«Noi speravamo»
Domenica di Pasqua – 21 aprile 2019
«Noi speravamo». Così dicono i due discepoli che sconsolati se ne andavano da Gerusalemme ad Emmaus, la sera di quel primo giorno della settimana dopo il sabato. Se ne andavano via, forse per dimenticare l’avventura che avevano vissuto con Gesù; forse per voltare pagina, dopo che con la morte di Cristo era svanita ogni loro speranza. «Noi speravamo», dicono al viandante misterioso che si accompagna al loro cammino, «Noi speravamo che Gesù fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute». Si, è vero, continuano i due pellegrini, alcune donne e alcuni discepoli hanno trovato il sepolcro vuoto ma, concludono con delusione e amarezza, «Lui non l’hanno visto».
«Noi speravamo». Questa frase ci rimbomba nell’anima, ci risuona dentro: quante volte l’abbiamo detta anche noi? Quante volte l’abbiamo sentita vera per noi e abbiamo sentito il morso amaro della delusione nella nostra vita, con la rabbia che saliva oppure facendo spallucce, dicendoci che così vanno le cose nel mondo e non c’è niente da fare.
Carissimi amici, lo dobbiamo riconoscere credo con estrema sincerità: spesso siamo spenti dentro, siamo come morti; resi cinici dalle esperienze della vita. Dov’è la nostra fede, il fervore della nostra devozione, la fiamma viva della speranza, l’ardore indomito della carità? Dove sono finiti i nostri entusiasmi giovanili, quando conoscemmo il Signore e diventammo consapevolmente credenti? Che razza di cristiani siamo, aridi, fiacchi, legati soltanto a qualche tradizione, forse a un po’ di buone maniere, ma accomodati sempre al pensiero del mondo, alle prediche dell’imbonitore di turno, alle idee più aberranti di questa società, alle ideologie del pensiero unico, alla dittatura del relativismo, a visioni del mondo dove non c’è posto per Dio e tutto è manipolabile a piacimento e desiderio di ognuno?
Oggi, nello Sri Lanka, fratelli di fede hanno pagato un caro prezzo per Gesù Cristo. Tre attentati in simultanea hanno devastato il santuario di Sant’Antonio a Colombo, nella capitale, la chiesa di San Sebastiano a Negombo, a circa 30 chilometri dalla capitale e la chiesa a Batticaloa, a 250 chilometri a est della capitale. È stata una strage tra i fedeli che partecipavano alla Messa di Pasqua, più di 150 morti. Questi nostri fratelli ci sono d’esempio. Essi hanno fatto veramente Pasqua, mescolando il loro sangue con quello di Cristo e partecipando da subito alla sua risurrezione, entrando con Lui in paradiso. Persone, quello dello Sri Lanka, venute alla fede in tempi molto più recenti di noi, eppure con una fede mille volte superiore alla nostra, di noi, paesi di antica cristianità, italiani ed europei che sembriamo ormai stanchi, se non insofferenti degli insegnamenti di Cristo e della chiesa. Dobbiamo dirlo: non siamo più, ma forse non lo si era neanche prima, visti i risultati, un paese cristiano e noi cristiani spesso siamo diventati sale sciapito, senza più sapore e luce nascosta sotto il letto.
È proprio vero: come i discepoli di Emmaus anche noi possiamo dire che “speravamo”, che abbiamo sperato. C’è stato un momento nella nostra vita in cui sicuramente siamo stati carichi di entusiasmo, convinti della nostra vocazione, fervorosi nella fede, ma anche pieni di speranza di poter cambiare in meglio questo nostro mondo, di renderlo più fraterno, più abitabile, più giusto e armonioso, più felice. Lo abbiamo sperato, credo che non possiamo negarlo. Poi è successo qualcosa: siamo cresciuti e abbiamo cominciato a fare i conti con la giungla di questo mondo; abbiamo ceduto a compromessi per mangiare e avere una buona condizione di vita; abbiamo visto che a fare il bene ci si rimette sempre e che forse non conviene cercare di comportarsi secondo gli insegnamenti di Cristo. Abbiamo visto quello che fan tutti e ci siamo detti, perché non dovrei anch’io fare uguale? Forse anche è capitato di restare delusi dalla chiesa, dal Papa, dai vescovi, dalla nostra parrocchia, dal nostro gruppo, dal nostro prete o dai preti in genere; forse ha prevalso la paura di passare per bigotti, sprovveduti, retrogradi, fanatici, antiscientifici, poco moderni… Insomma, son successe un sacco di cose, per cui anche noi siamo arrivati al punto di dire: “si, speravamo….”
Di fronte a tutto questo non ho parole mie da dire o discorsi miei da fare. Posso solo guardare a Gesù, a quello che disse e fece con i discepoli di Emmaus e che ancora dice e fa oggi, qui, con noi: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le scritture ciò che si riferiva a Lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece per andare oltre ma i due lo pregarono di restare. Entrò per rimanere con loro e quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro».
Ecco, il Signore Gesù risorto e vivente, qui in mezzo a noi stasera ci parla e spezza il pane per noi; ci fa capire che dobbiamo accettare la nostra fragilità; che il Regno di Dio avanza anche se in un’apparente condizione di minorità; che sempre dobbiamo fare i conti con la nostra debolezza e la malvagità degli uomini; che sempre il bene e la verità appaiono perdenti in questo mondo e che anche la chiesa non è fatta di perfetti. Ma ci dice anche che Egli ha vinto; ha sconfitto la morte e il male del mondo; che i peccati possono essere perdonati e si può rinascere a vita nuova sempre, anche quando si è vecchi.
E allora? Allora fratelli e sorelle amatissimi, si risvegli il nostro ardore, si rinvigorisca la nostra fede, cresca il nostro coraggio e come fece Pietro, di cui ci ha parlato la prima lettura dagli atti degli apostoli, testimoniamo Gesù, il giudice dei vivi e dei morti, davanti a tutti, senza vergogna o paura ma anche senza recriminazioni e senza parole o gesti che siano meno che amore. E poi viviamo da risorti con Cristo, come ci ha detto San Paolo nella seconda lettura: «Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra».