Coronavirus: nota sull’accoglienza a Vicofaro

Il vescovo Tardelli interviene sulla emergenza coronavirus in relazione alle strutture parrocchiali o diocesane e in particolare a quelle della parrocchia di Vicofaro.

PISTOIA – 20/03/2020

«A seguito della drammatica emergenza sanitaria causata dalla diffusione del coronavirus, particolarmente aggressiva nel nostro paese, la Chiesa italiana ha ritenuto doveroso fare tutto quanto le è possibile per non mettere a rischio la salute delle persone. Nelle scorse settimane è stato necessario sospendere le celebrazioni liturgiche pubbliche ed evitare qualsiasi forma di assembramento, anche nelle nostre chiese. Un atto doveroso e responsabile, non certo privo di dolore. In ogni caso, fin dal primo momento, con le indicazioni date da me a più riprese, anche la diocesi di Pistoia si è impegnata ad una rigorosa applicazione delle regole emanate dal Governo per questo periodo, all’interno di tutte le sue strutture, in particolare laddove i rischi fossero concreti ed elevati.

Quanto detto include ovviamente anche l’esperienza di accoglienza che viene portata avanti nella parrocchia di Vicofaro. Al momento si sta operando affinché quanto prima tutto sia regolare e al riparo di qualsiasi rischio, sia per la popolazione residente nel quartiere di Vicofaro, sia per le stesse persone ospitate. Per questo motivo, a brevissimo, è prevista la drastica e immediata riduzione del numero dei presenti a Vicofaro e la loro collocazione in ambienti idonei e tutelati, dove siano rispettate in tutto le norme igienico sanitarie, di prevenzione e di movimento varate dal governo per far fronte alla grave minaccia rappresentata dall’epidemia.

L’intento, altresì, è inoltre quello di predisporre una stretta sorveglianza anche all’interno della struttura di Vicofaro, perché ci si attenga a quanto oggi richiesto a tutti per il bene comune e prima di tutto degli stessi fratelli immigrati.

Il lavoro della diocesi e delle altre istituzioni e realtà coinvolte, negli ultimi mesi, è sempre andato in questa direzione, ed oggi, l’obiettivo non è più procrastinabile. Pertanto, risulta evidente che non sarà possibile prendere in considerazioni obiezioni di alcun genere rispetto a questo preciso orientamento.

Faccio altresì rilevare che, seppure l’osservanza delle leggi sull’ordine pubblico e delle norme igienico – sanitarie recentemente emanate sia responsabilità personale di ogni cittadino, solo le autorità pubbliche preposte hanno gli strumenti idonei per farle rispettare. Da questo punto di vista, se opportunamente e preventivamente avvisato, non troveranno certamente in me alcun ostacolo alla loro azione e intervento, neppure all’interno delle stesse strutture».

(comunicato)




Indicazioni diocesane per l’emergenza coronavirus

Riassumiamo le indicazioni segnalate dalla Conferenza episcopale Italiana e della Toscana e le precisazioni del vescovo di Pistoia Fausto Tardelli nella sua lettera ai fedeli della Diocesi di Pistoia.

CELEBRAZIONI, SACRAMENTI E APERTURA CHIESE

  1. Sospensione della Messa con il popolo e di ogni altra funzione liturgica pubblica, sia in luoghi chiusi che aperti.
  2. Per le esequie, la cui sospensione è esplicitamente richiesta dal Decreto governativo, i Vescovi esortano a sostenere i familiari nel loro dolore con la benedizione del feretro che, non potendo essere fatta in chiesa, può comunque svolgersi in forma privata, come previsto dai libri liturgici, assicurando anche i fedeli che si potrà celebrare la Santa Messa in suffragio del defunto una volta superata questa emergenza.
  3. I vescovi invitano a mantenere nelle parrocchie il suono delle campane, per ricordare che l’Eucaristia non viene meno, anche in questo periodo in cui ne è sospesa la celebrazione pubblica.
  4. La Domenica si invitano tutti i fedeli a collegarsi tramite televisione, radio o social network alle celebrazioni rese abitualmente accessibili per chi è malato o nell’impossibilità di recarsi in chiesa.
  5. Ricordiamo, infine, che il provvedimento governativo non esige la chiusura delle chiese, che saranno aperte per chi, con le debite precauzioni e autorizzazioni, intendesse fermarsi a pregare da solo in chiesa.
  6. L’apertura delle chiese indica la chiara volontà di rimanere una presenza di prossimità a tutto il popolo anche in questa situazione di emergenza. Così come lo indica la disponibilità dei sacerdoti ad accompagnare il cammino spirituale delle persone con l’ascolto, la preghiera e il sacramento della riconciliazione; il loro celebrare quotidianamente – senza popolo, ma per tutto il popolo – l’Eucaristia; il loro visitare ammalati e anziani, anche con i sacramenti degli infermi; il loro recarsi sui cimiteri per la benedizione dei defunti.
  7. Per quanto concerne il sacramento della riconciliazione è preferibile non utilizzare confessionali, ma luoghi più ampi come la sacrestia o ambienti adiacenti la chiesa. Per la confessione nei banchi si tenga la distanza di almeno di un metro, a condizione che sia possibile garantire la dovuta riservatezza del sacramento.
  8. Gli oratori e i locali parrocchiali destinati al catechismo restino chiusi. Sono sospese tutte le attività parrocchiali che prevedono assembramenti (catechismo, gruppi, oratori). Si cerchi, ove possibile, di favorire l’utilizzo dei social network.

SERVIZI CARITAS

In questa stessa linea si colloca la volontà di «assicurare a livello diocesano e parrocchiale i servizi essenziali a favore dei poveri, quali le mense, gli empori, i dormitori, i centri d’ascolto», come scrive Caritas Italiana, che aggiunge l’attenzione a «non trascurare i nuovi bisognosi e anche chi viveva già situazioni di difficoltà e vede peggiorare la propria condizione».

