LA VERITÀ CHE CI FA LIBERI

Domenica 13 maggio, Solennità dell’Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo, si celebra la 52° giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali

 

Risalgo via delle Logge, in quei primi momenti di buio in cui non si è ancora accesa la movida del centro e da dietro le finestre arrivano rintocchi di stoviglie e il borbottio della televisione accesa. Una serata tiepida dopo i primi precoci bollori di maggio. Dalle stanze più alte del convento dei domenicani scende una musica rap e il brusio di migranti. Ne escono alla spicciolata, agili e dinoccolati, da una porticina sulla strada. La musica rimbalza sulle strette sponde di via delle Logge, tra la grande e silente muraglia del monastero della Visitazione e le finestre gotiche della Chiesa di San Domenico, finché si intreccia al pianto dirotto di un bimbo.

È il pianto di un piccino, coccolato sulla terrazza del palazzo di là dal Corso, proprio in fronte a via delle Logge. Il piccolo piange mentre lo culla una suora, che dondola piano e ripete appena «shhhh»…
Il mondo è complesso, ma vale la pena viverci e raccontare che succede quando si apre alla verità della fede.
«La verità vi farà liberi. Fake news e giornalismo di pace» (Gv 8,32). È il titolo del messaggio per la 52° giornata per le comunicazioni sociali di Papa Francesco. «La verità vi farà liberi». Me lo ripeto e penso alle grate incatricchiate della Visitazione. Le monache di clausura vivono libere là dietro. La verità che rende liberi fa intuire che anche nella castità si può generare e donare la vita.

Il bambino piange tra le braccia della suora. Un altro, poco più grande, è morto qualche giorno fa. È solo un corpo ha detto qualcuno; non illudetevi per l’aspetto: il suo cervello è ormai del tutto andato. Se avesse potuto esprimersi e scegliere – altri hanno aggiunto – avrebbe scelto di porre fine alle propria «infinita agonia». La sua vita è «inutile»; ma ogni vita è un dono gli hanno replicato. Non lo si strazi, ma gli sia data la morte nel suo miglior interesse hanno sentenziato.

Che cos’è la verità? Piccoli senza voce, talora neppure in grado di piangere ce lo domandano. Uno di loro stava ancora nel grembo della mamma, che però ha fatto l’errore di passare il confine sbagliato. Un grave tumore non le ha impedito di provare il tutto per tutto per tenere unita la famiglia. È stata respinta senza troppa cortesia, ma il bambino è poi nato. È dunque più vera la convenzione per cui esiste un confine di una vita che nasce?
E quei ragazzi nelle stanze dei domenicani? Clandestini, migranti, perditempo a 35 euro il giorno o disperati in cerca di una vita differente? Invasione o esodo?

Su un gommone carico di taniche di benzina ne hanno recuperati tre. Tre fratelli e uno di loro, 14 anni, con la flebo attaccata al braccio. Sperduti tra le onde del Mediterraneo hanno sfidato l’abisso per far curare in Europa il fratello malato di leucemia. Altri, come Segen, 22 anni eritreo, non ce l’hanno fatta. Recuperato in mare in condizioni disperate è morto “di fame” lì a poco «pelle e ossa, senza un filo di adipe, con i muscoli ipotrofici».

Papa Francesco parla di una «logica del serpente», che sta dentro le false notizie, insidiosa perché dalla natura mimetica, che rende la menzogna appetibile e il messaggio convincente, seppure bacato e corruttore. Una questione apparentemente tecnica si presenta, a ben guardare, come uno dei grossi guai del nostro tempo, origine di peccato e perdizione. «Che cos’è la verità?». Chi è interessato al potere non si preoccupa della verità. Quando Gesù lascia intravedere l’inconsistenza di ogni potere mondano, allora Pilato pone l’interrogativo e la domanda resta sospesa.

Piange il bambino tra le braccia della suora. Riconosco d’un tratto quella sagoma nera, il suo dondolare lieve, l’alto e asciutto profilo. È stata la mia maestra all’asilo. Lo ricordo bene. Ci siamo rivisti dopo diversi anni, e poi accompagnati, seppure a distanza nella preghiera. Nel giorno dell’ordinazione sacerdotale ricordo che c’era anche lei. Arrivata a comunicarsi mi commosse rivederla lì, accanto ancora una volta, dopo quel tempo lontano di giochi e disegni infantili. La sua presenza riavvolgeva speditamente una vita e apriva la porta alla grazia di una comprensione migliore, alla possibilità di abbracciare nella luce di Dio i tanti momenti, più, meno, o per niente edificanti di un’esistenza. La guardo quietare quel piccino che piange.

C’è l’immagine della Chiesa in quel dolce e saldo dondolìo: immagine di una realtà viva, che genera nella castità, impara a essere libera nella clausura, profetica nella carità, luminosa nella dottrina della fede. Non c’è fake news che tenga di fronte a questo paradosso che morde la vita. «La verità – precisa il papa nel suo messaggio – ha a che fare con la vita intera». Un bambino sicuro tra le braccia di chi lo accoglie con amore conosce la verità, impara a scoprirla nell’affidabilità di chi lo sostiene e lo dondola, sperimenta la verità nella vita. Più si scopre amato crescendo e meno resta prigioniero di ferite e paure che camuffano la realtà. Colma dello Spirito Maria ha compreso che la verità si può schiudere anche dal paradosso «perché nulla è impossibile a Dio». L’uomo, afferma il papa «scopre e riscopre la verità quando la sperimenta in sé stesso come fedeltà e affidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uomo».

«Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone». Nell’incontro con l’altro il pregiudizio o la mistificazione si sciolgono. Pur aprendosi ad una realtà complessa chi crede è inserito nella luce della verità che unifica e vivifica.

L’incanto di via delle Logge si stempera all’imbocco del Corso, dove c’è il passeggio distratto e lo spazio aperto e stratificato della città. Il piccino sul terrazzo è adesso rientrato in casa. Restano la finestra aperta e la luce accesa su quell’episodio minimo e intimo di tenerezza e vita concreta. Suggerimenti chiari per chi è chiamato a testimoniare, ma anche a raccontare la verità, per «un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce».

Ugo Feraci – Ufficio Comunicazioni Sociali e Cultura