Intervista esclusiva a padre Mauro Gambetti, custode del Sacro Convento di Assisi
a cura di Daniela Raspollini
Di recente la diocesi di Pistoia ha partecipato al grande pellegrinaggio della Toscana verso Assisi nel quale le diocesi hanno offerto l’olio che arde sulla tomba di San Francesco; questo atto di devozione al Santo ha consolidato l’unione tra Assisi e la Toscana. Come proseguirà nel corso dell’anno il legame tra la città di Francesco e la chiese toscane?
Il rapporto tra le nostre due realtà è molto intenso, anche grazie ai tanti luoghi francescani presenti nella vostra regione: La Verna, dove «da Cristo prese l’ultimo sigillo», Arezzo, dove Francesco scacciò i demoni «con la potenza della sua parola», ma anche Cortona, Siena, Firenze, l’Amiata, Poggibonsi… Partiremo dalla valorizzazione di questi posti “simbolo”. Di certo non mancherà alla diocesi la fantasia e la creatività per nuove proposte, che saremo pronti ad abbracciare.
Il Santo Padre ha aperto il tempo di Avvento con la sua visita a Greccio a cui è seguita la sua lettera apostolica Admirabile Signum. Qual è la forza dell’intuizione di Francesco d’Assisi?
La lettera di Bergoglio ha messo in luce, tra gli altri, due aspetti importanti dell’intuizione di Francesco: identità e inclusività. Fare il presepe significa affermare la propria identità, la propria fede nel Figlio di Dio, l’adesione a Cristo. È il segno che il Natale, la “festa delle feste” (come veniva chiamato da san Francesco), è vivo dentro di noi. Allo stesso tempo, il presepe implica apertura verso gli altri. La grotta in cui nasce Gesù, infatti, non ha una porta chiusa, è aperta a tutti. Proprio i Magi venuti dall’Oriente ci dicono che è luogo d’incontro, di accoglienza, di relazioni non solo tra culture diverse, ma tra poveri e ricchi, tra santi e peccatori e soprattutto tra chi sogna e cerca un mondo a misura di Vangelo, a misura d’uomo.
È bello rileggere ciò che ci hanno tramandato le Fonti Francescane sull’origine del presepe. In particolare sottolineare il rapporto con l’Eucarestia: ce lo può spiegare meglio?
In quella scena, San Francesco – per citare la Vita Prima di Tommaso da Celano – ha onorato la semplicità, esaltato la povertà, lodato l’umiltà. Francesco ha dato vita a un luogo in cui venisse saziata la fame. Il presepe, in questo senso, è un luogo che sfama i bisogni insiti nel cuore di ognuno. Così, nel presepe, Greccio diviene la nuova Betlemme. Nella stalla si rivive la povertà di Cristo, il suo farsi uomo, così come, nell’eucarestia riviviamo il suo farsi carne, farsi cibo per noi. Ed è per tutti motivo di gratitudine, di eucarestia.
Il Papa ci invita a riprendere la bella tradizione di preparare nei giorni precedenti il Natale il presepe nelle nostre famiglie. Perché, secondo lei, papa Francesco ha voluto concentrarsi proprio sull’importanza del presepe?
Per ricordare la logica della misericordia che nasce dalla tenerezza di Dio. Gesù viene al mondo come ogni altro bambino, è piccolo e indifeso, patisce la fame e il freddo: un’immagine incredibile, che ci sorprende e che, come ha detto papa Francesco «ci provoca a pensare alla nostra vita inserita in quella di Dio», amata da Dio.
«Il Mirabile segno del presepe suscita sempre stupore e commozione – afferma Papa Francesco – pregando ai piedi del presepe si può vedere una luce di speranza nella tragedia del nostro tempo». È davvero così?
È proprio così. Mi permetto di aggiungere una testimonianza contemporanea: quegli alberi abbattuti lo scorso anno dalla tempesta Vaia, in Veneto, sono diventati non il segno della disperazione dell’uomo, ma la possibilità di ricominciare. Infatti quel legno è diventato scultura, è diventato artigianato, è diventato un presepe, che siamo onorati di ospitare qui ad Assisi, in piazza Inferiore.
La lettera passa in rassegna i vari paesaggi e segni del presepe: il cielo stellato nel buio, gli angeli, i pastori, i Re Magi… Ciascuno di questi elementi porta con sé un significato ed è un messaggio per tutti noi. Qual è il suo personaggio preferito?
Il mio personaggio preferito è il fornaio. Il Papa lo cita perché, nonostante sembri «non avere alcuna relazione con i racconti evangelici», in realtà «rappresenta la santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni». È bellissima la capacità di saper attendere del fornaio: oggi questa virtù manca, vogliamo tutto, subito e a nostra immagine e somiglianza.
Il papa ci invita a sostare in contemplazione davanti al presepe. Può essere considerato anche un aiuto alla preghiera?
Decisamente sì. Francesco d’Assisi davanti al presepe chiede e vive una delle più importanti virtù umane: «Intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato (quel Bambino) per la mancanza delle cose necessarie a un neonato».
E voi frati che presepe realizzerete ad Assisi?
Il presepe che abbiamo allestito quest’anno ci è stato donato dalla regione Veneto, proviene dalle zone devastate dalla tempesta Vaia nell’ottobre 2018. Il legno è proprio quello degli alberi – abeti rossi – abbattuti dalla furia del vento: il nostro Natale è dedicato alla cura e alla salvaguardia del Creato, per ricordare che tutti siamo responsabili di Sora Madre Terra. Siamo chiamati a proteggerla, siamo chiamati a comprendere che un cristianesimo non incarnato è solo teoria. Il presepe ci ricorda che il messaggio cristiano è evento nella storia dell’uomo, nel cuore dell’uomo.