Centenario della morte della Beata Caiani (8 agosto 2020)

Omelia per il centenario del Dies Natalis della Beata Caiani

Poggio a Caiano – Casa Madre delle Suore Minime – 8 agosto 2020

 

Mons. Mazzanti, mio predecessore sulla Cattedra di San Zeno, fu davvero guidato dallo Spirito Santo quando, agli inizi del novecento, vide in questa giovane donna di cui oggi iniziamo la celebrazione del centenario della morte, un virgulto bello del giardino di Dio. Con il riconoscimento dato da lui, nel 1902 Margherita Maria – così si volle chiamare – prese l’abito religioso insieme ad alcune su compagne e iniziò un’avventura stupenda di dedizione e di amore che ha portato ad una meravigliosa fioritura di bene per la diocesi pistoiese, la chiesa universale, il mondo intero.

Voglio dirvi subito la mia grandissima gioia nel contemplare questo bel fiore della nostra chiesa locale. Quando una chiesa produce dei santi, ecco, quella chiesa ha compiuto davvero la sua missione, davvero giustifica la sua presenza nel mondo. Anzi, direi che sta proprio in questo la verifica della sua fecondità. Non in opere particolari, non in imprese straordinarie, non in una organizzazione perfetta o nel suo essere aggiornata coi tempi; non ancora quando diventa una ong o un agente sociale. Nel “produrre dei santi”, sta piuttosto la fecondità di una chiesa. Nel far nascere e crescere uomini e donne che sanno fare sintesi in se stessi della forza della grazia di Dio e della umanità, comprensiva di tutta la sua fragilità e debolezza. Uomini e donne che sanno essere lievito e fermento dentro la pasta del mondo; uomini e donne che dovunque si trovino, qualsiasi mansione svolgano, qualsiasi compito si trovino ad assolvere, dal più umile al più alto, vivono del Vangelo, riposano in Dio e hanno il cuore grande come quello di Dio per amare.

Per questi motivi, sono davvero pieno di gioia nel contemplare la figura di questa santa donna, fiore bellissimo della nostra Chiesa. Un fiore che comunque come chiesa diocesana dobbiamo imparare ad apprezzare ancora di più, valorizzandolo, prendendo spunto dalla testimonianza della Madre.

 

Le letture bibliche che abbiamo ascoltato, tratteggiamo magnificamente il carisma della Caiani e quindi direi anche delle sue figlie che oggi continuano la sua opera e che non possono non trarre ispirazione proprio dalla figura della fondatrice.

Partirei proprio dalla pagina evangelica, dall’episodio cioè della cena di Gesù a casa dei suoi amici a Betania, Lazzaro, Marta e Maria. Il brano evangelico sembra porre una contraddizione tra l’opera di Marta e quella di Maria. Contiene anche un dolce rimprovero di Gesù nei confronti di Marta. Ad una lettura superficiale, la contrapposizione sembra esserci tra l’attivismo di Marta per accogliere un ospite così importante come Gesù e la contemplazione di Maria che, come un vero discepolo, sta a i piedi del Maestro per nutrirsi di lui e della sua parola. In realtà non c’è contrapposizione, come afferma Sant’Agostino in un mirabile commento a questo brano evangelico. Il servizio di Marta è necessario ma ha come fine e come motivo, ciò che Maria testimonia. Contemplazione e azione sono dunque due facce inscindibili della stessa medaglia e ogni azione è destinata a compiersi in quella attiva contemplazione che sarà la gioia piena del Paradiso.

La Madre Caiani questa cosa l’ha capita perfettamente e se c’è una cosa che balza agli occhi immediatamente, conoscendo la sua vita e i suoi intendimenti, è proprio l’aver fondato tutta la sua esistenza tutta la sua azione, veramente infaticabile azione, nella contemplazione del Signore, in particolare dell’amore misericordioso di Dio, espresso mirabilmente nel Sacro cuore di Gesù. Al Sacro Cuore volle dedicare la sua vita e mai smise di contemplare nella preghiera e nell’adorazione, l’amore infinito di Dio manifestatosi nel cuore trafitto di Cristo sulla Croce. Al Sacro Cuore volle legare la sua Congregazione e questo radicamento della vita in Dio, a me pare il primo fondamentale messaggio che ci viene da lei.

