La proposta di un cammino: le parole del vescovo Fausto

Una lettera pastorale per spiegare le ragioni e le urgenze profonde che stanno alla base dell’attesa per l’Anno Santo e un cammino di sette tappe – anche interiori – verso il punto di arrivo per la nostra fede: l’incontro con Gesù.

 

In vista dell’anno santo iacobeo che avrà inizio il prossimo 9 gennaio il vescovo Fausto Tardelli ha pubblicato una nuova lettera pastorale intitolata “La proposta di un cammino“. Un cammino che la pandemia chiederà di vivere più interiormente che fisicamente, ma comunque in profondità.

Se l’emergenza sanitaria impone limitazioni ai pellegrinaggi e al movimento dei fedeli l’anno santo resta un’occasione di conversione per tutti. Anzi, afferma il vescovo Tardelli, da questo tempo «siamo spinti a guardare alle sorti del mondo e al futuro che vorremmo. Tutto questo ci costringe ad entrare più in profondità nelle cose, a guardare dentro noi stessi, a ripensare a tutta la nostra vita. E forse è proprio qui che sta il senso di un anno santo.

Questo può essere davvero un tempo di ripensamento interiore; un tempo cioè di conversione; per riporsi le domande di fondo sulla vita».

Un tempo di conversione e rinnovamento che vuole incidere nel cammino della Chiesa pistoiese: «Vedo sempre più urgente ritrovare una fede viva, sentita, personale, gioiosa e missionaria – scrive il vescovo –. È necessario rivitalizzare le comunità parrocchiali perchè siano meno burocratiche e più calde di fraternità e di corresponsabilità; perché ci siano più spazi di familiarità aperta all’accoglienza fraterna. Vedo inoltre la necessità di una maggiore attenzione ai problemi del territorio, al mondo del lavoro, della cultura, dei giovani, al mondo del disagio e della sofferenza; in sostanza, di un dialogo più attento con la società, anche in chiave missionaria e di annuncio della novità del regno di Dio. Infine, mi pare necessario imparare a camminare insieme. La diocesi è fatta di popoli e territori diversi e fa fatica a pensarsi come un insieme, anche a motivo di una accentuata tendenza all’individualismo delle parti».

Continua ancora Tardelli: «Vedo ancora – potrei dire sogno – una chiesa che si radica sull’essenziale. Che seppur si dovesse ridurre nei numeri, acquistasse in capacità attrattiva per la gioia e l’amore che vi si respira.

Una chiesa più missionaria, composta da persone che sanno essere lievito di speranza in mezzo agli altri e non smettono di annunciare il vangelo con le parole e con le azioni, sull’esempio dell’apostolo Giacomo. Tutti questi sono alla fine i frutti che ci dobbiamo attendere da questo anno santo».

Il vescovo poi continua nel suggerire un cammino personale e di riflessione che si snoda in 7 tappe. «Il “cammino” che propongo si può compiere anche in famiglia o nel chiuso della propria camera – afferma – ogni tappa può collegarsi ad un luogo sacro diverso oppure muoversi per le strade di Pistoia, seguendo un percorso che va da una chiesa all’altra per concludersi in Cattedrale davanti all’altare di San Giacomo. Un cammino interiore che, alla scuola dell’apostolo Jacopo ci faccia “pregare, ripensare e continuare ad amare”. Che ci faccia innanzitutto pregare di più e più intensamente, ascoltando con maggiore attenzione la parola di Dio e invocando con convinzione il dono dello Spirito Santo; che ci faccia anche ripensare a tutta la nostra vita e al nostro modo essere e di rapportarci con Dio, con gli altri, col mondo e con noi stessi; infine che ci permetta di continuare ed approfondire il nostro amore per il prossimo, spingendoci alla intercessione per i fratelli e le sorelle del mondo e al servizio generoso e disinteressato del nostro prossimo».