CENTRO D’ASCOLTO DIOCESANO: chiusura sia mattina che pomeriggio. Reperibilità telefonica per le emergenze nelle mattine di martedì e giovedì dalle 9.30 alle 12.30, allo 0573 768685.

MENSA DON SIRO BUTELLI: apertura solo dalle ore 11.30 alle 12.30, tutti i giorni della settimana, festivi compresi. Pasti da asporto sia per il pranzo che per la cena, con attesa fuori dalla struttura.

CENTRO MIMMO: il servizio è sospeso fino a data da destinarsi.

EMPORIO DELLA SOLIDARIETÀ: la struttura mantiene il consueto orario di apertura (lunedì e giovedi pomeriggio 15-17; mercoledì mattina 10-12; i primi due martedì del mese dalle 10-12). Sarà predisposto un pacco di generi alimentari essenziali.

DALLA LETTERA AI FEDELI DELLA DIOCESI DI PISTOIA DEL VESCOVO TARDELLI

  1. La Santa Messa, pur in forma privata senza la partecipazione del popolo, continuerà ad essere celebrata dai sacerdoti nei giorni festivi come in quelli feriali. I parroci continueranno a segnalare con il suono delle campane le SS. Messe che saranno celebrate a porte chiuse. La celebrazione eucaristica quotidiana da parte dei presbiteri conserva un valore altissimo ed è sempre celebrata a vantaggio di tutto il popolo e per la salvezza del mondo, pur se in queste circostanze il popolo non può partecipare fisicamente all’azione liturgica.
  2. Il vescovo invita ognuno a «procurarsi foglietti o messalini con la liturgia della domenica, per dedicare alla lettura, alla meditazione e alla preghiera intonata al tempo liturgico della Quaresima, un congruo spazio di tempo nel giorno del Signore».
  3. Mons. Tardelli dice inoltre ai fedeli tutti: «ricordate nella preghiera i vostri fratelli della comunità parrocchiale, i vostri sacerdoti, i vostri bambini i giovani e particolarmente gli anziani, che sono ad oggi i più esposti al rischio».
  4. Il vescovo propone «a tutti di innalzare speciali suppliche alla Madonna che a Pistoia onoriamo con il titolo di Madonna dell’umiltà o Madonna di Valdibrana. Possiamo pregare con fiducia il rosario perché questo morbo pestifero sia sconfitto, i malati siano guariti e la società possa essere migliore».
  5. Mons. Tardelli invita, infine, ad accompagnare «la preghiera anche con atti di penitenza, perché sicuramente quanto sta accadendo è anche un invito forte a rivedere la nostra vita, a convertirci dal peccato ad un amore più sincero e generoso verso Dio e verso il prossimo».

Come da indicazioni del DPCM del 9 marzo 2020, si ricorda che:

«Sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Sono sospese quindi tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico …; nei predetti luoghi è sospesa ogni attività»;

«l’apertura dei luoghi di culto è condizionata all’adozione di misure organizzative tali da evitare assembramenti di persone, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro. Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri».

La precedente indicazione sottostà comunque alla regola generale che dice di «evitare ogni spostamento delle persone fisiche, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute». Ai sacerdoti sarà consentito, mediante autocertificazione, a motivo di ministero equiparato ad esigenze lavorative, recarsi a casa dei malati e anziani per i sacramenti, come pure per benedire le salme dei defunti.

VARIE

La scuola diocesana di teologia ha sospeso le lezioni almeno fino al 3 aprile. Chiusi tutti gli archivi, le biblioteche e i musei. Gli uffici della Curia sono chiusi al pubblico. Per informazioni o richieste urgenti: info@diocesipistoia.it specificando il motivo e lasciando recapito telefonico.

MESSA DEL VESCOVO IN DIRETTA TV E STREAMING

Ricordiamo a tutti che il vescovo di Pistoia Fausto Tardelli celebrerà la messa in diretta su TVL (canale 11, oppure streaming sul sito o sul canale youtube di TVL) a partire dalle 18.30, tutti i giorni fino alla liturgia prefestiva del Sabato.

(Pistoia, 10 marzo 2020)

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Coronavirus: la lettera del vescovo, il comunicato CET

Ai fedeli della diocesi di Pistoia

Carissimi, i tempi burrascosi che stiamo vivendo ci costringono ad adottare misure drastiche per cercare quanto meno di rallentare il contagio di un male che ci ha colti impreparati e che ci fa toccare con mano la nostra fragilità di uomini.

Tra queste misure, la più dolorosa è quella di non poter celebrare in pubblico la Santa Messa e gli altri sacramenti e sacramentali.

Dobbiamo però reagire a questa situazione con un di più di fede e di speranza insieme ad un aumento della carità, in attesa di poter di nuovo celebrare tutti insieme nella gioia la morte e la Risurrezione di Cristo alla mensa eucaristica.

Il Signore Gesù è compagno del nostro cammino e continua a ripeterci: “venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi ed io vi darò ristoro” . Non venga mai meno dunque l’abbandono fiducioso nelle braccia del Signore. Intanto voglio dire a tutti che la Santa Messa, pur in forma privata senza la partecipazione del popolo, continuerà ad essere celebrata dai sacerdoti nei giorni festivi come in quelli feriali.

I sacerdoti offriranno il divino sacrificio per tutti voi e voi saprete che a quelle ore, il sacerdote sarà in chiesa per voi e con voi e vi potrete così unire spiritualmente a loro nell’offerta di tutti voi stessi al Padre. I parroci continueranno a segnalare con il suono delle campane le SS. Messe che saranno celebrate a porte chiuse.

Gli stessi sacerdoti, con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e l’ufficio divino, saranno impegnati durante tutta la settimana a pregare per tutto il popolo, implorando da Dio la vittoria sul male che sta imperversando.

