La scuola, la sfida educativa, la fatica e l’importanza di essere educatori oggi
Il vescovo agli insegnanti: «mi piacerebbe aprire un dialogo con voi per realizzare una specie di “alleanza educativa” che coinvolga oltre le famiglie e la scuola, anche le altre realtà formative che hanno a cuore il bene dei nostri ragazzi».
PISTOIA – «La scuola si va facendo sempre di più un vero e proprio “ospedale da campo”, secondo l’espressione usata da Papa Francesco, e diviene cruciale quindi la sua capacità di essere inclusiva e accogliente verso i bisogni che insistono sulla vita dei nostri giovani».
Sono queste le parole del Santo Padre che il Vescovo – coadiuvato dall’equipe dell’ufficio della pastorale scolastica – ha scelto per parlare agli insegnanti e a tutto l’universo della scuola in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico. La lettera che nei prossimi giorni arriverà sulle cattedre degli insegnati pistoiesi tocca tanti temi d’attualità: dall’emergenza educativa ai problemi strutturali della scuola, dal ruolo delle famiglie al senso profondo della missione dell’insegnamento e tenta di fare luce sulle difficoltà, ma anche sulle sfide e sulle responsabilità, di chi è dietro (e davanti) a una cattedra.
Una scuola che dovrebbe essere il pilastro di una società che guarda al futuro con ottimismo, e che invece si presenta fragile: «Fragilità largamente certificate – si legge nella missiva – ma ancor più non certificate, meno evidenti, più sorde e più nascoste, che rappresentano una sfida allo sguardo attento di ogni insegnante. Sono fragilità figlie di una emergenza educativa diffusa. Sono famiglie a volte troppo vicine, con genitori che finiscono per trasformarsi nei facilitatori dei loro figli rendendoli incapaci di affrontare o sopportare in autonomia qualsiasi sfida. Oppure sono famiglie troppo distanti o del tutto assenti, così che non di rado alla Scuola tocca svolgere un vero e proprio ruolo di supplenza affettiva e formativa».
Fragilità e crepe che spesso distolgono da uno dei capisaldi della missione educativa, ovvero, per citare ancora il Santo Padre, curare lo sviluppo “umano integrale”: «Fare cultura significa educare al giudizio – afferma l’ufficio scuola – e la formazione del giudizio è una delle questioni più urgenti che appaiono oggi nel mondo giovanile, unico antidoto ad atteggiamenti gregari che tolgono alla vita sapore e prospettive. “Se uno ha imparato a imparare, questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà”, come ha affermato Papa Francesco».
«L’educatore non si rassegna mai, i suoi occhi vedono oltre, vedono la vita dove non sembra ci sia, vedono la possibilità di crescere di un alunno dove tutti gli altri vedono solo disinteresse, noia, ribellione. L’idea di fondo, quanto all’aspetto pedagogico, è la centralità della persona umana. La Scuola non si limita ad erogare dei contenuti ma deve formare un cittadino. Se la Scuola è solo la somma dei contenuti erogati allora non è più comunità educante. Essa può e deve fare di più, poiché si occupa di persone che stanno costruendo (o che devono scoprire) il proprio progetto personale. Viene da chiedersi se anche la Scuola non sia coinvolta in questo silenzioso slittamento di senso e intenzionalità che alcune esperienze formative e di ricerca hanno messo in luce per le politiche giovanili degli ultimi anni».
Un ruolo difficile quello dell’insegnante che oggi si fa sempre «più incerto, insidiato, socialmente poco compreso nella sua importanza a dir poco decisiva. Il suo lavoro è posto ogni giorno sotto esame, anche se cerca di esprimere sempre competenza e talento. Agli insegnanti si chiede sempre di più, nonostante debbano fare i conti con mancanze di risorse, classi numerose e una burocrazia fine a se stessa. La realtà pone l’insegnante al confine tra le competenze e la necessità di essere assistente sociale, psicologo, missionario; mentre il suo lavoro è altro: accogliere, includere, accompagnare, ma anche affascinare e insegnare, con gli occhi fissi sul futuro dei ragazzi e sulle sfide che la vita riserverà loro».
Carissimo insegnante, tu hai tra le tue mani ogni giorno, incarnato nei corpi dei tuoi alunni, il futuro del nostro Paese e della nostra società.
Di fronte alle tante problematiche, rimane tuttavia inalterato lo spirito dell’educatore, che guarda a tempo dell’infanzia e dell’adolescenza come «un tempo vulnerabile di attesa ma anche di nuova pienezza, quello dei ragazzi. Un’età in cui si “spera di sperare”. In essa si può provare a capire che cosa resta e da dove ripartire. È una responsabilità esigente che gli insegnanti sanno affrontare al meglio».
Emerge quindi un grande rispetto e una volontà di accompagnare chi è chiamato a questo difficile compito:«La Chiesa di Pistoia è profondamente grata agli insegnanti per una cosa in particolare: perché con la loro opera, con il loro lavoro, con la loro tenacia ricordano a tutti che i giovani e i bambini di oggi non sono peggiori di quelli delle generazioni precedenti, comprendendo bene quale sia la fatica che viene richiesta agli insegnanti e non sufficientemente riconosciuta nel suo valore e nella sua importanza sociale e vuole esprimere tutta la sua ammirazione per ogni volta che ciascuno di loro riesce a trovare un equilibrio fecondo in questa realtà così complessa».
Lettera agli insegnanti della scuola di Pistoia (pdf)