In morte di don Gentilini
20 dicembre 2017
(Chiesa di Santa Chiara, Seminario di Pistoia)
Ieri se n’è andato non il più presbitero più “presbitero” della diocesi, perché è ancora vivo don Italo Taddei che è il nostro decano, ma, dopo di lui senz’altro il più anziano sacerdote della diocesi. Don Giovanni Gentilini, il primo gennaio avrebbe compiuto 98 anni. Ieri si è letteralmente spento, facendosi ancora più piccolo e minuto di come lo era in vita.
Come ben sappiamo, il “dies natalis” per il cristiano non è il giorno della sua nascita al mondo. È invece il giorno della sua morte. Perché nel giorno della sua morte, egli nasce al cielo; se nella sua vita terrena si è affidato al Signore; se ha cercato di compiere il bene con onestà e sincerità di cuore, amando il prossimo come se stesso; se si è pentito sinceramente del male commesso; per lui si aprono le porte del cielo ed è veramente un giorno “natalizio”. Non giorno di tristezza e amarezza per la fine di qualcosa, bensì gioia e letizia per la nascita definitiva ad una nuova vita.
Sappiamo anche – carissimi amici – che la nostra nascita al cielo è stata resa possibile unicamente dal fatto che Dio si è degnato di nascere sulla nostra terra, prendendo la nostra condizione di vita, condividendo con noi, eccetto il peccato, tutta la nostra fragilità. Cosicché il Natale del Signore sulla terra, ha reso possibile il natale del cristiano alla vita del cielo. È così allora che la morte di don Gentilini si incastona bene nel contesto della festa del Natale ormai prossimo. Don Gentilini se ne è andato proprio nel momento in cui facciamo memoria della venuta di Dio in mezzo a noi. Il suo ingresso in cielo, cosa che noi davvero speriamo, è frutto di questa venuta di Dio tra noi. Siano dunque rese grazie a Dio, ancora una volta e sempre, per aver dato a noi, sue creature, questa possibilità non dovuta e mai meritata. E nel rendere grazie a Dio, non riusciamo a non essere nella gioia anche nel salutare questo uomo di Dio che ha compiuto fedelmente la sua missione, ciò per cui era nato, nella semplicità dei modi, con l’acutezza della sua intelligenza, col suo spirito indomito, con la sua fede ardente. Negli ultimi anni, ormai la mente si era offuscata, ma fino all’ultimo, finché ha potuto e come poteva, è rimasto dedito e fedele ai doni ricevuti, davvero come un servitore vero del Signore. Quando ancora era nel pieno di tutte le sue facoltà ha scritto il suo testamento spirituale, bello, nelle sue poche, essenziali e commoventi parole: quasi una fotografia del suo animo. Lo leggo volentieri, perché sia ancora lui a parlarci e a testimoniarci la sua fede….
Carissimi, oggi la liturgia ci presenta la figura di Maria SS. che col suo si, si offre, quale strumento dell’avvento del Regno di Dio sulla terra. Siamo affascinati dalla figura di questa giovane donna, profetizzata nella figura della vergine che da alla luce un figlio, l’Emmanuele, e di cui ci ha parlato Isaia. Il dialogo di Maria santissima con l’arcangelo Gabriel è stupendo. Vi si legge l’amore di Dio per questa creatura che viene inondata dallo Spirito Santo per essere la madre del Salvatore. E quanto è dolce e insieme umano, il titubare di Maria, la sua sorpresa, il suo timore! Infine, l’abbandono fiducioso nelle mani di Dio fa splendere la risposta esemplare della fede a cui tutti siamo chiamati.
Il mistero che si è compiuto in Maria, ha a che vedere in certo qual modo col mistero che avvolge la vita di un presbitero. Costui, pur non essendo pieno di Grazia e pur essendo quindi segnato dal peccato di origine, viene ricolmato dei dono dello Spirito per essere, prima cristiano, discepolo e testimone di Cristo e poi, in sua persona, consacrato alla missione; perché attraverso di lui, il popolo di Dio abbia in nutrimento la parola e il pane di vita, ogni uomo trovi il perdono dei propri peccati e in un certo senso, Cristo nasca nel cuore di ognuno. Come Maria, il presbitero è strumento della grazia di Cristo e può dire con lei “Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente”. Quando poi, con la sua vita, il sacredote cerca di corrispondere al dono ricevuto, compie un’opera straordinaria per la salvezza del mondo. Non importa che Maria sia una giovane, insignificante ragazza di uno sconosciuto villaggio come Nazareth. Dio si compiace di scegliere ciò che nel mondo è piccolo e a volte disprezzato, per compiere il suo disegno d’amore.
La vita di don Gentilini credo si possa accostare bene a quella di Maria. Egli ha compiuto la sua missione, apparentemente in una posizione modesta e secondaria, quasi appartato: prima parroco a Saturnana, poi a San Felice, infine, per lunghissimi anni a Sarripoli. La sua vita laboriosa unita alla sua intelligenza, lo ha fatto espertissimo conoscitore di latino e greco. Poteva forse essere stato grande, agli occhi del mondo. Invece ha semplicemente fatto ciò che gli è stato chiesto, con umiltà e dedizione. In questo modo però possiamo ben dire sia stato un vero strumento nella mani di Dio, lasciando una traccia profonda in chi l’ha conosciuto. E allora, mentre, giustamente, come ci invita a fare la chiesa, preghiamo per l’anima di don Gentilini perché sia purificato da ogni colpa che possa aver commesso, ringraziamo davvero il Signore per il dono di questo prete che ha esercitato in modo davvero ammirevole il ministero sacerdotale.
+ Fausto Tardelli