Vorrei dire ancora che ci attiveremo perché non manchi attraverso anche i moderni mezzi di comunicazione i contatti con la comunità parrocchiale.

Io stesso ogni giorno celebrerò per tutti voi, facendo in modo che questa celebrazione possa essere seguita da casa, attraverso la TV o altri mezzi.

Invito comunque ciascun fedele a procurarsi foglietti o messalini con la liturgia della domenica, per dedicare alla lettura, alla meditazione e alla preghiera un congruo di tempo nel giorno del Signore. Questo tempo di forzata lontananza dai sacramenti può anche farvi riscoprire la bellezza di trovarvi insieme a pregare in famiglia.

Vi chiedo inoltre di ricordare nella preghiera i vostri fratelli della comunità parrocchiale, i vostri sacerdoti, i vostri bambini i giovani e particolarmente gli anziani, che sono ad oggi i più esposti al rischio. La forzata sospensione di contatti fraterni e amicali, può essere sostituita con una vicinanza realizzata attraverso i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione.

Infine, propongo a tutti di innalzare speciali suppliche alla Madonna che a Pistoia onoriamo con il titolo di Madonna dell’umiltà o Madonna di Valdibrana. Possiamo pregare con fiducia il rosario perché questo morbo pestifero sia sconfitto, i malati siano guariti e la società possa essere migliore. Accompagniamo la preghiera anche con atti di penitenza, perché sicuramente quanto sta accadendo è anche un invito forte a rivedere la nostra vita, a convertirci dal peccato ad un amore più sincero e generoso verso Dio e verso il prossimo. Non venga meno la speranza nella misericordia di Dio, perché in esto abbandono fiducioso sta tutta la nostra forza. Che Dio vi benedica.

+ Fausto Tardelli, vescovo

(Da martedì 10 marzo, il Vescovo di Pistoia Fausto Tardelli celebrerà la messa a partire dalle 18,30, tutti i giorni fino alla liturgia prefestiva del Sabato, e sarà diffusa su TVL in diretta sul canale 11, oppure streaming sul sito o sul canale youtube di TVL).

 

Comunicato CET del 9 marzo 2020

La Conferenza episcopale toscana si è riunita questa mattina all’eremo di Lecceto: tra i temi all’ordine del giorno, quello delle misure adottate dal Governo Italiano per contrastare la diffusione del “coronavirus”, e di come queste incidono sulla vita delle comunità cristiane e dei singoli fedeli. I Vescovi toscani hanno manifestato la loro piena sintonia con la posizione espressa dalla Cei, condividendo con tutti i vescovi italiani “la comune preoccupazione di fronte all’emergenza sanitaria che sta interessando il Paese”.

Sempre in sintonia con la Cei, esprimono anche il loro disagio di fronte alla prescrizione, fortemente restrittiva, di sospendere la celebrazione pubblica delle Sante Messe, che viene comunque accolta nell’ottica della reciproca collaborazione per il bene del Paese, in vista della tutela della salute pubblica.

I Vescovi fanno richiamo, da questo punto di vista, al senso di responsabilità che in questi giorni si attende che venga praticata da tutti e in modo particolare da un soggetto pubblico come la Chiesa.

Evitare tutto ciò che può favorire gli assembramenti di persone, sottolineano i Vescovi, limita molto la dimensione comunitaria della vita cristiana, ma è un limite che va accettato per evitare il diffondersi del contagio. Questa misura implica la sospensione della Messa con il popolo e di ogni altra funzione liturgica pubblica, sia in luoghi chiusi che aperti.

Per quanto riguarda le esequie, la cui sospensione è esplicitamente richiesta dal Decreto governativo, i Vescovi esortano a sostenere i familiari nel loro dolore con la benedizione del feretro che, non potendo essere fatta in chiesa, può comunque svolgersi in forma privata, come previsto dai libri liturgici, assicurando anche i fedeli che si potrà celebrare la Santa Messa in suffragio del defunto una volta superata questa emergenza.

I Vescovi invitano anche sacerdoti, catechisti e quanti hanno compiti pastorali ad aiutare i fedeli a interpretare nel modo corretto queste limitazioni.

Ci viene chiesto un grande sacrificio, quello di rinunciare alla celebrazione dell’Eucaristia con il popolo: vogliamo vivere questo “digiuno eucaristico”, affermano i Vescovi toscani, come stimolo a pensare ancora di più all’Eucaristia come «fonte e culmine di tutta la vita cristiana». Il fatto che in questo momento non possiamo celebrare pubblicamente la Messa, non deve farci dimenticare la centralità della celebrazione eucaristica, e non ci impedisce di viverne i frutti, in particolare la carità e la comunione. La stessa privazione della celebrazione comunitaria può essere vissuta come gesto di carità verso la comunità civile e come segno di comunione nella Chiesa e con il popolo. Questa privazione può essere inserita tra le penitenze quaresimali, ricordando che anche il Venerdì santo è un giorno senza celebrazione eucaristica.

I Vescovi ricordano che i sacerdoti sono invitati a continuare la celebrazione dell’Eucaristia, anche senza la partecipazione fisica del popolo, e che tutti i fedeli in questa situazione di emergenza si possono unire a questa celebrazione spiritualmente.

Per questo, i Vescovi invitano a mantenere nelle parrocchie il suono delle campane, per ricordare che l’Eucaristia non viene meno, anche in questo periodo in cui ne è sospesa la celebrazione pubblica. La nostalgia della Messa può divenire occasione di conversione e tappa del cammino che ci conduce alla Pasqua.

Questa situazione richiede anche alle comunità cristiane il ricorso ad altre varie iniziative pastorali, anche incentivando l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione come canali di evangelizzazione e di partecipazione alla vita secondo lo Spirito. Questi strumenti possono essere utilizzati per assistere, nella preghiera, alle celebrazioni liturgiche, ma anche per promuovere iniziative di catechesi, formazione e meditazione.

