Ai giovani pellegrini toscani in cammino verso Roma – Chiesa di San Francesco (10 agosto 2018)
Benvenuti, carissimi giovani.
Se non son mille, certo son molte e diverse le strade da cui venite. Avete camminato e faticato, in questi giorni caldissimi. Avete incontrato e ammirato, avete conosciuto e vi siete conosciuti, avete trovato ospitalità e al tempo stesso avete trasmesso gioia e voglia di vivere. Siete venuti da diversi luoghi della toscana e oltre. In questi stessi momenti, molti altri giovani da ogni parte d’Italia sono in cammino verso Roma.
Ora siete qui, ma la meta non è ancora raggiunta. Siamo infatti diretti appunto a Roma, presso la tomba dell’apostolo Pietro, per stringerci attorno al Papa Francesco; non tanto per vedere un uomo, quanto, riconoscendo il lui il successore dell’apostolo Pietro che il Signore ha messo a capo della sua chiesa, per essere confermati nella nostra fede. Ma la nostra vera meta non è nemmeno Roma, bensì Gesù Cristo. Noi siamo in cammino, carissimi giovani, verso Cristo, per essere afferrati e conquistati da Lui e gettare tutta la nostra vita in Lui, con Lui e per Lui, accettando la sfida di realizzare un mondo nuovo, migliore di quello che conosciamo, dove ci siano sempre meno guerre e odio, dove abiti giustizia e verità e che si apra senza paura al Dio dell’amore che Gesù ci ha rivelato. Il Papa Francesco vi ha invitato a ripensare la vostra vita, a fare discernimento, cioè a comprendere la chiamata che Dio vi fa. Ognuno infatti ha una chiamata da Dio, non è venuto al mondo per caso. Ognuno di noi è chiamato in modi diversi e originali, alla santità che è la pienezza dell’amore.
Oggi qui facciamo solo una sosta. Una sosta importante; non a caso a Pistoia, perché la cattedrale di questa città custodisce da tanti secoli, dal 1145 per la precisione, una reliquia dell’apostolo Giacomo, ricevuta direttamente da Santiago di Compostela, dove sono i resti mortali dell’apostolo Giacomo. Pistoia, chiamata la Santiago minor, custodisce la memoria preziosa di un grande apostolo, e per questo motivo è stata meta di pellegrinaggio, punto di partenza per il cammino; sosta di passaggio per raggiungere Roma, oppure la stessa Santiago.
Jacopo o Giacomo, grande testimone del vangelo, fu ucciso, primo fra gli apostoli, dal re Erode Agrippa a Gerusalemme poco dopo l’anno 40 dell’era cristiana. Detto «il maggiore», era fratello di Giovanni l’evangelista, col quale fu chiamato fra i primi discepoli da Gesù e fu sollecito a seguirlo. Gesù disse di lui che avrebbe «bevuto con lui il calice del sacrificio», cosa che in effetti si realizzò, quando Giacomo fu fatto decapitare da Erode Agrippa I.
Oggi la chiesa ricorda anche un altro grande testimone del vangelo: il giovane Lorenzo, diacono della chiesa romana. Era l’anno 258. A Roma il potere stava saldamente nelle mani dell’imperatore Valeriano che scatenò una delle ricorrenti e terribili persecuzioni nei confronti dei cristiani. Papa Sisto II subì il martirio con quattro diaconi il 6 di agosto, mentre si trovava nella zona del cimitero. Lorenzo era per l’appunto un altro dei diaconi di Papa Sisto II ma non fu ucciso subito, il 6 di agosto, insieme al Papa. Molto probabilmente, amministrando lui i beni della chiesa a favore dei poveri, le autorità romane pensarono di tenerlo in vita finché non avesse consegnato i beni della chiesa. Quando poi videro che Lorenzo non cedeva perché i beni della chiesa erano dei poveri e ai poveri erano stati tutti distribuiti, uccisero anche lui, il 10 agosto…. E la tradizione popolare dice che in quella notte cadono le stelle per ricordare le gocce di sangue che sprizzarono dal suo martirio o anche le scintille del fuoco della graticola sulla quale sarebbe stato posto.
