Apertura diocesana del Giubileo
(Pistoia, Cattedrale di San Zeno, 29 dicembre 2024)
Abbiamo compiuto, seppur poco più che simbolico, un pellegrinaggio a questa Cattedrale. Segno tipico del Giubileo che ci ricorda che siamo tutti in cammino nella nostra vita, verso la patria del cielo che è la meta. Un segno che ci ricorda anche che in questo cammino non siamo soli ma insieme agli altri nella comunità cristiana, anche se resta un cammino personalissimo di ciascuno. Muoversi in pellegrinaggio significa inoltrerendersi disponibili ad un processo di conversione che ci conduca a lasciare ogni cosa inutile nella nostra vita, sbagliata o negativa, accettando la scomodità del muoversi dal proprio comodo guscio che ognuno si costruisce pian piano, per andare verso Dio e verso gli altri.
Il Giubileo del 2025 – Giubileo della Speranza –serve a domandarci se siamo uomini e donne di speranza. Se davvero il Signore Gesù, morto e risorto, rappresenta per noi la Speranza che non delude, la speranza su cui si fonda la nostra vita e senza della quale non possiamo né credere veramente né amare veramente, inscindibile trinomio della vita cristiana. Esso serve aritrovare la Speranza perché sia forte contro ogni delusione che ci possa tentare. Oltre a questo, l’anno giubilare che stasera iniziamo, ci spinge ad essere in mezzo ai nostri fratelli e sorelle, seminatori di speranza, in particolare in quei luoghi dove si soffre per la povertà, l’umiliazione, il degrado sociale, l’ingiustizia e il male morale proprio e altrui; pronti a cogliere e valorizzare dovunque essi siano, quei germi di speranza che lo Spirito Santo suscita nel cuore degli uomini.
Non credo che occorra spendere molte parole per dire quanto il nostro mondo e le persone abbiano bisogno di una Speranza che non deluda, soffrendo a causa di speranze corte, illusorie e infrante. La situazione attuale di un mondo senza pace e di una società violenta mette in seria crisi la speranza. E quando la speranza muore, il cielo si fa davvero buio e nella vita cala la notte, mentre prendono campo i démoni della disperazione e della rabbia.
Il pellegrinaggio a Roma durante tutto l’anno o alla Cattedrale nei mesi di maggio e giugno prossimi, come al santuario della Madonna dell’umiltà a Pistoia o a quello della Madonna delle grazie in Valdibrana si unisce al pellegrinaggio che, spiritualmente o materialmente dovremo compiere attraverso le opere di misericordia verso il prossimo, in specie i più bisognosi.
Attraverso il pellegrinaggio, la confessione sacramentale, l’indulgenza plenaria e le opere di misericordia, avremo occasioni per convertirci, per diventare cioè sempre di più uomini e donne di speranza che con la loro vita la seminano in questo mondo. È il frutto spirituale che attendiamo dal Giubileo.
Vorrei ora richiamare brevemente alcune parti della Bolla papale “Spes non confundit” di Papa Francesco il cui incipit abbiamo ascoltato in san Bartolomeo e che comunque invito a leggere per intero personalmente.
Dice il Santo Padre: «Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre… È necessario, quindi, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza.
Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza.
Il primo segno di speranza si traduca in pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra. Immemore dei drammi del passato, l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza…
Guardare al futuro con speranza equivale poi anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere. Purtroppo, dobbiamo constatare con tristezza che in tante situazioni tale prospettiva viene a mancare. …Ma il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro ad ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza.
Nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza, inoltre, per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti nelle carceri e agli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale. Le loro sofferenze possano trovare sollievo nella vicinanza di persone che li visitano e nell’affetto che ricevono.
Di segni di speranza hanno bisogno anche coloro che in sé stessi la rappresentano: i giovani. Essi, purtroppo, vedono spesso crollare i loro sogni. Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire.
Non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti, che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie.
… come pure nei riguardi di tanti esuli, profughi e rifugiati, che le controverse vicende internazionali obbligano a fuggire per evitare guerre, violenze e discriminazioni.
Segni di speranza meritano gli anziani, che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono.
…Un pensiero particolare rivolgo ai nonni e alle nonne, che rappresentano la trasmissione della fede e della saggezza di vita alle generazioni più giovani.
Speranza invoco in modo accorato per i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere. Di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi. Ma non possiamo distogliere lo sguardo da situazioni tanto drammatiche, che si riscontrano ormai ovunque, non soltanto in determinate aree del mondo».
Ecco, fin qui, in estrema sintesi, alcune considerazioni di Papa Francesco che mi è parso utile richiamare, prima di concludere con un richiamo alla festa liturgica odierna.
La festa della Santa famiglia di Nazaret che si celebra oggi ci invita a vedere proprio nella famiglia un segno grande di speranza. L’amore che unisce un uomo e una donna e li spinge a formare una famiglia si nutre di speranza. Su di essa si fonda la convivenza e il cammino che si fa insieme. Per la famiglia di Nazaret, ciò che cementa l’unione e ne da il senso è appunto la speranza che la parola di Dio ha suscitato in essi, la fondata speranza nel compimento del disegno di Dio promesso e atteso. Così come l’apertura alla vita non è che un investimento nella speranza: i figli sono generati e crescono nella speranza appunto che possano gustare in pienezza la vita ed essere felici.
Nella santa famiglia di Nazaret, il figlio Gesù è il salvatore del mondo ed è lui la speranza stessa per tutta l’umanità. Proteggerlo, custodirlo, farlo crescere per Maria e Giuseppe ha significato investire sulla speranza che non delude.
Ecco allora, mi sento di invocarla questa Santa Famiglia: Santa Famiglia di Nazaret, aiutateci! Gesù, Giuseppe e Maria, fate che questo anno santo sia per noi e per tutta la chiesa anno di grazia e di profondo rinnovamento spirituale. Sostenete le nostre famiglie perché siano luoghi di amore vero e di incrollabile speranza. Aiutateci a portare speranza dove essa è morta o è in crisi.