V° venerdì di Quaresima 2017 anno A
San Giovanni Fuorcivitas
Ancora una volta la parola di Dio ci mette di fronte al dramma del rifiuto di Cristo da parte dei suoi. Questo dramma l’avevamo già avuto davanti agli occhi quando qualche settimana fa ci è stata raccontata la vicenda di Giuseppe venduto dai fratelli e la parabola dei contadini assassini. Indubbiamente, il mistero della Pasqua che è evento di vita e di gioia, non lo è però a buon mercato. E’ piuttosto il frutto del sacrificio di Cristo, pagato duramente dal Signore attraverso il rifiuto e il tradimento.
Come ci vien detto nel vangelo di oggi, i Giudei cercavano di uccidere Gesù; aspettavano soltanto l’occasione propizia, ma la decisione l’avevano già presa. Costui sappiamo di dove è – dicono alcuni abitanti di Gerusalemme – mentre il vero Cristo nessuno sa di dov’è. Dunque Gesù, agli occhi di molti è un impostore, un ingannatore del popolo che per giunta ritiene di avere la verità in tasca, di essere addirittura la verità e di venire direttamente da Dio.
La lettura dal libro della Sapienza è straordinaria nell’individuare e descrivere i pensieri di coloro che vogliono catturare e uccidere Gesù. Se la prendono con lui perchè proclama di possedere “la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio di Dio”. Si vanta di avere Dio come Padre e condanna i loro pensieri, le loro colpe; la sua vita non è uguale a quella degli altri.
Come si può ben vedere, ciò che è in discussione è la pretesa di assolutezza e di verità che il Signore Gesù avanza; il suo farsi Dio, con l’autorevolezza di Dio; addirittura figlio di Dio. Egli ha parole di vita eterna. Chi segue lui raggiunge la pienezza della vita. A chi lo accoglie, egli apre i tesori dell’infinito amore di Dio e della sua infinita misericordia. In Lui e in Lui solo c’è salvezza perchè Lui è l’acqua viva che disseta per la vita eterna; è la luce che illumina le tenebre del mondo; è la via, la verità e la vita. Senza se e senza ma. Egli non si presenta ai suoi e agli uomini in forma dubitativa bensì assertiva. Egli pone se stesso come la perfetta rivelazione del Padre e chiede agli uomini di seguirlo caricandosi sulle spalle la propria croce, vendendo tutto e dandolo ai poveri, perchè egli è il tesoro assoluto nascosto nel campo per acquistare il quale conviene dar via tutto; egli è la perla preziosa, la più preziosa dell’universo, che merita tutte le ricchezze del mondo. Egli solo – inaudito – è colui che ha vinto la morte e da agli uomini la possibilità di vincere la morte.
E’ indubbiamente questo presentarsi assoluto di Gesù che suscita irritazione e violenza, reazione scomposta fino alla decisione di toglierlo di mezzo. Anche il suo insegnamento sull’amore verso il prossimo, la concreta pratica di guarigione e vicinanza alla sofferenza e al peccato degli uomini, con la spesso conseguente polemica sul sabato, non avrebbe creato in definitiva una grande reazione se fosse stata letta semplicemente come segno di bontà nei confronti degli altri. Quante volte i profeti avevano richiamato alla giustizia e all’amore verso l’orfano, la vedova, il povero! Ciò che invece creò scandalo e suscitò una violenta reazione fu piuttosto l’autorevolezza con cui Gesù pretendeva di interpretare autenticamente la legge indicandone il centro e il senso nell’amore, rivendicando a sé il ruolo di legislatore; fu piuttosto perché affermava di essere l’unico a manifestare e a esprimere in pienezza la volontà del Padre, volontà di salvezza e di perdono, compiendo lui stesso ciò che solo Dio poteva compiere: la remissione dei peccati, la salvezza dell’uomo. Così facendo Egli contestava radicalmente tutti i poteri mondani, sia civili che religiosi che prendono il posto di Dio al fine di dominare sugli uomini e nello stesso tempo contestava radicalmente anche il potere peccaminoso che ognuno di noi si arroga: quello di essere Dio e di ergersi a misura di tutte le cose. E’ sicuramente per questa apoditticità dell’insegnamento di Cristo, per l’assolutezza con cui rivendicava la sua origine divina, per l’autorità con cui si presentava quale re seppur non al modo del mondo e si proponeva come unica via di salvezza, che Egli ha subito ostilità, giudizio, passione e morte. Se si fosse presentato con forse, può darsi, vedete voi, la mia è solo una proposta fra tante e così via, il Signore Gesù sarebbe ancora vivo – lo dico come battuta – nel senso che nessuno l’avrebbe certamente ammazzato.
