Inaugurazione nuovo Centro Maic (Pistoia)
9 febbraio 2018
Dalle finestre di casa mia ho la gioia di poter vedere le montagne, le nostre montagne. Le colline vicine alla città sparse di paesi e di case; poi più su, alzando gli occhi, le cime dell’appennino, ad oggi ancora innevate. Il tutto, quando poi c’è il sole, incorniciato da un cielo azzurro, da godimento straordinario agli occhi. Davvero un bel vedere.E mi vien da pensare: ma guarda un po’ il buon Dio che ha creato ogni cosa, come si è preoccupato di mettere l’uomo dentro un giardino affascinante di bellezza. Ci ha circondato di bellezza; ci ha avvolti in un mare di bellezza. Sicuramente l’ha fatto perché all’uomo gli fa bene; perché l’uomo fosse in qualche modo educato da tanta bellezza e imparasse ad aprire il suo cuore, la sua mente, la sua bocca e le sua mani alla riconoscenza e all’amore.
Il centro che oggi viene inaugurato, nella sua parte totalmente nuova e in quella vecchia ristrutturata, direi che vuole copiare il buon Dio. E ha fatto bene chi ha pensato, voluto e realizzato questa impresa straordinaria, perché ha voluto circondare di bellezza chi, per qualche motivo – riprendendo la parola del vangelo che abbiamo ascoltato – è “sordomuto”, cioè debilitato e fragile. Così facendo, chi ha voluto questo centro, si è reso strumento nelle mani di Dio e partecipe del suo amore misericordioso verso ogni uomo.
Credo che oggi dobbiamo davvero rendere grazie a Dio per gli uomini e le donne che hanno reso possibile ciò che è la MAIC; con le sue strutture ma ancor più con i suoi servizi alla persona in difficoltà e ancora di più per l’amore che sempre è scorso a fiumi qui dentro. E penso a quando questa bella storia è iniziata – io non c’ero allora, ma ne vedo i frutti e questo mi fa dire che è stata una bella storia; penso alle fatiche del percorso, anche agli errori fatti come alla generosità di tanti; ai benefattori, agli operatori: veramente una bella storia d’amore. Penso però soprattutto ai ragazzi con disabilità che, insieme alle loro famiglie, hanno costituito da sempre la vera ricchezza di questo luogo. Vorrei anzi dire che sono stati proprio questi ragazzi e queste ragazze il dono di Dio per noi. Sono stati e sono proprio loro ad alimentare la bellezza di questo luogo. Gli altri, i fondatori, i benefattori, gli operatori, non hanno fatto altro che cogliere la bellezza delle loro vite preziose e farsene interpreti. In questo senso, credo di poter dire che la bellezza di questo centro rinnovato è solo manifestazione esterna dello splendore della presenza di Dio nella vita di questi ragazzi. Sono loro ad aver dato bellezza a questo luogo; loro sono i veri artefici di ciò che oggi noi tutti ammiriamo. La loro bellezza ha conquistato chi gli è stato vicino e ha influenzato in modo determinate chi ha voluto e realizzato questa struttura.
La realtà della MAIC è dunque qualcosa di cui la città di Pistoia deve andar fiera, come anche la chiesa pistoiese che non può non vedere in essa un frutto bello del seme del Vangelo seminato nella nostra terra. La città innanzitutto; perché la MAIC ha insegnato a questa città a porre attenzione, un’attenzione operosa, intelligente e amorosa, a coloro che sono più deboli e fragili dentro la società. Oggi, purtroppo si va diffondendo una triste e pericolosa mentalità che considera la vita degna di essere vissuta soltanto se è efficiente, giovane, sana, ricca di possibilità e di opportunità, agiata. Altrimenti si considera un vuoto a perdere, uno scarto da buttare, un’inutile causa di sofferenza e disagio. E chi non raggiunge gli standard considerati accettabili per meritarsi di vivere è bene che si tolga di mezzo, perché è soltanto un peso. E si ha anche la sfrontatezza di far passare per pietà ciò che invece è discriminazione e violenza. La tristezza di questa mentalità che purtroppo certe leggi alimentano, inquina e rende invivibile le nostre contrade. La MAIC, in questo senso è un vero polmone di ossigeno per la città, perché qui, la vita di un uomo è sacra e da custodire e accudire con amore, sempre, comunque essa sia, dal concepimento fino alla morte naturale.
Oltre che la città, anche la chiesa pistoiese – tutta intera – si deve rallegrare per quello che è la MAIC, perché non può non vedere in essa la realizzazione della pagina evangelica che abbiamo ascoltato. In essa si parla di Gesù che incontra un sordomuto. Non si accontenta di parlargli. Lo tocca, entra in contatto fisico con lui. Addirittura mescola la sua saliva con quella del malato. Poi con la parola che è preghiera al Padre, Effatà” apriti, compie il miracolo. E lo stupore è grande così che la gente diceva: “Ha fatto bene ogni cosa.: fa udire i sordi e fa parlare i muti”.
Credo proprio che questa pagina evangelica sia esperienza quotidiana alla MAIC. Lo sia stata fin dalle origini e ancora oggi. Qui il vangelo si incarna; qui si vedono i segni del Regno di Dio; qui si tocca con mano la forza dell’amore; qui la chiesa si fa viva e quotidiana esperienza. Questo luogo non è certamente esente da egoismi e rancori; non siamo ancora nel paradiso. Ma un pezzo di paradiso, questo si, un po’ lo è la MAIC. Perché ogni giorno qui si rinnova il miracolo dell’amore che fa fiorire vite che agli occhi del mondo sembrerebbero inutili o perse. Soprattutto perché alla MAIC è chiaro che la potenza che opera è quella di Dio; che tutto si deve a Gesù Cristo morto e risorto; tutto è affidato alla intercessione materna della Madre di Dio.
Effatà è la parola con cui Gesù guarisce il sordo muto. È anche la parola che si pronuncia nel battesimo nella rigenerazione degli uomini a vita nuova. Consapevolmente, chiaramente anche se umilmente, la MAIC professa l’unico Signore che è la via, la verità e la vita e a Lui si rifà per trovare forza e energia. Se la MAIC per sventurata circostanza dimenticasse questo suo fondamento essenziale e indispensabile, si condannerebbe ad essere una struttura senza anima la cui bellezza esteriore a poco le gioverebbe.
Ecco perché benediciamo quest’oggi il centro rinnovato. Non è una formalità nè un gesto magico. È un atto di fede con il quale innanzitutto benediciamo il Signore, cioè diciamo bene di Lui che ci ha concesso di giungere a questo giorno e realizzare quanto è stato realizzato. È un atto di fede, con il quale vogliamo riconoscere il bene che qui è stato donato da tanti, a partire da don Renato Gargini che ha dato tutto se stesso a questa opera d’amore. È un atto di fede, con il quale intendiamo affidare questo centro e tutta la MAIC al Signore e alla Vergine Santa e lo affidiamo al Signore e a sua Madre Maria, perché gli ospiti di oggi e di domani qui trovino sempre amore vero; perché chi qui opera si senta sempre motivato a dare il meglio di se per il bene degli altri; perché chi ha la responsabilità della guida abbia la lungimiranza di guardare con sapienza al futuro; perché tutti coloro che entrano in contatto con questa realtà respirino un’aria di fraternità e di pace e ne siano consolati.
+ Fausto Tardelli, vescovo