Come affrontare il crescente consumo di droghe? Intervista a Franco Burchietti, presidente del CEIS di Pistoia
di Daniela Raspollini
Indagini recenti affermano la crescita preoccupante del consumo di droghe nel nostro paese. Una piaga che attraversa anche il nostro territorio e che non può essere sottovalutata. Franco Burchietti, presidente del CEIS, il Centro di Solidarietà di Pistoia, ci illustra il fenomeno indicando criticità e possibili vie d’uscita.
Dalla nascita del Centro ad oggi come è cambiato l’approccio dei giovani alla droga?
Mentre negli anni ‘70 e ‘80 il rapporto con la droga era una piaga sociale con un forte impatto nella vita quotidiana delle città, legato soprattutto al consumo endovena di eroina (le siringhe in ogni luogo!), oggi il fenomeno droga si è profondamente trasformato, tanto da non essere spesso più avvertito come problema rilevante. Tuttavia la tossicodipendenza, o per meglio dire le dipendenze, sono ormai quotidianamente in evoluzione e, negli ultimi 10 anni, il fenomeno ha visto un mutamento enorme, nelle forme (di dipendenza), nelle sostanze abusate e persino nelle modalità di assunzione. Oggi, ad esempio, soprattutto in Italia, si registra una crescita esponenziale dell’uso di psicofarmaci anche fra i giovani e di nuove sostanze acquistate online. La maggior parte dei giovani “sperimentatori” di sostanze si rivolge alle cosiddette nuove droghe o droghe di sintesi, progettate e costruite in laboratorio, caratterizzate da rischi e danni specifici. Questa fluidità del fenomeno chiede ai servizi di ripensare continuamente l’adeguatezza dei propri interventi. Di contro, invece, operiamo con un sistema di intervento che fa riferimento ad una normativa di quasi 30 anni fa e che ci costringe ad inseguire questa problematica senza mai raggiungerla. La complessità del “fenomeno” delle dipendenze necessita di interventi altamente qualificati e fortemente connessi ai bisogni mutevoli e variegati del territorio.
I giovani percepiscono i rischi legati alle droghe leggere?
Fondamentalmente no. Già la differenzazione tra droghe leggere e droghe pesanti, pur importante in rapporto ai percorsi pedagogico-terapeutici e riabilitativi, sembra portare verso una diffusione culturale che distingue tra ciò che fa male e ciò che non lo fa. Tutte le sostanze stupefacenti hanno effetti dannosi a livello psico-fisico, anche la cannabis con il suo principio attivo (THC). Tuttavia il persistere di un dibattito sulla legalizzazione e sul concetto di “leggere” ha come conseguenza una importante sottovalutazione del fenomeno e delle sue conseguenze. A volte anche nelle stesse famiglie: «nostro figlio si fa ogni tanto una canna…».
Come possono i genitori rendersi conto che i propri figli hanno problemi di dipendenza? Quali sono i “campanelli di allarme”? Quali i consigli vi sentite di dare loro?
Non è facile per una famiglia accorgersi in tempo che il proprio figlio, il proprio fratello o marito o moglie .. ha iniziato a fare uso di droghe. Ed è ancora più difficile accettare l’idea che questo sia avvenuto. Spesso la notizia è un fulmine a ciel sereno. Purtroppo le famiglie che decidono subito di consultare qualcuno che sappia indicare il giusto comportamento sono relativamente poche. Per disinformazione, per vergogna o per sbagliato senso di protezione, per sopravvalutazione delle proprie forze o sottovalutazione del problema, passa purtroppo un lungo periodo prima che qualcuno della famiglia decida di chiedere aiuto e consigli fuori dalle mura domestiche. La famiglia deve prestare particolare attenzione al comportamento del figlio, specialmente se osserva dei cambiamenti netti (rendimento scolastico, rapporto con i familiari, relazioni con gli altri, interessi). Se ci troviamo di fronte ad un progressivo ed indubbio mutamento del comportamento, con buona probabilità si sta osservando la presenza di un disagio importante che richiede l’intervento di uno specialista. Per aiutare l’adolescente ad accettare l’aiuto di uno specialista è opportuno non focalizzarsi tanto e solo sulla dannosità del “farsi le canne”, cosa che produrrebbe incomprensione e conseguente chiusura, bensì focalizzarsi sul malessere evidente (tristezza, chiusura verso gli altri, senso di inadeguatezza). Il nostro “sportello famiglia” è sempre aperto: basta rivolgersi alla sede di P.zza dei Servi (0573/368701), anche scrivendo a primicolloqui@ceispt.org, o ad una delle tre comunità terapeutiche, i cui riferimenti sono facilmenti reperibili sul sito: www.ceispt.org .
Quali sono, in base alla vostra esperienza, le problematiche più urgenti da affrontare?
Credo che abbiamo oggi di fronte tre ambiti principali di impegno:
- sviluppare maggiormente l’azione di prevenzione e contrasto alle dipendenze, tenendo anche conto delle sue nuove forme quali, ad esempio, il gioco d’azzardo.
- rafforzare il lavoro sulla fascia di età “minori – giovani adulti”, fortemente in fase di crescita nell’uso di sostanze psico attive, compreso lo stesso alcool.
- trovare nuove forme di alleanza con tutte le “agenzie” formativo-educative, a partire dalla famiglia.
È urgente la necessità di organizzare campagne di informazione e prevenzione; a questo proposito il Ceis come opera sul territorio?
In ambito territoriale della Provincia di Pistoia non esiste al momento un sistema pubblico e strutturato di sensibilizzazione e formazione di giovani adolescenti e delle famiglie. Il Ceis da anni, tuttavia, svolge interventi significativi di informazione – sensibilizzazione nelle scuole secondarie superiori; interventi che necessitano, ovviamente, di una loro sistematizzazione e generalizzazione a tutti gli Istituti scolastici superiori presenti sul territorio, nonché un pieno coinvolgimento delle famiglie, che costituiscono a nostro avviso -voglio ripetere- una delle “agenzie” primarie di formazione, prevenzione e contrasto a stili di vita scorretti.
In tal senso il Ceis si sta attivando per mettere a punto un nuovo progetto più generale di prevenzione, da attivare già dal prossimo anno scolastico.
A tal proposito vorrei tuttavia sottolineare come la problematica “prevenzione” continui ad essere scarsamente considerata a livello istituzionale: da anni non esiste più in Italia un “Fondo antidroga” e che ogni Regione ha un approccio diverso sul tema e, purtroppo, senza un progetto sistematico ed uniforme per la prevenzione. Senza di essa e senza un investimento serio, semplicemente non c’è futuro, né speranza in una progressiva evoluzione a favore del benessere dei nostri ragazzi.