Allora come oggi, forse oggi più che mai, Gesù con le sue “pretese” risulta abbastanza indigesto. Ciascuno di noi è abbarbicato al proprio io. Ognuno di noi si sente Dio, arbitro del bene e del male. Ognuno di noi ha i suoi “ma” e suoi “però” di fronte alla radicalità che ci propone il Signore. Quante volte noi accogliamo a parole o col sentimento il Signore nella nostra vita, ma ponendolo accanto a tante altre cose che di fatto sono ben più importanti per noi e fintantoché non ci disturba molto. C’è Lui, ma poi ci sono le nostre cose, i nostri affari, le nostre preoccupazioni, la nostra vita da salvare e da custodire. Se proprio non lo espungiamo dalla nostra esistenza, però tante volte lo marginalizziamo e con il Signore marginalizziamo ogni nostro fratello che finisce sempre per scomodarci, chiedendoci attenzione e rispetto, quale volto concreto di Cristo. Spesso la nostra scelta è di voltarci da un’altra parte, lontano dagli occhi di Cristo e da quelli dei poveri.
Ma questo Signore Gesù che pretende di essere la via, la verità e la vita, che pretende di essere la risurrezione e la vera libertà, scomoda enormemente anche questa nostra società contemporanea che ha fatto della negazione della possibilità stessa della verità il suo assunto fondamentale. Laddove si vive nel relativismo radicale conclamato ed esaltato; dove il buio e il nulla sono accettati senza sentirne la drammaticità e l’angoscia, anzi, affogando questa angoscia in un mare di droghe. Dove la libertà è intesa come soddisfazione di ogni desiderio soggettivo; dove la tolleranza è concepita come indifferenza di fronte al male o alla questione della verità; dove anzi ogni affermazione di verità è bollata come intolleranza e sopraffazione, dogmatismo che attenta alla libertà dell’uomo, inceppo allo sviluppo e alla felicità umana; ecco, in una società così, il Signore Gesù sarebbe ancora irrimediabilmente messo in croce, quale fanatico e presuntuoso, dogmatico, intollerante e oltretutto impostore. Forse se ne apprezzerebbe il suo altruismo, i suoi gesti di attenzione nei confronti degli emarginati e degli esclusi ma non certo nei confronti dei peccatori, perché noi uomini di oggi non facciamo peccati. Non siamo peccatori, non ci sentiamo tali e non riteniamo di doverci pentire proprio di niente. Per cui chiunque si presentasse a offrirci riscatto dai nostri peccati, lo prenderemmo subito come un odioso giudicatore degli altri, uno che fa discriminazioni e che alla fine offende perché con la sua stessa mano tesa, ricorda inevitabilmente i nostri comportamenti sbagliati “e si oppone alle nostre azioni”, come ci diceva il libro della Sapienza.
E’ così dunque. Come allora anche oggi. Ma è in questo contesto che si compie la redenzione dell’uomo. C’è poco da farci, allora come oggi. La redenzione passa attraverso la croce di Cristo e si compie perché il Signore Gesù continua ad andare dritto per la sua strada senza fermarsi davanti agli ostacoli. Egli va avanti perchè ci vuole bene nonostante noi. E la sua strada porta alla Pasqua di morte e di risurrezione. Non si stanca di amarci e proprio per questo, continua a dirci la verità sia pure a noi più o meno gradita, perché la prima e fondamentale carità è la verità nella carità. Egli continua a morire sulla croce a causa nostra e per noi ma continua anche a risorgere perché sa che prima o poi non potremo fare a meno di rivolgerci a Colui che abbiamo trafitto per trovare in Lui la nostra salvezza.
+ Fausto Tardelli