Indizione solenne dell’Anno Santo

PISTOIA 27/12/2020 – Ancora una tappa di avvicinamento al 9 gennaio.  Il 27 dicembre il vescovo ha pubblicato l’indizione solenne dell’ Anno Santo dando mandato ai sacerdoti di leggere la sua lettera:

«Ho ritenuto cosa buona per la nostra Comunità Diocesana, unirsi a questo evento e ciò al fine di un profondo rinnovamento della nostra vita cristiana e della Chiesa pistoiese nel suo insieme – afferma il vescovo -. Questa, composta da persone che sappiano essere accanto a ogni uomo e donna feriti dalla vita e dal peccato come lievito di speranza, annunciando in parole ed opere il vangelo, ha bisogno di radicarsi maggiormente nel Signore, di essere più fraterna e missionaria e quindi più attrattiva per la gioia e l’amore che vi si respira.

Lo stesso triste tempo che stiamo vivendo a causa dalla pandemia, domanda un più di energia spirituale per reagire alla durezza del presente e orientarci al futuro con speranza. Anche per questo, l’Anno Santo viene a proposito».

Nel testo sono contenute le indicazioni descritte nel decreto di concessione inviato dalla Santa Sede: «Tramite la Penitenzieria Apostolica, Il Santo Padre Francesco ci ha con- cesso di celebrare l’Anno Giubilare Compostellano, dal 9 di gennaio al 27 dicembre del 2021, permettendo ai fedeli di poter ricevere in questa occasione l’indulgenza plenaria, alle consuete e note condizioni (Confessione sacramentale, comunione Eucaristica e preghiera per il Sommo Pontefice) e conformemente ai Riti Giubilari e le disposizioni date da me, che prevedono il passaggio attraverso la Porta Santa della chiesa Cattedrale, col compimento di un pellegrinaggio anche soltanto simbolico, per venerare l’apostolo San Jacopo».

«Durante tutto questo tempo di grazia che è l’Anno Santo, ognuno di noi è invitato a pregare più intensamente meditando spesso il Vangelo e le altre Sacre Scritture; a ripensare alla sua vita e a quella della comunità cristiana perché siano più conformi alla volontà di Dio e infine a continuare ad amare, servendo gli altri, in specie gli ultimi, con vera dedizione, ponendosi alla scuola dell’apostolo San Jacopo e chiedendo la sua intercessione».

 




In Cattedrale per la Solennità dell’Immacolata

Pontificale con il vescovo martedì 8 dicembre ore 18

Martedì 8 dicembre è la solennità dell’Immacolata Concezione. Il vescovo Fausto Tardelli celebrerà la Messa pontificale in Cattedrale alle 18. Una Messa speciale per il nostro vescovo che in questa ricorrenza festeggia il 6° anniversario del suo ingresso in diocesi.

La celebrazione avrà un tono più sobrio a causa della pandemia, ma sarà comunque possibile partecipare secondo il numero di presenti consentito per la Cattedrale.

In questo giorno tutta la diocesi è chiamata a pregare per il vescovo Tardelli. La sera dell’Immacolata alle 21, la Cei invita tutti i fedeli a pregare il Santo Rosario in un’unità di intenti per la cessazione della pandemia. «La comunità italiana – si legge in un comunicato – chiederà l’intercessione della Vergine Maria, Colei che ha custodito nel suo cuore ogni cosa e ha saputo abbandonarsi con fiducia all’abbraccio del Padre. A Lei verranno affidate, in particolare, le donne e le mamme, pilastri nelle famiglie e grembo di futuro».




In Cattedrale per la Giornata del migrante e del rifugiato

Alle ore 16 la messa presieduta dal vescovo Tardelli

È dedicata agli sfollati interni la riflessione di Papa Francesco per la 106ª giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il Messaggio, vista la situazione di emergenza mondiale, è rivolto anche «a tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid–19».

Il titolo della giornata, «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire», invita a riconoscere il Signore in chi è costretto a abbandonare la propria casa, perché profugo o sfollato, così come fu costretto a fuggire, secondo il Vangelo di Matteo, lo stesso Gesù bambino dagli intenti omicidi di Erode.

