Il cristiano può andare in vacanza?

Una riflessione del vescovo Tardelli per il tempo delle vacanze.. e non solo.

Il cristiano può “andare in vacanza? Capite bene che non sto parlando di quei giorni di meritato riposo in cui uno stacca dalla vita ordinaria per ritemprarsi nel corpo e nello spirito. Quelle sono vacanze salutari, anche se, diciamo la verità, non possono mai essere “spensierate”, avendo in mente chi non se le può permettere.
Ma non è di queste vacanze che intendo parlare. La mia domanda è ovviamente un’altra. Cioè se l’essere cristiani, l’essere discepoli di Gesù Cristo, preveda per così dire “zone franche” nella vita e nel comportamento. Zone in cui i criteri, il metro di giudizio e la pratica dell’esistenza si desumano semplicemente dal gusto personale, dai propri desideri, dall’opinione alla moda o dell’imbonitore di turno. La domanda è chiaramente retorica e la risposta scontata: certo che no;

il cristiano non va mai in vacanza. Cristiani lo si è 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno – 366 per l’esattezza, nell’anno bisestile. Lo si dovrebbe essere nella vita domestica, nelle relazioni con gli altri come nella vita sociale e nella politica; nel momento del divertimento, come in quello del lavoro o dell’impresa; nel rapporto col proprio corpo o con la natura; nell’ambito delle scienze, come in quello della cultura e delle arti.

È chiaro che tra Vangelo e vasto campo della storia degli uomini, quello cioè dell’economia, della politica, della cultura, quello dell’organizzazione sociale e persino della vita quotidiana, è necessaria una mediazione. Il Vangelo infatti non è di per sé un manuale di economia o di politica, un manifesto culturale, una costituzione o un codice civile o penale. “Il mio regno non è di questo mondo”, proclama con chiarezza Gesù a Pilato. Eppure, la mediazione necessaria non può essere arbitraria; non può prescindere dal vangelo. Essere cristiani significa vivere di Cristo, da figli di un Dio di infinita misericordia, Padre, Figlio e Spirito Santo e conseguentemente da fratelli veri di ogni uomo, chiamati a formare una famiglia riunita nell’amore e destinata alla vita eterna. Da qui deriva necessariamente una visione del mondo e delle cose, un modo di sentire e percepire la realtà e uno stile di vita che hanno un preciso orientamento. Se da una parte valorizzano e fecondano creativamente ogni aspetto dell’umano, dall’altra, non sempre sono compatibili con ogni opinione, ogni modo di pensare e di vivere o con ogni tipo di scelta.

In questo senso, la coerenza della fede esige che in certi momenti si dicano anche dei no, proprio perché si dice sì a Gesù Cristo, salvatore e redentore dell’uomo.

Solo qualche esempio, tanto per spiegarmi. Parto da un ambito strettamente personale: quello dell’affettività e della sessualità. Lì non è che per il cristiano vada sempre tutto bene e che possa accettare la “deregulation” affettiva e sessuale oggi in voga. Aldilà di ogni umana fragilità e di possibili e non rari condizionamenti, il Vangelo indica un cammino, a volte arduo ma necessario, perché l’amore risplenda in tutta la sua bellezza, libero dalle pastoie degli egoismi.

Ancora un altro esempio: un cristiano lavora, è impiegato od operaio, è imprenditore, oppure è nel commercio o nella finanza. Tutto bene. Proprio perché cristiano, si darà da fare con grande impegno e competenza. Non potrà però mai cedere alla corruzione e all’intrallazzo, pensare solo al proprio interesse o sostenere un’economia e una finanza che opprimono l’uomo.

Ancora: il cristiano è e deve essere un buon cittadino e rispettare le leggi. Non dimenticherà però mai che è meglio obbedire a Dio che agli uomini e che il bene da compiere non lo stabiliscono le leggi fatte dall’uomo. Buon cittadino dunque, sì, certo, ma anche sempre pronto all’obiezione di coscienza. In politica vale altrettanto. Ci ricorda papa Francesco che l’annuncio cristiano ha un contenuto ineludibilmente sociale e che la politica può definirsi una vocazione altissima, una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune. A questo proposito vorrei citare la sempre illuminante dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede di qualche anno fa. “La coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti”. Non sto ora qui ad elencare i casi in cui questo accade. L’importante è il concetto: per il cristiano anche le scelte e l’impegno politico, non sono “zona franca”.

Gli esempi non finirebbero, ma non posso dilungarmi oltre. Se ne potrebbero fare tanti, perché necessariamente il Vangelo si deve fare carne e storia e questo è un lavoro mai definitivamente compiuto e sempre bisognoso di nuovo discernimento. Credo comunque che si sia capito ciò che avevo in mente quando ho detto che il cristiano non può andare in vacanza. Con tutto ciò, auguro di vero cuore ad ognuno di potersi prendere in questo tempo un po’ di giusto riposo.

† Fausto Tardelli

Pubblicato sul settimanale “la Vita” del 25/07/2019 (n. 29).