NEL RICORDO DI DON TONINO PER DIVENTARE «UNA CHIESA COL GREMBIULE»
Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio, racconta don Tonino Bello
Papa Francesco si è recato in visita ad Alessano e Molfetta in ricordo del servo di Dio Don Tonino Bello per il 25esimo anniversario della morte. Per l’occasione abbiamo voluto incontrare il vescovo di Cassano allo Jonio Mons. Francesco Savino per parlare di questo importante evento e riscoprire il carisma di Don Tonino Bello.
Eccellenza, mi è capitato di leggere un suo scritto dove sottolineava questo aspetto: «Nessuno si aspetti di trovare in Don Tonino qualche segno dei talenti soprannaturali di un oracolo: rimarrà deluso dal Tonino che si incontrava dal barbiere, oppure si incrociava in giro con la sua utilitaria o a piedi per le vie del paese». Cosa le è rimasto più impresso di questo suo vivere nella normalità di tutti i giorni in mezzo alla gente?
La grandezza di don Tonino consisteva nel vivere le relazioni sempre in modo bello, positivo, costruttivo. Era un “volto rivolto”. Faceva del volto dell’altro l’epifania del mistero della vita. Non era prigioniero del suo ruolo, era innamorato di Gesù e vedeva Gesù nell’incontro con l’altro, specialmente quando l’altro si manifestava nella fragilità, nell’impoverimento, nella problematicità. Non cedeva mai alla tentazione della disperazione e dello sconforto. Anche nei suoi ultimi giorni di vita, il suo volto consumato irradiava luce. Era trasfigurato dall’incontro con Cristo, innamorato di Gesù risorto. Ogni persona che incontrava lo avvertiva e veniva “contagiato”.
Come ha conosciuto don Tonino? Quando è stato importante per la sua vita e il suo ministero?
Don Tonino è stato vescovo della diocesi di Molfetta-Giovinazzo-Terlizzi-Ruvo di Puglia, località assai vicine a Bitonto, la città dove vivevo, che è di un’altra diocesi. Da giovane prete avevo sentito parlare di lui e spesso andavo alle sue catechesi con alcuni giovani; poi l’ho incontrato, mi sono avvicinato a lui, gli sono stato accanto quanto potevo. Don Tonino ha contribuito ad alimentare, nei miei anni giovanili, la passione per il Vangelo, l’entusiasmo e la gioia. Sono stato attratto dall’intensità del suo rapporto con Cristo che viveva da innamorato. Egli ha sostenuto ed incoraggiato i miei primi passi di ministero sacerdotale.
Quando ho ricevuto la consacrazione episcopale, ho preso don Tonino come punto di riferimento. Egli mi aveva regalato il diario di Oscar Romero con una dedica brevissima che dice: «a don Ciccio… un vescovo fatto popolo». Quel dono, per la definizione che richiama sul vescovo Romero, è per me una specie di vademecum.
Ha avuto occasione di definire don Tonino un «profeta della vita» il «Vescovo col grembiule»: da dove nascono queste definizioni?
«Profeta della vita» per tre motivi: perché “visse dentro”, fu un grande contemplativo, un uomo spirituale; “vide insieme”, e fu quindi uomo di grande comunione, che per lui non era omologazione e appiattimento, ma convivialità delle differenze; «profeta della vita» perché “vide oltre”. Il suo sguardo configurato a Cristo gli consentiva di abitare il dolore, la sofferenza; sapeva sempre stare dentro le piaghe della storia e andare oltre. Visse dentro, vide con, vide oltre: per questo per me è stato un profeta. Riconduceva ogni esperienza alla contemplazione e, al tempo stesso, ciò che contemplava era vita. È stato profeta della vita perché don Tonino non fuggiva mai dalla vita, la viveva a pieno, dava sempre alla vita – mi vengono in mente, ad esempio le lettere che scrisse al fratello carcerato, al fratello marocchino – un orizzonte di senso.
Venerdì 20 aprile Papa Francesco si è recato ad Alessano in Puglia per visitare la tomba del servo di Dio Don Tonino Bello. Cosa pensa di questo atto di affetto del papa verso Don Tonino?
Papa Francesco in Puglia, sui luoghi di Ton Tonino, ha recato il lieto annuncio del messaggero del Signore e richiamato la memoria della cara esistenza di un vescovo che vive in eterno. Io sono stato a Molfetta come nel giorno del suo funerale, quando fui sopraffatto dalle lacrime, come tanti: una folla numerosissima piangeva la perdita un fratello maggiore. Eppure venivano in mente a tutti le parole che spesso don Tonino ripeteva quando ci vedeva smarriti: «La notte è buia… ma osiamo l’aurora!”.
Nel pontificato di Papa Francesco possiamo forse riconoscere dei tratti tipici di Don Tonino..
Io penso che l’episcopato di don Tonino abbia molte affinità con il pontificato di Francesco. Chiesa con il grembiule che serve e non si serve dei poveri, senza escludere nessuno, Chiesa in uscita e ospedale da campo, Chiesa che fa degli scartati le sue pietre angolari sono alcune delle espressioni comuni ai due. Quello che li accomuna mi pare sia soprattutto la dimensione contemplativa. Tra papa Francesco e don Tonino ci sono affinità nello stile pastorale, nella teologia, nella sensibilità. Appartengono entrambi alla stagione ecclesiale del Concilio Vaticano II.
Forse si possono definire entrambi profeti di questo tempo: profeti di pace e misericordia..
Indubbiamente sì. Don Tonino Bello ha manifestato la sua dimensione profetica. Fuggiva dai riflettori, fuggiva il consenso. Oggi tutti parlano di lui, ma è stato segno di rottura con i poteri forti. Sulla pace è stato anche incompreso. Don Tonino ci ha educato a maturare una coscienza di pace e uno stile di mitezza. Era davvero un mite che ha vissuto la pace come segno pasquale. “Pace” è, infatti, la prima parola del Risorto quando si ferma in mezzo ai discepoli.
Sono molti gli scritti che racchiudono il cuore e l’anima di Don Tonino Bello: può suggerirne qualcuno a chi intendesse conoscere questa figura?
Il modo migliore per conoscere don Tonino è leggere per intero l’opera omnia. Tutti i suoi scritti sono ricchissimi: mi viene in mente il suo libro sulla Madonna, donna del terzo giorno, ma consiglio di leggere anche le sue riflessioni sulla politica in Mistica arte. Lettere sulla politica, La meridiana. Egli definiva la politica come “mistica arte” senza separarla dalla spiritualità, perché ogni agire politico fosse finalizzato al bene comune fuori dalle logiche di tornaconto personale.
La sua causa di beatificazione si avvia alla conclusione?
Non conosco il punto dell’iter. Sappiamo tutti che il postulatore è morto improvvisamente qualche anno fa. Ma sono convinto che, per papa Francesco, don Tonino sia già santo e che la Chiesa presto lo riconoscerà tale. Dal “Diario di un curato di campagna” di Bernanos riprendo l’espressione conclusiva: «tutto è grazia». Ecco, don Tonino per me è stato ed è una grazia.
Daniela Raspollini