Omelia per la messa di inizio anno pastorale 2019/2020
(Festa di San Luca – 18 ottobre 2019)
Cattedrale di San Zeno – Pistoia
Con questa celebrazione eucaristica, diamo inizio, deponendolo nelle mani del Signore, all’anno pastorale 2019/2020, che è accompagnato dalla mia lettera pastorale «E di me sarete testimoni», la quale credo sia già nelle mani di molti di voi.
L’inizio dell’anno pastorale è anche tradizionalmente il momento del “mandato”; cioè di quel semplice ma significativo gesto con cui, coloro che hanno un ministero da svolgere nella comunità, dal più piccolo al più grande, con una particolare attenzione a quello del catechista, ricevono dal vescovo un vero e proprio mandato ecclesiale. Esso, possiamo dire, è il riconoscimento di una vocazione radicata nel Battesimo e nel sacerdozio comune dei fedeli, che pone la persona che lo riceve, al servizio nella chiesa per l’utilità comune. Nello stesso tempo, è invocazione del dono dello Spirito, perché il servizio sia portato avanti con fede, generosità, amore alla chiesa, competenza, generosità e umiltà.
Siamo riuniti qui insieme in assemblea eucaristica, stasera, presbiteri, diaconi, religiosi e laici. Diamo così una bella immagine del popolo santo di Dio che vive e testimonia il vangelo dalle montagne all’Arno, dalla periferia di Prato fino aldilà del Serravalle. Ringraziamo Dio che ci ha radunato come suo popolo. Con gratitudine ci nutriamo della parola di Vita e ci cibiamo dello stesso pane di vita, per camminare insieme, nello sforzo di un amore fraterno sincero e di una attenzione premurosa a tutti coloro che vivono nei nostri territori.
Oggi è anche la festa di San Luca, un evangelista, discepolo di Paolo. La sua memoria ci richiama a quello slancio missionario che sentiamo essere la chiamata di Dio per la nostra chiesa diocesana oggi. Una chiamata urgente che la mia lettera pastorale evidenzia e intende promuovere, indicando innanzitutto come lettura biblica, proprio quegli Atti degli apostoli che insieme al vangelo costituiscono l’apporto fondamentale alla storia della salvezza di San Luca.
La prima lettura, con l’elogio proprio di San Luca fatto da Paolo perché è il solo rimasto accanto a lui, ci fa capire che il cammino della chiesa, il cammino della evangelizzazione non è esente da difficoltà, da crisi, da momenti difficili, anche di sconforto. Dobbiamo metterli nel conto questi momenti. Non esiste una chiesa ideale o “altra”. Esiste la chiesa concreta che siamo noi: santa e insieme fatta di peccatori. Dobbiamo accettarlo e, senza recriminare l’un l’altro il nostro peccato, darci piuttosto una mano per aiutarci ad essere sempre più conformi a quanto il Signore vuole. Maturando la consapevolezza stessa di Paolo che dice nel brano ascoltato: «Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero».
La lettura dal libro degli Atti, anch’essa ci ha fatto capire che il Vangelo si sparge nel mondo attraverso la persecuzione e la fatica. Il vangelo che si diffonde ad Antiochia di Siria, è l’esempio più luminoso di come la parola di Dio sia capace di fruttificare in contesti e situazioni impensate. Basta che trovi cuori aperti e fiduciosi come vogliono essere i nostri cuori. E proprio da Antiochia partiranno i viaggi missionari di Paolo, la prima grande opera di evangelizzazione della storia cristiana.
Del Vangelo voglio sottolineare soltanto la frase «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!» Frase che ho riportato anche nella mia lettera pastorale e che ben esprime l’urgenza di annunciare il vangelo a chi l’attende, magari anche senza saperlo, e che deve trovare in noi una parola di conforto, un gesto di amore, un annuncio di speranza vera.
Vorrei ora presentarvi brevemente la lettera pastorale che ho scritto come orientamento del cammino comune per quest’anno pastorale e che ben si intona con la parola di Dio ascoltata in questa eucaristia. «…E di me sarete testimoni» (Atti 1,8) è il suo titolo che riprende le parole di Gesù agli apostoli al momento dell’ascensione. Il sottotitolo esplicita bene il tema: «Con Gesù per le strade degli uomini».