La Domenica si invitano tutti i fedeli a collegarsi tramite televisione, radio o social network alle celebrazioni rese abitualmente accessibili per chi è malato o nell’impossibilità di recarsi in chiesa.

Nel guardare alla situazione dei nostri territori, i Vescovi manifestano la loro vicinanza alle persone malate e ai loro familiari, agli anziani e alle persone fragili che corrono i rischi più alti dalla diffusione del contagio, ed esprimono gratitudine verso medici, infermieri, personale sanitario, associazioni di volontariato e tutti coloro che in questi giorni, in Toscana come nel resto d’Italia, sono faticosamente impegnati a fronteggiare questa emergenza.

Questo, concludono i Vescovi, sia un tempo più intenso di preghiera e di riscoperta del grande dono della Parola di Dio, che già all’inizio di questo tempo di Quaresima ci è stato raccomandato: “Non di solo pane vive l’uomo…”. L’ascolto attento della Parola aiuterà anche a prendere coscienza che quanto sta accadendo non deve essere considerato un castigo di Dio. A Dio dobbiamo, piuttosto, fare riferimento nella preghiera, per invocarne la presenza accanto agli uomini come fonte di conforto, fiducia, speranza, fraternità. Come cristiani siamo chiamati a dare testimonianza di tutto questo, impegnandoci responsabilmente per il bene comune.

Questo sia anche un tempo di consapevolezza della nostra condizione di creature e di carità: l’emergenza che viviamo deve essere occasione per riflettere sulla precarietà e sulla fragilità della vita umana, e sul destino comune che abbraccia l’umanità. La diffusione della malattia ci dimostra che siamo interdipendenti gli uni dagli altri, e la via di uscita da questa epidemia può essere trovata solo attraverso la collaborazione e la solidarietà di tutti.

Maria, salute dei malati, sia sostegno e conforto in questo difficile frangente; il Signore, fonte di ogni bene, benedica la famiglia umana e allontani da noi ogni male.

9 marzo 2020 I Vescovi delle Chiese della Toscana




Coronavirus: il messaggio del vescovo alla Diocesi

Il vescovo Fausto Tardelli rivolge un messaggio ai fedeli della Chiesa pistoiese per vivere nella fede, con “fortezza nella speranza”, il tempo dell’allerta sanitaria. Un invito a leggere da “cristiani” i disagi, le precauzioni necessarie e le domande suscitate della situazione presente.

Mons. Vescovo ha rilasciato una lunga intervista alla trasmissione “Ora Insieme”, a cura di don Diego Pancaldo. il programma andrà in onda su TVL in replica sabato 7 marzo alle 21.15 e sarà poi disponibile online.

Riprese ed editing video: Daniel Giusti.




Ceneri: un richiamo alla fragilità che invita alla conversione

La Quaresima è il tempo per accogliere l’offerta d’amore di Dio

«La cenere sul capo significa accogliere la nostra debolezza e la misericordia di Dio». Una fragilità che tutti, in questi giorni di allerta sanitaria associano immediatamente al rischio coronavirus. Un’epidemia che interpella la fede e suscita tante domande: flagello di Dio? Segno dell’ira divina? Certamente no, chiarisce il vescovo nell’omelia per il mercoledì delle Ceneri: «però quello che accade è un appello alla conversione, ci fa capire quanto siamo fragili»; insomma, un dramma globale che ricorda «quanto siamo ancora impotenti di fronte al male. Non possiamo presumere, noi uomini, di poter far tutto».

La Quaresima al tempo del coronavirus suggerisce anche un altro pensiero: «quanto cioè, – prosegue monsignor Tardelli- sia importante nel mondo stringersi insieme, accogliersi, perché la soluzione del problema è globale. Quanto sia importante unirsi per affrontare insieme i mali della vita, stringersi aldilà dei confini e delle divisioni». Forse sentirsi popolo è più facile nei momenti di crisi. Non a caso il libro dell’Esodo consegna l’esperienza di un’etnia che diventa popolo nella fuga e nella prova come paradigma tradizionale della nostra Quaresima.

Eppure i quaranta giorni che preparano alla Pasqua non sono principalmente tempo di afflizione e musi lunghi, ma di riscoperta dell’amore di Dio. In questo tempo – ricorda il vescovo – «c’è un appello forte, ma un appello pieno di amore, con cui il Signore chiama a conversione offrendoci il suo amore. Ci prende per mano, invita a rinnovare i nostri pensieri e comportamenti». «Ogni cammino di conversione – prosegue – non può che nascere dal lasciarsi coinvolgere da questo amore».

red.

Il cammino verso Pasqua insieme al vescovo prosegue con i seguenti appuntamenti

 




Vescovo Tardelli: una nuova “Vita” per il cammino della Diocesi

La nota del vescovo che illustra alla chiesa di Pistoia il prossimo rilancio del settimanale

Col primo di Marzo prossimo, il nostro Settimanale diocesano “La Vita”, avrà un rilancio per essere sempre di più, strumento efficace di informazione e di formazione, di comunione e di testimonianza cristiana nei nostri territori. Un servizio che il settimanale ha portato avanti con determinazione lungo questi anni e che ora vede una nuova fase che chiede l’impegno di tutti e una responsabile accoglienza da parte dei singoli, come delle comunità parrocchiali, delle case religiose e delle aggregazioni ecclesiali.