Il secondo tratto del carisma della Caiani è certamente ben espresso dalla prima e dalla seconda lettura: l’umile vita di servizio al prossimo; la dedizione senza prosopopea agli ultimi; la prontezza alla missione; l’amorevole predisposizione verso le sorelle nella carità. Una carità a tutta prova che si esercita prima di tutto tra i fratelli e sorelle che condividono la vita religiosa e che si estende poi con amorevolezza infinita a tutti i bisognosi.

“Rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie!”. Queste parole di San Paolo si adattano perfettamente alla Madre. Esprimono la sua vita. Sono state da lei incarnate nel vivere quotidianamente i rapporti con le sorelle e con gli altri in genere. La carità non era in lei primariamente un’opera, bensì un’attitudine profonda del cuore, di tutta la persona. Non faceva opere di carità. Era piuttosto una donna di carità, fatta carità e per questo attenta ai bisogni degli altri, pronta anche a orientare in diverso modo la sua attività come quella delle sorelle, secondo le necessità e i bisogni.

Così ben di attaglia alla sua figura quanto il profeta Isaia ha affermato come il pensiero stesso di Dio: “questo è il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?” Da un cuore pieno di carità attinta dalla Grazia di Dio a una carità fattiva, concreta, operosa.

Anche in questo dobbiamo prendere ispirazione della Madre: per essere anche noi oggi, particolarmente in questo momento cruciale del mondo, attenti, attentissimi a cogliere i bisogni degli altri; capaci anche di inventare cose nuove, sulla scia del carisma. Questa è anche una sfida per la comunità religiosa che da lei ha preso vita. Per voi carissime sorelle. Occorre imparare a cogliere le necessità del momento presente, anche le più umili e all’apparenza non “alla moda”, per provare a inventare risposte. Oltre la paura per la pochezza delle forze o le fragilità personali. Non cedendo mai al lamento ma operando con quell’entusiasmo e quella fantasia necessarie alla carità. Senza dimenticare però che l’importante non è tanto fare e compire imprese, quanto piuttosto essere uomini e donne di carità. Senza dimenticare che questa stessa carità va esercitata innanzitutto all’interno della nostre comunità, parrocchie, movimenti e Congregazioni religiose.

Un’ultima cosa vorrei infine sottolineare. Mi sembra particolarmente bella. Il fatto cioè che siamo qui ad ammirare, contemplare e ascoltare una donna. L’essere donna della Caiani è una testimonianza speciale del carisma femminile. Una donna che si è saputa far valere, i tempi certamente non facili per una donna. Le donne però portano in sé un dono speciale di Dio che fiorisce magnificamente in figure di Sante donne che hanno costellato il novecento. Un segno dei tempi anche questo, attraverso il quale il Signore ci fa capire quanto la donna possa davvero contribuire all’avvento del Regno di Dio. E a me piace mettere la Caiani insieme a quelle figure davvero luminose di sante e beate donne che hanno costellato i tempi moderni: Teresa di Lisieux, Gemma Galgani, Madre Teresa di Calcutta, suor Faustina Kowalska, Edith Stein, Madlein Delbrel, Gianna Beretta Molla….. Solo per citarne alcune.

Insieme a quella di queste sante donne, invochiamo dunque stasera la intercessione della Beata Caiani, prima di tutto per le sue amate figlie, chiamate a rinnovare il carisma della loro fondatrice, e poi per la Chiesa di Pistoia perché sia culla di santi e di sante. Infine per tutti noi e le nostre famiglie perché sappiamo mettere a frutto i doni che Dio ci ha dato.

+ Fausto Tardelli, vescovo