«Troppo spesso — scrive Francesco — ci si ferma ai numeri. Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati». C’è bisogno infatti, scrive il Papa in una serie di verbi legati da una relazione di causa–effetto, «di conoscere per comprendere», di «farsi prossimo per servire», di riconoscere che «per riconciliarsi bisogna ascoltare», che «per crescere è necessario condividere» di «coinvolgere per promuovere» e, infine, di «collaborare per costruire».

In diocesi la giornata sarà celebrata domenica 18 ottobre alle 16 con una messa in Cattedrale celebrata dal vescovo Tardelli. Sono invitate tutte le comunità etniche presenti a Pistoia e anche alcuni rappresentanti della Chiesa ortodossa. La celebrazione sarà accompagnata dal coro internazionale del dottor Augustin Iroatulam. I fedeli, tenuti a seguire le norme anti–Covid, saranno accolti all’ingresso dai volontari del Cisom.




Alla scuola dell’apostolo San Jacopo

Nella lettera pastorale del vescovo Tardelli un invito a «pregare, ripensare e continuare ad amare» dopo la pandemia

«Alla scuola dell’apostolo Jacopo». Questo il titolo della lettera pastorale consegnata alla Diocesi al termine della messa pontificale del 25 luglio. Titolo accompagnato da tre verbi significativi che nascono tutti dalle vicende di questi ultimi mesi: «pregare, ripensare e continuare ad amare».

Il prossimo anno pastorale sarò particolarmente segnato dall’anno santo iacobeo 2021. Come sarà «ancora non è semplice dirlo — scrive Tardelli nella sua lettera —, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione dei pellegrinaggi alla santa reliquia. «Una cosa però ve la posso dire: l’apostolo San Giacomo sarà il nostro punto di riferimento. Lo sarà il suo essere stato alla scuola di Gesù, vicinissimo a Lui, l’essere stato inviato in missione, la sua testimonianza fino al martirio, il suo legame con la nostra città e diocesi».

Pregare

Il tempo difficile che stiamo attraversando ci dice che c’è urgenza di conversione, di radicamento sull’essenziale. Monsignor Tardelli invita a farlo fin dal primo punto della lettera intitolato «pregare», indicando le parole di Gesù che parlano di una «casa fondata sulla roccia». l brani da meditare si recuperano nel Vangelo di Matteo (7, 24-29) e in quello di Luca (6,46-49) e sono accompagnati da piste di lettura e indicazioni per la vita spirituale e che possono essere un buon esercizio da svolgere in questo tempo estivo. Una lettura non proprio da ombrellone, ma senz’altro “orante”, cioè nella preghiera. Preghiera che permea la relazione con la parola di Dio e che trova forma ed espressione nella liturgia, in particolare in quella eucaristica. Di Messa e di Messe ne abbiamo parlato e sentito parlare a lungo in questi mesi: ne abbiamo capito l’importanza e la centralità? Tardelli invita a pensarci per superare la Messa fatta di «abitudine» per riscoprirla «momento vivo del convenire di una comunità attorno a Cristo, nella lode del Padre». Ci aiuterà anche la prossima uscita della nuova edizione del Messale Romano, quella che prevede la nuova formulazione del Padre Nostro.

Ripensare

Pregare, dunque, e poi «ripensare», tornare cioè alle difficoltà di questi mesi, provando a rileggerle alla luce di Dio. Tempo di crisi ma anche di opportunità —afferma il vescovo – che prova a elencarne alcune, dal «vivere il tempo diversamente» al «fare “meno” ma fare “meglio”», ma anche «l’importanza della Chiesa domestica» e «quanto sia importante stare uniti, come presbiterio, col vescovo, coi parrocchiani». Qualcosa c’è pure da ripensare: il sinodo diocesano ad esempio, necessariamente rimandato a data da destinarsi, ma anche da aggiornare «prendendo in seria considerazione ciò che è accaduto in questo tempo», ma anche l’importanza e il ruolo della famiglia nella comunità cristiana a cui Tardelli dedica uno dei passaggi più forti della lettera pastorale. Un compito e un dono, quello di essere “Chiesa domestica” che chiede di essere compreso e accordato con la vita parrocchiale. C’è da ripensare anche l’iniziazione cristiana, non soltanto attraverso delle indicazioni più generali relative alla modalità della ripresa, da portare avanti «tutti insieme su una base comune e condivisa», ma anche con l’illustrazione delle norme per la celebrazione di comunioni e cresime. Sacramenti molto attesi dalle famiglie, ma da svolgere con le opportune misure di sicurezza: in piccoli gruppi, magari scaglionati di domenica in domenica e anche in modalità un po’ diverse, visto che ai parroci, per esempio, sarà conferita la delega per amministrare la cresima nelle rispettive parrocchie. Pure queste sono da ripensare — appunta il vescovo — secondo differenti «modalità strutturali di presenza e di testimonianza della Chiesa nei nostri territori», anche «con soluzioni innovative e coraggiose», pure, — aggiunge — «con una certa urgenza».

