Le catechesi online del vescovo

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Una sintesi delle riflessioni quaresimali di monsignor Tardelli sul tema della sinodalità

Chiesa popolo di Dio in comunione e missione

Nella sua prima catechesi quaresimale intitolata Chiesa popolo di Dio in comunione e missione il vescovo ha sottolineato alcuni punti chiave per comprendere la sinodalità. «Il primo punto che vogliamo sottolineare – ha spiegato Tardelli – è la comunione». Il vescovo cita Gv 15, 12-17, quando Gesù dice: «Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi». Un brano – spiega – «che ci rivela chiaramente la volontà del Signore. Dio è amore, è comunità di amore e l’amore che unisce il Padre e il Figlio è l’amore che si diffonde tra i discepoli e diventa vita dei discepoli» (“Come il Padre ha amato me, – dice Gesù – così io ho amato voi”). «Sinodo – ricorda il vescovo – è comunione della Chiesa in Cristo. Una comunione che ha anche una valenza missionaria, è proposta, annuncio». Tardelli cita l’attacco della prima lettera di Giovanni, dove l’esperienza di vicinanza col Signore diventa annuncio («Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito… noi lo annunciamo anche a voi»). «Giovanni racconta un’esperienza forte del Signore che è pienezza di vita», che possiamo fare tutti noi e spinge all’annuncio. «L’annuncio è il traboccare della vita nel cuore del discepolo, è il dono ricevuto che diventa dono anche per gli altri».

Sinodalità

Nella sua seconda catechesi il vescovo ha proposto una riflessione sul tema “sinodalità”. Il suo intervento ha preso spunto dal ricordo del primo sinodo della Chiesa, il cosiddetto Concilio di Gerusalemme (Atti 15), in cui i discepoli si distaccano dalle tradizioni ebraiche come la circoncisione. Nella “lettera circolare” che chiude quel sinodo si usa una formula importante: «lo Spirito Santo e noi»: gli apostoli cioè, hanno scoperto che lo Spirito accompagna i discepoli di Cristo; «Questo è il modo di agire di Dio nella storia». Parlare di Sinodo è possibile a partire da questa esperienza fondativa che, in nuce, evidenzia e consegna già uno stile. Sono tre, in questo senso, gli atteggiamenti fondamentali da custodire. «Il primo è la consapevolezza che non esiste un cristiano “fai da te”; non esiste un cristiano individualista. Strutturalmente il cristiano è legato agli altri: è membro di un corpo». «Il secondo atteggiamento – ha continuato il vescovo – è la disposizione dell’animo a scoprire insieme quello che suggerisce lo Spirito Santo. Così è possibile sentirsi alla ricerca di quello che lo Spirito Santo vuole da noi». «Il terzo atteggiamento – ha concluso — è quello della pazienza. Bisogna attendersi, darsi una mano. “Tutto e subito” non è una risposta alle esigenze della Chiesa. È la pazienza che dà coraggio anche di affrontare le soluzioni difficili».

La corresponsabilità dei laici e la ministerialità

«Nella Chiesa tutti hanno un dono da mettere in comune». Nella sua terza catechesi online il vescovo ha parlato di carismi e ministeri. «Ministeri: doni stabili per il servizio alla comunità per il mondo; Carismi: doni speciali, particolari, ma sempre per il bene comune ». Per illustrare questa caratteristica il vescovo ha preso spunto da alcuni brani in cui San Paolo (1Cor 12 e 13) presenta l’immagine della Chiesa come un corpo composto da diverse membra. «Questa diversità non è solo sociologica, ma assume il carattere di un dono, di un carisma» e chiede di saper riconoscere, accogliere, valorizzare le diversità come doni. Questa riflessione sulla Chiesa tutta ministeriale può essere sviluppata in tre aspetti. «Il primo — spiega il vescovo — è che il corpo ha una …testa. La testa, il capo del corpo è Gesù Cristo. Su di lui si costruisce l’unità». Le seconda è che ognuno deve sentirsi importante per gli altri. «Nessuno si può sentire inutile o scartato». «Tutti abbiamo bisogno di fare in modo che nessuno si senta escluso». Il terzo aspetto è che ognuno non può non sentirsi bisognoso degli altri. «Non possiamo fare tutto da soli, (…) in questo senso siamo un po’ tutti dei mendicanti».

Il discernimento dei tempi

Nel quarto appuntamento il vescovo ha parlato del “discernimento dei segni dei tempi”, «un’espressione che, sintetizzando, vuol dire: cercare di capire quello che il Signore vuole da noi nel tempo che stiamo vivendo». «Anche nelle vicende più buie della storia — ha affermato Tardelli— si possono discernere i segni di Dio». «Gli eventi personali, ciò che accade nel mondo… tutto contiene un messaggio da parte di Dio» e rientra «misteriosamente in un disegno da capire, interpretare»; un aspetto che «è anche una sfida al nostro credere». «Alcuni eventi speciali che hanno particolare rilevanza per noi e il mondo sono i segni dei tempi; che spesso sono inviti alla conversione». «Anche la terribile realtà della guerra diventa per noi invito alla conversione. Altre volte i segni dei tempi ci invitano a considerare fatti ed eventi che ci riportano in evidenza qualcosa che avevamo dimenticato». Altre volte si tratta di «cose belle da cogliere e valorizzare». «Il discernimento dei segni dei tempi — ha concluso Tardelli — non è mai e non può essere mai l’opera di un singolo individuo, è qualcosa che è affidato alla Chiesa, alla comunità, all’insieme dei doni e dei carismi». «Cogliere insieme quello che lo Spirito dice alla Chiesa oggi è fondamentale per il cammino sinodale della chiesa, anche della nostra chiesa locale».