Cosa chiedono i giovani alla Chiesa?
Padre Simone Panzeri dell’equipe di pastorale giovanile di Pistoia propone la propria riflessione sul Sinodo dei giovani appena concluso
Si è appena concluso il sinodo dei giovani. Un evento che ha visto un grande impegno per l’ascolto dei giovani di tutto il mondo. Il sinodo, infatti, è stato preparato da un lungo lavoro di ascolto che ha fatto sintesi delle risposte al questionario del Documento preparatorio da parte delle Diocesi e dei Movimenti; di quanto pervenuto attraverso un questionario online, dagli atti di un Seminario internazionale tenutosi a Roma nel 2017 a cui hanno partecipato giovani ed esperti di tutto il mondo e, infine, dalle osservazioni libere pervenute da singoli laici o da gruppi di diversa estrazione.
Un impegno non indifferente che ha coinvolto anche la Chiesa di Pistoia. Abbiamo raccolto il commento di padre Simone Panzeri, membro dell’equipe di Pastorale Giovanile della Diocesi di Pistoia.
Padre Simone, la Chiesa Cattolica, seguendo il desiderio di papa Francesco, ha portato avanti un grande sforzo nell’ascolto dei giovani in vista del Sinodo. Qual è la tua opinione in merito?
Ciò che mi stupisce prima di tutto è questo ascolto reale da parte della Chiesa di tanti giovani del mondo credenti o no. A questo livello ricordo anche gli sforzi e le riflessioni fatte nella Diocesi di Pistoia per cercare i modi e i mezzi più adatti per andare a cercare i giovani e ascoltarli, soprattutto quelli che vivono più lontani dai nostri ambienti classici. Mi ha colpito questo sforzo di Chiesa di andare “in uscita” verso i giovani, non per proporre loro qualcosa, ma per lasciarsi interrogare da loro, dai loro bisogni e desideri.
Un secondo punto su cui sono rimasto colpito è che i giovani «non vogliono essere considerati come una categoria svantaggiata (…) ma come la risorsa più importante per un futuro migliore» (Guida alla lettura dell’Instrumentum Laboris n°1.3). Leggendo questo mi sono detto che davvero su questo punto Dio ci chiama ad un’autentica conversione pastorale! Ho pensato a quante volte ho partecipato a progetti che partivano dalla domanda «cosa fare per i problemi dei giovani? Come aiutarli a superare le difficoltà legate alla loro età, condizione sociale …?». Qui i giovani ci stanno dicendo di guardarli con un occhio diverso: sono un tesoro da cui attingere per costruire il futuro. Hanno in sé una carica profetica che, se ben compresa e indirizzata, può aprire davvero vie nuove per la Chiesa e l’umanità.
Su questo sono stato toccato personalmente anche durante un campo scuola fatto nella missione dei Padri Betharramiti di Katiola in Costa d’Avorio con 20 giovani francesi, italiani e africani. Anche in quella occasione, da più giovani durante i momenti di condivisione e di verifica, ho percepito e sentito lo stesso appello: «siamo il vostro tesoro, la vostra risorsa più bella, guardateci così!».
Ed infine, un terzo punto, che mi ha fatto molto riflettere del documento preparatorio, è che dai dati raccolti, emerge come i giovani «soffrono per la mancanza di accompagnatori autentici e autorevoli che li aiutino a trovare la loro strada» (Guida alla lettura dell’Instrumentum Laboris n°1.5). Su questo punto siamo chiamati in causa tutti noi adulti, educatori, sacerdoti, religiose…: come stiamo guidando i giovani che incontriamo? A volte ho l’impressione che siamo un po’ “in ritirata” su questa missione di accompagnatori: o ne diventiamo i “migliori amici” perdendo di vista il nostro servizio per farli crescere e ripiegandoli sul “come è bello stare insieme” e basta, o ne facciamo i “volontari” a cui chiedere una moltitudine di servizi e presenze per darci la soddisfazione che abbiamo un bel gruppo giovani intorno a noi. Ma, mi domando, quanto li ascoltiamo veramente? Quanto tempo “perdiamo” per sederci a parlare della loro vita, dei loro ideali, dei loro desideri? Oggi, credo, i giovani abbiano bisogno di un rapporto a tu per tu con qualcuno di reale che li faccia scoprire il tesoro che sono, che li tiri fuori dalla massa piatta delle reti digitali, li alzi dai divani della pigrizia e li accompagni nella vita vera.
Cosa possono fare gli adulti, gli educatori, le parrocchie … per i giovani?
Credo che emerga l’importanza di riscoprire l’importanza della vocazione di accompagnatori delle nuove generazioni da parte degli adulti che vivono a contatto coi giovani e sentono questo come la loro missione. Mi chiedo quanto si faccia ancora con lo spirito di “rispondere ai problemi” dei giovani e non nell’ottica di questo sinodo che ci chiede di guardare ai giovani come alla “risorsa” per trovare le risposte alle domande sul nostro futuro. È una provocazione forte che, credo, Dio ci faccia attraverso la voce dei giovani del nostro tempo. In effetti, credo si aprano due prospettive interessanti di crescita per noi adulti e realtà impegnate coi giovani.
La prima: ritrovare o incoraggiare il nostro servizio di accompagnatori. E questo richiede darci tempo per essere ben preparati a questo compito. Molto spesso la buona volontà non basta e il rischio è quello di cadere nell’improvvisazione e nel pressapochismo sterile e dannoso. I giovani chiedono da noi adulti un impegno serio, degli accompagnatori preparati, perché ci affidano la loro vita quando ci chiedono questo servizio di aiuto e sostegno. Dovremmo anche essere disponibili a dedicare a loro più tempo e spazio d’ascolto, perché non è facile appunto “perdere del tempo” per ascoltare e stare coi giovani.
La seconda: condividere coi giovani le nostre domande sul futuro. Nella mia piccola esperienza coi giovani in parrocchia o nei campi di missione, ho provato a condividere con loro alcune preoccupazioni per il futuro delle attività pastorali messe in atto per loro: cosa ne pensate delle nostre iniziative? Come vedete noi sacerdoti, educatori, etc? Secondo voi cosa ci manca per essere “più incisivi”? Cosa ci suggerite per l’animazione vocazionale, giovanile, pastorale…? Quello che ho accolto dalle risposte è stato che i giovani ci chiedono di parlargli di noi, del concreto delle nostre esistenze, di chi siamo, dello spirito che anima le nostre scelte di vita e di fede.
Questo esempio, se vogliamo piccolo, può dar vita a un ascolto più ampio di come i giovani ci vedono, di come guardano alla chiesa, alla fede e di cosa i giovani ci chiedono a livello personale, di gruppo di catechesi, di parrocchia e, perché no, di Diocesi. Potrebbe essere la scoperta di un tesoro che non vediamo e che ci può aprire prospettive nuove per il futuro.
Daniela Raspollini