Continuare ad amare

Pregare, ripensare e «continuare ad amare» suggerisce il vescovo nell’ultima parte della lettera. «Continuare» perché molto si fa nell’ordinario e ancora di più è stato fatto in questi mesi. La pandemia ha aperto nuovi fronti: «sul piano psichico, sollevando paure, senso di importenza, incertezze sul futuro», fragilità e inquietudini con cui dovremmo imparare a confrontarci e che segnalano anche nuovi ambiti di missione per la Chiesa di oggi.

u.f.

Scarica e leggi la Lettera pastorale 2020/2021




Il vescovo ricorda i morti per Covid-19

Una messa in suffragio in Cattedrale domenica 12 luglio

Domenica 12 luglio, alle 18, nella Cattedrale di San Zeno, monsignor Tardelli celebrerà una Messa solenne in suffragio di tutte le vittime del Covid–19. La funzione sarà animata in via del tutto straordinaria dal coro Gospel Internazionale di Pistoia.

Il coro, diretto dal medico e musicista di origini nigeriane Augustine Iroatulam, è in attività dal 2008, vanta un’attività più che decennale di concerti in Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

La Santa Messa sarà il momento per ripercorrere i fatti degli ultimi tre mesi, che hanno profondamente cambiato le vite di tutti. Ciascuno potrà guardare alle perdite, alle ferite, e alla necessaria ricostruzione delle tante vicende che hanno segnato questo periodo, guardando con occhi diversi al futuro.




Il vescovo ai catechisti: cinque punti da cui ripartire

Pubblichiamo le parole del vescovo rivolte ai catechisti in occasione dell’incontro svolto giovedì 25 giugno 2020 nell’aula liturgica di Valdibrana

Alle catechiste e ai catechisti della diocesi.

Passato il tempo della pandemia o comunque sperando possa essere in via di superamento, vogliamo riprendere il cammino. Quel cammino che in verità non abbiamo mai interrotto, trovando modi e forme nuove per essere presenti ai nostri ragazzi e alle loro famiglie, ma che ora riprendiamo anche insieme alle nostre comunità parrocchiali. In questa prospettiva vorrei darvi 5 indicazioni che possono costituire come una bussola per il vostro servizio e il vostro impegno.

1. Siamo strumenti nelle mani del Signore. Lo state capendo sempre più: siete mezzi di cui il Signore si serve, non mezzi impersonali e astratti ma attivi, che partecipano con la propria persona, con la propria vita. Voi siete i mezzi attraverso cui Lui incontra e raggiunge i vostri ragazzi. Siamo tutti consapevoli dei nostri limiti, ma lui ci ha scelti e chiamati. Come diceva Madre Teresa, siamo una matita nelle mani di Dio. Matita di cui Lui si serve per scrivere nel cuore delle persone. Dovete aver chiaro questa cosa, sentirne la gioia e la responsabilità, la bellezza e la grandezza. Siete collaboratori di Dio, del suo messaggio di salvezza.

