Giovanni XXIII: un profeta attento all’umano
Nato povero, ma da onorata e umile gente, sono particolarmente lieto
di morire povero
Il 3 giugno ricorre l’anniversario della morte di Giovanni XXIII, un pontefice, un uomo, grazie al quale il mondo intero si era come improvvisamente destato e messo in cammino verso la speranza di un’umanità migliore. Proprio in quella sera quando la piazza San Pietro si riempì di persone accorse al capezzale del papa morente, tutto il mondo sembrò raccogliersi trepidante, mettendo da parte ogni differenza e divisione. Quell’uomo, nato da umile gente contadina – come volle lasciare nel suo testamento spirituale – aveva saputo, in neppure cinque anni di pontificato, raccogliere intorno a sé le concrete aspirazioni dell’umanità alla giustizia e alla pace. Forse proprio i modesti luoghi e l’ambiente umano della sua infanzia avevano segnato profondamente la sua anima, rendendolo sempre disponibile alla concretezza di linguaggio e al rapporto diretto con chiunque incontrasse, senza che il ruolo ne cambiasse il carattere semplice e aperto.
La sua attenzione si rivolse costantemente a coloro che soffrivano, dal popolo bulgaro a quello greco, presso i quali fu mandato e che seppe soccorrere con singolare premura nel momento del bisogno, fino all’intervento efficace e generoso per la salvezza di migliaia di Ebrei destinati allo sterminio. Proprio in Oriente cominciò a intessere il dialogo ecumenico, che sarebbe stato una delle splendide novità fiorite grazie al Concilio Vaticano II. Infatti seppe essere soprattutto un grande profeta, che, proprio accostandosi misericordioso all’umanità più emarginata, le indicò un vivere più giusto e più dignitoso con gesti amorevoli di padre e di pastore: rimangono indimenticabili le sue visite al carcere romano di Regina Coeli e ai bambini malati di cancro. Dimostrò nella pratica come, per lui, l’unica fonte di autorità fosse il servizio degli altri.
Con grande intuizione profetica convocò il Concilio, nella volontà di aggiornare il messaggio della Chiesa, per interpretare alla luce del Vangelo le grandi trasformazioni della società, dando all’assemblea e alla discussione una dimensione universale aperta non solo alle altre chiese, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Nello stesso tempo con le due straordinarie encicliche Mater et Magistra e Pacem in terris e con il suo intervento accorato, ma fermo – e ascoltato – durante la crisi di Cuba tra Unione Sovietica e Stati Uniti, seppe rappresentare l’unica speranza agli uomini angosciati per l’avvicinarsi di un nuovo conflitto mondiale. Dimostrò, con il suo messaggio e con i suoi gesti, di privilegiare sempre la misericordia e il dialogo, nella rinnovata consapevolezza che l’azione pastorale della Chiesa doveva rivolgersi a tutti, evitando la condanna della persona: non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante … L’errante è sempre e anzitutto un essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato come si conviene a tanta dignità.
La sua altissima lezione di coerenza evangelica è diventata il modello e il riferimento costante del pontificato di papa Francesco, ma vuole esserlo anche per la comunità parrocchiale di Vicofaro, che ha inserito il suo nome nel Giardino dei Giusti davanti alla chiesa.
Mauro Matteucci – Centro di documentazione e di progetto “don Lorenzo Milani” di Pistoia
Don Massimo Biancalani – Comunità parrocchiali di Vicofaro e di Ramini-Bonelle
Giancarlo Niccolai – Centro studi “G:Donati” di Pistoia