Il nostro settimanale può tentare questa nuova avventura perchè viene sostenuto e incoraggiato dal quotidiano cattolico “Avvenire”, giornale credo conosciuto da tutti per la sua qualità e la sua autorevolezza nel panorama della comunicazione a mezzo stampa in Italia. Dal primo di Marzo infatti, “La Vita”, voce della chiesa pistoiese, sarà distribuito insieme ad “Avvenire”, voce della Chiesa in Italia. Ciò sarà senz’altro motivo di grande arricchimento e di qualificazione sia della informazione in genere che dello stesso nostro settimanale.

Ci apprestiamo tra l’altro come chiesa diocesana a celebrare il primo Sinodo dopo il Concilio Vaticano II. Già siamo in cammino per prepararlo e fare in modo che sia veramente espressione di una chiesa in ascolto della Parola, al servizio degli uomini per la testimonianza del Vangelo. Nello stesso tempo ci predisponiamo a vivere l’anno santo Iacobeo, il 2021, che ci permetterà di confrontarci con l’esempio dell’apostolo Giacomo. Tutto questo necessita anche di una buona comunicazione e il settimanale diocesano unito ad “Avvenire”, ci permetterà di camminare tutti insieme sulla stessa strada.

Vorrei dunque che si comprendesse l’importanza di questo mezzo di comunicazione e si sentisse il bisogno di utilizzarlo, da una parte all’altra della diocesi, perché cresca la comunione nella condivisione delle esperienze e della vita delle varie comunità; si qualifichi la formazione in particolare dei laici attraverso i suggerimenti che vengono dalle pagine del settimanale; si offra infine una voce nuova e cattolica all’interno dei vari territori che compongono la diocesi di Pistoia.

Il mio pressante invito dunque è che “La Vita” con “Avvenire”, si diffonda capillarmente in tutto il territorio diocesano; mi auguro che siamo molti gli abbonati e moltissimi coloro che lo acquistano nelle chiese parrocchiali o anche nelle edicole. Facciamo uno sforzo in questo senso, senza lasciarsi prendere dal pessimismo o da quello scetticismo che è perdita di speranza.

Chiedo inoltre che ci si renda disponibili anche a collaborare fattivamente per la redazione del settimanale, la raccolta delle notizie dai vari territori e la diffusione nelle parrocchie.

Affido questo nuova impresa con molta fiducia alla materna intercessione di Maria Santissima, a Colei che ha diffuso nel mondo la più bella notizia di tutti tempi: Cristo Signore.

Pistoia 11 febbraio 2020, memoria della B. Vergine di Lourdes

+ Fausto Tardelli, vescovo




Lasciarsi trovare da chi cerchiamo

Una sintesi dell’omelia del vescovo per l’ordinazione presbiterale di Fratel Antonio Benedetto

Nella sera dell’Epifania monsignor Tardelli ha ordinato sacerdote Fratel Antonio Benedetto, priore della fraternità apostolica di Gerusalemme di Pistoia. L’ordinazione si è svolta nella chiesa di San Bartolomeo in Pantano, sede della fraternità, per l’occasione colma di fedeli. La liturgia, animata dai monaci e dalle monache di Gerusalemme, si è svolta in un vibrante clima di preghiera, accompagnata -complici gli spazi suggestivi dell’antica chiesa romanica- da un percepibile calore umano.

«Come i re magi – ha ricordato nella sua omelia mons. Tardelli – hai viaggiato per terreni accidentati, cercando come a tentoni un segno che chiarisse i tuoi desideri profondi, le tue attese, il senso del tuo essere al mondo. Hai camminato e cercato, senza sapere bene Chi stavi veramente cercando e forse confondendo a volte una cosa con l’altra». Il vescovo allude sinteticamente alla storia vocazionale di Fratel Antonio, arrivato – attraverso una profonda inquietudine, dal mondo della musica rock e dalla lontananza da Dio fino alla conversione e poi alla vita religiosa:

«Come i re magi, sei partito da terre lontane dell’anima; hai domandato, chiesto, provato ad imboccare strade diverse. Finché poi Lui, il Signore stesso, la luce che è venuta ad illuminare ogni uomo, non ti è venuto a cercare…. E ti ha trovato, inaspettatamente, meravigliosamente. Da quel momento, come dietro ad una stella cometa hai cominciato a viaggiare con una luce nel cuore».

Un cammino che ha condotto Antonio fino a Pistoia, nella fraternità apostolica di Gerusalemme: «Ti sei lasciato guidare e prima ti ha condotto a una famiglia di fratelli e di sorelle che il Signore ha messo insieme per essere lievito di speranza dentro le città degli uomini, attraverso la gioia della fede, la comunione dei cuori, l’annuncio lieto del Vangelo dell’amore di Dio. E da questa fraternità oggi eccoti qua come i magi davanti al bambino Gesù, che stende verso di te le sue manine perché tu lo abbracci definitivamente e lo porti sempre con te per donarlo poi agli altri».

Il vescovo ha indicato nel riferimento alla solennità dell’Epifania un vero e proprio programma di vita sacerdotale: «tu, carissimo fra’ Antonio benedetto, diventi presbitero, nel giorno in cui la Chiesa celebra l’Epifania del Signore, la sua manifestazione al mondo; l’apparire della misericordia di Dio nella storia. Durante il tempo natalizio, quando più dolce e tenero appare l’amore misericordioso di Dio per l’umanità, quando il Figlio di Dio ha preso carne nel piccolo bambino di Betlemme. Che questo ti insegni e insegni a tutti noi che condividiamo l’ordine sacro, a vivere il ministero come un segno e una testimonianza di misericordia e di tenerezza, attraverso quel farsi piccoli, nella povertà e semplicità di vita che è la strada maestra scelta da Dio per salvare l’umanità».

