«Pistoia, è tempo di alzarsi»

Un evento storico. Nella Cattedrale di San Zeno celebrata la solenne Messa di apertura.

«Con il Sinodo diocesano – afferma il vescovo Tardelli nell’omelia – Dio ci dice di alzarci, di risorgere a vita nuova, di intraprendere con coraggio la vita nella testimonianza del suo amore»

 

«“Lazzaro, vieni fuori!” Il grido a gran voce di Gesù squarcia le tenebre della morte e preannuncia la Pasqua».

Nell’omelia per l’apertura del Sinodo Diocesano il vescovo Tardelli ha richiamato a tutti il grido di Gesù all’amico Lazzaro. Un grido che idealmente, in quest’ora storica, possiamo sentire rivolto all’intera Chiesa diocesana.

«Il grido di Gesù, carissimi amici e fratelli, – ha affermato il vescovo – questa sera è rivolto a ciascuno di noi e alla nostra chiesa.

Gesù ci vede bisognosi di salvezza. Bisognosi di uscire fuori dalle nostre paure e chiusure. Con il sinodo Diocesano, ci dice di alzarci, di risorgere a vita nuova, di intraprendere con coraggio la vita nella testimonianza del suo amore».

Il Sinodo diocesano è un atto d’amore del Padre per la nostra Chiesa. Un atto d’amore di Dio Padre per mezzo del Figlio unigenito, mediante una speciale effusione dello Spirito Santo. E’ un dono d’amore innanzitutto perché ci riunisce insieme, noi così tante volte dispersi e frantumati; perchè ci fa essere un corpo solo che voi sinodali ben rappresentate, investiti stasera dal soffio dello Spirito, per vivere giorni indimenticabili di unità e di speranza; è un dono d’amore perché ci insegna ad essere una chiesa sinodale che cammina insieme e insieme testimonia l’amore del Signore. E’ un dono d’amore, inoltre, perché ci invita a guardare avanti, verso gli altri, verso tutti gli uomini e le donne del nostro tempo e dei nostri territori, ai quali siamo inviati come debitori di amore e come testimoni che rispondono alle attese di Vangelo presenti nel cuore di tutti e della società. Ma questo Sinodo è un dono d’amore di Dio anche per la nostra terra e per i suoi abitanti che possono incontrare una Chiesa rinnovata, amica e più disponibile al servizio del Vangelo e quindi risorsa importante per il bene stesso di tutti».

Monsignor Tardelli ha poi evidenziato il passaggio del Vangelo di Giovanni in cui Gesù piange sull’amico Lazzaro e sul dolore dei presenti. Un pianto di compassione, ma anche un pianto sul nostro peccato.

«Questa sera, allora, carissimi amici dobbiamo sapere che il Signore Gesù piange anche sulla nostra Chiesa, su di noi, perché ci vede spesso morti o feriti mortalmente. A lui sono noti tutti i nostri peccati; Egli conosce le nostre divisioni, le nostre faziosità, le gelosie, le invidie; conosce i nostri tradimenti, le inadempienze della nostra Chiesa; vede e conosce tutte le fragilità delle nostre parrocchie, la povertà della nostra fede, il nostro poco entusiasmo nell’annunciare il vangelo, la chiusura del cuore e della mente nei confronti dei fratelli e sorelle del mondo. Vede tutte le rughe della nostra Chiesa e piange. Il pianto sull’amico Lazzaro è stasera il pianto di Cristo anche su di noi, morti a causa delle nostre infedeltà. Ma è proprio per questo che Egli ci convoca in Sinodo: perchè riconosciamo i nostri mali, li confessiamo e per essere da Lui perdonati e riprendere il cammino in novità di vita. E celebrando il nostro sinodo, noi sentiamo le lacrime di Cristo scorrere su di noi, per farci pentire dei nostri peccati e purificarci, lavandoci dalle nostre sozzure».

Un’ultima considerazione ha toccato il tema dell’amicizia, che rimanda alle risorse, ai doni presenti nelle comunità e nelle diverse realtà diocesane.

«Sì, spesso siamo stati ingrati e peccatori. Ma ciò non toglie che dobbiamo riconoscere anche tutte le cose buone che ci sono in mezzo a noi, nelle nostre parrocchie, nelle nostre varie realtà, dono premuroso dello Spirito Santo. E un Sinodo si fa anche per rendere grazie a Dio di quanto Egli ha fatto per noi, perché Egli ci ha condotto e continua a soffiare nelle ali della nostra vita e della nostra Chiesa perchè siamo testimoni coraggiosi e fedeli del suo amore».

«E’ proprio in questa scia di bene e di doni – ha concluso il vescovo – che si inserisce il nostro Sinodo, tenerezza dello Spirito, consolazione del suo soffio vitale. Siamone riconoscenti e viviamo questo sinodo che iniziamo oggi e che chiuderemo, a Dio piacendo l’anno prossimo, con impegno ma soprattutto con gratitudine. Ne usciremo una Chiesa più sinodale, che cammina insieme e che, insieme, si fa attenta alle attese, alle gioie e alle angosce, alle sofferenze e alle speranze delle persone in mezzo alle quali vive».

In occasione della celebrazione di apertura il vescovo ha consegnato ai padri e alle madri sinodali presenti l’instrumentum laboris, lo strumento di lavoro che servirà da testo base per i dibattimenti. Il frutto dei tanti momenti di incontro e ascolto svolti nelle parrocchie e nelle diverse realtà diocesane.

«Nell’ampia consultazione che ha preceduto questa prima sessione del Sinodo diocesano e che in parte ha trovato sintesi nello Strumento di Lavoro che oggi vi viene messo tra le mani come base del lavoro sinodale, sono emersi alcuni bisogni, alcune attese, alcune importanti aspettative dentro il cuore delle persone. Riconosciamo in tutto questo la voce dello Spirito. Attraverso i lavori sinodali questa voce si farà più chiara e capiremo ciò che lo Spirito dice alla nostra Chiesa, quelle che sono le sfide principali da affrontare per essere Chiesa fra la gente, ospedale da campo, tenda della fraternità che fa respirare già fin d’ora pezzi di cielo».

(foto di Ilaria Giusti)