Messa Crismale
Cattedrale di San Zeno (13 aprile 2022)
Carissimi amici presbiteri, diaconi, ministri; carissimi laici e religiose qui riuniti; carissimi ragazzi che riceverete la Cresima in quest’anno: convocati tutti dalla Misericordia di Dio, ci sentiamo questa sera depositari di un messaggio di pace per il mondo intero.
È necessario che sentiamo questa responsabilità in modo forte, proprio nel momento in cui crepitano le armi così vicine a noi, l’odio scorre a fiumi e un’immensa sofferenza travolge intere popolazioni. Oggi più che mai dobbiamo sentirci chiamati senza poterci sottrarre, ad essere operatori di pace; oggi, quando purtroppo proprio tra cristiani ci si uccide e da parte di membri autorevoli delle chiese, si sostengono guerra e ideologie nefaste.
L’unità visibile, che stasera sperimentiamo attorno alla mensa della Parola e del Pane di vita, è segno e testimonianza a un tempo, del comando esigente del Signore: «Amatevi come io ho amato voi». Siamo ben consapevoli della complessità della storia, delle sue contraddizioni e delle dure necessità. Ma siamo chiamati ad essere dentro la storia allo stesso modo in cui c’è stato Nostro Signore, del quale siamo seguaci, discepoli ed amici: e cioè col suo amore, la sua pazienza e la sua fortezza.
Del resto, stiamo vivendo la Settimana Santa, segnata dal racconto ripetuto della Passione del Signore. Da quel racconto emergono tutte le nefandezze della storia. Si manifestano tutte le bassezze a cui l’uomo può arrivare. È una vicenda drammatica, quella che domina la Settimana Santa, piena di malvagità, incomprensioni, vigliaccherie, piena di odio, di ingiustizia, di sangue. È la storia del mondo, concentrata in una settimana. Il Signore Gesù c’è entrato dentro con tutto se stesso, si è caricato di tutto il dolore del mondo, di tutte le peggiori cose di cui è capace l’umanità e per questo ha provato angoscia mortale nell’orto degli ulivi. Per amore, senza venir meno all’amore, ha bevuto il calice amaro dei peccati del mondo e ha invitato i suoi discepoli a seguirlo sulla via della croce. Una proposta sconvolgente, di fronte alla quale i suoi stessi amici sul momento non hanno retto. Si sono dileguati. Lo hanno rinnegato. Torneranno poi sui loro passi solo nell’incontro col Risorto e, solo col dono dello Spirito Santo, troveranno la forza di seguire il Signore Gesù fino all’estremo, annunciando la buona notizia del Regno di Dio, regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace.
Così noi oggi, proprio in questo frangente della storia, siamo chiamati ad essere discepoli del Signore, superando lo smarrimento che produce la sua esigente proposta. Siamo chiamati ad essere operatori di pace, seminatori di pace, artigiani della pace che viene dall’alto per diffondersi nei cuori ma che ha bisogno della nostra collaborazione per estendersi nel mondo.
A questo siamo chiamati noi, innanzitutto, carissimi presbiteri e diaconi. In quanto ministri del Signore, dobbiamo essere operatori di pace. Gli oli santi che stasera si consacrano servono per i sacramenti che donano la pace. Come l’eucaristia che è affidata alle nostre mani per edificare i cuori nel corpo del Signore. Sono segni efficaci dell’amore di Cristo. Noi ne siamo gli amministratori. Lo Spirito del Signore è sceso su di noi e ci ha consacrato per portare ai “poveri il lieto annunzio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Impegniamoci dunque, carissimi amici e fratelli, a costruire la pace dentro i nostri cuori, tra di noi, con la nostra gente, nella società. È una testimonianza necessaria oggi al mondo come l’acqua per un assetato. Cerchiamo di diventare instancabili e infaticabili operai di comunione. Cerchiamo il dialogo, nella stima reciproca, nell’ascolto premuroso dell’altro. Non cediamo mai al rancore, all’invidia, al risentimento ma nemmeno alla tentazione di chiuderci in noi stessi, all’indifferenza, all’individualismo. Reagiamo a questi rischi e, attingendo al dono che viene dall’alto, all’amicizia con Cristo e al dono del suo Santo Spirito, cerchiamo veramente di amarci come Lui ci ha amato e ci ama.
Questo impegno però vale anche per tutti voi, carissimi fratelli e sorelle che riempite questa cattedrale. Laici, religiose, ragazzi, famiglie. Tutti quanti, come chiesa santa di Dio, come popolo regale, sacerdotale e profetico, in forza dell’unico battesimo ricevuto, dobbiamo risplendere nel mondo come segno e strumento di unità di tutto il genere umano. In questa ora tristissima del mondo, lo Spirito Santo ci spinge con forza a camminare insieme, ad essere una chiesa unita nell’amore, ad essere un’oasi di pace dentro la società; ci spinge ad essere profezia di fraternità, di servizio, di amore disinteressato; spazio umano accogliente e premuroso. A partire dalle nostre parrocchie, che devono arrivare ad essere esemplari nella testimonianza della carità fraterna che si apre alle necessità degli ultimi.
Abbiamo iniziato il cammino sinodale insieme alle chiese che sono in Italia e nel mondo. Il prossimo 4 giugno, vigilia di Pentecoste, tutta la diocesi sarà convocata in assemblea eucaristica per invocare il dono dello Spirito per una rinnovata Pentecoste e dare così l’avvio ufficiale anche al nostro sinodo diocesano.
Fare sinodo – vorrei che fosse chiaro a tutti – è oggi davvero un gesto profetico. In questo nostro mondo lacerato da contese e discordie, frantumato nelle ingiustizie e in preda a un grande individualismo, la testimonianza dei discepoli del Signore, quella della sua Chiesa, che fa unità nella comunione e cammina insieme, è fondamentale. Un’unità fraterna, variegata e molteplice, segno nel mondo di quel progetto di comunione e di amore che Dio ha sull’umanità. Sinodalità vuol dire riscoprire il mandato originario della Chiesa che il Signore ha ben espresso nella sua preghiera al Padre, riportata nel vangelo di Giovanni: che siano una cosa sola perché il mondo creda. E si tratta di una urgenza, di qualcosa che sicuramente lo Spirito Santo sta chiedendo con forza alla Chiesa, perché gli uomini e le donne del nostro tempo hanno bisogno di fiducia, di speranza, di amore vero e solo un’umile ma gioiosa fraternità di uomini e donne che hanno sperimentato la misericordia del Signore, può essere un’oasi di pace e di resurrezione della vita.
Un’ultima breve parola la rivolgo a voi ragazzi presenti qui stasera che riceverete la Cresima con il sacro Crisma che tra poco consacreremo: Innanzitutto voglio manifestarvi tutto il mio affetto e la vicinanza a voi e alle vostre famiglie, di tutta la chiesa. Con la Cresima diventerete testimoni e apostoli di Gesù: siatene degni e orgogliosi: mettete in gioco la vostra giovane vita per essere generosi aiutanti di Gesù affinchè la pace di Cristo regni nei cuori delle persone, nella società e nel mondo.