Non è mancato un riferimento alle preoccupanti tensioni internazionali di questo inizio di anno attraverso l’immagine delle luce e delle tenebre suggerita dalla liturgia: «noi oggi celebriamo la luce del Signore che brilla sopra l’umanità e di essa siamo chiamati a rivestirci, nonostante che la tenebra ricopra la terra e nebbia fitta avvolga i popoli. – E quanto sono vere queste parole proprio oggi, quando dense e nere nubi di tempesta attraversano il cielo del mondo e siamo tutti atterriti da ciò che potrebbe accadere di terribile per le sorti dell’umanità da un momento all’altro. – La parola di Dio ci richiama tutti, noi chiesa del Signore, e noi ministri del Vangelo e tu caro Antonio a non farci mai vincere dalle tenebre ma a sperare e lottare perché trionfi la luce di Cristo e del suo amore sempre. Siamo certi che le tenebre non possono vincere la luce, ma sappiamo anche quanto sia necessario dare testimonianza alla luce con l’impegno di tutti i giorni e la fatica della coerenza». «Che il tuo e il nostro ministero, carissimo Fra Antonio Benedetto, – ha continuato il vescovo- sia dunque un continuo accendere luci nel cuore delle persone».

La solennità dell’Epifania, infine, invita ad allargare lo sguardo, a sentirsi inseriti in un disegno di salvezza in cui nessuno è escluso. «Diventar preti in questo giorno, – ha ricordato il vescovo- significa allora sentirsi parte particolarmente operosa di questo disegno grande di Dio. Si è preti mai per un piccolo gruppo, per una piccola famiglia, per un piccolo luogo. Si è preti invece per tutta la chiesa; per tutta una chiesa diocesana; per la chiesa intera sparsa nel mondo, per tutta intera l’umanità. Perché da preti e come preti si è resi participi in un modo tutto particolare, del cuore largo di Cristo che ama ogni uomo e vuole ogni uomo partecipe del suo corpo. Per cui, anche se un presbitero è legato a un territorio e a una precisa comunità ecclesiale, egli deve avere il respiro del mondo e l’anelito di Cristo che vuole ogni uomo salvo e deve perciò vivere e pregare per il compimento ovunque del Regno di Dio. Cosa oggi più che mai importante, quando popoli e genti si mescolano e il mondo ormai si è fatto un unico villaggio globale».

In questa Epifania, ha concluso il vescovo Tardelli, si sono rovesciate le parti: «è il Signore stesso infatti che apre i suoi scrigni e dona a noi, davvero poverelli e indegni suoi figli, non oro, incenso e mirra, bensì un uomo che da ora in avanti sarà per noi e in mezzo a noi immagine viva e concreta del Buon Pastore».

A conclusione della messa è arrivato alla chiesa di San Bartolomeo un corteo di figuranti del presepe vivente che nella vigilia di Natale ha attraversato le vie del centro cittadino; tra loro tre re magi a cavallo. Fratel Antonio è stato invitato a montare in sella e, nei panni di novello prete e re magio, ha cavalcato benedicendo i passanti incuriositi, accompagnato da amici e fedeli, fino alla chiesa di San Paolo per un momento di festa.




Quel che ti chiede il Natale

Il messaggio del vescovo Tardelli per le festività natalizie

 

Da un po’ di tempo non riesco purtroppo a pensare al Natale coi colori della festa, delle luci e dell’allegria. Non me ne vogliate. Non ci riesco perché, quasi come un’ossessione, mi viene subito alla mente come il Salvatore del mondo fu accolto – perché di Lui si parla a Natale, il Natale è il Suo – quando venne nel mondo per dare compimento alle promesse antiche. «Veniva nel mondo la luce vera» – ci dice l’evangelista Giovanni – «eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto».

In effetti, la narrazione evangelica ci presenta la nascita di Gesù avvolta nella precarietà, dentro a una stalla, in una mangiatoia, fuori dalla città.  Il Re dei re, il Signore dei signori, l’unigenito figlio di Dio venne in mezzo a noi – atteso da secoli – e trovò le porte chiuse; si dovette adattare, con una madre che lo partorì tra gli stenti e poche persone, anche non molto raccomandabili come erano i pastori di Betlemme, a stringersi attorno a Lui.

C’è poco da fare: in me la gioia della nascita del Salvatore rischia di essere vinta dall’amarezza delle nostre chiusure di cuore. Anche perché la triste vicenda della nascita del Salvatore non è circoscritta a quel tempo. È attuale. Anche oggi mi viene da dire: quanti di noi sono davvero pronti ad accogliere Lui nella propria vita? E insieme a lui anche gli altri? È vero, siamo presi da mille cose e mille problemi; abbiamo grosse preoccupazioni e anche una giusta voglia di svago e di spensieratezza. Va tutto bene. Però la domanda rimane ed provoca ognuno di noi: sei disposto ad accogliere il Cristo nella tua vita? A dargli spazio, a farlo regnare in te? E sei disposto ad ascoltare con attenzione chi ti sta accanto, il tuo compagno o la tua compagna, i figli, il vicino, il collega? Sei disposto a farti prossimo, particolarmente di chi è nel bisogno? Sei disposto a pensare un po’ meno a te stesso, a quello che ti piace, a quello che vorresti, a quelli che sono i tuoi benedetti diritti e i tuoi desideri, per far posto invece a Dio, alla sua parola e ai suoi inviti, ai suoi comandamenti, come pure agli altri, da servire con attenzione e premura?

Il Natale per me allora ha senso se è un momento nel quale si prende in mano la nostra coscienza e la si mette davanti a Dio. Se cioè ci si lascia interrogare e forse anche inquietare per le nostre chiusure e i nostri egoismi. In questo caso il Natale sarà vero, perché forse produrrà qualche effetto positivo in noi e conosceremo quella gioia che viene solo dall’accoglienza di Dio nella propria vita.