2. Siete uomini e donne di relazione. Sempre più andiamo capendo il valore della relazione. Relazione con Cristo innanzitutto. Relazione, rapporto vivo, dialogo, comunicazione, incontro della mente e del cuore. Relazione da coltivare, custodire e alimentare. Poi relazione con i ragazzi che vi sono affidati. In questo tempo avete capito che non si tratta semplicemente di insegnare. Si tratta piuttosto di un incontro con persone in crescita, ciascuna con le sue caratteristiche: ognuna diverso dall’altro. Relazione con le famiglie: adesso ne abbiamo capito di più l’importanza. Forse siamo anche riusciti in alcuni casi a stabilirla questa una relazione e capire il suo valore e che non si tratta solo di fare degli incontri con i genitori, ma piuttosto di stabilire un rapporto con i genitori e le famiglie. Infine, relazione con la comunità. Voi siete parte della comunità non siete battitori liberi o free lance o mercenari. Siete membri di una comunità ed è a nome della comunità che adempite alla vostra missione.

3. Andare all’essenziale. Forse, il tempo difficile che abbiamo attraversato ci ha insegnato anche questo: che bisogna andare all’essenziale, alla sostanza. Dobbiamo fare ancora molta strada su questo. Ci siamo accorti quanto alcune cose siano davvero importanti e quante altre invece lo siano assai di meno. Ci siamo resi conto che forse avevamo trascurato cose che erano davvero importanti e dato invece importanza a cose che invece ci zavorrano. Per un catechista andare all’essenziale è andare a Gesù Cristo, alla sua storia. Alla fine, per un catechista si tratta di imparare a narrare la storia di Gesù come una storia viva che ha scosso, commosso, coinvolto. Narrare, non insegnare. Raccontare la vita del Signore che incontra la nostra vita, che con il suo amore ci prende e ci conquista. Come una storia che può coinvolgere anche le persone alle quali si è mandati e rendere bella la loro vita.

4. Ricostruire le nostre comunità parrocchiali, che nel tempo si sono appesantite. Sarebbe sbagliato riprendere semplicemente tutto quello che si faceva prima e come prima. Anche in questo caso, occorre tornare all’essenziale: la relazione tra le persone, l’incontro con Gesù Cristo e la sua Parola, l’aiuto fraterno, la vicinanza, la testimonianza. La comunità cristiana la edifica il Signore con il suo Santo Spirito. Noi però dobbiamo collaborare e fare la nostra parte. Ricostruiamo dunque le nostre parrocchie che un po’ di polvere addosso ce l’hanno; possiamo toglierla prendendo occasione da questo tempo inaspettato e nuovo. Con l’aiuto del Signore, con la guida dello Spirito Santo dobbiamo dare un volto nuovo, comunitario, fraterno, missionario alle nostre parrocchie. Meno paludate e più vive, meno istituzionali e più relazionali, più calde e meno burocratiche. Comunità vive, famiglie. Dobbiamo ricostruire lo stare insieme, imparando a perdonarci e ad accoglierci.

5. Camminare insieme come chiesa particolare, come diocesi. Siamo qui anche stasera provenienti dalle diverse parti della diocesi e abbiamo fatto un cammino comune: non perdiamo questa ricchezza. Continuiamolo a camminare insieme a livello diocesano. Non riprendiamo l’abitudine di fare ognuno per conto suo. Abbiamo notato diversità; dobbiamo quindi uniformarci ma non per essere tutti uguali, ma perché camminiamo insieme. Ci rendiamo conto che in diocesi ci sono situazioni diverse, ma sapere che siamo insieme in un cammino vuol dire anche assumersi la responsabilità di aiutarsi a vicenda tra parrocchie e tra catechisti. A breve riprenderemo il cammino dell’iniziazione cristiana, ma lo riprenderemo insieme. Abbiamo accumulato dei ritardi, ma forse questo tempo ci offre una bella occasione per ripensare l’iniziazione cristiana come un cammino che si fa tutti insieme, pur consapevoli delle caratteristiche proprie di ogni realtà. Un percorso comune da scandire sia a livello di formazione che di catechesi, come anche a livello della celebrazione dei sacramenti dell’Eucarestia e della Confermazione.

Concludo questi brevi appunti, con un pensiero rivolto a Maria. Abbiamo ripreso gli incontri tra i catechisti, presso il santuario di Valdibrana. Alla Madonna, alla sua intercessione e amicizia affido volentieri tutti voi catechisti e catechiste della diocesi. Come all’abbraccio materno di Maria affido tutti i vostri ragazzi e le loro famiglie, chiedendo in particolare alla Madonna che ci aiuti a riprendere con gioia il cammino della vita cristiana e della testimonianza con le nostre comunità parrocchiali.