Allora, carissimi giovani, sull’esempio dell’apostolo Giacomo e del giovane Lorenzo, sollecitati dal successore di San Pietro, il Papa Francesco, continuiamo a camminare. Questo il proposito, questo l’impegno. Il cammino è segno della vita, di quel cammino che ognuno è chiamato a compiere attraverso il tempo. Camminare esprime il desiderio e la voglia di realizzare qualcosa che valga per davvero, di dare un senso pieno alla propria esistenza. Il cammino della vita, lo sappiamo, spesso è pieno di incertezze, di cadute, di ripensamenti; spesso ci si ferisce e si rimane ammaccati. A volte è fatto di amarezze, di speranze deluse, di solitudini e tormenti. Non sempre è facile e a volte verrebbe anche la tentazione di fermarsi, stanchi e sconfortati. Ma no. Voi, in questi giorni, con il vostro camminare pronunziate una parola di speranza: state dicendo che la vita va vissuta, che la vita è comunque bella; che non ci si può arrendere nel pianto, ma ci si deve rialzare e riprovare sempre. Perché non c’è sconfitta che ci possa abbattere definitivamente; non c’è contrarietà o difficoltà che ci possa o ci debba fermare. La memoria di San Jacopo, oggi di San Lorenzo, ci fa capire che agli occhi di Dio non conta il successo delle nostre imprese e che non ci si deve impressionare se a volte può sembrare tutto inutile e l’impegno non portare frutto perché gli ostacoli sono troppo grandi e numerosi. Il martire, come Giacomo, come Lorenzo, all’apparenza furono degli sconfitti – chi è più sconfitto infatti di colui al quale è tolta la vita? – In realtà è proprio il testimone di Gesù che vince, e lascia una profonda traccia di bene nel mondo. Perché, come ci ha detto il vangelo “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.”
Ancora un’ultima cosa vorrei cogliere dalla figura di San Lorenzo: il suo amore per i poveri, la sua dedizione alle necessità dei bisognosi. La prima lettura di questa S. Messa tratta da San Paolo ai Corinzi ha sottolineato proprio questo aspetto fondamentale di San Lorenzo. San Paolo ci ha invitato ad essere generosi; a donare con gioia a chi è nel bisogno, perché Dio ama chi dona con gioia. Anche la figura di San Jacopo è da secoli legata al sorgere di luoghi di accoglienza, ospitalità, veri e propri ospedali.
E allora carissimi amici, continuiamo a camminare dietro al Signore, sulle orme dei santi, imparando a servire e ad amare come Lui. Pur nella nostra piccolezza, sentiamoci strumenti nelle mani di Dio per andare incontro alle necessità e i bisogni materiali e spirituali degli altri. Non ci è permesso voltarci dall’altra parte! Non ci è permesso farci prendere da quella che Papa Francesco ha più volte stigmatizzato, come la globalizzazione dell’indifferenza. Le persone che attendono, che hanno bisogno di una mano amica e fraterna, addirittura in certi casi solo per sopravvivere, sono molte. Qui da noi e nel mondo. Dovunque ci sono mani tese a cercare un conforto, un sostegno, la restituzione di una dignità, la liberazione dal male e dal maligno; protese a cercare giustizia e pace; a cercare vita; a cercare Dio, perché, come ha detto Gesù, “non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Cosa può fare ognuno di noi? Non lo so. Ognuno se lo deve chiedere nel fondo della propria coscienza. Ognuno di noi può e deve fare qualcosa. Siate dunque disponibili e pronti.
E allora, oggi pomeriggio, quando passerete davanti a quel frammento del corpo di San Jacopo, qui venerato da secoli, vi invito a chiedere a questo nostro fratello maggiore, tre semplici ma grandi cose: una fede forte, coraggiosa e gioiosa, da veri innamorati di Cristo; un cuore aperto e generoso che vede, sente e opera per il bene degli altri; infine la saggezza del discernimento, per scoprire quale sia il vostro posto nel mondo secondo la vocazione che Dio vi ha dato.
+ Fausto Tardelli,
Pistoia, 10 agosto 2018
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