Il Santo Padre ha scritto nei giorni scorsi una bellissima lettera sul presepe, invitando a mantenere viva una preziosa tradizione che risale addirittura a San Francesco. E lo faremo. Di questi tempi di presepi se ne vedono tanti in giro. Ma il presepe serve per mettercisi davanti e riflettere; serve per pensare al mistero di un Dio che non ha paura a farsi piccolo e debole per amore; che venne non per essere servito ma per servire. Quella capannuccia col bue e l’asinello e coi pastori ha valore in quanto mi chiede se sia disposto ad accogliere Dio nella mia vita e ad accogliere gli altri nella pace, vicini o lontani, chiunque essi siano.

+ Fausto Tardelli, vescovo




L’Immacolata di monsignor Tardelli

Nella solennità mariana dell’8 dicembre ricorre il quinto anniversario dell’ingresso a Pistoia. Una lettura a cuore aperto della Chiesa pistoiese -tra peccati e segni di grazia- nell’omelia pronunciata in cattedrale.

 

PISTOIA. Celebrare la Solennità dell’Immacolata e ricordare i primi cinque anni nella chiesa di Pistoia: l’8 dicembre del Vescovo Tardelli è un giornata davvero speciale. L’occasione in cui indicare a tutti la bellezza di Maria Immacolata, ma anche fare il punto su una chiesa che proprio immacolata non è.

Attorno al vescovo, per la messa pontificale della solennità dell’Immacolata, c’erano numerosi sacerdoti della Diocesi di Pistoia, ma anche tanti fedeli e un clima di grande attenzione e preghiera. Nell’omelia il vescovo ha chiesto di partire da Maria; una «madre tenerissima» che neppur l’essere priva di peccato originale allontana irrimediabilmente dagli uomini: «la sua grandezza – ha precisato il vescovo- non la distacca da noi, perché ella rimane l’umile serva del Signore, col grembiule della povera gente addosso, con la dolcezza di una madre che piange per i figli scapestrati o indifferenti. E lei finisce sempre per prenderci per mano e portaci al Signore».

La Madre di Dio, come sente la gente, anche in una fede semplice e popolare, è una mamma premurosa per i suoi figli, la cui bellezza non «impedisce di prendere le nostre mani sporche di odio e di ribellione per lavarcele alla fonte, proprio come fa appunto una mamma col bambino che si è sporcato».

Eppure, ha aggiunto monsignor Tardelli, «la festa di oggi è anche occasione per riconoscere la distanza della nostra vita da quello che il Signore si attende da noi. E penso stasera, soprattutto, alla nostra Chiesa pistoiese; a tutte quante le sue pesantezze; al peccato che l’attraversa; alla pochezza della vita ecclesiale. Non me ne vogliate se dico stasera che non siamo una chiesa immacolata».

La Chiesa di Pistoia, come la chiesa universale, è certamente anche santa, e lo è «per il suo redentore e perché lo Spirito ancora soffia nelle sue ali. Santa per i suoi gloriosi santi del passato e per quella schiera anonima di santi della porta accanto che ancora oggi abitano la nostra chiesa».

Eppure, allo stesso tempo la chiesa pistoiese ha pure i suoi guai: «dobbiamo in sincerità riconoscere che siamo una chiesa difettosa sotto tanti aspetti. Una chiesa non certo immacolata, ma macchiata per il peccato dei sui membri. Macchiata per le divisioni che ancora ci caratterizzano; per il cinismo che a volte ci prende; per le sordità e le cecità che spesso abbiamo». «Siamo forse – domandava il vescovo- un cuor solo e anima sola? Direi ancora troppo poco. A sprazzi qualche volta, ma il più delle volte, ognuno cammina per conto suo».

In cinque anni Monsignor Tardelli ha imparato a conoscere pregi e difetti della chiesa di Pistoia e di certa pistoiesità:

«quanta fatica facciamo ancora a conoscerci e a stimarci, ad accoglierci e a pensare più a ciò che ci unisce che a ciò che ci divide! E poi quanto poco ancora siamo rivolti al Signore come al nostro unico re! Così poco protesi a seguire Lui e Lui solo. Come invece facciamo presto ad assumere criteri di giudizio, valutazioni, opinioni che sono quelle veicolate dal mondo, riproducendo così all’interno della comunità cristiana quelle stesse dinamiche di potere, di interessi e invidie che nel mondo conducono all’ostilità e alla violenza!».

Che ci piaccia o meno, ha aggiunto, questa è la nostra chiesa: «non possiamo costruirne un’altra di chiesa, a nostro piacimento, perché questa non ci piace. La nostra unica casa, la nostra unica e comune dimora, l’unica e sostanziale comunità cristiana è questa: presieduta dal Vescovo in nome del Buon Pastore, servita dai presbiteri e dai diaconi, formata da tutti i battezzati, laici e religiosi; tutti partecipi dello stesso dono e della stessa missione nel mondo».

Un atto di verità cui non manca l’affetto profondo del pastore:

«il bene che vi voglio, che voglio a questa chiesa santa e peccatrice allo stesso tempo è grande e più grande di cinque anni fa. Più consapevole e realistico, ma sicuramente più grande e intenso».

Le parole del vescovo non hanno trascurato di ricordare tutto il bene che c’è, perché «lo Spirito lavora. Lavora instancabilmente. E ha lavorato. In questi cinque anni, da quando sono qua, posso dire di aver visto tante volte lo Spirito del Signore all’opera e questo da speranza e consolazione». Uno Spirito che ha suggerito al vescovo di avviare un percorso sinodale importante. Il 2021, l’anno iacobeo, sarà infatti anche l’anno del sinodo della Chiesa di Pistoia, evento in cui sarà chiamata a confrontarsi in tutte le sue componenti (dal vescovo ai laici delle più piccole parrocchie) e in tutte le sue articolazioni (dalle montagne alla piana), sulla necessità di una conversione missionaria. «Dopo cinque anni – ha infatti concluso il vescovo- siamo ora qua a tentare un cammino  sinodale che è una tappa importante per la nostra chiesa. Un passo che dobbiamo fare insieme, credendo che per una chiesa, è questo il modo di rinnovarsi e rendersi docile all’azione dello Spirito Santo … per essere fermento di umanità nuova nel mondo. Questo oggi siamo e vogliamo essere».