Durante il cammino compiuto dalla diocesi in questi anni, suggellato dalla mia prima visita pastorale alle parrocchie da poco conclusasi, mi è parso che emergesse sempre più una necessità o meglio una chiamata del Signore: quella di annunciare di nuovo e con più entusiasmo, la Buona notizia del Regno; sia all’interno delle nostre parrocchie, dove la fede a volte si è fatta stanca, sia all’esterno, dove occorre una presenza amorosa, carica di speranza che dia prospettive di salvezza agli uomini e alle donne del nostro tempo. Stimolati in particolare dall’esortazione apostolica programmatica di Papa Francesco, Evangelii gaudium, ci siamo resi sempre più conto che noi – chiesa pistoiese – dobbiamo porre maggiore attenzione a quelle che ho chiamato “attese di vangelo”. Quelle situazioni personali o sociali cioè che, più o meno consapevolmente, manifestano un’attesa, un bisogno, la speranza di una notizia “davvero buona” che rinnovi la vita, dia pace e gioia, permetta di trovare un senso pieno alla propria esistenza. “Attese” che ci interpellano come singoli e come parrocchie, chiamati come siamo ad essere testimoni e annunciatori del Vangelo di Gesù. Queste “attese” sono tante e sono diffuse nelle persone e nelle nostre città. Dobbiamo saperle riconoscere e saper andare loro incontro con una concreta testimonianza d’amore. Penso per fare solo qualche esempio a tutto il mondo degli adolescenti e dei giovani; alle tante situazioni di fragilità e sofferenza che prostrano le persone; penso al bisogno di dignità umana spesso calpestata e oppressa; penso ancora alla crisi della ragione che è sotto gli occhi di tutti e alla debolezza estrema dei legami affettivi come, infine, a quella sete di speranza che nasce dalle profonde ferite della nostra anima.
In questi anni abbiamo però capito che per evangelizzare occorre anche crescere nel senso e nella pratica della vita comunitaria. In quel senso profondo di comunità, di famiglia che ha come fondamento il Signore Gesù; in quel senso ecclesiale di appartenenza a un popolo unito – ministri ordinati e laici – da una comune vocazione, un comune dono di grazia e una comune responsabilità in ordine alla evangelizzazione, che è la missione fondamentale della chiesa. È questa la seconda cosa che mi è balzata agli occhi nella visita pastorale compiuta in tutte le parrocchie della diocesi: dobbiamo senz’altro crescere nella comunione fraterna e nella capacità di camminare davvero insieme.
Tutto questo mi ha portato allora a delineare il cammino della chiesa di Pistoia nei prossimi anni in poche, sintetiche parole: lavoriamo per una chiesa sinodale e per un nuovo, diffuso slancio missionario.
Non meravigli la parola “sinodale”. La Chiesa manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice. Questo vuol dire in sostanza la parola “sinodale”, e la messa in atto di una Chiesa sinodale è ciò che da sempre il Signore chiede ai suoi discepoli come presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero Popolo di Dio.
Il lavoro pastorale di quest’anno per una chiesa sinodale aperta alla missione, sfocerà quindi in un vero e proprio Sinodo diocesano che celebreremo, a Dio piacendo, agli inizi del 2021. “Sinodo” è parola importante per la chiesa, fin dalle sue origini. Ed è stato così anche per la chiesa pistoiese, come ci dice la sua storia. Con questa mia lettera ho inteso pertanto comunicare ufficialmente la celebrazione di quello che sarà il I° sinodo della chiesa pistoiese dopo il Concilio Vaticano II, dedicato all’urgente tema della evangelizzazione nel mondo di oggi. Sarà un momento grande di grazia per la nostra chiesa – ne sono certo.
Allora, carissimi fratelli ed amici: camminiamo! Camminiamo insieme e andiamo avanti nella via della giustizia, della verità e dell’amore.