Valdibrana, 25 giugno 2020




Giubilei sacerdotali per SS. Pietro e Paolo

Una messa nel giardino dell’episcopio per festeggiare gli anniversari di vita presbiterale

Il vescovo Tardelli, complici le restrizioni della pandemia, ha scelto di festeggiare in fraterna intimità la solennità dei SS. Pietro e Paolo. Lunedì 29 alle 18.30 infatti, presiederà una santa messa all’aperto nel giardino del palazzo di via Puccini, seguita da un momento di convivialità offerto al clero e soprattutto a quanti, tra i sacerdoti, ricordano una data speciale nel loro cammino ministeriale.

Quest’anno i festeggiati sono cinque: don Leonardo Giacomelli che ricorda una ricorrenza davvero singolare: 70anni di sacerdozio; seguono don Giovanni Scremin e don Renzo Aiardi, entrambi con 65 ani di messa. Si ricordano quindi il 50esimo di don Marino Marino e i 25 anni di don Timoteo Bushishi.

Un appuntamento riservato per motivi di spazio al solo clero, che permetterà più facilmente anche ai preti più anziani e fragili, ospiti nell’adiacente Seminario vescovile, di partecipare alla preghiera e alla festa. Il 29 giugno è generalmente la data tradizionale per le ordinazioni sacerdotali. Anche il vescovo Tardelli è diventato sacerdote in quella data a Lucca nel 1974.

 




Incontro alla gente nelle parrocchie

Nei prossimi fine settimana monsignor Tardelli celebrerà in alcune comunità della diocesi

PISTOIA – Una nuova ripartenza, anche nei rapporti e nella valutazione delle ferite, degli insegnamenti e, perchè no, dei piccoli miracoli che rimangono dopo tre mesi di confinamento e chiusura a causa del Covid-19.

«È il momento di tornare a incontrare la gente nei diversi territori della diocesi – afferma il vescovo Tardelli – dopo la pausa forzata dettata dalla pandemia voglio visitare le comunità celebrando la messa nelle parrocchie più popolose dei vicariati».

«Visto che non c’è stata la possibilità di svolgere incontri pastorali, né di celebrare le cresime, come di ricevere visite — spiega il vescovo —, mi è sembrato che fosse bello andare a incontrare le diverse realtà parrocchiali, per ricucire un contatto con le comunità più popolose della diocesi dopo questo periodo di lontananza».

Monsignor Tardelli celebrerà le messe domenicali in alcune parrocchie attraversando in lungo e in largo il territorio diocesano. Le prime visite sono partite la scorsa settimana con la celebrazione a Poggio a Caiano, nella solennità del Corpus Domini, seguite dalla messa a Casalguidi di sabato 20, andranno avanti fino primi di agosto. Tutte le celebrazioni, almeno fino a nuova disposizione, saranno svolte secondo le modalità previste finora nell’applicazione delle misure di sicurezza anti-covid, con un numero contingentato di fedeli. Ecco il calendario delle messe: domenica 21 alle 10.30 nella chiesa di San Pietro ad Agliana, sabato 27 giugno alle 18.30 nella Chiesa di San Michele Arcangelo a Bottegone; domenica 28 alle 11 al Sacro Cuore di Montemurlo, sabato 4 luglio alle 18.30 presso la parrocchia di S. Maria Assunta a Quarrata, domenica 5 luglio alle 11 nella chiesa della Santa Croce di Vinci. Sabato 11 luglio alle 18 presiederà la messa nella pieve di San Michele Arcangelo a Carmignano, sabato 18 alle 18 a Pistoia presso la Chiesa della Vergine, mentre domenica 19 luglio alle 10 nella chiesa di Santo Stefano a Lamporecchio. Ultimo appuntamento, dopo i festeggiamenti iacobei, domenica 2 agosto alle 10.30 a Limestre con una celebrazione all’aperto per la Festa della Madonna della neve.

Michael Cantarella