(red.)

foto di Mariangela Montanari




Prima di essere “vescovo”: ti racconto Fausto Tardelli

Riprendiamo dall’ultimo numero del Settimanale “La Vita” (n. 44) l’intervista a Valter Tardelli, fratello di monsignor Fausto, che parla dei lati meno conosciuti del vescovo di Pistoia. Un modo per conoscere meglio il pastore della diocesi in occasione del quinto anniversario del suo ingresso.

 

Era una tiepida mattina d’ottobre e San Miniato sonnecchiava sorniona mentre il suo vescovo, monsignor Fausto Tardelli – un po’ a sorpresa – veniva nominato il nuovo pastore di Pistoia. E mentre nella città della piana iniziava il tam tam delle telefonate e dei primi pettegolezzi, di lì a poco il vescovo avrebbe annunciato la data dell’ingresso nella nuova diocesi: la solennità dell’Immacolata Concezione.Correva l’anno 2014. Da allora sono passati cinque anni, tempi certamente utili per tracciare i primi bilanci. Oggi però vogliamo fare un passo indietro, fermarci, e conoscere un po’ di più l’uomo che sta dietro al “vescovo Tardelli”. Ne abbiamo parlato con una delle persone a lui più care: suo fratello Valter.

 

Chi è Fausto Tardelli?

«Chi è Fausto Tardelli? È sempre difficile dare una definizione totalmente rispondente alle caratteristiche di un individuo, tanto più se tra le persone c’è un legame affettivo come quello tra fratelli e sorelle, a volte è difficile anche autodefinirsi. Di Fausto potremmo dire che è un uomo come tanti, poi però a fronte del cammino che ha fatto si riescono a metter a fuoco tanti vecchi piccoli segnali, atteggiamenti, modi di fare che hanno accompagnato la sua vita e a dargli connotati più precisi. È molto intelligente, ma forse non è la sua miglior dote, altre due che vanno di pari passo e con uguale peso, sono sicuramente le migliori: la caparbietà, quella buona, quella che ti porta a raggiungere gli obbiettivi cercando sempre la strada più giusta, senza mai usare la prevaricazione, aspettando pazientemente il momento, la situazione giusta e la dolcezza, ecco quella non manca mai, l’ascolto, la disponibilità, questi credo siano i tratti salienti di mio fratello»

L’infanzia insieme, i giochi, gli scontri… che fratello è?

«Da ragazzi la differenza di età non ci ha permesso di vivere le nostre adolescenze dividendoci giochi o momenti di svago particolare, sei anni ci separano, e Fausto al termine del percorso scolastico delle medie entrò in seminario, mentre io mi affacciavo allora alla prima elementare. Di noi ho ricordi un po’ svaniti, qualche uscita mano nella mano per fare una commissione a nostra madre, qualche passeggiata con i nostri genitori sul lungo fiume, ma davvero poco altro. In quegli anni le regole del Seminario erano molto stringenti, difficilmente aveva un permesso per tornare a casa e noi potevamo andare a trovarlo solo la domenica e per un paio di ore, in quel breve lasso di tempo, erano già tante le cose di cui dovevano parlare i nostri genitori e mio fratello che tempo per i giochi non ne restava e poi non era neanche il posto più adatto».

Che cosa significa avere un fratello sacerdote e poi vescovo?

«Non fosse mio fratello sarei sicuramente in difficoltà perché insomma, è innegabile, è una carica di cui si sente il peso solamente standogli accanto, per il resto non essendo avvezzo a ruberie, intrallazzi e affini, non mi creo nessun tipo di problema, anzi so di avere a fianco un eventuale enorme sostegno che tutto sommato mi rende la vita più serena».

Che ricordi ha della sua ordinazione sacerdotale, e poi dei suoi trascorsi a San Miniato e Pistoia?

«Della sua ordinazione ho dei ricordi chiari e limpidi, fu una bellissima giornata di festa oltretutto con un caldo quasi africano, turbata solo dal fatto che sapevo con certezza assoluta che da li a pochi giorni Fausto sarebbe partito per Roma per completare degli studi universitari e che nel mio ancora infantile ragionamento lo avrei perso, Roma era lontanissima nella mia immaginazione e non lo avrei rivisto per almeno tre anni, da li ne scaturì un copioso pianto che solo mio fratello riuscì a fermare.

La solennità della cerimonia dell’ordinazione a vescovo, ebbe davvero un effetto incredibile su di me, ma credo su molti che volevano e vogliono bene a Fausto. Fu emozionantissimo, la sacralità del momento mi fece stare quasi con il fiato sospeso per tutta la durata della cerimonia, fu davvero bello. La cosa che più saltava agli occhi, durante la prima nomina a San Miniato fu il cambio di passo o di registro se preferisce, il lavoro non era più quello del pretino di parrocchia, era ben diverso, responsabilità, problemi da risolvere, lavori da fare e al tempo stesso mantenere la barra del timone sempre a dritta verso gli altri, verso i più deboli, continuare incessantemente l’opera di catechesi, un lavoro davvero difficile, quando si deve dedicare tempo a problemi e lavori che poco hanno a che vedere con il ruolo di pastore che un vescovo ha all’interno della chiesa.

Per Pistoia, diciamo che ormai si sapeva già molto della vita di un vescovo ed essendo Pistoia una città, una importante provincia italiana, i problemi e le difficoltà sarebbero solo aumentati ».

Un pregio e un difetto di Fausto?

«Pregi e difetti? Solo pregi, i difetti sono i soliti di sempre, quelli di tutti i comuni mortali».

Michael Cantarella